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mercoledì 20 maggio 2015

Immigrazione clandestina - Lo scafista non ha colpe (od almeno non tutte)



Premetto che la mia condanna verso gli scafisti (ci metto dentro i trafficanti di uomini, quelli che li conducono attraverso l’Africa, gli scafisti, quelli che li schiavizzano nelle nostre civili lande) è netta, senza se e senza ma. Perché allora penso alla difesa di uno scafista? Perché non trovo corrispondente alla realtà puntare l’attenzione, solo o quasi esclusivamente, su di loro. Trovo la cosa fuorviante.
Secondo me, uno scafista, anche se non ha visto il film Monsieur Verdoux (1) di Charlie Chaplin, potrebbe difendersi come appresso.

Quello che facciamo è senza dubbio alcuno spregevole assai, succhiamo il sangue alla povera gente, spesso ne approfittiamo e spesso ci tocca trattarli male che non è facile attraversare mezza Africa e neanche il Mediterraneo. Lo facciamo per fare soldi, per fare affari. Spesso non abbiamo alternative e prospettive diverse. Ci vuole coraggio per fare quello che facciamo, ci vuole determinazione e spietatezza. Noi abbiamo tutto questo e facciamo affari con questo. Non mi giustifico né chiedo comprensione. Però dico che quelli che producono e vendono armi e quelli che li comprano fanno affari anche loro e in modo più sporco, più crudele e più lucroso di noi. Il danno che provochiamo noi è marginale rispetto a quello che provocano questi signori eppure contro di loro non si leva nessuna critica, nessuna condanna.

Non parlo poi di quegli altri signoroni a capo delle multinazionali dell’agricoltura industriale che condannano, scientemente, milioni di persone alla fame. Questi neanche vengono citati nei giornali eppure sono la causa prima perché gli affamati decidono di intraprendere il viaggio della speranza che sarebbe meglio chiamare della disperazione. Noi ci sporchiamo le mani e questi altri signoroni restano con le mani pulite. E non è bello sporcarsi le mani!

E che dire poi degli studiosi che studiano e sanno che nel corso della storia umana, in determinate condizioni, intere masse di persone non hanno altra alternativa alla migrazione. Dicono che è un bisogno naturale irrefrenabile. Fintanto che gli affamati sono convinti, a ragione o a torto, che la loro condizione è peggiore del peggio che troveranno, non potranno che migrare. Questi studiosi sanno ma la loro voce non si sente e, se talvolta si leva, non viene ascoltata.

Noi esistiamo perché esiste questo bisogno e a esso diamo risposta. Le mafie esistono, prendo ad esempio quella della droga, perché esistono bisogni che i signori con le mani pulite, gli intellettuali, i padroni del mondo fanno finta di ignorare e a cui non cercano né danno risposte legali e sane. Noi diamo la nostra risposta, la diamo a modo nostro, in relazione alle condizioni in cui ci muoviamo e che, spesso, ci costringono a essere sanguisughe crudeli. Se quelli che sanno e possono sentissero questo bisogno e organizzassero la migrazione in forma legale spenderebbero meno soldi di quanti ne spendono nelle costosissime imprese militari per fermarci a noi e ai migranti.

Invece di rischiare la mia vita come scafista per lo sporco profitto di chi ci vende carrette scassate preferirei lavorare come accompagnatore dei migranti in forma legale. Guadagnerei di meno ma starei tranquillo, non rischierei la vita, non sarei costretto a diventare mostro e a vendere la mia vita e la vita degli altri per due tarì al giorno (2).  Perché mostri ci tocca spesso diventare. Se noi siamo mostri, e lo siamo, cosa dire di quegli altri signoroni che ho citato prima? Lo dico chiaro e tondo: sono mostri più mostri di noi! 

E non allargo la mia accusa alle persone normali che vivono nelle case riscaldate e che mangiano tre volte al giorno, i quali, pur di non rinunciare alla loro piccola fetta di benessere ricacciano le pur blande politiche di una più equa distribuzione delle risorse della terra che ogni tanto qualcuno tenta di abbozzare e che poi si mettono la coscienza a posto coi pochi centesimi di elemosina che danno fuori dalle porte dei supermercati.

Perciò condannateci pure ma fate bene i vostri conti. Per eliminarci è semplice: basta pagare il biglietto dell’aereo ai morti di fame. Voi spendereste meno e noi non saremmo costretti a diventare mostri! Se poi, con tutti i professori e i super esperti e i politici che avete e che pagate profumatamente e anche di più, metteste in atto politiche serie di avvio di una più equa distribuzione delle risorse della terra, sarebbe ancora meglio. I morti di fame non avrebbero più fame e volentieri resterebbero a casa loro. Ma mi rendo conto di chiedere troppo. 

Ragusa, 12 maggio 2015
                                                                                                          Ciccio Schembari

(1) Monsieur Verdoux, impersonato da Charlie Chaplin, ex cassiere di banca licenziato ai tempi della Grande Depressione, per salvare la famiglia dalla povertà, seduce, sposa, deruba e uccide ricche vedove. Nessuno sospetta della sua doppia vita. Solo quando moglie e figlio muoiono si lascia catturare e viene condannato a morte. Additato dal pubblico ministero e dalla stampa come crudele e cinico massacratore, al giudice che lo invita a dire qualcosa così si esprime: «In tutto il mondo si fabbricano ordigni sempre più perfetti per lo sterminio in massa della gente e quante donne innocenti e bambini sono stati uccisi senza pietà? E magari in modo più scientifico! Come sterminatore sono un misero dilettante al confronto. Io ammazzavo per affari ma al dettaglio come anche le guerre e i conflitti hanno alla base affari ma all’ingrosso. Un omicidio è delinquenza, un milione è eroismo. Il numero legalizza!»

(2) Il riferimento è al guardaboschi della novella Libertà in cui Giovanni Verga ci presenta il massacro che, a Bronte, gli sfruttati da sempre misero in atto in nome della libertà che Garibaldi, sbarcando in Sicilia, andava proclamando.  "A te prima, barone! che hai fatto nerbare la gente dai tuoi campieri! - A te, prete del diavolo! che ci hai succhiato l'anima! - A te, ricco epulone, che non puoi scappare nemmeno, tanto sei grasso del sangue del povero! - A te, sbirro! che hai fatto la giustizia solo per chi non aveva niente! - A te, guardaboschi! che hai venduto la tua carne e la carne del prossimo per due tarì al giorno!". Verga mette il guardaboschi al quinto posto e con la frase "hai venduto la tua carne e la carne del prossimo" ci indica che è carnefice ma anche vittima.  

Articolo pubblicato sul n. 117/2015 “L’approdo” della rivista online www.operaincerta.it

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