Presentazione



In movimento per ecologie, vivere insieme, economia sostenibile, bioregionalismo, esperienza del se' (personal development).

sabato 30 marzo 2019

Marino, 6 aprile 2019 - "UNA NUOVA URBANISTICA PER UNA VERA PARTECIPAZIONE" - Conferenza


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ITALIA NOSTRA Castelli Romani, col patrocinio del comune di Marino, vi invita a partecipare al seguente importante incontro-dibattito.
Negli ultimi decenni il nostro paese è stato caratterizzato da una politica urbanistica spesso deleteria per il nostro territorio, deturpando il paesaggio e talora  essendo persino all'origine di disastri ambientali di natura idrogeologica. Si comprende dunque la necessità di una nuova urbanistica fondata sulla partecipazione dei cittadini e delle associazioni le quali troppo spesso non hanno trovato ascolto adeguato da parte delle amministrazioni pubbliche. A tale riguardo potrebbe essere significativa l'esperienza del comune di Marino per il quale, invece, rappresenta ora un importante risultato l'ampliamento dei confini del parco dell'Appia Antica voluto proprio dalle associazioni ambientaliste e dall'attuale amministrazione, senza però nasconderci come molto rimanga da fare ancora per riqualificare il territorio di un comune il cui territorio è stato così devastato come quello di Marino.
SABATO 6 APRILE 2019
ore 17:30
Sala Consiliare di Palazzo Colonna del comune di Marino 
Largo di Palazzo Colonna 6.
"UNA NUOVA URBANISTICA PER UNA VERA PARTECIPAZIONE"
INCONTRO-DIBATTITO  PUBBLICO CON
ANDREA TRINCAassessore all’Urbanistica del comune di Marino
CARLO CELLAMARE, professore di Urbanistica all'Università di Roma "La Sapienza" ed autore di numerosi libri.
FRANCO MEDICI,  presidente di ITALIA NOSTRA Lazio e professore all'Università di Roma “La Sapienza”.
                                                    Coordina ed introduce                                                                                                     
Enrico Del Vescovo,  presidente di ITALIA NOSTRA Castelli Romani
  • INTERVENTI DEL PUBBLICO tra cui le associazioni ambientaliste ADA, Legambiente “Il Riccio”, Assemblea contro il cemento, Salviamo il Paesaggio, Campino Bene Comune, "Noi cambiamo" ecc. 
Carlo Cellamare è docente di Urbanistica presso l’Università «La Sapienza» di Roma, direttore del Critevat e del Laboratorio di studi urbani «Territori dell’abitare». Responsabile scientifico di diverse ricerche a carattere nazionale e internazionale, si occupa del rapporto tra urbanistica e vita quotidiana, tra pratiche sociali e trasformazione urbana. Tra le sue pubblicazioni: Fare città. Pratiche urbane e storie di luoghi (Elèuthera, 2008), Progettualità dell’agire urbano. Processi e pratiche urbane (Carocci, 2011), e la cura del volume Roma città autoprodotta. Ricerca urbana e linguaggi artistici (Manifesto libri, 2014).

lunedì 25 marzo 2019

Vegetarismo e l’etica del possibile…

Una idea morale utopica, come quella vegana ed antispecista, ha un grande appeal attrattivo su molti animalisti. Come tutte le idee aldilà della portata attuativa nella società corrente rischia però di diventare un’altra forma di “ismo”, una filosofia religiosa che cerca attraverso i suoi adepti di elevare la coscienza con il solo risultato di contribuire a ulteriormente dividere la società umana in “credenti” e “infedeli”. Insomma la filosofia vegana manca di capacità attuativa e come tutte le filosofie e religioni resta un ideale alla portata di pochi “eletti” disgiunti dal contesto.
Ritengo personalmente che per andare verso una consapevolezza della comune appartenenza e della pari dignità e complementarietà della vita, insomma delle reciproche relazioni fra specie, sia importante che vengano riconosciute le differenze per poter allo stesso tempo riconoscere l’eticità naturale senza forzare la natura.

L’astrazione del pensiero trasformato in “morale” non aiuta la manifestazione di una spontanea “compassione” che si manifesta in un interspecismo maturo.

Tutti gli esseri viventi attingono e si originano dalla comune matrice che differenziandosi ha assunto le innumerevoli forme, ognuna complementare e relata alle altre, ognuna con alcuni aspetti evolutivi utili al mantenimento della vita ed alla ulteriore propagazione e fioritura di nuove specie.

L’uomo non è l’ultima parola in natura e questo deve essere sempre presente nella considerazione di chi si pone il “problema” del bene collettivo.

La vita si nutre della vita, su questo non ci sono dubbi, d’altra parte vediamo che esiste un certo equilibrio anche nel modo in cui questo costante e collettivo alimentarsi avviene. I microorganismi svolgono funzioni essenziali come base alimentare degli organismi più complessi e contribuiscono al riciclaggio della materia morta.

Le piante procurano ossigeno e forniscono cibo agli animali ed allo stesso tempo ricevono humus e sostanze organiche utili in cambio. Gli animali aiutano la propagazione delle piante, e qui non mi riferisco semplicemente agli insetti che facilitano l’impollinazione, bensì a tutte le specie di erbivori che sfogliando le piante senza ucciderle fan sì che esse affondino vieppiù le radici nella terra.

Le piante producono frutti appetibili ed i semi vengono diffusi in altri spazi dagli animali. L’eccesso di erbivori viene calmierato con la presenza di predatori e fra erbivori e predatori c’è una armonia di co-presenza. Essi aumentano e decrescono sulla base delle necessità finali delle piante nell’ambiente.
Tutti sanno che i leoni quando aggrediscono un branco di antilopi, ricevono dalle antilopi stesse un “tributo” in forma dell’animale più malandato del gruppo, una specie di “offerta/sacrificio” che tra l’altro ha la funzione di mantenere sano il branco. 
Insomma la natura pur nella sua apparente crudeltà è saggia e materna. Si occupa di tutti gli aspetti e nulla trascura per i suoi figli. Al contrario ove manca l’interscambio, come ad esempio nelle nostre periferie urbane in cui sono aumentati indiscriminatamente alcune specie avicole e terricole per la mancanza di idonei “calmieratori”.

Anche l’uomo per migliaia di anni ha rispettato questa “etica naturale” contribuendo a mantenere la vita sul pianeta in equilibrio. Solitamente l’uomo, come tutti gli animali frugivori, non ha bisogno di alimentarsi direttamente delle carni di altri animali. Vedasi le scimmie antropomorfe nostre cugine che fanno un uso insignificante di carne, assumendo solo piccole quantità di insetti o piccoli animaletti della foresta a mo’ di integrazione alimentare, quando necessario. Altrettanto fanno i cinghiali e gli orsi. 
Però, ad esempio, gli orsi che si sono spostati al polo nord ovviamente hanno modificato la loro dieta sino a renderla totalmente carnivora e così è avvenuto per l’uomo che nella sua lenta occupazione del pianeta e spostandosi sempre più dall’habitat tropicale originario ha dovuto pian piano modificare in parte o totalmente le sue abitudini alimentari, per necessità di sopravvivenza.

La scoperta dell’agricoltura molto ha comunque contribuito per riportare l’uomo alla sua dieta originaria. Fermo restando che a seconda della latitudine la dieta varia in base al reperimento di risorse alimentari, vediamo che oggigiorno le capacità produttive, senza voler ricorrere alla chimica od agli OGM, garantirebbero all’uomo nutrimento sufficiente non solo i 6 miliardi di individui che siamo ma per almeno 10 volte tanti…. E qui veniamo al punto dolente… L’uomo avendo perso un contatto diretto con la natura ha utilizzato le sue capacità tecniche e la sua capacità di sottomettere (e sottomettersi) per assoggettare la sua stessa specie ed anche le altre ad un dominio utilizzativo e speculativo che non tiene conto della pari dignità di tutti gli esseri viventi.

L’uomo ha diviso la società umana in “schiavi” produttori di ricchezza (per l’uso di pochi “padroni”) e le specie animali in “oggetti di mercato” da sfruttare ignominiosamente come merce. I grandi finanzieri ed i produttori del denaro, staccati dal contesto umano, galleggiano razzisticamente sul resto dell’umanità e fingono di fornire ai loro sottoposti un benessere privo di valore, in forma di cibo sanguinolento e crudele e malsano proveniente dagli allevamenti intensivi e dai macelli.

