Presentazione



In movimento per ecologie, vivere insieme, economia sostenibile, bioregionalismo, esperienza del se' (personal development).

domenica 31 agosto 2014

Da Treia a Petritoli con la Sibilla delle Erbe (e con gli occhiali)





Ante Scriptum - Avevo dimenticato di informarvi che tre giorni fa siamo andati tutti assieme, Caterina, Fabiola, Michele ed io, dall'ottico di Treia a ritirare i miei nuovi occhiali. Veramente non indossavo più occhiali da almeno 10 anni (per pigrizia) ma come vi ho raccontato in un precedente editoriale dopo una visita oculistica a Modena ho ricevuto la prescrizione obbligatoria da parte della dottoressa di munirmi di occhiali, due paia, un paio per guardare da vicino ed un paio da lontano. Così un po' a disagio per l'impiccio ho deciso di indossarli (quelli per guardare da lontano) per compiere il viaggio in macchina sino a Petritoli. Ovviamente non guidavo io ma con gli occhiali potevo fare meglio la parte del “compagno di viaggio navigatore” e vedere i cartelli stradali e le indicazioni di percorso. Paolo D'Arpini




Fabiola Serafini e Michele Meomartino

La permanenza a Treia mia e di Paolo è stata arricchita e allietata in questi ultimi giorni dalla presenza forte e densa di significati di due cari amici con cui condividiamo idee e intenti e, almeno nel possibile, l'impegno nel campo generico dell'ecologia e non solo: Fabiola Serafini e Michele Meomartino.

Sono arrivati venerdì 29 agosto 2014 nel pomeriggio. Il giorno successivo, sabato 30, Michele aveva l'impegno di andare a Petritoli, in provincia di Fermo, alla Scentella di Roberto Ferretti, a presentare uno dei suoi libri, quello sulla vita di Sonia Baldoni, "la Sibilla delle Erbe". Avevo già da tempo sentito parlare di questo agriturismo un po' sui generis, il cui proprietario è un profondo conoscitore e amante della natura, che ha una bella collezione di piante aromatiche in un percorso ad hoc chiamato "Il Giardino dei Semplici". Ce ne aveva parlato anche un'altra comune amica, Marisa Saggiotto della Moranda di Verona, che ci aveva regalato anche, lo scorso anno, un flaconcino di olio essenziale prodotto a partire dalla sua lavanda, che tengo a Spilamberto e che uso quando sono un po' nervosa, mettendo alla sera una o due gocce sul cuscino.
Non sapevo quant'era la distanza tra Treia e Petritoli, ma avevamo pensato di accompagnare là Michele e Fabiola. Al mattino ho telefonato a Roberto e mi sono fatta dare le indicazioni stradali: meglio fare l'autostrada per non rischiare di perdersi. Ovviamente sarebbe stata là anche Sonia, che avrebbe fatto precedere alla presentazione del libro, la sua classica passeggiata erboristica e, chissà, forse qualche altro amico. Avevo avvisato anche Roberto di Porto Sant'Elpidio, che ci aveva confermato la sua presenza.


Sabato, dopo il riposino pomeridiano, ci siamo messi in auto e dopo circa un'ora e mzza siamo giunti a destinazione. Abbiamo sfruttato le capacità di "veggente" di Fabiola per decidere quale direzione prendere all'uscita dell'autostrada a Pedaso e così abbiamo imboccato la strada giusta per Petritoli. Alle 18 circa eravamo lì. Sonia aveva iniziato da poco la passeggiata e di cose, di piante spontanee e coltivate da mostrare e di cui parlare ce ne erano in abbondanza per cui il momento della presentazione del libro è arrivato intorno alle 20.


Che dire? Michele ha cominciato parlando di Sonia e della sua vita e di cosa hanno deciso insieme di riportare nel libro, per evitare di doverne fare tre volumi e di essere troppo dispersivi. Sonia intanto era lì di fianco a lui, silenziosa. Sonia ha una abbondanza di parole,storie, leggende, descrizioni quando si tratta delle sue amate piante e del suo lavoro di divulgatrice sull'argomento, di trasmissione delle sue conoscenze, ma diventa riservata e modesta quando si tratta di sé e di fare altri tipi di discorsi.


Dal racconto su Sonia, Michele è poi passato a parlare della attività di una rete di persone, operatori e semplici appassionati, che si sta impegnando nel cercare di portare avanti e diffondere una nuova consapevolezza e un nuovo modo di approcciarsi con la Natura e con la Vita, in cui si considera che siamo tutti interconnessi e che è necessario riscoprire valori ormai desueti come la solidarietà, la condivisione, la cura per i rapporti e l'ambiente che ci circonda.Ha accennato anche ad alcuni altri libri in cui ha descritto in maniera semplice e divulgativa realtà e situazioni che rappresentano questo spirito : "La rivoluzione domestica - L'arte di vivere con cura" e "Sogni condivisi", di recentissima pubblicazione per la casa editrice Tracce di Pescara.


Ha parlato della ROA (Rete Olistica Adriatica), di Antonio D'Andrea e del lavoro che stanno portando avanti, ad ampio raggio e con un notevole impegno. Michele, pur non essendo un operatore, è una fucina di idee ed ha uno spirito profondamente ottimistico e propositivo, molto coinvolgente e molto dedito alla causa ecologista, compresi gli aspetti spirituali.


Insomma averlo amico è un grande piacere, un onore e uno stimolo anche per le nostre attività.

Caterina Regazzi





Servizio fotografico di Caterina Regazzi e Fabiola Serafini


























Il tempo della frammentazione - La natura smentisce la scienza



Perché tanti disastri, perché le guerre, il clima atmosferico impazzito, quello sociale e umano allo sbando e perché tanta fretta a concludere “riforme” che, secondo me, non sono affatto tali? Le risposte sono tante, ma c’è una che in genere sfugge. L’attenzione a stragi e a problemi insolutinasconde la soluzione: l’unità tra Uomo e Universocomposto di infiniti mondi intelligenti, mondi nel futuro rispetto al nostro presente, come ha affermato Giordano Bruno e oggi confermano i calcoli.

Il mondo è in guerra… perché? Perché la mente umana è “educata” a credere alla divisione, a una memoria comune, scissa tra creazione ed evoluzione. Da un lato teologie secondo cui il “buon dio” caccia Adamo ed Eva dal paradiso e, dall’altro, teorie come quella del Big Bang che espellono l’uomo – “unico” osservatore dell’universo – dall’universo stesso.

Alla base di entrambe c’è un “unico dio” venerato da tutti, il tempo lineare, utile a calcolare le traiettorie dei proiettili, le orbite dei pianeti e persino le tappe dell’evoluzione cosmica e/o biologica. Questo ”unico dio” domina  la storia umana, fa crescere il debito e la miseria dei tanti, i profitti e i privilegi dei pochi che dirigono le finanze, la politica e il culto per lo stesso “unico dio”.  
Il fatto è che questo “unico dio” non esiste affatto in Natura, ma ormai tutti ci credono e il potere mondiale lo rende reale, coltivando un “sapere” contro… Natura.

La Vita si rigenera in attimi imprevedibili, il cambio del clima è improvviso e i mutamenti sono senza precedenti, riconoscono tutti. Il rischio è che qualcuno dubiti di un “sapere” che è l’arma più efficace e duratura del potere; quest’ultimo ha fretta perciò di garantirsi il controllo sui popoli e sui media, di accrescere la paura del “nemico” e quindi riaffermare la “necessità” del suo migliore business: la produzione e la vendita di armi.

