Presentazione



In movimento per ecologie, vivere insieme, economia sostenibile, bioregionalismo, esperienza del se' (personal development).

domenica 24 aprile 2022

Per un 25 aprile che combatta il fascismo ed il nazifascismo

 


Caro Paolo, pochi giorni prima del 25 aprile di 77 anni fa, precisamente il giorno 9 aprile, pochi minuti prima delle ore 12, a Bari, stavamo a Scuola. 

In assenza dell'odiata/amata sirena arriva una improvvisa potentissima e tremenda esplosione. 
Cedono i delicati vetri delle finestre, tantissime finestre (oltre ai danni alle case). 

Una di quelle schegge colpisce la mia mano sinistra. 
Impossibile andare in Ospedale: strapieno e code esterne, 
La farmacia vicina strapiena. 

Non c'erano i medici di famiglia. 

Alcuni ci indicano un medico lì vicino e, lì, finalmente, tolto il fazzoletto inzuppato di sangue, viene medicata e cucita la mia ferita.

Quella cicatrice vive con me: è qui allegata. 

Cicatrice che da 60 giorni mi tormenta (così come ogni qualvolta sparano i cannoni, piovono le bombe sempre più assassine su persone innocenti e pacifiche). 

Cerchiamo di impedire il richiamo al dettato Costituzionale a coloro che hanno operato il massacro di quella Costituzione Repubblicana voluta e lasciataci in eredità dai VIVI e dai MORTI che hanno combattuto contro il fascismo e il nazifascismo. 

W la REPUBBLICA. 
W la COSTITUZIONE REPUBBLICANA. 
W la LIBERTA'.

Vito de Russis




martedì 12 aprile 2022

Facebook addio! Piccola storia di una storia di Massimo Angelini



Venerdì scorso, per strada, in centro, durante la pausa meridiana noto un giovane che tiene per i capelli un uomo visibilmente più anziano e lo colpisce più volte; intorno sette-otto persone adulte: due con lo smartphone riprendono la scena. Mi inserisco e li divido. Il giovane urla qualcosa e si allontana nei vicoli; l’anziano raccoglie gli occhiali e mi ringrazia. Gli chiedo come sta. Bene, poteva andare peggio – dice – comunque bene, e dopo un poco si allontana. Anche le persone che facevano corona si allontanano, ma ai due con lo smartphone faccio in tempo a dire che se hanno ripreso anche me non pubblichino la mia immagine.