Questo meccanismo è non solo la causa della distruzione del pianeta, per il consumo di tutte le risorse e per l’avvelenamento degli elementi naturali, ma è anche causa della perdita totale dell’anima originaria, della naturale e rispettosa correlazione fra esseri viventi e habitat….

Mi rendo conto di aver toccato un argomento che a questo punto con l’etica propugnata dai cosiddetti animalisti viaggia in una sorta di parallelismo antagonista….

E’ vero che le abitudini alimentari vanno modificate in funzione di un ritornò alla naturalità.. ed è anche vero che non si può separare l’uomo dagli altri animali. Il muto aiuto è necessario per la reciproca sopravvivenza e per la comune crescita karmica. Gli spazi naturali vanno recuperati senza forzature e la specie umana non deve necessariamente saltare da “dominante” a “in estinzione”. Riscoprire il significato della fatica, del reciproco aiuto, della simbiosi mutualistica senza prevaricazioni… insomma vivere in una Pace Interspecista è la chiave della nostra e “loro” sopravvivenza.

Bisogna stancarsi del “vizio” in cui siamo costretti a vivere ed iniziare a recuperare la capacità di procurarci il nostro cibo senza dover ricorrere al mercato e senza doversi vendere ai “padroni del mondo”. La rivolta è necessaria, lo sforzo è necessario….
Mi rendo conto di non poter esaurire l’argomento con un singolo scritto… intanto ho buttato lì alcune riflessioni.
Paolo D’Arpini

giovedì 21 marzo 2019

Cina-Italia. L'opinione è un venticello...


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Prima di farvi una opinione su i rapporti tra noi ed i cinesi sarebbe il caso conosciate alcuni fatti. Una volta il giornalismo aveva questa missione, dare i fatti (e scegliere quali fatti è già una opinione) ed accanto esprimere un punto di vista. Ora mettono solo i punti di vista e menomale che siamo la società dell’ informazione, sarebbe più corretto dirci “società dell’opinione”.
I fatti dei rapporti che i cinesi stanno tessendo con varie parti del mondo sono innumerevoli. Faremo quindi una selezione:
1) La BRI è finanziata da una banca, la AIIB, lanciata dai cinesi a fine 2015 ed oggi finanziata da 70 paesi. Il primo paese occidentale ad aderire prendendo tutti gli altri in contropiede fu la Gran Bretagna. I diritti di voto del suo Consiglio, per dimensioni, vedono la Germania 4°, l’Australia 6°, la Francia 7°, l’UK 9° e l’Italia 11°. Ci sono tutti gli alleati degli USA (incluso Canada ed Israele), tranne gli USA.
2) I cinesi hanno partecipazioni o controllo nei porti di Pireo-Atene, Anversa, Bruges, Rotterdam, Bilbao, Valencia e Marsiglia che è il maggior investimento europeo dopo Pireo. I cinesi hanno acquisito licenza di 25 anni per gestire il principale porto israeliano (Haifa) in cui ci sono moli dedicati e riservati per la Marina degli Stati Uniti d’America (che non hanno gradito), ma ha anche vinto la gara d’appalto per la costruzione di quello che sarà il nuovo più grande porto israeliano, Ashod.
3) Negli ultimi 10 anni la Cina ha fatto 227 acquisizioni in Gran Bretagna, 225 in Germania, 89 in Francia, 85 in Italia. In Israele ha creato un fondo il Sino Israeal Technology Fund con 16 miliardi di dollari, che finanzierà le start up israeliane.
4) Duisburg in Germania è il terminale della Via della Seta ferroviaria, circa 30 treni a settimana arrivano dalla Cina (80% di quelli che arrivano in Europa). La Germania sta trattando l’inclusione di Huawei nella gara sul 5G che curerà in esclusiva l’upgrade di Gelsenkirken a rango di smart city.
5) L’interscambio (2017) con la Cina vede con 179 mld US$ prima la Germania, 54,6 la Francia e solo 42 l’Italia. Nel gennaio 2018 Macron si è recato in Cina, dove ha siglato 20 accordi economici, commerciali e infrastrutturali su settori strategici come l’aviazione e l’energia nucleare. Coi francesi, i cinesi stanno costruendo centrali nucleari in Gran Bretagna con i quali hanno accordi per 325 mio £/sterline nel solo comprato creativo-high tech.
6) Verso la Germania, gli USA hanno lanciato alte urla di rabbia, non solo per l’articolata partnership strategica con la Cina. Si ricorda che i tedeschi si stanno legando mani e piedi coi russi in un settore strategico quale quello dell’energia, nella costruzione del raddoppio del North Stream con società a capitale misto a cui capo c’è l’ex cancelliere G. Schroeder. Quel flusso di gas, in realtà, doveva passare qui da noi col South Stream ma l’UE ha invalidato la gara d’appalto.
Bene, ora potete abbandonarvi alla piacevole lettura del vostro commentatore di fiducia ma fate attenzione a cosa commenta. Il mondo è troppo complesso per esser approcciato a sensazioni, in fondo non è poi così difficile farsi una “opinione propria”, no? O forse è proprio questo che non piace alla società dell'opinione?

[Fonti: Wiki, Affari Italiani, True Numbers, the Guardian, The Indipendent, A. Negri, P. Khanna]

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Articolo collegato: 

22 marzo giornata mondiale dell'acqua (pubblica)


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Il 22 marzo è la giornata mondiale dell’acqua. Mari, laghi, fiumi, sorgenti, fontanili, acqua potabile che sgorga dai nostri rubinetti: è così presente nella nostra vita che diamo per scontato che ci sarà sempre, ma potrebbe non essere così.

L’acqua dolce sul nostro pianeta rappresenta il 3% dell’acqua totale. Di questo 3% quasi il 70% è racchiuso nei ghiacciai. A disposizione di tutti gli esseri viventi ne resta quindi una quantità limitata.

Nella realtà quotidiana non si tiene conto di questo dato di fatto: la risorsa idrica viene sovrasfruttata per utilizzi industriali, agricoli, energetici, per modi di produzione, alimentazione, mobilità e consumi che la sprecano e la inquinano, senza rispettare i suoi tempi e la sua capacità di rigenerazione.

L’ONU di recente ha di nuovo lanciato un monito: se già oggi 800 milioni di persone soffrono per la scarsità di acqua potabile, permanendo questo stile, entro dieci anni metà dell’umanità vivrà in condizioni di carenza d’acqua (noi compresi) o addirittura di mancanza.

Oggi ci confrontiamo anche con il surriscaldamento globale e altri cambiamenti climatici che accelerano la crisi idrica e le sue conseguenze su ambiente e salute.

La natura ci dice che occorre una radicale inversione. A partire dall’acqua, bene comune e diritto umano, che deve essere gestita in modo partecipato dalle comunità locali, protetta e sottratta al mercato e ai profitti.

Pretendere la giustizia climatica vuol dire in primo luogo salvaguardare l’acqua.

Ognuna/o di noi può fare la sua parte con gesti quotidiani: guarda l’allegato!!

Comitato Milanese Acquapubblica  
ericarodari@tiscali.it

domenica 17 marzo 2019

Bioregionalismo ed ecologia del lavoro

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Uno dei modi migliori, perché il più efficace, di affrontare il tema ambientale è  quello di riorganizzare il sistema lavoro, visto che proprio questo ha pesato e pesa sull'ambiente. E l'errore che si è fatto finora è stato quello di far partire questa riorganizzazione dal settore privato, dalla periferia della cellula sociale, mentre doveva, deve partire proprio dal nucleo della cellula, dal settore pubblico. Se ci guardiamo in giro sulla rete vedremo un mare di iniziative ad opera di PROFESSORI i quali ci lanciano CONTRO il CAPITALISMO, mai rivelando che questo si è sviluppato in conseguenza di un settore pubblico rimasto arretrato ed immutabile.

Il capitalismo, il settore privato son cresciuti oltre misura perché i carrieristi pubblici hanno preferito orientarsi vieppiù verso un comodo controllo ed una soddisfattoria repressione e sempre meno verso una faticosa produzione. Inoltre le continue ingerenze dei carrieristi pubblici, la continua loro oppressione operata sulla popolazione, ha spinto questa a dire: mah! proviamo a cambiare, proviamo coi privati, di questa brutta gente che fa di noi quello che vuole non ne possiamo più! Ecco perché il capitalismo ha trionfato! Perché non c'è stato un vero settore pubblico condotto dai cittadini e focalizzato sulla produzione piuttosto che sulle vessazioni.