Oltre al tempo lineare in terra, un altro grande inganno: lo spazio “vuoto” in cielo. In luglio 2014, i tecnici NASA dichiarano che la sonda Voyager 1 potrebbe non aver superato i “confini” del sistema solare, come era stato riportato in modo trionfale nel 2012 da tutti i quotidiani. Con un’altra sonda (IBEX) i tecnici avevano scoperto la natura della bolla magnetica  - l’eliosfera - in cui è immerso il sistema solare, cioè siamo immersi. I suoi “confini” si comportano come specchi del vento solare. Che c’è oltre questa bolla?  Forse niente; l’eliosfera può essere una caverna platonica sulle cui “pareti” –  gli apparenti spazi “vuoti” o meglio gli specchi – vediamo proiettate le ombre, cioè immagini in 3D, ologrammi. Questa ipotesi sconvolge le menti. L’avevo spiegato nel mio libro Baby Sun Revelation, così credevo, ma forse non ci sono riuscita.

“La luna è un ologramma? E allora le maree, le sue influenze sulla terra?” 

Vuoi vedere un ologramma? Guardati allo specchio! Il tuo corpo è un ologramma, perché il tutto (olos) è scritto in ogni elemento del tutto. Il DNA del tuo intero organismo si ripete identico in ogni tua cellula. Ciò non esclude che tu abbia peso, relazioni e influenze con l’ambiente che ti circonda. Il vincolo principale tra terra e luna non è la gravità, ma la rotazione (lo dimostra il fatto che ci fa vedere solo una faccia). L’universo osservato è un ologramma, una matrix o realtà virtuale. Non invito a credere a me, ma a verificare la validità delle idee dominanti – la vacuità dello spazio, la linearità del tempo, la solidità della materia – e le conseguenze laceranti che derivano dal credo nelle stesse.

Gli eventi precipitano, perché la Natura le sta smentendo a ritmi accelerati. Il potere, che pochi mesi fa aveva indossato la maschera del buono e raccolto il consenso delle masse, ora ha fretta di stabilire norme per controllare meglio i popoli. Non ci riuscirà, ma la confusione delle menti, che credono ancora alle parole rassicuranti dei leader vincenti, accresce le difficoltà lungo la non facile strada verso la libertà.

Tutti credono al debito che cresce nel tempo e nessuno sa cos’è il tempo! 
Alla falsa linearità del tempo è legato il credo globale nei limiti di energia, il motivo per cui“l’uomo deve lavorare con il sudore della fronte” e/o combattere il proprio simile per accaparrarsi le varie risorse che sono sempre e comunque scarse.

La Natura sta mostrando la Sua Intelligenza, dimostrando che i limiti di energia non esistono, smentendo così il “sapere” alienato e alienante che ha dominato la storia tragica di questo mondo. Tutti gli organismi usano in modo naturale e da sempre l’energia del “vuoto” che le scienze oggi riconoscono e però non sanno ancora utilizzare.  Innovazione e creatività,  intelligenza collettiva dimostrano che i limiti dell’uomo non esistono; sono stati inventati dalle religioni che, con la pretesa di rappresentare un “dio eterno”, hanno controllato la sessualità dell’umanità, rendendola infelice. 

La Natura tutta si rigenera con il sesso, non è soggetta al degrado e all’usura delle macchine. Gli eventi precipitano, perché i tempi in Natura accelerano e spodestano il “dio unico” dal piedistallo della presunta “immutabilità” su cui lo ha posto la memoria comune. Non sarà il caso di cancellarla o magari “resettarla” come si dice in gergo informatico? Chi vuole può farlo, ma deve ammettere di non sapere che cos’è il tempo, risvegliarsi dall’oblio della propria mente automatica che crede a “certezze”… mai verificate.

Giuliana Conforto

sabato 30 agosto 2014

Treia - Eventi a venire: Vigilia d'Ognissanti del 31 ottobre 2014 e Festa dei Precursori del 25 aprile 2015


Treia - Mercato coperto

Uffah, uffah ed uffah! Siamo arrivati alla fine di agosto e le vacanze agostane volgono al termine. Ieri mattina al baretto di Treia abbiamo fatto colazione assieme a Michele Meomartino, presidente di Olis, venuto a trovarci con la sua compagna Fabiola, sin dall'altro ieri. Appena fuori del baretto, proprio dinnanzi al vecchio mercato coperto, a fianco del Comune, Michele ha subito cominciato a prendere le misure dei portici e degli spazi con l'idea di organizzarvi una prossima Fiera del Biologico in primavera. 

Ma prima di questa si terrà l'evento previsto per la vigilia di Ognissanti, il 31 ottobre 2014, con la presentazione del mio libro “Riciclaggio della Memoria” da tenersi nella Sala Consiliare unitamente ad una serie di interventi ecologisti, passeggiata erboristica, proiezione diapositive, musica popolare e mostra di disegni e quadri bucolici. A questo scopo già giovedì 28 agosto abbiamo avuto un incontro con l'assessore all'ambiente, Adriano Spoletini, per mettere a fuoco la bozza di programma. Poi la sera successiva abbiamo ulteriormente affinato il progetto durante una “pizzata di lavoro”, mettendo sul piatto anche altre proposte e idee per futuri programmi. Michele è una fucina di idee e l'assessore pure, assieme sembravano due costruttori di eventi lanciati a ruota libera. Io mi sono limitato a parlare con le signore, Laura, Fabiola e Caterina, di oroscopo cinese ed I Ching, argomenti che sempre interessano le donne... All'uscita dalla pizzeria abbiamo dovuto interrompere ogni discorso poiché in piazza si svolgeva un concerto live con musica a palla... impossibile parlare... il volume degli strumenti e del canto copriva ogni altra voce... Ed io, che non amo la caciara, me ne sono tornato subito a casa con Caterina, mentre Michele ed Adriano, con le rispettive consorti, sono rimasti a “godersi” il concerto.. rimandando comunque il dialogo ad oggi, domenica 31 agosto, in cui nella mattinata visiteremo la sede della cooperativa Talea, a Santa Maria in Selva (frazione di Treia), dove si prevede di tenere la prossima edizione della nostra Festa dei Precursori, il 25 aprile 2015, ed altri importanti appuntamenti organizzati da Olis.

Successivamente vi informerò degli sviluppi....

Paolo D'Arpini


Programma della presentazione di Riciclaggio della Memoria - 31 ottobre 2014 a Treia: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2014/09/il-bioregionalismo-e-le-12-madri.html




Montecalvo Versiggia (frazione MICHELAZZA) - CIR autunnale dal 1 al 9 ottobre 2014

CARA UMANITà SPLENDENTE! UDITE UDITE!
SIETE TUTTI INVITATI A PARTECIPARE AL C.I.R. AUTUNNALE
DAL 1 AL 9 OTTOBRE 2014 A MICHELAZZA (PAVIA)... gustatevi il volantino disegnato da Nanà (uno dei figli di Clara)
Visualizzazione di Cir clara.jpg

finalSente il Nord RIchiAma!!!
e noi popolo Sensibile ci AscoltAmiAmo!!!
accendiAmo la Magia del nostro raduno che porta Possibilità in ogni dove...
e riabbracciAmiAmoci!!!
questa volta veraSente ci vediAmo lì....


possiAmo fare un MERCARTE di cibo e opere autoprodotte...scegliendo la forma economica che più ci piace.. (BarattiAmo, VendiAmiAmo, ScambiAmiAmo, usando le Barconote!!!)