Vado in un bar, ho voglia di calma, mi regalo un buon caffè al tavolo del dehors, chiudo gli occhi e mi rilasso.
Posto il fatto su facebook, più o meno come l’ho raccontato sopra, senza fotografia. Annoto che da un po’ di tempo a questa parte mi sembra di notare più nervosismo del solito, più irritabilità e chiedo se è solo una mia sensazione o se è condivisa.
Cominciano i commenti. I primi contengono complimenti generici, del tipo giusto, bravo, hai fatto bene.
Uno dei soliti noti mi fa osservare che non avrei dovuto intervenire, senza prima accertarmi delle ragioni del giovane. Per quello che so, poteva avere sacrosanti motivi per darle di santa ragione al più anziano. Lo saluto e gli chiedo come avrei potuto accertarmene. In nessun modo, chiosa, quindi sarebbe stato meglio evitare di impicciarmi.
Interviene una commentatrice per rinforzare il solito noto e dire che mi sono comportato in modo paternalista e violento, perché certamente per dividere i due li ho toccati senza averne diritto. Senza contare che per questa ragione avrebbero potuto denunciarmi.
Si fa sotto un altro e mi chiede se dopo mi sono disinfettato le mani perché, per ciò che ne sapevo, potevano essere persone malate di covid. Non gli rispondo. Un altro incalza: Avevi la mascherina?
Segue un commento a brucia pelo: La colpa è di Draghi che sta massacrando gli italiani – come si potrebbe non essere nervosi?
Si attacca il solito noto con una tirata sull’abuso dei dpcm e dell’istituto della fiducia che di fatto hanno cancellato il Parlamento e con esso l’ultimo barlume di democrazia. E insiste che forse il giovane è una vittima di questa situazione che non è più sostenibile.
Ancora un commento sul mio paternalismo perché ho limitato la loro libertà e non ho permesso che potessero sbrigarsela da soli. Potevo solo essere contento di non essere stato colpito, ma se fosse successo, me lo sarei cercato. Rinuncio a rispondere.
Maria – la chiamo così – chiede se i due avevano la mascherina, perché forse l’aggressività del giovane poteva dipendere da una sorta di avvelenamento, molto comune per chi è costretto a respirare la propria anidride carbonica per lungo tempo.
Altri giusto, bravo, hai fatto bene.
In bellezza, uno che di tanto in tanto appare, commenta che i giovani non ne possono più : i vecchi come l’altro – che, per quanto ne so, potrebbe averlo provocato, forse deriso – sono quelli della generazione che ai giovani ha scippato il futuro, il lavoro, l’ambiente, le risorse, i sogni e persino il diritto al voto e (questa proprio non l’ho capita) a un sano divertimento, e conclude che ho fatto male a intervenire senza sapere davvero cosa fosse successo tra i due e senza conoscere le ragioni del più arrabbiato e, forse solo apparentemente, aggressivo.
E’ passata mezz’ora : 22 like (tra i quali due cuori e una faccina con la lacrima), 16 commenti, 2 condivisioni.
Sono afflitto.
Pensavo di introdurre un dialogo sull’indifferenza di fronte alle piccole violenze quotidiane, sul modo attraverso il quale pare che sempre più si osservino gli eventi come attraverso uno schermo televisivo e un videogioco, e in un attimo penso che presto le cose potranno peggiorare : forse partiranno le tifoserie fino agli ultras della volgarità, gli emuli di Cruciani e Sgarbi; come in un carosello cialtrone davanti al mio sguardo sfilano Bassetti, Zelensky, il greenpass, Orsini, il Gran Reset, Speranza, Parenzo, Salvini, Vespa, il fantasma di Soros, Mario Giordano, Pappalardo e il protocollo dei Savi di Sion; sento che stanno per sbocciare le sapientine e i piazzari – ex virologi di una trincea o dell’altra, laureati su google e youtube – che ora sanno tutto del Donbass, delle condizioni di salute mentale di Putin, delle sue strategie (finora) più segrete, delle aritmetiche della geopolitica, del microchip iniettato col vaccino che rende più aggressivi o docili a comando, e pontificano su cosa dovrebbero fare i governi e chi Bearzot e Mancini avrebbero dovuto mandare in campo; penso ai prossimi commenti delle progoverno a tutti i costi e degli antisistema a prescindere, e alle solite troppe parole degli analfabeti funzionali che, incapaci di leggere, hanno solo da dire la loro, qualunque sia lo spunto che, anche solo per remota analogia, viene loro offerto.
Mi manca l’aria, cancello il post, lascio il dehors, mi riprometto di uscire da facebook una volta per tutte, torno al lavoro.

Massimo Angelini



lunedì 11 aprile 2022

Israele. La censura che oscura...



Dei giornalisti palestinesi sono stati interrogati e imprigionati da Israele per aver documentato proteste, funerali e altri eventi politici, inducendo molti di loro all’autocensura.


Questo articolo è stato pubblicato in collaborazione con Local Call e The Intercept.

Durante la violenta escalation della primavera del 2021 in Israele-Palestina Hazem Nasser ha fatto ciò che gli era stato richiesto: ha iniziato a riprendere. A quel tempo Nasser lavorava come giornalista per la rete televisiva palestinese Falastin Al-Ghad [Palestina Domani, ndtr.], in cui i filmati di Nasser documentavano le crescenti tensioni tra le marce nazionaliste ebraiche, le manifestazioni palestinesi e la brutalità della polizia israeliana a Gerusalemme.


Il 10 maggio Nasser ha deciso di riprendere uno scontro tra manifestanti palestinesi e l’esercito israeliano nella Cisgiordania settentrionale occupata. La giornata è rimasta impressa nella memoria di Nasser, non per lo scontro in sé, né per gli attacchi militari iniziati più tardi quella sera tra Hamas e Israele, ma per quello che gli è successo in seguito.

Nasser stava tornando a casa quando è stato fermato dai soldati israeliani al checkpoint di Huwara [a sud di Nablus, ndtr.] e portato via per essere interrogato. Nasser ha languito in carcere per più di un mese mentre lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interna israeliano, lo interrogava ripetutamente.


“Tutte le domande riguardavano il mio lavoro di giornalista“, ha riferito Nasser. Mettevano sul tavolo le immagini delle mie riprese video, tra cui il funerale di un palestinese, la gente che si radunava per una protesta, una piazza che inneggiava a uno shaheed (martire), una manifestazione con le bandiere di Hamas. Chi mi interrogava mi diceva che non potevo fotografare quelle cose, perché costituivano delle istigazioni alla violenza. Gli rispondevo che sono un giornalista e questo è il mio lavoro: mostrare immagini di cose che accadono e che le testate israeliane fanno la stessa cosa. Lui mi urlava di tacere“.


 Yuval Abraham



Fonte: https://www.972mag.com/palestinian-journalists-incitement-detention/