Ecco perché leggere un intervento come  quello di Caterina Regazzi, unitamente a quello di Paolo D'Arpini (http://www.terranuova.it/Blog/Riconoscersi-in-cio-che-e/La-vita-e-un-continuo-fluire). Chi ama la natura, chi ama la giustizia sociale, chi ama il bene deve denunciare i PROFESSORI, gli assunti a vita nei nostri impieghi, i noti BARONI che, infiorettandosi con parole come ambiente, clima, bene comune, hanno lanciato e continuano a lanciare, non solo in Italia ma nel mondo intero, miliardi di persone CONTRO un CAPITALISMO ch'è solo CONSEGUENZA e FRUTTO di un settore finto pubblico, di un Potere Esecutivo e Giudiziario rimasti tiranni, esattamente come duci e re ce li lasciarono. Mai rivelando la loro fondamentale responsabilità nel pessimo andamento di ogni aspetto della vita. Il nostro futuro dipende esattamente da questo SWITCH culturale.
Auguro alla Rete  Bioregionale Italiana, che si riunisce il 23 e 24 giugno 2019 a Treia ogni più buona cosa. Sperando che si moltiplichino prese di coscienza innovative e risolutive.

Danilo D'Antonio

venerdì 15 marzo 2019

Lo Spirito Universale che tutto abbraccia


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Mi piace pensare all'esistenza  dello Spirito Universale che tutto abbraccia, ed alla possibilità per l'essere umano  o di vivere una vita solo materiale oppure di prestare attenzione al "profumo" sottile della Coscienza che pervade ogni cosa. 

Sentire che tutti i cari che non ci sono più sono ancora qui e che ci sono in giro già anime che fra un po' saranno qui anche fisicamente.  In questa consapevolezza mi sembra di vivere tutto più intensamente, anche il sonno, oltre che la veglia. 

Amo tutto, anche i miei dolori, e quelli altrui, e sento la sofferenza.... ma aspetto di sentire anche la gioia.

Certo questo è un periodaccio, tante disgrazie, tanta crudeltà, inutile (ma quando la crudeltà è utile?) Spero che le donne siano sempre più forti, ma non nel senso maschile del termine, ma nel diffondere nel mondo la loro propensione alla cura e all'accudimento, a lenire i dolori. 

Devono però mettere da parte l'invidia e l'arroganza e lavorare unite come un corpo unico. Vorrei anch'io poter far qualcosa. Cerco di farlo nel mio piccolo, nel mio ambito, sul lavoro, nell'amicizia, nell'amore, nel mio esser madre. 

Altra cosa: andando in giro per il paese e per la campagna, mi imbatto in opere o in "dis"opere, discariche, cose rappezzate, fabbriche mezze diroccate, sporcizia, insomma "bruttezza". invito tutte le donne (ma anche gli uomini), ad accorgersi di questo, si sa che quando fai l'abitudine non noti più le cose e a lavorare per trasformare, anche con poco e a rendere questo mondo, bello come merita (anche nel rispetto) e come noi ci meritiamo, se solo ce ne rendiamo conto.... 

Caterina Regazzi

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giovedì 14 marzo 2019

Vivere da soli e mangiare in compagnia


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Son contenta che la vita si risvegli. Le giornate si allungano, sono quasi le 18 ed ancora si vede un po' di luce. Sono andata al negozio bio e ho comprato un po' di cosette: una bella bottiglia di succo di mele, aceto di mele, crauti, lupini in salamoia. Gli animali sono tranquilli e cari, dormono sempre anche loro come me. Ah! Stamattina sono andata a fare un sopralluogo qui a Spilla e l'utente mi ha detto che ero stata molto gentile, poi ho fatto delle telefonate ad una signora che aveva bisogno ed anche lei mi ha detto che ero stata molto gentile.  Il mondo è così triste e brutto a volte che un po' di gentilezza non guasta...
Quando si parla della pratica bioregionale si dice sempre che consiste nel riabitare la Terra in modo gentile. Certo, quando si vive in campagna, in comunità o in famiglia, l'aiuto reciproco ci consente di ricordarci meglio del nostro riabitare e di prenderci cura l'uno dell'altro, e anche la preparazione del nostro cibo è più accurata. Ma a volte questo riabitare avviene in solitudine, e allora...? 
Oggi, come quasi tutti i giorni in cui lavoro, sono tornata a casa che erano quasi le 14 e dovevo pranzare. Non avevo fatto dei gran programmi al riguardo, ma avevo in frigorifero un po' di sugo al burro e pomodoro e un po' di minestra di verdura. Oggi è una giornata grigia e umida, piovigginosa e fredda per cui, per portare un po' di colore e allegria, ho deciso di farmi una pasta al pomodoro, nuda e cruda.
Non avevo preparato né un'insalata, né una verdura cotta, né un legume. Lo so, quando torno da Treia, dopo un periodo trascorso con Paolo, mi sono disabituata a prendermi cura della mia alimentazione. Certo, mangio poco e abbastanza sano, quindi gran male non faccio, però sento che manca qualcosa. Poi, passando i giorni, una volta preparo una cosa, un'altra volta ne preparo un'altra finché non torno a regime.
Poi riprendo a frequentare, anche per farmi un giro, qualche mercatino e qualche spaccio agricolo, dove faccio incetta di frutta e verdura, anche perché mi piacciono esteticamente, per cui il frigo si riempie velocemente, anche troppo. Per esempio, tra ieri e oggi ho comprato insalata, finocchio, cavolini di Bruxelles, sedano rapa, porri, mele, mandarini, kiwi, cipolle, e non so cos'altro. Inoltre ho ordinato, tramite GAS, arance, caponata, sugo alle sarde (ebbene si!), riso, farina, piadine. Ma il tempo per cucinare non è molto. Tra ieri e oggi comunque ho almeno imbastito la produzione del mio pane, che per stasera sarà cotto.
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Certo, quando c'è con me Paolo che cucina, è tutta un'altra cosa: decidiamo insieme cosa fare, e quando ci salutiamo al mattino, dopo aver fatto colazione insieme, sappiamo già cosa si mangerà a pranzo e magari qualcosa è già stato imbastito, per esempio la cottura di un legume, di cui di solito sono io che mi occupo. Se c'è qualcun altro con noi si cucina pensando anche ai suoi gusti.
Oggi, scolando i miei 80 g di pasta mi è venuta un po' di tristezza. Ho sporcato una pentola per la pasta e un pentolino per il sugo. Se si è in 2 o 3 o anche di più si sporca sempre lo stesso quantitativo di stoviglie, così ho pensato che stare da soli è anche poco ecologico, oltre che ovviamente poco conviviale.
Inoltre, fino a che stiamo su questa Terra è bene che ci godiamo la vicinanza degli altri e della natura per non andarcene con il rammarico di esserci privati, e di aver privato gli altri, amici e parenti, dell'affetto e della reciproca compagnia.
 Caterina Regazzi  

mercoledì 13 marzo 2019

"Il Dio delle piccole cose" di Arundhati Roy - Recensione


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Beh, pensateci bene, se non lo avete ancora iniziato, a prenderlo in mano. A me ha catturato, l'ho letto in pochi giorni, considerando che leggo solo alla sera prima di dormire e neanche per molto tempo. Ero appena tornata da due settimane nell'India del sud, il primo libro che attira la mia attenzione in una scaffalatura di scambio-libri... potevo non prenderlo? 

Scritto in una maniera molto particolare, più che evocativa, che si sofferma sui particolari, sulle piccole cose con continui rimandi in avanti e indietro nel tempo. Una storia tragica, di amore e di sofferenza, di sangue, lacrime, morte e di vita. Quanto c'è di vero in questa storia in cui non sembra esserci la libertà di amare chi si vuole e quanto si vuole? L'India è un paese affascinante e misterioso, dove la spiritualità va a fianco della materialità, la vita va a fianco della sofferenza tra l'indifferenza e l'attenzione del resto del mondo. 

Consiglio la lettura ai cuori forti, non a quelli indifferenti o troppo superficiali, quelli che vogliono solo passare qualche ora. Io ce l'ho fatta, nonostante il periodo di grande stanchezza, ma mi ha lasciato una tristezza per le ingiustizie lette e la brutalità, l'infanzia negata e l'amore negato, in mezzo a una natura che grida "amore". 