COSA PORTARE:
Sacco a pelo, tappetino, il proprio piatto/ posata/ bicchiere,
tenda da campeggio, guanti da lavoro (se ci riuscite è meglio!)
voglia di partecipare, di condividere i propri saperi, capacità di mettersi in discussione,
intuizioni, idee geniali...
Gioia, Entusiasmo, StruSenti Musicali! (c'è pure la sala prove..che è ancora da fare!!! ma nel mentre c'è il bosco, il portico e la casa!!!)
Amore!!!, se avete del cibo da condividere è ben accetto, voglia di TrasformAmarci...e AscoltAmarci!!

LASCIARE A CASA:
Droghe, Plastica, il cane se riesci (salvo che siano parecchio gestibili dai loro amici umani, perchè anche qui ci sono cani e gatti) rigidità, asocialità...pigrizia..noia..

RICORDO PER I NUOVI:
che per autogestirci si usa il cappello magico offerta libera dopo i pasti che ci permette di acquistare gli alimenti necessari
il modulo del cerchio è molto utile anche per organizzarsi per i lavori (si possono fare anche dei gruppi)
a fine C.I.R. si fà un cerchio conclusivo (normalSente per decidere il posto del prossimo..anche se questa volta già c'è già la proposta..)

Dunque per la possibile rinascita del posto ci son parecchi lavori da
 fare,alcuni indispensabili,altri futuribili, anche a seconda del
 clima,del tempo e del numero delle persone che vogliono dare una mano.

OPERE PRINCIPALI:

 1)C'è da ristrutturare il forno a legna per pane e pizza con i
 piani di lavoro e la copertura che è crollata

 2)smontare la struttura in legno che circondava la piscina sopra
 terra,dividere il legname e capire che fare della piscina e
 controllare se la pompa funziona ancora

 3)c'è una vasca di raccolta dell'acqua piovana con impianto
 d'irrigazione mai usato per problemi di otturazione ...

 4)mettere a posto il pollaio e renderlo più sicuro per le volpi

 5)adibire parte dell'orto a sinergico

 6)riparare e riposizionare la casetta nel bosco

 7)ripulire il terreno da liane,rovi,materiali da buttare
ecc,specialmente intorno alla costruzioni ed alla casa

 8)riordinare i porticati ed i locali esterni

IN CASO DI PIOGGIA PERMANENTE:

 1)coibentare e portare avanti la sala prove (c'è lana di
 vetro,pannelli e quant'altro)

 2)rimettere in buone condizioni un locale che sarà adibito a studio
 per cure e medicina alternativa non chè punto d'informazione e
 scambio con altre realtà

 3)coibentare con tappi di sughero e silicone un locale per incontri
 e seminari

 OPERE FUTURIBILI MA DA FARE:

1)riparare la stalla

2)se non ci avrà ancora pensato il comune ci sarà da rimuovere
 sassi di una frana sul sentiero per il bosco

 3)pulire il bosco

 4)ripristinare la rete elettrica nel bosco

 5)progettare una futura piscina naturale e cercare di fare un
 preventivo per un eventuale fund raising

 6)ripavimentare la parte esterna che è stata rimossa per gli
 scavi,fare scalette sulle salite,fare sentieri con pietre dietro
 alla casa

QUI AL NORD,IN UN TERRITORIO NON VIRTUOSO, CORROTTO E POCO CONOSCIUTO,
C'è BISOGNO DI UNA SVOLTA,DI ARIA PURA E NUOVA, DI UNA SPINTA!!
APRIRSI AL MONDO, DI FAR CONOSCERE QUESTA REALTà A CHI IN ZONA
DESIDERA INTRAPRENDERE IL CAMMINO SULLA VIA DELLA BELLEZZA...

 Accetto e prendo in considerazione volentieri proposte,anche di collaborazione futura..scambio ospitalità..qui tra l'altro ci son case in vendita come se piovesse!E dal letame nascono i fior!


- frazione Michelazza 17-22047
 Montecalvo Versiggia PV

 arrivare a Broni vale per tutti, chi arriva da sud prende la Piacenza
 Brescia ed esce a Broni-Stradella,così per chi viene da Torino.( da
 Milano prendere la Vigentina, occhio che sul ponte della becca c'è un
 restringimento,i camper non ci passano,chi ha camper o grosso furgone
 deve prendere mi-ge,uscire a Bereguardo,prendere per Cremona-Lodi,poi
 per Belgioioso e Spessa Po,Stradella e infine Broni). una volta a
 Broni, cimitero sulla sinistra ,arrivare alla rotonda quindi prendere
 la circonvalla a destra per Casteggio,
 passare il semaforo della stazione,passare la prima rotonda andando
 dritto,alla seconda rotonda tornare indietro verso Broni e prendere a
 destra la via eseguiti. andare fino in fondo,girare forzatamente a
 destra e proseguire per una decina di chilometri lungo la
 Vallescuropasso. a un certo punto ci sarà sulla sinistra una serie di
 cartelli blu a freccia che indicano Francia, Michelazza ecc. da lì
 seguite i cartelli con su scritto C.I.R. che vi indicheranno il
 parcheggio.. se avete un camper grosso telefonate,che per arrivare al
 parcheggio c'è una discesina insidiosa,vediamo come e cosa fare!

 Clara -   claret.chiareggio@libero.it

venerdì 29 agosto 2014

Pescara - La storia del pioppo Anastasio e del cemento



Questo è il pioppo Anastasio e voglio raccontarvi la sua storia.

Da questa primavera, in vista delle elezioni, Pescara è stata
interessata da lavori di urbanizzazione e di ristrutturazione stradale
e nella foga di tutto ciò, chi ne ha fatto le spese, come spesso
accade, è sempre il nostro patrimonio arboreo (che, soprattutto da chi
amministra i "pubblici affari" viene percepito come ingombro più che
come risorsa).


Quindi, alberi a decine abbattuti come "vittime sacrificali" per
l'ennesima scorpacciata cementifera...Pratica denunciata e contestata
da tutte le associazioni di salvaguardia ambientale, purtroppo
inascoltata dalla passata amministrazione.


Anche Via Alento (la strada che collega il Tribunale nuovo alla
Tiburtina) non è sfuggita a questo destino e questo pioppo centenario,
oggi restava come unico sopravvissuto di una "mattanza" avvenuta nel
pieno della fioritura dei tigli, a primavera inoltrata.


In questa occasione gli era stata risparmiata la vita ma in compenso
era stato "capitozzato" della chioma maestosa ma lui si è "rinnovato"
facendo ricrescere polloni rigogliosi che in pochissimo tempo hanno
nascosto lo scempio.


Ebbene, ieri sono tornate le ruspe e le transenne per il rifacimento
dei marciapiedi e chi si scrive, a questo punto, si è ulteriormente
indignata ed ha deciso che era il momento di riaccendere i riflettori
su questa pratica di desertificazione del territorio...


Una opportuna segnalazione all'Assessore che, effettuando un
sopralluogo, ha recepito l'albero monumentale come "Patrimonio
Culturale" della città, finalmente ha sortito l'effetto e scongiurato
l'abbattimento annunciato. Questo pioppo antico, uno dei pochissimi
che la città ancora conserva, è stato riconosciuto come "patriarca
arboreo" e quindi resterà a testimoniare una rinnovata consapevolezza
della città nei confronti del paesaggio e dei suoi portatori di
memoria storica anche se si tratta di "alberi muti"...


A questo punto, Adriana Gandolfi, Paola Marchegiani e Tommaso Di
Biase, si sono sentiti investiti da un ruolo di "comparatico"
destinando al pioppo un nome carico di significato: ANASTASIO, cioè
"resuscitato", per due volte dalla morte annunciata, la prima volta
con la rinascita naturale dei rami e la seconda, grazie all'intervento
umano.


