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giovedì 18 agosto 2011

Dolci melodie nei luoghi pubblici? No, cacofonia musicante al servizio del consumismo




Al proposito del Comitato "No all'inquinamento acustico e musicale nei locali pubblici" (http://www.facebook.com/groups/266462213379875), debbo precisare che sono un appassionato della musica, canto e suono io stesso ed ho cantato e suonato con centinaia di persone e con grande gioia ed emozione.. quindi non sono contrario a questa forma di “espressione artistica", anzi la difendo!

Per questo abbiamo fondato questo Comitato.. ma il discorso, forse per scarsa considerazione o mancanza di pazienza nella lettura del testo fondativo, ha scatenato polemiche e critiche (alcune riportate anche sul Giornaletto di Saul di ieri, vedi: http://saul-arpino.blogspot.com/2011/08/il-giornaletto-di-saul-del-18-agosto.html).

Siccome qualcuno insiste dicendo che "se non si vuole ascoltare la musica si può fare a meno di andare nei posti dove la suonano..”, rispondo che non è poi così facile.. anche perché la suonano praticamente ovunque.. E non è solo un problema di locali chiusi, ma di luoghi pubblici aperti, pure lì ci sono amplificatori a palla durante le feste.. il frastuono si ode a kilometri di distanza.. (ne so qualcosa, purtroppo..).

Insomma per non sentire la musica uno non sa più dove rifugiarsi.. ovunque si vada c'è sempre qualcuno con un aggeggio elettronico che inonda di bum bum bum l'aere. Che sia città, campagna, mare, in un parco, sulle montagne, nelle foreste... il “rumore” imperversa. Insomma per sfuggire alla “musica” ed all'inquinamento acustico bisognerebbe volarsene in cielo... ma non in un aereo perché anche lì si viene inondati da ritmi (aritmici) malefici... Insomma la poesia della musica e del canto che erano il modo più nobile e santo per esprimere spiritualità e gioia si sono trasformati in “lupi mannari”, il simbolo e l'accompagnamento del consumismo..

I nuovi “inni” non sono più significativi suoni dal vivo ma rumori elettronici cacofonici e privi di ogni melodia che dobbiamo sorbirci come rimbambente utile alla società dei consumi.

Per concludere il discorso menziono solo tre commenti ricevuti al proposito:

1) ...il problema non è musica si o musica no. Il problema è il livello acustico (decibel) con il quale si fa musica. Basterebbe mettere il volume ad un livello basso, da sottofondo e il disturbo sarebbe alleviato, almeno che si possa parlare e capire cosa gli altri ti dicono. Senza sentir rompersi i timpani e il cuore. E' una questione di buon senso e di civiltà.

2) ...ma rimane il fatto che se questa musica non fosse gradita alla maggioranza della gente i locali rumorosi sarebbero poco frequentati a tutto vantaggio di quelli silenziosi o quasi. Quindi vuol dire che al grosso dei clienti sta bene così... perciò lasciamoli musicare come gli pare.

3) ..non è una differenza fra "mi piace la musica" o "non mi piace la musica" o di alta o bassa. Il fatto è che spesso che queste musichette di sottofondo stanno lì per “distrarci”. Ma in questa epoca che stiamo vivendo non dovremmo essere piuttosto vigili e attenti? E poi se vado a un concerto di musica rock so cosa vado a sentire, ma se vado in pizzeria o al supermercato non posso scegliere tra Chopin o Vasco Rossi o il silenzio... Tu dici: allora stattene a casa! Se i locali sono pieni nonostante la musica (o forse perchè c'è la musica?) una ragione o mille ragioni ci saranno. Forse voglia di evasione? Al grosso dei clienti va bene così? E quindi va bene così!?”

Avete avuto la pazienza di leggere sino in fondo? Ora abbiate la pazienza di rifletterci sopra!

Paolo D'Arpini

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