E cosa può fare una donna non più giovane come me, quando è testimone anche se solo letteraria di tanta miseria e quando in realtà sono stata testimone anche reale, nella santa madre India, di tanta miseria? E' il destino? Il karma che va espiato? O non ci sarà anche la ignoranza dell'uomo, la sua cattiveria, il suo egoismo? Ecco, spero che almeno questo sfogo con voi che spero un po' mi capiate, possa far girare la mia bandiera verso la passione e la ribellione e la consapevolezza che siamo tutti Uno su questa Terra, giovani e vecchi, ricchi e poveri, intoccabili e toccabili, uomini e donne, e che le ingiustizie devono essere messe al bando e che ognuno deve fare a suo modo la sua parte. Grazie per l'ascolto.  


Caterina Regazzi  

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lunedì 11 marzo 2019

In memoria del poeta Stefano Amoretti - di Gianni Donaudi


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Il poeta STEFANO AMORETTI (classe 1926) è mancato a Imperia (sua città natale e di residenza) alla bella età di 92 anni. Negli anni passati scrisse diversi libri di poesia tra cui "Prima che il tempo..." (Ed. Chiesa- Finale Ligure-SV-), "Il silenzio del Deserto" e "Azimut" (gli ultimi due stampati per l'editore L' Autore Libri - Firenze).

La poesia di Stefano, certamente non aveva nulla di evasivo, ma certamente richiamavano i grandi temi della poesia e del mondo classico( come scrisse FRANCESCO GALLEA nella presentazione del "Silenzio...") , con una   w e l t e s c h a u n g    come ricerca dell' Assoluto.

Il mondo classico era visceralmente presente nell'opera di Amoretti , ma Stefano ne colse anche le insufficienze e, allora, parve ripercorrere la strada di SIMONE WEIL, l'anarchica francese di origine ebraica, eroina della Spagna repubblicana e in seguito "cristiana- esoterica" in stretta corrispondenza epistolare con GEORGES BERNANOS e RENE' GUENON.

Sullo sfondo dei libri di Stefano c'è una reale presenza di disintegrazione che sembra travagliare l'uomo d'oggi. E onde evidenziare tale disgregazione non è necessario dare risposte cattoliche, religiose  o moralistico-piccolo-borghesi in genere, potendosi evidenziare anche con opinioni più modeste o laiche, ma coerenti e oneste ( si pensi ad autori laici, neo-illuministi e di certo provenienti dal marxismo, quali COSTANZO PREVE (1943/ 2013) e DIEGO FUSARO.

Stefano era cattolico praticante ma non lo si potette mai accusare di clericalismo e di bigottismo. A 18 anni combatté a Nettuno (RM) contro gli Alleati in un reparto di paracadutisti (lo stesso del giovanissimo DARIO FO ) e nel dopoguerra ebbe come compagno di prigionia il futuro grande comico WALTER CHIARI. Ma quali fossero le sue idee, Stefano non offrì mai, in diversi suoi libri nessuna chiave politico-ideologica alla risoluzione del problema.

La sua fu una ricerca semplicemente personale, che non imponeva niente a nessuno, ma continuava per la propria strada, cercando di avere fede almeno nella vita e riuscendo, nonostante tutto, a commuoversi per i suoi affetti famigliari, come nelle poesie dedicate alla nipotina Silvia, al figlio Maurizio o al nonno Leonardo.

Ci sentiamo vicini alla vedova e ai figli.

Gianni Donaudi

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sabato 9 marzo 2019

Il mondo nuovo di Aldous Huxley - Recensione



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Trovo questo sia un libro seminale. La lettura è stata piacevolissima per la trama e per lo spazio che ha dato alla mia riflessione. Tra i libri distopici, lo preferisco a 1984 di Orwell. Ci sono elementi che mi hanno inquietato per la visionarietà dell’autore Huxley nel descrivere tratti di un mondo che appare simile a quello nostro contemporaneo o a quello a cui stiamo tendendo. 


Il mondo nuovo descritto dall’autore si impernia su una società in cui tutti gli uomini sono felici e “sedati” perché accontentati nei loro bisogni superficiali e incapaci di “sentire”, di provare emozioni perché queste ultime potrebbero sconvolgere lo status quo e renderli instabili. Società di uomini creati in provetta, distinti tra soggetti Alfa, Beta, Delta e addestrati a non pensare criticamente, a non leggere, a maturare pensieri precostituiti attraverso l’ipnopedia, ossia il costante bombardamento di pensieri inculcati durante il sonno ai bambini in modo che essi “imparino” ad incarnare quello che il sistema vuole siano.

Ad opporsi a questo mondo un “Selvaggio”, figlio del mondo vecchio nel quale ancora c’erano madri e padri, un appassionato lettore di Shakespeare che si impatta con il mondo nuovo asettico, non capendone le dinamiche e stupendosi dei tratti desolati di quella realtà, reclamando il “diritto di essere infelice”.

C’è un personaggio nel romanzo a cui l’autore lascia emettere una delle citazioni più suggestive e pregne di significato che abbia ritrovato in questo volume, la seguente:

“Dove ci sono guerre, dove ci sono giuramenti di fedeltà condivisi, dove ci sono tentazioni a cui resistere, oggetti d’amore per i quali combattere o da difendere, là certo la nobiltà e l’eroismo hanno un peso. Ma ai nostri giorni non ci sono guerre. La massima cura è posta nell’impedirci di amare troppo qualsiasi cosa.”

"Il mondo nuovo" di  Aldous Huxley.  Un libro importante, di una poderosa bellezza.


Elisabetta Cassone

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Brave New World (1932) marked a turning point in Huxley’s career: like his earlier work, it is a fundamentally satiric novel, but it also vividly expresses Huxley’s distrust of 20th-century trends in both politics and technology. The novel presents a nightmarish vision of a future society in which psychological conditioning forms the basis for a scientifically determined and immutable caste system that, in turn, obliterates the individual and grants all control to the World State

venerdì 8 marzo 2019

In memoria di Ipazia, filosofa e martire, vittima dell'oscurantismo cristiano

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Era il mese di marzo del 415 d.C.  Ipazia fu massacrata e il suo corpo ridotto letteralmente a brandelli da una massa di fanatici, ciascuno armato di un pezzo di vetro o coccio, che dovettero infierire sul cadavere in segno di fede e di sottomissione alla Chiesa. Ancora oggi Ipazia è l'emblema della libertà di pensiero e di ricerca scientifica, della razionalità filosofica, della indipendenza ed emancipazione della donna.

Mentre la Chiesa ha dichiarato santo  Cirillo, dottore della Chiesa e vescovo, colui che condannò a morte la scienziata e filosofa Ipazia, ad Alessandria d'Egitto. Nasce così il cosiddetto "Medioevo cristiano", caratterizzato dall'oscurantismo religioso e della misoginia. 

Che queste persecuzioni contro il mondo femminile siano avvenute e continuino ad avvenire, in conseguenze del propagarsi delle religioni monoteistiche patriarcali, non desta meraviglia (nelle menti capaci di discriminazione analitica). Infatti basti vedere le ripetute professioni di odio espresse dal dio giudeo contro tutti gli altri dei e contro gli altri popoli che non fossero il suo e si capisce quali sarebbero state le conseguenze, sempre più cruente, nelle successive azioni delle sette di ispirazione biblica. I giudei, prima, ed i cristiani, dopo, e per finire i musulmani, portarono alle estreme conseguenze quell'odio verso l'altro dissimile da sé, diverso nel pensiero, o nel genere. Infatti queste cosiddette "religioni" monoteistiche non sono assolutamente tali ma semplici ideologie razziste. Altro che "amore"... qui l'amore si esercita solo verso i propri kit and kin (e mai termine inglese fu più azzeccato)". 

E da ciò si capisce cosa sia il cristianesimo... tutti santi pure i torturatori dell'inquisizione, gli uccisori delle streghe, i pedofili, gli accaparratori di denaro altrui, i venditori di indulgenze, i bruciatori degli eretici, i papi i cardinali i preti le suore che uccidevano nei conventi, nelle cattedrali, nello stato del vaticano... ipocriti sepolcri imbiancati che ancora hanno il coraggio di predicare  il "bene"... per salvare il popolo dei "credenti"  dall'inferno, che loro stessi hanno creato. Amen!