E poi per finire voglio aggiungere un'altra storia: la notte di
Capodanno di due anni fa contro quest'albero andò a schiantarsi una
macchina guidata da un ubriaco e questo incidente costò la vita di una
giovane donna dell'est europeo.


Come spesso accade, alla ricorrenza di questa vicenda, i familiari di
questa vittima innocente le dedicano fiori e bigliettini, affidandole
all'albero che così diventa il tramite simbolico anche di una memoria
affettivamente "tangibile".


Una volta tanto una giornata " a lieto fine"!


Ed è bello pensare che ha "salvato la vita" a tutti noi perchè non
sarebbe vita senz'alberi, senza memoria, senza affetti, senza i
simboli della nostra "essenza".


Il 28 agosto  verrà ricordato sempre come il compleanno di Anastasio e
come l'inaugurazione di una nuova stagione per la città intera,
dedicata alla salvaguardia ed alla riappacificazione dell'anima
attraverso la bellezza del paesaggio naturale.

Adriana Gandolfi

giovedì 28 agosto 2014

Focolai di guerra accesi da chi chiede "pace e democrazia"





Mentre dalla Libia in fiamme migliaia di uomini, donne e bambini, spinti
dalla disperazione, tentano ogni giorno la traversata del Mediterraneo,
e molti vi perdono la vita, il presidente Napolitano avverte «Attenti ai
focolai che ci circondano», a cominciare dalla «persistente instabilità
e fragilità della situazione in Libia». Dimentica, e con lui la quasi
totalità dei governanti e politici, che è stata proprio l’Italia a
svolgere un ruolo determinante nell’accendere nel 2011 il «focolaio» di
quella guerra di cui l’ecatombe di migranti è una delle conseguenze.

Sulla sponda sud del Mediterraneo, di fronte all’Italia, c’era uno Stato
che – documentava la stessa Banca mondiale nel 2010 – manteneva «alti
livelli di crescita economica», con un aumento medio del pil del 7,5%
annuo, e registrava «alti indicatori di sviluppo umano» tra cui
l’accesso universale all’istruzione primaria e secondaria e, per il 46%,
a quella di livello universitario. Nonostante le disparità, il tenore di
vita della popolazione libica era notevolmente più alto di quello degli
altri paesi africani. Lo testimoniava il fatto che trovavano lavoro in
Libia circa due milioni di immigrati, per lo più africani.

Questo Stato, oltre  a costituire un fattore di stabilità e sviluppo in
Nordafrica, aveva favorito con i suoi investimenti la nascita di
organismi che un giorno avrebbero potuto  rendere possibile l’autonomia
finanziaria dell’Africa: la Banca africana di investimento, con sede a
Tripoli; la Banca centrale africana, con sede ad Abuja (Nigeria); il
Fondo monetario africano, con sede a Yaoundé (Camerun).

Dopo aver finanziato e armato settori tribali ostili a Tripoli, facendo
sì che la «primavera araba» assumesse in Libia sin dall’inizio la forma
di insurrezione armata provocando la risposta governativa, lo Stato
libico fu demolito con la guerra nel 2011: in sette mesi, l’aviazione
Usa/Nato effettuava 10mila missioni di attacco, con oltre 40mila bombe e
missili.

A questa guerra partecipò l’Italia con le sue basi e forze militari,
stracciando il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra i
due paesi. «Nel ricordo delle lotte di liberazione e del 25 aprile –
dichiarava il presidente Napolitano il 26 aprile 2011 – non potevamo
restare indifferenti alla sanguinaria reazione del colonnello Gheddafi
in Libia: di qui l'adesione dell'Italia al piano di interventi della
coalizione sotto guida Nato».

Durante la guerra venivano infiltrate in Libia forze speciali, tra cui
migliaia di commandos qatariani, e allo stesso tempo finanziati e armati
gruppi islamici fino a pochi mesi prima definiti terroristi.
Significativo è che le milizie islamiche di Misurata, che linciarono
Gheddafi, occupano ora l’aeroporto di Tripoli.

In tale quadro si sono formati i primi nuclei dell’Isis che, passati poi
in Siria, hanno costruito il grosso della loro forza lanciando quindi
l’offensiva in Iraq.  Svolgendo un ruolo di fatto funzionale alla
strategia Usa/Nato di demolizione degli stati attraverso la guerra coperta.

«E' ormai evidente – dichiara il presidente Napolitano – che ogni Stato
fallito diviene inevitabilmente un polo di accumulazione e diffusione
globale dell'estremismo e dell'illegalità». Resta solo da vedere quali
sono gli «Stati falliti». Non sono gli Stati nazionali come Libia, Siria
e Iraq che, situati in aree ricche di petrolio o con una importante
posizione geostrategica, sono del tutto o in parte fuori del controllo
dell’Occidente, e vengono quindi demoliti con la guerra. Sono in realtà
i maggiori Stati dell’Occidente che, tradendo le loro stesse
Costituzioni, sono falliti come democrazie, ritornando all’imperialismo
ottocentesco.

 Manlio Dinucci 

(Fonte: il manifesto, 26 agosto 2014)

mercoledì 27 agosto 2014

Blera, 30 e 31 agosto 2014 - Festa di Sant'Ermete con Terra Contadina



Salve a tutti, Sabato 30 e Domenica 31 Agosto 2014 a Blera (VT) in occasione della Festa di Sant'Ermete organizzata dall'Università Agraria di Blera, sarà presente TERRA CONTADINA con il banco unico di prodotti contadini biologici.


 L'incontro sarà l'occasione per favorire la conoscenza delle realtà contadine presenti nel territorio e per rafforzare un  legame più partecipato e consapevole tra produttori e cittadini sui temi del cibo e delle sue modalità di produzione, in un clima di  fiducia e di sostegno reciproco.


PROGRAMMA
SABATO 30
Dalle h.15: Banco unico dei prodotti contadini  fino a sera in occasione della Notte bianca.
H. 18.00: Presentazione del libro di Sergio Cabras "Terra e futuro". L'agricoltura contadina ci salverà.
 Incontro con l'autore presso una delle sale del San Nicola in Via Roma.
 

DOMENICA 31
Dalle h.10.00: Banco unico dei prodotti contadini  per l'intera giornata, con aperitivo critico.
A pranzo si mangia insieme con i nostri prodotti  previa indispensabile prenotazione!


Per informazione sul banco unico :Elisa 0761914438
Per attività e proposte per l'incontro: Christian 3288050059
                                                          Marina 3384476764


Per il programma delle giornate di festa si può consultare il sito della Proloco di Blera.


A presto!

martedì 26 agosto 2014

Un discorso politico del nuovo partito comunista italiano



Per cambiare il corso delle cose, bisogna passo dopo passo
rafforzare il Nuovo Potere a fronte del potere della Repubblica Pontificia!