Paolo D'Arpini




La storia di Ipazia:

“Commento di Teone di Alessandria al Terzo Libro del Sistema matematico di Tolomeo. Edizione controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia”



Questa l’intestazione al III libro del Sistema matematico di Tolomeo, scritto da Teone di Alessandria, padre della filosofa e matematica Ipazia.  Lui  la introduceagli studi matematici ma lei non si limita allo studio e diventa anche insegnante,come testimoniano le parole di Filostorgio (suo contemporaneo e biografo): “Introdusse molti alle scienze matematiche” e l’elogio che ne tesse Pallada è forse il più bello e il più intimo: ” Quando ti vedo mi prostro, davanti a te e alle tue parole, vedendo la casa astrale della Vergine, infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto, Ipazia sacra, bellezza delle parole, astro incontaminato della sapiente cultura”.

Ipazia ha fatto importanti scoperte sul moto degli astri, raccolte nel testo “Canone astronomico” così da renderne pubblica la conoscenza anche ai suoi contemporanei. 

Considerata la terza caposcuola del Platonismo da Socrate Scolastico, ha dimostrato che tra la scienza matematica e la sapienza filosofica c’è uno stretto legame, e la studiosa Gemma Beretta traccia un quadro lucido e dettagliato dell’opera che questa filosofa ha lasciato ai suoi contemporanei e a tutte le successive generazioni di uomini e donne che hanno calpestato la stessa terra e guardato lo stesso cielo: “Quando tracciava una nuova mappa nel cielo, Ipazia stava indicando una traiettoria nuova, e al tempo stesso antichissima, per mezzo della quale uomini e donne del suo tempo potessero imparare ad orientarsi sulla terra e dalla terra al cielo e dal cielo alla terra senza soluzione di continuità e senza bisogno della mediazione del potere ecclesiastico…

Ipazia insegnava ad entrare dentro di Sé (l’Intelletto) guardando fuori (la volta stellata) e mostrava come procedere in questo cammino con il rigore proprio della geometria e dell’aritmetica che, tenute l’una insieme all’altra, costituivano l’inflessibile canone della verità”.

Ipazia: matematica ma anche filosofa.  Inventrice, pare di un astrolabio piatto, di un idroscopio e un aerometro. Ipazia anche guida spirituale, come testimonia una intensa ed intima lettera scritta da Sinesio, Vescovo di Cirene,  indirizzata a lei, maestra pagana: ” Detto questa lettera dal letto nel quale giaccio. Possa tu riceverla stando in buona salute, o madre, sorella e maestra, mia benefattrice in tutto e per tutto, essere e nome quant’ altri mai onorato! …. E se c’è qualcuno venuto dopo di me che ti sia caro, io debbo essergli grato perché ti è caro, e ti prego di salutare anche lui da parte mia come amico carissimo. Se tu provi qualche interesse per le mie cose bene; in caso contrario, non importano neanche a me”.

Ipazia è stata una donna seguita dai suoi contemporanei, dal popolo come dalle più alte cariche cittadine, come riportano Socrate Scolastico ” A causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente, e provavano verso di lei un timore reverenziale”, e Damascio ” Il resto della città a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente, e i capi ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei”. Secondo il parere di questi due illustri filosofi e diretti testimoni di Ipazia, grazie a lei si era realizzata nel concreto la “politeia” in cui erano i filosofi a decidere le sorti della città.

Ancora Beretta sottolinea l’innovazione contenutistica degli insegnamenti di Ipazia, nel sostenere che ” Ipazia affiancava ad un insegnamento esoterico un insegnamento pubblico, simile a quello dei sofisti moralizzatori del I secolo” e ” … spiegava tutte le scienze filosofiche a coloro che lo desideravano”.


Nel 391 d.c. Teodosio dichiara il Cristianesimo religione di Stato, e l’anno successivo viene promulgata una legge speciale contro i riti pagani.  Ipazia occupa la cattedra di filosofia, ereditata dal padre; Cirillo diventa Vescovo e rappresenta il massimo del potere ecclesiastico.

Durante il passaggio dal paganesimo al cristianesimo, l’unico modo che il Vescovo ha di controllare le menti è quello di spodestare il filosofo, e Cirillo non perde tempo per organizzare l’eliminazione fisica della sua rivale.

Ipazia cade vittima di un’imboscata mentre faceva ritorno a casa, la colpiscono con dei cocci e la smembrano. Gettano pezzo per pezzo il suo corpo nel fuoco perché non ne restasse traccia. Il santo Cirillo, pur essendo considerato il principale architetto della ingiusta e violenta sparizione di Ipazia, non ha mai pagato, neanche moralmente, la sua colpa.  

Un esimio collega della filosofa d’Alessandria, Voltaire, le dedicherà pensieri di solidarietà e definirà la sua fine una “condanna ingiusta”, frutto di “un eccesso di fanatismo” e l’irlandese John Toland le dedica un saggio” Ipazia, ovvero la Storia di una Dama assai bella, assai virtuosa, assai istruita e perfetta sotto ogni riguardo, che venne fatta a pezzi dal clero di Alessandria per compiacere l’Orgoglio, l’Emulazione e la Crudeltà del loro Vescovo, comunemente ma immeritatamente denominato San Cirillo”.

Angela  Braghin




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giovedì 7 marzo 2019

"Igienismo Naturale e visione d’insieme" di Daniele Bricchi


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Alle persone che mi contattano chiedendomi qualche forma di aiuto e supporto igienista, so che potrò essere utile solo se sarò in grado di istillare il dubbio, mettere a repentaglio qualche pregiudizio, far vacillare qualche dogma. Se alla fine del dialogo o del soggiorno non siamo riusciti in questo, temo di avere fallito nella cosa più importante perché con ogni probabilità l’aver intrapreso un detox darà benefici solo temporanei se non si è innescato o intensificato un cambio di paradigma, una inarrestabile tendenza a rivedere la vita da diverse angolazioni.
Ho iniziato da ragazzino negli anni 70 con ambientalismo, vegetarismo, la via Gandhiana, i progetti di eco-villaggio come alternativa ad un sistema che mi pareva destinato allo sfascio. Nel 1985 incontro e inizio lo studio e la pratica del sistema igienista naturale grazie al quale sferzo una gran botta a tutti i mIei cronici disturbi (cosi definiti dai medici allopatici) mentre con amici ci riuniamo spesso a casa mia per praticare detox autogestiti. Un anno dopo, non so come, ricevo una richiesta di assistenza al digiuno da parte di un atleta semi-professionista. Il mio praticantato igienista da apprendista stregone iniziava così sul campo e da apprendista continua.
Se inizialmente la mia attenzione era posta parecchio su cibo e digiuno ora invece è maggiormente rivolta ai condizionamenti. Prima di tutto è necessario comprendere che non siamo davvero liberi anche nel senso che quello che facciamo, pensiamo ecc. è frutto di un condizionamento che subiamo da sempre.
Per liberarci, prima è necessario accorgerci che non siamo liberi.
Pensare con la propria testa è condizione indispensabile e temo che l’obbiettivo non sia raggiungibile se prima non riconosciamo che siamo indottrinati, che agiamo come pecore. Siamo spesso inconsapevoli schiavi di culture locali. Per esempio, se nasci in Cina hai molte probabilità di credere che mangiare cani sia concepibile e che il formaggio sia inopportuno perché da ritenere latte andato a male, mentre in altre parti del mondo la percezione è diametralmente opposta. In entrambi i casi si tratta di modelli di credenze favorite da usi, costumi, veri e propri lavaggi del cervello, culture locali che vengono assorbite spesso senza senso critico, oscurantismo e repressione di stampo religioso massivo che si trascina per secoli e secoli. Se viene riconosciuto questo fatto è probabile che siamo nelle condizioni di porci domande a cui cerchiamo di dare risposte invece di dare per scontato tutto quello che viene calato dall’alto. A quel punto la ricerca è davvero tale e l’indottrinamento, anzi l’auto-indottrinamento lo abbiamo deciso noi nel modo e direzione che ci sembrano più opportuni, magari facendo anche errori e correggendo il tiro.
Per lungo tempo ho creduto che quando una persona sperimenta un risveglio, su uno o più argomenti e si illumina, divenisse automaticamente aperto e risvegliato su tutto. Mi sono dovuto ricredere incontrando vari maestri, geniali e coraggiosi da cui ho anche imparato tanto in determinati campi, che però a mio avviso non affrontavano le cose con la medesima apertura mentale e si accontentavano di seguire il gregge senza sindacare. Bastava spostarli di un pochino dal loro campo di eccezione per risultare del tutto ingenui e manipolabili. Mi sono piano piano convinto che questa capacità di porsi domande su tutto è da chiarire nella testa in modo pragmatico tenendo alta l’attenzione.
Dal mio punto di vista siamo un popolo di viziati, caratterizzati da una immaturità profusa, generalizzata e che proprio perché altamente diffusa risulta essere scarsamente visibile.
I nostri pregiudizi sono i nostri più grandi nemici, con le nostre chiusure mentali e i pensieri limitanti. Einstein diceva che è triste l’epoca in cui è più facile rompere un atomo che non un pregiudizio e che non ha senso aspettarsi risultati diversi facendo sempre le stesse cose, mentre Oscar Wilde affermava: “ il vizio supremo è la superficialità”.
La condizione di essere “avulsi dalla realtà” è assai comune, è spesso inconsapevole, ma può essere in parte voluta per effetto della paura che la realtà sia troppo scomoda, sconveniente, terrificante da affrontare.
“Il saggio combatte contro il proprio ego, l’ignorante combatte contro tutti gli altri”.
Vorrei toccare una serie sicuramente incompleta di argomenti senza tuttavia approfondirne neppure uno perché il mio interesse è puntare a evidenziare il filo conduttore tra i vari soggetti. Ogni argomento potrebbe essere affrontato col paraocchi, in maniera specista e settoriale, oppure auspicabilmente con una visione globale, considerando anche l’effetto delle sinergie tra esse.
Quando contattato, la richiesta che mi viene fatta è quasi sempre l’assistenza ad un digiuno terapeutico, ma da molto tempo mi adopero per fare capire loro che non hanno interesse a chiedermi questo. Oltre a contemplare l’eventualità di un digiuno (strumento sicuramente di eccezionale potenza, inseribile in un programma salvavita anche se non sempre opportuno o indispensabile) propongo un percorso di consapevolezza che invece credo imprescindibile, ampio e variegato che include molteplici aspetti e argomenti che vertono alla comprensione il più possibile completa del sistema igienista. E’ un lavoro difficile, forse non mi riesce molto bene, ma non vedo altre possibilità.
Se poi la richiesta di supporto arriva da persone che sono principalmente afflitte da: depressione, problemi esistenziali, problemi psichiatrici, dipendenza da psicofarmaci, tossicodipendenza, incluso da caffè, tabacco, alcol, il digiuno, almeno in prima battuta è fermamente escluso nel programma che propongo. In questi casi il detox è comunque assicurato con un programma di crudismo e sicuramente al posto del digiuno a riposo pratichiamo la cosiddetta “terapia occupazionale” lavori manuali di svariato genere, associata ad una serie di altre misure.
Certamente, diventare padroni del sistema igienista necessita impegno, studio attento della letteratura igienista in mancanza del quale riteniamo sia altamente improbabile si possa sfruttare appieno nelle sue enormi potenzialità e campi di utilizzo. Tuttavia è necessario comprendere che i concetti base che gli igienisti del passato ci hanno aiutato a comprendere vanno calati nel contesto attuale tenendo quindi conto dei cambiamenti che sono occorsi dai tempi della stesura dei testi dei pionieri. Lo stesso Dr. Shelton scrisse: “l’igienismo è un neonato… e sull’igienismo non è certo stata detta l’ultima parola”, e il suo motto era: sosteniamo la verità, cadessero i cieli”.
Per esempio, questi grandi e geniali riformatori non potevano trattare argomenti inerenti ai gravi danni causati dai televisori, dai computer, dai telefoni mobili, dall’elettrosmog perché non esistevano. Allo stesso modo non potevano parlare di una serie di altri gravi attacchi che giungono a noi attraverso i materiali di cui sono composte le case moderne e dagli oggetti con cui le colmiamo. Non potevano parlare della sedentarietà diffusa perché ai loro tempi i mestieri intellettuali erano per pochi mentre erano molto diffusi quelli manuali. L’inquinamento ambientale non era ancora così grave come ora, non erano ben noti i danni da otturazioni dentali realizzati da amalgame contenete mercurio, ecc. ecc..
E’ quindi nostro compito integrare seguendo il medesimo filo logico, indicando e fronteggiando le cause dei disturbi diffuse al nostro tempo che sono in parte differenti da quelle del passato.
Un individuo sano necessita anche di un ambiente sano. Le condizioni del pianeta sono come quelle di un infermo in preda a fortissime crisi eliminative che urgentemente necessita di rimuovere le cause dei suoi malanni, riposare e digiunare, onde scongiurare la sua fine preceduta magari da lunga agonia. Quello che accade nel microcosmo si rispecchia nel macrocosmo e viceversa. E lui, il pianeta, siamo noi. Come dicono i maestri: “io sono te tu se me, tutti siamo uno. Siamo un tutto col mondo e la separazione è solo una illusione. Senza gli altri non siamo nulla. Tentiamo di crescere sanamente i nostri figli pur sapendo che l’ambiente in cui vivranno è sempre meno adatto alla vita per via di conflitti, inquinamento e disgregazione sociale. Un movimento di salute maturo e consapevole si adopera e mette in pratica sostenibili modelli di vita, contro ogni mafia, a tutela del territorio, contro il grosso problema degli sprechi, le ingiustizie, per una radicale riforma ambientale, umana e solidale che richiede davvero un modo diverso di pensare.
GEOPOLITICA? Giusto come esempio di questione dalla cui comprensione si possono comprendere molti altri problemi internazionali, non posso non citare la tragedia palestinese, anche come raro esempio di manipolazione dell’informazione che si va lentamente sgretolando anche grazie a documenti oramai desegretati. Vi invito caldamente a visionare i documentari: “Capire il torto” di Paolo Barnard e “l’Araba Fenice” di Fulvio Grimaldi.