A introduzione dell’argomento di questo Avviso riportiamo da il manifestino dei lavoratori Piaggio del 18 agosto un quadro sia pur sommario e parziale della situazione di alcune aziende capitaliste a Livorno e provincia premettendo, a proposito proprio della Piaggio di Pontedera (Pisa), quanto scrivemmo nel Comunicato CC 3/2014 del 21 gennaio 2014:
“Per cambiare il corso delle cose imposto dalla borghesia imperialista non bastano le proteste e le rivendicazioni sindacali, anche se sono condotte con autonomia e perfino in opposizione alla destra che dirige le organizzazioni sindacali di regime. Le vicende vissute dagli operai della Piaggio di Pontedera (PI) nel corso degli ultimi anni sono la dimostrazione più chiara e lampante di questa verità: le RSU combattive sono ridotte a dover far fronte al contratto di solidarietà per quasi la metà degli operai ancora presenti, che oramai sono ridotti a circa un quarto di quanti erano solo alcuni anni fa. Non bastano sovvenzioni e alleggerimenti fiscali a beneficio delle aziende che i padroni vogliono ridurre, delocalizzare o chiudere. Bisogna dare il via a una trasformazione generale del sistema di relazioni sociali del paese. E il primo paese imperialista che lo farà, mostrerà la strada e aprirà la via anche alle masse popolari degli altri paesi, che hanno bisogno anch’esse di cambiare il corso delle cose”.

il manifestino del 18 agosto titola (fonte:http://www.ilfattoquotidiano.it)
Livorno, la “scomparsa” degli operai. La crisi dell’auto colpisce al cuore la città
Non solo il crac della sinistra battuta alle elezioni dal M5S, ma anche il declino della componentistica auto. Qui nascono sterzi, serrature, impianti a gpl: ma in 6 anni si sono persi mille posti di lavoro. La storia-simbolo: Mtm, da 800 operai al rischio chiusura.
Grazie al boom degli ecoincentivi per auto ecologiche era arrivata a occupare nel 2009 oltre 800 operai: adesso è rimasta con 108 dipendenti in cassa integrazione e rischia la chiusura. La storia è quella dello stabilimento Mtm di Guasticce (paese alle porte di Livorno) specializzato nell’installazione di impianti a gpl sulle auto. “L’azienda – racconta Simone Puppo, responsabile componentistica della Fiom – non sembra vedere all’orizzonte prospettive di rilancio e potrebbe chiudere. L’80 per cento delle difficoltà di Mtm sono legate al progressivo taglio degli ecoincentivi”. Il mercato delle auto a gpl era stato “drogato” dai cospicui incentivi stanziati nel 2009 dall’allora ministro allo Sviluppo economico Claudio Scajola. “Non dobbiamo inoltre dimenticare – aggiunge il sindacalista – che adesso la maggior parte delle case automobilistiche ha internalizzato l’operazione di montaggio dei kit per il gpl. La crisi del mercato dell’auto ha fatto il resto”. Ilaria Landi della segreteria provinciale Uilm conferma: “L’azienda ci ha comunicato che a Livorno non ha più volumi: il futuro è molto incerto”. Nei giorni scorsi è stato raggiunto l’accordo per la cassa integrazione in deroga fino a fine agosto, con il rinnovo dei sussidi per un mese. Ai lavoratori l’azienda potrebbe però anche proporre una mobilità volontaria e incentivata. Le tute blu erano venute a conoscenza della gravità della situazione a metà maggio, quasi per caso. “Mi dispiace che da lunedì non porteremo più auto nella vostra fabbrica”, aveva dichiarato un camionista ai lavoratori. A quel punto era iniziato un presidio permanente all’interno della fabbrica. E ora il futuro dello stabilimento labronico resta assai incerto. L’azienda ha sede a Cherasco (in provincia di Cuneo): circa 800 i dipendenti occupati in Piemonte. Il timore di molti lavoratori livornesi è che Mtm voglia definitivamente chiudere lo stabilimento di Guasticce per concentrare la sua produzione nel quartier generale di Cherasco: “Questo non deve assolutamente succedere”, dice Landi [quando c’è un appiglio per trasformare la contraddizione tra lavoratori e padroni in contraddizione tra lavoratori, la scuola UIL non si smentisce mai! - nota nostra]. Mtm si era insediata nella periferia livornese nel 2008 avviando la produzione con una sessantina di addetti. La manodopera – gran parte della quale assunta con contratto a termine – era poi progressivamente lievitata (oltre 800 operai a fine 2009) per far fronte al boom delle vendite di auto a gpl. Con la drastica riduzione degli ecoincentivi è però di conseguenza arrivata la progressiva sforbiciata ai contratti in scadenza e il successivo ricorso alla cassa integrazione. La crisi della Mtm rappresenta solo la punta dell’iceberg nel panorama della componentistica di Livorno, settore industriale su cui si fondava una buona parte della manodopera nella città che ha già subito il “crac della sinistra” (con il trionfo M5S): “Dal 2008 a oggi – spiega Puppo – abbiamo perso un migliaio di posti di lavoro, circa un quarto dell’intera manodopera occupata nel settore”. Nei mesi scorsi era stato l’assessore regionale al lavoro Gianfranco Simoncini a chiedere al governo di riconoscere il polo produttivo livornese tra le aree di crisi industriale complessiva.
L’esponente Fiom traccia poi una rapida radiografia del comparto. La Trw fabbrica sterzi (“l’80% della produzione riguarda Fiat”) e occupa al momento 420 addetti: “E’ dal 2008 che si fa ricorso agli ammortizzatori”. Alla Magna (serrature per Audi e Fiat) i dipendenti sono circa 540: “La fabbrica ha vissuto in passato anni difficili. La situazione è leggermente migliorata: nessun ammortizzatore sociale è al momento aperto”. L’unico grande soggetto che non sembra aver risentito della crisi è la Pierburg (l’azienda produce pompe olio e occupa circa 300 lavoratori): “Negli ultimi tempi si è anche ricorso agli interinali”. Notte fonda infine per i 130 operai della ex multinazionale Delphi (nel 2006 gli allora 400 dipendenti furono licenziati via e-mail) assunti a inizio 2010 da Gian Mario Rossignolo (l’ex manager Telecom è stato poi arrestato con l’accusa di truffa allo Stato nel 2012) per il progetto De Tomaso. La fabbrica inaugurata nel marzo 2011 avrebbe dovuto sfornare auto di lusso, ma non è mai entrata in funzione. I 130 ex Delphi sono in cassa integrazione da otto anni, ma non ci sono imprenditori interessati a investire. “Mi auguro che il sindaco Nogarin – conclude Puppo – incontri quanto prima le organizzazioni sindacali: oggi si parla di tutto tranne che dei problemi della componentistica”.
Uno sguardo anche alla realtà portuale, settore fondamentale per lo sviluppo livornese che occupa direttamente 1500 addetti (più circa 6500 lavoratori dell’indotto). La situazione appare delicata: “Dal 2008 a oggi nessun posto di lavoro perso – spiega Simone Angella, responsabile di settore della Filt-Cgil – ma il dramma è stato evitato grazie a un ampio ricorso agli ammortizzatori sociali. I lavoratori hanno pagato con le proprie tasche questa crisi”. Il lavoro sulle banchine scarseggia: negli ultimi 5 anni si è perso il 25% del traffico merci. La storica Compagnia portuale di Livorno (400 lavoratori) “usufruisce da almeno cinque anni dei contratti di solidarietà”, mentre gli addetti Alp (unico soggetto autorizzato dalla legge 84/94 sui porti a poter fornire manodopera temporanea per far fronte ai picchi di lavoro) “effettuano soltanto 9 turni al mese”. Secondo Angella il porto necessita di nuove infrastrutture: “Da questo punto di vista siamo fermi da 10 anni. L’ultima grande opera realizzata nel nostro scalo, la Darsena Toscana, risale alla fine degli anni Settanta”.
L’intero territorio livornese non sembra ancora essersi ripreso dagli effetti della crisi. Secondo recenti dati Istat il tasso di disoccupazione generale nell’intera provincia si aggira intorno al 9% (tra i 15 e i 24 anni si sale al 30%). “La situazione – taglia corto il segretario provinciale Cgil Maurizio Strazzullo – resta drammatica. Abbiamo dovuto giocare in difesa per tentare di salvare quanti più posti di lavoro possibili: purtroppo all’orizzonte non sembrano esserci nuovi imprenditori”. La preoccupazione maggiore (“la vertenza madre”) è per le sorti del polo siderurgico piombinese: in ballo circa 5mila posti di lavoro tra diretti (Lucchini, Magona e Tenaris Dalmine) e indiretti.
Il settore su cui la crisi ha pesato maggiormente? “L’edilizia: dal 2008 a oggi si è perso il 40% della forza lavoro”.
David Evangelisti