IL PROBLEMA DEI RIFIUTI. Andrebbe davvero affrontato. I termo-valorizzatori non fanno sparire proprio nulla, ma mettono in circolo rifiuti più pericolosi sotto un'altra forma. Vedi i lavori del Dr. Stefano Montanari nel suo video documentario: “l’insidia delle polveri sottili e delle nano-particelle”
Noi, di base, siamo fatti per vivere all’aria aperta. Le case di una volta erano dei compromessi molto piccoli per i materiali da costruzione e le tecniche costruttive del tempo, ma le strutture abitative e lavorative di oggi ad eccezione di quelle realizzate con i criteri della bioedilizia sono luoghi che invece di essere una tana sicura sono piene di inside per la nostra salute. La bioedilizia è una branca dell’ecologia e dell’igienismo in quanto si occupa delle cause dei disturbi derivanti dall’impatto ambientale in zona di produzione dei materiali, di quella della fase della loro messa in opera, delle conseguenze per chi vive in quegli interni, per chi poi va a ristrutturare, per chi va a demolire e per l’ambiente se la struttura viene abbandonata. La bioedilizia offre un’alternativa molto più sana a tutto questo.
Ci siamo fatti convincere a usare il telefono mobile al posto del telefono fisso, come orologio, come sveglia, per tutto, mentre sarebbe solo un fantastico strumento di emergenza. Vedasi i lavori sull’incidenza dei tumori in relazione all’esposizione da telefoni mobili del Dr. Fabrizio Marinelli ricercatore dell’istituto di genetica molecolare del CNR di Bologna. Ci sono ovviamente mobilitazioni per opporsi anche al pericoloso 5g.
IN QUESTA EPOCA, stiamo assistendo alla perdita dell’uso del corpo e ad una clamorosa perdita della manualità a favore di una abilità sempre più crescente delle mani nell’uso di tastiere e dispositivi vari. Una legge biologica ferrea ci dice che se il corpo lo usi lo mantieni, mentre se non lo usi lo perdi. Spesso gli igienisti citano popoli come gli Hunza e i Vilcabamba come esempi di longevità, ma non sempre si ricordano di sottolineare che queste persone lavorano anche nei campi fino a età avanzata. Parlando col Dr, Luciano Proietti, un medico che partecipò allo studio dei centenari italiani ci disse che il lavoro manuale era una delle caratteristiche comuni che si erano evidenziate incontrando queste persone. Ci disse che talvolta continuavano a lavorare anche durante l’incontro tanto che l’intervistatore doveva camminargli appresso.
Soprattutto nei paesi industrializzati come il nostro, in particolar modo negli ultimi 60 anni ci siamo fatti portare via quasi tutte le abilità manuali, una ricchezza quasi perduta. Oggi molti di noi svolgono attività prettamente intellettuali. La vita cittadina, la mancanza di esperienza di lavori manuali, il fare sempre lo stesso mestiere sono concause di una ridotta visione d’insieme, rallenta e ostacola  la maturazione e la consapevolezza dell’individuo, rende pigri e viziati, viviamo nella bambagia, usiamo e gettiamo oggetti creati in paesi lontani da persone che lavorano spesso in condizioni di sfruttamento utilizzando risorse che non sono inesauribili e che nemmeno ci appartengono, ottenendo anche  una generalizzata “ bassa percezione del pericolo” causata dalla scarsità di esperienze incrementata da cattiva informazione.
Il lavoro manuale oltre ad aiutarci a mantenerci forti e in forma, permette di conoscere meglio il mondo che ci circonda, capire da dove vengono gli oggetti, come vengono prodotti, quanta fatica e amore sono necessari per produrli, capire cosa succede loro una volta utilizzati. Leone Tolstoy riteneva che fosse un’ingiustizia sociale relegare sempre alle stesse persone l’onere di produrre i beni indispensabili che tutti usano quali il cibo, le case, il vestiario, i mezzi di trasporto e decise di dedicare alcune ore al giorno a mansioni manuali con il motto: “lavoriamo meno - lavoriamo tutti”. A coloro che gli domandavano come poteva svolgere la sua attività intellettuale se doveva pure lavorare. Egli rispondeva che dopo 5 o 6 ore di lavoro gli restava tutto il tempo che gli serviva per il proprio lavoro intellettuale e che in più era arricchito di esperienza di vita vera. Nelle comunità dell’Arca, fondate da Lanza del Vasto, tutte le mansioni vengono praticate a rotazione dai suoi membri in modo che tutti formino competenze e manualità un po’ su tutto proprio per sviluppare una maggiore visione d’insieme.
LA VERA VITA E’ IN CAMPAGNA., se non nel villaggio, se non nella tribù.
L’UOMO IN EQUILIBRIO non sarà solo manuale e non solo intellettuale, ma comprenderà entrambe le cose in sintonia tra esse.
La BASSA PERCEZIONE DEL PERICOLO porta davvero alle conseguenze più svariate.
 Di solito le risate più sonore me le becco quando tento di introdurre il concetto di “VELOCITA’ VEGANA” …. e mi ridono in faccia anche persone che sono già in un sentiero di ricerca. Abbiamo deciso di usare senso critico e di mettere in discussine il modo convenzionale di alimentarsi? Mi fa molto piacere, ma la mia domanda è: non sarà il caso di porci domande anche su tutto il resto?
“Non fidarti delle apparenze, non è il cervo che attraversa la strada, ma è la strada che attraversa il bosco”. Se decido di condure il mio mezzo di trasporto con molta prudenza e riduco mediamente la velocità che è riconosciuta come il principale indice che determina la gravità dei traumi, ho la certezza matematica che riduco anche la probabilità di investire un animale che attraversa la strada, consumo meno carburante e risparmio mentre inquino di meno, causo meno incidenti e se questi capitano sono meno gravi con meno feriti e meno morti. Mi si obbietta che una volta che si rispettano i limiti di velocità stabiliti dalla legge abbiamo fatto tutto quello che è ragionevolmente necessario. Io rispondo che la legge non vieta di fumare, di fare continuo uso di farmaci, di bene alcolici, di dormire meno ore di quelle necessarie ecc., ma questo non significa che siano comportamenti razionali, sani, ne privi di conseguenze anche pesanti. La morte sulle strade è la prima causa di morte nei bambini. Ogni anno, muoiono in Italia dalle 4000 alle 10.000 persone, 100.000 in Europa, 1.200,000 nel mondo, oltre a centinaia di migliaia di persone che contraggono invalidità solo per gli incidenti stradali. Il traffico veicolare per il modo assurdo in cui è organizzato non può che produrre questo in continuazione, ma non si vedono grandi sforzi per porvi rimedio. Dal mio punto di vista questa situazione è un chiarissimo esempio di come un comportamento assurdo, diffuso massivamente viene accettato dalla nostra mente come una cosa normale a cui tutto sommato ci si abitua. Poi quando capita che per un incidente perdiamo gli arti o perdiamo una persona cara, ci casca addosso il mondo, ma sempre per imitazione finiamo per rassegnarci ad eccezione di una minoranza che inizia a lottare per informare e sensibilizzare per ottenere un cambiamento.
CONDIZIONAMENTI e basse percezioni del pericolo consentono l’accettazione dell’uso di cosmetici, tatuaggi, metalli a contatto col corpo e che addirittura lo trafiggono come orecchini e piercing, il fumare, bere alcolici, consumare generi alimentari prodotti dall’industria, rimanere in un posto di lavoro che ti disgusta l’anima, ma che non molli perché sei ben pagato. Siamo stati indotti a sviluppare una vera propria fobia rispetto agli odori corporei e a sentirci invece perfettamente a nostro agio nell’immergerci di sostanze chimiche e velenose come i deodoranti, i detersivi chimici, smalti e una infinità di prodotti. Queste sono piccola parte di una copiosa lista di comportamenti considerati normali e accettabili anche se alla fine ci confinano nel dolore, nella malattia e nella distruzione del territorio. Spesso la moda è tiranna.
Alla luce delle attuali conoscenze non credo che si possa affermare che coloro che possiedono più BENI MATERIALI si ammalino di meno, siano più felici, siano meno depressi. Sembra anche che viziare i bambini sia un modo abbastanza sicuro per ostacolare la loro formazione ed equilibrio.
IGIENISMO E’ BUON SENSO, è sicurezza, è principio di precauzione, è vivere con attenzione.
COMPETENZE DI PRIMO SOCCORSO. Credo che tutti dovrebbero fare corsi di pronto soccorso incluso i corsi di disostruzione delle vie aeree.
TRAPIANTO DI ORGANI. Credo che vadano conosciuti i motivi di lotta portati avanti dalla lega contro la predazione di organi e la morte a cuore battente. Se non lo avete già fatto contattateli e adottate i mezzi per difendervi. www.antipredazione.org E’ accaduto, accade e continuerà ad accadere che persone considerate espiantabili secondo l’attuale legge, hanno inaspettatamente ripreso conoscenza e spesso senza riportare danni permanenti.
Il prelievo degli organi per i trapianti, cuore, fegato, reni, polmoni, si effettua da persona in coma sottoposta a ventilazione mediante intubazione, dichiarato d’autorità in “morte cerebrale” le cui reazioni alla sofferenza prodotta dall’espianto sono impedite da farmaci paralizzanti o da anestetici. Non si tratta di un morto in arresto cardiocircolatorio e respiratorio come tutti intendiamo. Inoltre ci sono molte altre cose importanti da sapere.
VACCINAZIONI: su questo tema, stiamo vivendo un periodo caldissimo a causa del fatto che i sostenitori della vaccinazione di massa hanno pianificato una guerra contro ogni comune cittadino, scienziato, giornalista o organizzazione che pone qualsivoglia obbiezione alla pratica vaccinale.