La crisi generale del capitalismo rende instabile in tutti i campi e in ogni paese il dominio della borghesia imperialista e del suo clero; porta la borghesia imperialista e il suo clero a condurre una guerra di sterminio non dichiarata contro le masse popolari in tutto il mondo anche nei paesi imperialisti (il numero dei disoccupati, degli emarginati e dei disperati aumenta in ogni paese); la crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale porta ogni capitale a doversi aprire il terreno per la sua valorizzazione eliminando altri capitali. Questa guerra dei capitalisti contro le masse popolari e dei capitalisti tra loro si traduce nella politica di eliminazione delle conquiste politiche, economiche e culturali delle masse popolari all’interno di ogni paese e nella politica di guerra a livello internazionale: le relazioni politiche sono l’espressione concentrata delle relazioni economiche.
I gruppi imperialisti considerano tutto il mondo un terreno che deve essere aperto alle loro scorrerie (il TTIP in gestazione rafforza questo stato delle cose). I magnati della finanza, delle banche e dell’industria formano raggruppamenti, nazionali come negli USA o regionali come in Europa, che dispongono dei governi e degli Stati dei singoli paesi e con essi in ogni paese impongono i loro interessi alle masse popolari e li fanno valere nel mondo.
In ogni paese le masse popolari e tra esse la classe operaia si trovano in condizioni analoghe a quelle di un paese occupato dallo straniero. Non una classe dirigente che per raggiungere i suoi obiettivi (valorizzare il suo capitale) organizza e riorganizza la vita della massa della popolazione realizzando un progresso complessivo della sue condizioni rispetto a quelle preesistenti, per quanto operi “con il ferro e con il fuoco” e facendo pagare un prezzo di sangue e di sudore (nella sua fase di ascesa principalmente questo fu la borghesia). Ma un dominio straniero che sconquassa ogni giorno di più e senza che se ne veda un limite (che in effetti non c’è) le condizioni della vita della massa della popolazione. Questa subisce perché non ha proprie istituzioni statali e sociali. Per porre fine al degradarsi della sua condizione, deve quindi crearsele nella lotta per liberarsi dall’occupante. Non si tratta di perseguire una maggiore partecipazione delle masse popolari al governo dello Stato che domina nel paese. Per sua natura è uno Stato nemico. Indurre le masse popolari a considerare lo Stato borghese come il proprio Stato è la sostanza dell’imbroglio con cui i borghesi paralizzano la lotta delle masse popolari, dell’opera della sinistra borghese, della concezione e della linea dei riformisti (parlamentaristi o conflittuali, pacifisti o armati [“colpirne uno per educarne cento”] che siano) e dei revisionisti. Il corso delle cose prodotto dalla crisi generale del capitalismo è tale che sia chiedere sia pretendere qualcosa dallo Stato borghese porta fuori strada. Bisogna che le masse popolari creino un proprio Stato. Mai come ora fu così radicalmente vera la tesi marxista che “lo Stato borghese si abbatte, non si cambia: le masse popolari devono creare un proprio Stato”.
Questa lotta è inevitabile ed è la rivoluzione socialista: la guerra popolare rivoluzionaria attraverso la quale si afferma il Nuovo Potere. Essa avanza grazie al Partito comunista che la promuove; che grazie alla concezione comunista del mondo sa che è necessaria e possibile ed è capace di comprenderne le leggi, le condizioni e le forme; che la propaganda e raccoglie e forma le sue forze perché combattendo imparino a combattere; che coglie ogni situazione in cui lo scontro può svilupparsi con successo, lo promuove, lo sostiene e lo dirige; che coordina lo sviluppo di tutti gli scontri in modo che si combinino fino a comporre la guerra popolare rivoluzionaria che instaurerà il Nuovo Potere. A grandi linee come avviene in un paese occupato che l’occupante sottopone a saccheggio e spoliazione. La lotta incomincia in tutti i punti in cui creiamo le condizioni favorevoli, senza che la popolazione abbia una propria autorità generale già affermata: il nemico ha istituzioni e forze armate, noi no, abbiamo solo il nucleo promotore della guerra, il Partito.
Questa è quindi una guerra per il progresso perché trasforma la società borghese secondo la linea che le è propria raccogliendo e valorizzando tutti i suoi apporti storici. Ma è anche una guerra che alle masse popolari è imposta perché la borghesia e il suo clero sono oramai una forza di devastazione e distruzione senza fine: per le masse popolari è una guerra per la sopravvivenza. Quanto celermente si estenda e rafforzi, dipende principalmente dalle forze che via via siamo capaci di far scendere in guerra, perché la borghesia e il suo clero (lo straniero occupante) quanto a loro non possono che proseguire la spoliazione e il saccheggio. Lo devono fare per perpetuare il loro sistema di relazioni sociali nonostante la crisi generale del capitalismo: è la condizione della loro sopravvivenza.
Un nemico occupa quindi il nostro paese anche se parla la nostra stessa lingua e se il suo potere si avvale di istituzioni e di procedure di lunga tradizione. Esso non solo sta distruggendo una dopo l’altra le conquiste che le masse popolari hanno strappato nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria, nella prima parte del secolo scorso, e crea così condizioni peggiori di quelle di un tempo perché le vecchie condizioni di vita (in sintesi: l’economia di sussistenza e di vicinato) non esistono più, ma spreme e schiaccia senza limiti una parte crescente della popolazione e stringerà la sua morsa finché non glielo impediremo; sta privatizzando, riducendo e peggiorando i servizi pubblici in cui si concretizzava la civiltà raggiunta; sta riducendo o eliminando le aziende lavorando nelle quali il proletariato riceveva il reddito di cui vive; sta distruggendo per una parte crescente della popolazione i rapporti sociali attraverso cui ricavava da vivere e la riduce alla disperazione. Il suo dominio tuttavia si protrae nel tempo principalmente perché le masse popolari non hanno già pronto un altro modo di associarsi e condurre la loro vita sociale e solo secondariamente perché una parte delle masse popolari ha riserve che la borghesia imperialista e il suo clero non hanno ancora spremuto.
Disperarsi? Limitarsi a protestare e denunciare? No! Proprio la vastità delle distruzioni che il loro dominio produce e il fatto che la distruzione anche se graduale procede senza termine, creano le condizioni perché le masse popolari instaurino nuove forme di vita sociale atte a garantire i servizi, la produzione, la distribuzione e gli altri vari aspetti della vita sociale che la borghesia imperialista e il suo clero non assicurano più. Fare la rivoluzione socialista vuol dire portare le masse popolari a instaurare, anche se per forza di cose gradualmente e incominciando ora qui ora là man mano che in quel punto si hanno le condizioni favorevoli, ma con continuità e su scala crescente, relazioni sociali (politiche, economiche e altre, della società civile) loro proprie, le cui forme, a grandi linee, esistono già come presupposti del socialismo nella società attuale. Vuol dire caso per caso mobilitare le masse popolari e portarle a organizzarsi e gestire la propria vita sociale senza la borghesia imperialista e il suo clero, contro di loro. Non è un’impresa facile a farsi, ma è un’impresa possibile e necessaria.
Non instauriamo di colpo, né sarebbe possibile instaurare di colpo un nuovo ordine sociale in forme compiute e in tutte le ramificazioni che la vita sociale comporta. Ma diamo caso per caso un corso diverso al disordine che comunque la borghesia e il suo clero creano man mano che, spinti dalla crisi generale del capitalismo, distruggono il vecchio ordine che si è formato nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria; caso per caso preveniamo l’attacco della borghesia e del suo clero quanto più siamo capaci di farlo, quanto più impariamo a farlo; caso per caso approfittiamo delle condizioni favorevoli per indebolire la resistenza della borghesia ai nostri attacchi e neutralizzare la repressione.

Un caso particolare ad esempio di molti: un’azienda che il capitalista decide di chiudere
Per esporre più chiaramente il concetto, esaminiamo a modo d’esempio un caso particolare, un ben definito atto della guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia imperialista e il suo clero conducono contro le masse popolari. Consideriamo un’azienda che il capitalista decide di chiudere. Quello che diremo per il caso particolare preso in esame è estensibile, con adattamenti, a tante altre situazioni reali che si moltiplicano man mano che la crisi del capitalismo segue il suo corso: la chiusura di un ospedale o di un scuola, la riduzione o eliminazione di un servizio, l’impiego di edifici per abitazione o altri usi, la salvaguardia del territorio e dell’ambiente, le bonifiche di edifici e di territori, ecc.

Per il capitalista la sua azienda è la materializzazione del suo capitale, una forma del suo capitale. Egli la computa in denaro e il sistema di relazioni sociali di cui è esponente richiede che questo denaro generi nuovo denaro, si valorizzi. Un’azienda capitalista che non produce profitti non può esistere e che una data azienda produca o no profitti dipende principalmente dal corso generale degli affari. Anche se produce profitti ma lo stesso capitale può produrne di maggiori impiegato altrimenti (in particolare ora attraverso la speculazione finanziaria), l’azienda per il capitalista è condannata.
Ma noi comunisti non guardiamo all’azienda solo dal punto di vista del capitalista. Secondo la concezione comunista del mondo la società è divisa in classi con interessi contrapposti. Dal nostro punto di vista, un’azienda capitalista è almeno anche altre tre cose:
1. è un centro di produzione di beni e servizi per il resto del mondo, con specifiche competenze, conoscenze e corrispondenti attrezzature, organizzazione e relazioni;
2. è un collettivo di lavoratori oggettivamente costituito capace di una vita politica, sindacale e culturale più o meno intensa (l’intensità dipende sostanzialmente dallo stato generale del movimento comunista cosciente e organizzato, ma anche dalla storia particolare dell’azienda e del territorio dove è ubicata, dalla coscienza e volontà dei lavoratori);
3. può essere (e in una certa misura comunque già è) un centro di riferimento, di orientamento, di aggregazione, di organizzazione e di direzione per le masse popolari della zona circostante (della lotta di classe e della loro vita, ha strumenti (locali di riunione e altro) per esserlo: lo si è visto in casi di calamità naturali e di altre vicende) e di connessione di questo con la lotta di classe dell’intero paese.

Quando il capitalista chiude la sua azienda, questo secondo la prassi vigente comporta che gli operai e impiegati che vi lavoravano sono o licenziati con una liquidazione o buonuscita, o messi in mobilità, o messi in CIG o una combinazione definita di queste tre sorti (ammortizzatori sociali e sussidi di disoccupazione). Viene comunque meno il vecchio rapporto di lavoro, in cui i lavoratori diretti dal capitalista producevano merci che il capitalista vendeva e in questo modo valorizzavano il capitale che il capitalista aveva investito nell’azienda. È la morte lenta a cui oggi nel nostro paese sono già sottoposte centinaia di aziende; è la morte lenta che attende molte altre aziende se non cambiamo in tempo il corso delle cose, se non preveniamo i padroni, se non passiamo dalla difesa all’attacco.
Supponiamo ora che il collettivo aziendale non accetti di sciogliersi, si impadronisca dei locali, del macchinario, dei magazzini, che abbia la forza e la volontà per farlo.
Basta questo per continuare a produrre? Evidentemente no, occorrono un sistema di direzione, vie di rifornimento (di materie prime, semilavorati, materiale ausiliario, pezzi di ricambio, energia, ecc.), sbocchi per i prodotti, danaro liquido (quello che per il capitalista è il capitale circolante). È pensabile di imporre alla pubblica amministrazione e alle banche di fornire il circolante necessario per pagamenti e acquisti, come ora sborsano le liquidazioni, gli assegni di mobilità e di CIG, i vari ammortizzatori sociali. Quanto agli sbocchi per i prodotti, è pensabile di imporre alla rete commerciale di assorbire i prodotti dell’azienda, di ridurre la quantità prodotta se eccede il fabbisogno per il mercato nazionale e per gli accordi di esportazione e importazione che si riescono a stabilire, di impiegare il tempo di lavoro così liberato in altri lavori o per le attività politiche, culturali e formative dei lavoratori. Un elemento della crisi generale del capitalismo consiste nel fatto che il tempo di lavoro (la durata della giornata lavorativa) che il capitalista impone e deve imporre al singolo operaio (perché il suo lavoro sia produttivo di plusvalore per il capitalista) moltiplicato per il numero di lavoratori disponibili (i proletari) è enormemente superiore al tempo di lavoro necessario a produrre (con le forze produttive attuali) i beni e i servizi che il mercato è in grado di assorbire (e anche i beni e i servizi che entrano nel consumo dell’intera umanità, anche se questo è valutato al livello necessario perché tutta l’umanità conduca una vita civile): è la contraddizione tra il contenuto del processo lavorativo e la sua forma capitalista. Che i lavoratori (e tutti gli esseri umani) dedichino una parte crescente del loro tempo alle attività specificamente umane (alla politica, alla cultura, alla ricerca, allo sport, alle attività utili alla formazione fisica e spirituale di ogni individuo, alle attività necessarie perché la massa della popolazione impari a organizzarsi e a pensare, ecc.) è incompatibile con il modo di produzione capitalista (“perché insegnare filosofia a uno che farà lo spazzino?”, esclamano all’unisono Letizia Moratti della banda Berlusconi e Luigi Berlinguer del circo PD), ma è del tutto conforme ai presupposti del comunismo già presenti dalla società borghese. Quindi che si riduca la produzione alla misura del consumo o fabbisogno previsto e che i lavoratori si dedichino ad altre attività, è un aspetto della ricchezza del futuro di cui la società borghese ha creato i presupposti, benché sia cosa che può imporsi solo in lotta con la prassi del capitalista (Marchionne ha ridotto le pause agli operai che fa lavorare, gli altri li ha gettati sulla strada - Renzi sopprime i permessi sindacali).
Ritorniamo ora al nostro collettivo aziendale: cosa fa sì che abbia la forza e la volontà necessarie per non lasciarsi sciogliere e per prendere in mano l’azienda, per imporre il suo ordine nell’azienda sottratta al capitalista?
Il percorso e le misure fin qui indicate che esso deve imporre non corrispondono a quanto la borghesia e il suo clero vogliono, a quanto sono abituati a fare e far fare. Ma dal punto di vista economico non lo contrastano più di quanto lo contrastano il versare ammortizzatori sociali, l’occupazione di uno stabile vuoto, le manifestazioni di strada e altre azioni che la borghesia e il suo clero ingoiano. È dal punto di vista politico, dei rapporti di potere, che lo contrastano radicalmente. Il percorso e le misure indicate fanno sorgere un centro di potere antagonista a quello della borghesia e del suo clero. Si creano due poteri antagonisti. È possibile?
Il collettivo di un’azienda per avere la forza di seguire con successo la strada indicata deve 1. essere abbastanza coeso al suo interno, capace di una volontà comune (quanto al ruolo dell’azienda come centro di produzione nel contesto nazionale e mondiale e quanto a quello che è in grado di realizzare in termini di protezione dell’ambiente, gestione dell’energia e delle materie prime, ecc.) e 2. avere un ricco sistema di relazioni e appoggi nel resto della società. Queste condizioni si formano con lo sviluppo generale del movimento comunista, ma richiedono anche nella singola azienda un lavoro preventivo, precoce e lungimirante, di comprensione, denuncia e contrasto del percorso con cui il capitalista ha creato le condizioni per chiudere l’azienda e di aggregazione organizzativa e ideologica dei lavoratori.
Dove noi abbiamo la forza (l’ascendente, il seguito, l’autorevolezza, le capacità) per fare esistere tutto questo per quanto riguarda i lavoratori, quindi dal lato delle masse popolari, dal lato della borghesia e del suo clero impedirlo e distruggerlo imponendo il loro disordine (che ognuno si arrangi, liquidazione, CIG, sussidio di disoccupazione, ammortizzatori sociali vari, ecc.) non è operazione semplice, né è scontato il loro successo. Sono due poteri che si scontrano, ma in condizioni in cui noi possiamo vincere se la coesione nel nostro campo è sufficiente. La borghesia e il suo clero non sono un blocco unico: un capitalista ha deciso che a lui conviene chiudere, ma il resto della borghesia e del suo clero ha bisogno della collaborazione e dell’acquiescenza delle masse popolari, queste se si organizzano autonomamente non hanno più bisogno della borghesia e del suo clero; la borghesia e il suo clero dispongono di forze armate formate ed equipaggiate per reprimere, ma metterle in moto presenta alcuni rischi anche per la borghesia e il suo clero, la loro fedeltà e unità non sono a tutta prova e il corso della crisi generale le mette a dura prova; la borghesia e il suo clero dispongono di un ben rodato sistema di diversione e divisione: sta al nostro campo mettere a punto le misure necessarie per farci fronte e anche qui il fattore decisivo è la coesione del nostro campo, quindi dipende da noi.