L’obbligo alla vaccinazione è sostenuto da persone corrotte e anche da persone in buonafede, ma ridotte a totale ignoranza grazie ai già citati condizionamenti.  I danni da vaccino sono molto più frequenti e gravi di quanto si voglia fare credere, mentre i benefici reali dell’immunizzazione vaccinale sono decisamente dubbi.
Voglio dire che questa lotta non deve interessare solo genitori, lesi da vaccino, o medici dissidenti, ma deve coinvolgere tutti perché qui ci stiamo giocando i diritti sociali, le libertà individuali. E’ una lotta per la civiltà. Vogliono obbligare tutti a curarsi con la chimica. Quando ci ricatteranno con altri diritti: “se non ti vaccini non ti do la patente, il passaporto, l’assistenza sanitaria, l’accesso all’università, al posto di lavoro”, allora forse ci sveglieremo. Personalmente non sono solo contrario all’obbligo, ma sono contro le vaccinazioni perché non ho ancora trovato alcuna prova convincente che vi siano condizioni in cui il vaccino sia davvero stato il modo più sensato di procedere. Se qualcuno mi aiuta a trovare queste prove gli sarei grato.
COME IGIENISTI, in aggiunta a questo, abbiamo la convinzione che con conoscenza e metodo igienista si possa mettere in campo la vera ed efficace prevenzione delle malattie infettive. A titolo di esempio, vi invito a leggere una dispensa riassuntiva: “Crescere bimbi sani senza farmaci e chirurgia” dalla gravidanza ai primi anni di vita, su mio figlio Alfred; ora diciassetenne.
LA NASCITA, altro vasto e affascinante argomento. E’ fondamentale conoscere anche i rischi e i danni della medicalizzazione del parto che possono segnare per tutta la vita madre e nascituro e quindi conoscere le alternative.
GLI ABBRACCI. Con le culture repressive, ci siamo fatti rubare la dimensione naturale del contatto fisico e dell’abbraccio. Suggerisco vivamente di leggere l’articolo di Enrico Cheli “La comunicazione del cuore – per un recupero del contatto corporeo e dell’abbraccio” dove magistralmente viene spiegato perché il contatto e gli abbracci ci fanno bene e perché ci si abbraccia così poco.
LA DANZA. E’ un ingrediente che volentieri includo nella strategia igienista. Danzare significa accedere come per magia ad un bel complesso di effetti interessanti perchè danza è: attività fisica, attività psicomotoria, meditazione dinamica, un altro livello di comunicazione, contatto fisico, socializzazione e gioco.
FARE L'ESPERIENZA DEL RAINBOW GATHERING. Consigliato. Per molti è una prova di apertura mentale,... può fare accedere al cambiamento...
ALIMENTAZIONE. Non credo di poter dire con sufficiente enfasi che l’igienismo non è un sistema basato sull’alimentazione.
Ritengo che l’idea che l’igienismo sia un modo di alimentarsi sia una credenza, un fraintendimento diffuso, spiacevole, grave e foriero di negative conseguenze. Sarebbe come dire che una volta che avete accertato di aver messo il carburante adatto nella vostra autovettura siete a posto. Sarebbe come dire che il pedale della bicicletta è la bicicletta. Se vuoi una bicicletta entri in un negozio e la compri tutta intera. Se compri solo il pedale lo metti sotto braccio e te ne va a piedi non certo in bici. Il pedale sta alla bicicletta come il cibo sta all’igienismo. Sono parti indispensabili, ma senza le altre parti possono risultare inutili.
PARLARE DI ALIMENTAZIONE NATURALE oggi significa nutrirsi del meno peggio. Più che naturale lo definirei razionale perché gli alimenti naturali per la nostra specie sono per lo più scomparsi con l’interventismo umano. Possiamo comunque fare molto preferendo gli alimenti più sani che il contesto attuale ci offre, cibi freschi, dare importanza ai cibi crudi, evitare o ridurre al massimo i cibi peggiori. Stiamo senza dubbio lontano dalle droghe, incluse quelle legali come caffè, zucchero bianco e soprattutto non dovremmo accettare alcun compromesso con alcolici e tabacco, immani piaghe sociali il cui danno è cosi sottostimato e banalizzato proprio perché capillarmente diffuso. Fa bene il biologo igienista Desire Merien a collocarli tra gli elementi degenerativi.
LA NUTRIZIONE poi è ben altra cosa dall’alimentazione. Come ben sapete, l’alimentazione è quello che mangiamo mentre la nutrizione è quello che assimiliamo. I requisiti necessari per ambire ad una buona nutrizione non dipendono solamente da quali alimenti mettiamo in tavola, ma anche da altri fattori e per fare qualche esempio potremmo riferirci allo stato emotivo generale e a quello che proviamo nel momento dell’assunzione di cibo, a come mastichiamo o se ingoiamo, se ci nutriamo quando abbiamo fame o se utilizziamo il cibo per drogarci e tamponare le nostre frustrazioni e infelicità, combiniamo in modo almeno accettabile gli alimenti? Eccediamo nelle quantità? Viviamo per mangiare o mangiamo per vivere?
VEGETARISMO NELL’IGIENISMO; beato chi fa proprie sia le motivazioni salutistiche sia quelle dei diritti degli animali, quelle ambientali e socio-economiche. Chi abbraccia solo una di queste motivazioni e non tutte è più vulnerabile, spesso in conflitto e impreparato per cui spesso crolla e abbandona.
IGIENISMO NATURALE è così definibile solo in una visione d’insieme che quindi contempla tutti gli aspetti della vita e dell’ambiente per mezzo dei quali è resa possibile l’esistenza. Senza visione globale non credo sia possibile parlare di igienismo. La definizione descrittiva che mi convince maggiormente riguardo al nome del nostro sistema non è certo: ”igienismo la scienza dell’alimentazione”, ma nemmeno “igienismo la scienza della salute”, ma “igienismo la scienza della vita”.
Meno macchinazioni mentali e più azione…questo e tanto altro intendo per Igiene naturale e visione d’insieme. Fa questo chi si risveglia dal sonno apportato dai condizionamenti. Il potere di cambiare le cose è nelle nostre mani e si chiama AZIONE, (uscire dall’immobilismo) prima di tutto, informarsi e informare, (la nostra arma migliore) ovviamente si parte da se stessi e poi con interesse e partecipazione ci si mobilita con concrete iniziative e collaborazioni trasversali (fare rete) con gruppi e associazioni. AZIONE COLLETTIVA.
Se ci limitiamo a lamentarci e non sfruttiamo questo potere significa che applichiamo un collaudato metodo per mantenere lo status quo di cui patiamo le conseguenze.
Non dimentichiamoci mai che non siamo soli, ci sono ovunque persone e gruppi che come noi lavorano e si battono su qualche fronte in questo senso e che questo lavoro lo dobbiamo fare anche divertendoci.
Quando veniamo a conoscenza di una ingiustizia certa, abbiamo il dovere morale di renderla nota e opporci ad essa e se non lo facciamo ne diveniamo complici. Come diceva Martin Luther King, “non ho paura dei violenti, ma del silenzio degli onesti”.
Per concludere, devo dire che rispetto a obbiettivi cardine del sistema igienista quali l’autogestione della salute senza farmaci (quindi fare prevenzione per chi è sano e recuperare la salute quando questa è venuta meno), nelle osservazioni fatte negli anni anche su tante persone che ho incontrato che hanno condiviso con me le loro storie, mi convinco sempre più che le probabilità di successo sono largamente maggiori in coloro che non sprecano le loro forze in cose inutili e senza scopo, ma mantengono il focus sulle cose che contano, che creano interessi nella loro vita, che non abbandonano lo studio della letteratura igienista e quella affine ad essa, che imparano a difendersi dai condizionamenti devianti e mantengono viva l’attenzione, che non si limitano ad aspetti settoriali, ma tendono con entusiasmo ad allargare sempre i propri orizzonti con una visione olistica della vita.
Una volta compresa la direzione giusta, è necessaria anche la sufficiente intensità. (l’esempio della persona caduta in acqua che se vuole salvarsi,… non gli basterà nuotare nella giusta direzione, ma dovrà farlo con l’intensità necessaria per potere emergere in superficie e respirare)
APPELLO AI DIGIUNANTI FAI-DA-TE. Ricevo frequentemente richieste di aiuto da parte di digiunanti fai-da-te in serie difficoltà. Di solto hanno sbagliato l’interruzione del digiuno, si sono sentiti male e alcuni finiscono all’ospedale. Spesso sono nel panico e temono di morire. Io li aiuto e spesso impieghiamo settimane o mesi per ritornare alla normalità. Uscirne illesi non è un risultato scontato. Nella storia del digiuno è riportata una casistica di casi finiti in camera operatoria o dall’esito fatale.  QUALSIASI IGIENISTA COMPETENTE O QUALIFICATO TESTO SUL DIGIUNO IGIENISTA AVVERTE CON FERMEZZA CHE IL DIGIUNO DEVE ESSERE PRATICATO SOLO IN AMBIENTE CONSONO E SEGUITO DA PERSONA COMPETENTE. Non fraintendermi. Diventare medici di se stessi e l’autogestione della salute sono tra gli obbiettivi, per cui puoi fare anche il digiuno autogestito, ma solo dopo esserti documentato e impratichito poco alla volta assumendotene comunque la responsabilità e sempre con prudenza e buon senso. Prima di correre, bisogno imparare a camminare.                                                                                                                     
Paradossalmente, capito il sistema igienista, non lo abbandoni nemmeno se non funziona.                      
Daniele Bricchi  
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CONGRESSO IGIENISTA NAZIONALE -  CASTEL SAN PIETRO TERME (BOLOGNA)      -       17/02/2019