È chiaro che, salvo casi eccezionali, una soluzione come quella descritta non può essere adottata e imposta solo per azione di un singolo collettivo aziendale, come una nicchia, mentre il resto della società continua il suo corso come niente fosse, né è in grado di adottarla e imporla un collettivo aziendale che si pone il problema solo all’ultimo momento, quando il padrone chiude. Ogni singola soluzione comporta un rapporto di forza tra classi che implica, oltre a un certo livello di coesione del collettivo aziendale, un sistema di relazioni del collettivo aziendale con altri collettivi aziendali e con altri organismi popolari, il loro appoggio all’azione del collettivo, per cui lo scontro delle istituzioni della borghesia e del suo clero con il collettivo è scontro con una rete di organismi, è scontro tra due classi.
Quindi per arrivare al risultato illustrato, ogni collettivo aziendale deve organizzarsi al suo interno al modo dei Consigli di Fabbrica di un tempo, gli operai più avanzati devono costituirsi in organismi operai (OO). Ogni collettivo deve proiettarsi all’esterno dell’azienda, usarla come centro di mobilitazione della popolazione della zona circostante, spingerla a costituire organismi popolari (OP). Sulla scala più larga, regionale e nazionale, le OO e OP devono stabilire relazioni di solidarietà, di collaborazione, di scambio in ogni terreno, fino a costituire una rete di istituzioni: le istituzioni locali del Nuovo Potere.

L’azione descritta da parte del collettivo del caso preso ad esempio è per sua natura e per la forza delle cose partecipazione al movimento per costituire un governo d’emergenza dell’intero paese, il Governo di Blocco Popolare che dia forza e forma di legge ai provvedimenti che ogni particolare collettivo elabora e adotta, un governo che faccia suo il programma riassunto nelle Sei Misure Generali:
1. Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa).
2. Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.
3. Assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per partecipare alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato, ad ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato).
4. Eliminare attività e produzioni inutili o dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti.
5. Avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.
6. Stabilire relazioni di solidarietà, collaborazione o scambio con tutti i paesi disposti a stabilirle con noi.

Con questo il collettivo diventa per forza di cose un organismo politico, l’istituzione locale di un nuovo potere, di un sistema politico antagonista a quello della Repubblica Pontificia.
Il ruolo che il collettivo deve svolgere comporta che esso abbia una capacità di gestione di rapporti interni (coesione, disciplina, creatività, egemonia, ecc.) e di rapporti esterni (progettazione, relazioni commerciali e altro) che non è patrimonio abituale dei lavoratori. Il livello culturale e la capacità di coesione sociale e di organizzazione sono molto cresciuti tra le masse popolari con la prima ondata della rivoluzione proletaria; questo e il disastro che comportano le soluzioni che via via la borghesia e il suo clero adottano (il corso delle cose che essi impongono) sono fattori che favoriscono la soluzione che abbiamo illustrato. Tuttavia resta che occorre una capacità di direzione, di organizzazione, di egemonia che non è patrimonio corrente e che per far fronte con successo alle raffinate arti di dominio di cui dispongono la borghesia e il suo clero le masse popolari devono far tesoro della concezione comunista del mondo. Quindi accanto alla rete di OO e OP e a loro promozione, supporto, orientamento e direzione deve formarsi la rete dei Comitati di Partito (CdP). Essi uniscono, formano e danno forza e capacità di azione sociale agli elementi più avanzati e generosi delle masse popolari, disposti a compiere da subito volontariamente lo sforzo necessario per trasformarsi, per compiere personalmente quella trasformazione della concezione del mondo, della mentalità e in qualche misura anche della personalità con cui il singolo individuo si ritrova formato dalla sua storia personale.
Per fare le rivoluzione socialista è indispensabile che la parte più avanzata delle masse popolari si unisca e si educhi, si formi e trasformi per essere capace di orientare e dirigere il resto delle masse popolari: senza Partito comunista unito sulla concezione comunista del mondo è impossibile fare la rivoluzione socialista.
La rivoluzione socialista è il risultato sicuro dell’attività di un Partito che applica nella lotta di classe la concezione comunista del mondo, che conduce la lotta di classe con una comprensione abbastanza avanzata delle sue condizioni, forme e risultati. La lotta di classe è, come ogni altra cosa, conoscibile e comprensibile, quindi è possibile dirigerla. Non esiste niente che gli uomini non sono capaci di conoscere e padroneggiare. Non esiste alcuno degli dei e dei misteri di cui si ammantano i preti e a loro modo anche i borghesi e ogni classe dominante: la forza di ogni classe dominante in definitiva sta infatti nell’arretratezza e nella debolezza delle classi che non sono ancora capaci di governarsi da sé, che hanno bisogno del suo dominio, che solo grazie alla sua direzione riescono a produrre anche quello di cui esse stesse hanno bisogno e a fare quello di cui esse stesse hanno bisogno. La classe dominante impersona l’organizzazione sociale che la massa della popolazione non è in grado di darsi autonomamente. La liberazione dall’oppressione di classe non richiede di patire con gli oppressi, di condividere la loro pena, ma di insegnare agli oppressi a organizzarsi, a ribellarsi, a combattere, a vincere e instaurare il socialismo.

 npci  - nuovopci@autistici.org