Presentazione



In movimento per ecologie, vivere insieme, economia sostenibile, bioregionalismo, esperienza del se' (personal development).

lunedì 30 aprile 2018

Campagna popolare per l'agricoltura bioregionale contadina


Firenze, 28 aprile 2018 

Il fatto di aver partecipato ad una manifestazione a favore di Mondeggi bene comune e per le agricolture contadine e di tutte le realtà di questo tipo, è senz'altro una spinta a mettere se stessi al servizio di un'evoluzione che sottostà al rapporto uomo-ambiente, tanto apprezzato da noi bioregionalisti...


Proprio così, c'è chi da anni si propaga, lotta e diffonde informazioni al fine di renderci consapevoli che noi siamo l'ambiente, ciò che mangiamo, quello che facciamo, relazioniamo ecc. e poi vedi che le cose per le quali ti sei impegnato, si concretizzano in altri luoghi, diversi sia per posizione che per attività... E arriva il giorno dell'appuntamento...

Dalle adesioni che avevo visto su facebook non avremmo dovuto essere più di 400/500 persone ma, il numero reale credo superasse i 5000, si amici, eravamo tanti e purtroppo per motivi personali non ho potuto seguire tutta la manifestazione. Altra cosa fondamentale è stata la presenza di molti giovani, che è tra le cose che daranno e stanno dando continuità a chi prima di noi, ha iniziato a lavorare in questo senso...


Il senso appunto è ciò che ci fa dirigere e riempire di contenuti il nostro vivere, da questi giovani, come i ragazzi di mondeggi, possiamo prendere esempio, perciò li ringrazio per quel che fanno.

Loro stanno valorizzando terreni e luoghi abbandonati, senza la pretesa di esserne padroni, ma semplicemente tutori: delle terre che coltivano, del sistema di coltivazione, della "natura" che li fa vivere, da chi vuole rendere la terra, gli alberi, i loro frutti e l'acqua un'industria e per finire, del nostro nutrimento. 


Quante realtà, tante associazioni provenienti da diverse parti d'Italia, tutti festosi, fiduciosi che le istituzioni comprendano che, il modo per fare gli interessi del popolo italiano, è proprio quello di dare fiducia a questi giovani e meno giovani, poiché loro garantiscono sia la qualità la salubrità dei prodotti, sia che la proprietà, dei terreni non venga portata via allo stato italiano: fare gli interessi dello stato significa essere lo stato...


Così per ovviare ai problemi legali che si incontrano quando si va a parlare con le istituzioni, per il riconoscimento giuridico delle agricolture contadine, ho parlato con un amico di Orvieto, molto attivo in questo contesto, la proposta sarebbe quella di far partecipare persone svantaggiate, disabili, animali abbandonati alle attività delle agricolture contadine, poiché le associazioni di volontariato non hanno bisogno di riconoscimento giuridico per essere legali, perciò con il dovuto approfondimento per accertarsi che ciò sia vero, il problema per certe realtà, verrebbe risolto. 

A conclusione di questa esperienza, sento il desiderio di ringraziare, porto dentro una sensazione di entusiasmo che mi spinge a partecipare e a dare il piccolo contributo che riesco.

Giuseppe Finamore


La Famiglia del Circolo Vegetariano VV.TT. - "Treia: Resoconto della Festa dei Precursori 2018" di Caterina Regazzi



Sempre più difficile per me fare questi resoconti. Gli eventi sono sempre più "nutriti", oltre che "nutrienti" e sempre più vissuti. Per facilitarmi il compito inizio riportando un brevissimo mio scritto scaturito qualche giorno prima, in preparazione delle tre giornate  della Festa, tenuta a Treia dal 27 al 29 aprile 2018,  e letto durante la seconda giornata.
"La Festa dei Precursori  corrisponde all'anniversario della inaugurazione del Circolo Vegetariano VV.TT., che avvenne nell'ormai lontano 1984, la notte tra il 26 e il 27 aprile, per la precisione, mentre nasceva quell'altro “prodotto” di Paolo D'Arpini (il fondatore del Circolo), che è suo figlio Felix. E' una data, sono date, le molte che riguardano la vita di Paolo, che fatico a ricordare: viaggi, figli, cambiamenti di residenza, cambi di lavoro. 

Io, all'epoca, non ero presente con lui e forse per difficile accettazione da parte mia di tutto questo “lavorìo”, il mio inconscio non le ha mai digerite. Ma da quando l'altra sera, forse, mi sono resa conto di questo fatto, a letto, mentre faticavo ad addormentarmi, ho trovato un escamotage, anzi due per ricordarmi almeno questa data: 1984 è il titolo di un famoso libro di Orwell che lessi con piacere tantissimi anni fa e che ho ritrovato in una vecchia libreria qui a Treia ed è stato anche l'anno della mia laurea (quello per fortuna, ancora me lo ricordo). 

Complice è stato anche il fatto che la mia disattenzione, in generale e su molte cose, mi fa dimenticare troppe cose importanti, e mi fa sbadatamente strusciare la macchina in posti dove sono già passata centinaia o solo decine di volte, come appunto è successo venerdì 20 aprile, dal che  ho concluso che basta con questa sbadataggine, o almeno ci provo. Inoltre mi rendo conto ormai che la mia famiglia allargata comprende tutti i frequentatori del Circolo. 

Il Circolo è principalmente Paolo e  si sposta  da Treia  a Spilamberto, dove io risiedo abitualmente, sperando che il nuovo governo abolisca la legge Fornero o almeno faccia qualche riforma pensionistica che mi consenta di essere più libera presto, per potermi godere maggiormente la mia bella Treia. 

Come dicevo e scrivevo qualche anno fa, da tempo credo che il mio compito nel mondo sia, tra l'altro, quello di fare da tessitrice, ma non di tessuti, di rapporti umani: fare incontrare le persone, farle conoscere affinché si creino nuove relazioni umane. Questo è anche quello che Paolo fa, senza nessuna intenzione, e questo Circolo Vegetariano e la Festa dei Precursori è un luogo, reale ed anche virtuale, dove ciò può avvenire.  Tutti sono benvenuti nella nostra famiglia!


Ed in realtà, a me pare che specialmente durante i momenti "casalinghi", ma non solo,  il clima è stato quello di una grande famiglia, in cui ognuno dava il suo contributo, in tutti i sensi.

Le persone, e non voglio neanche chiamarle "ospiti", ma semplicemente "amici", hanno cominciato ad arrivare giovedì 26 aprile. Il primo è stato Ferdinando, che doveva allestire il materiale per il laboratorio in terra cruda con i bambini delle elementari dell'indomani, organizzato in collaborazione tra l'Auser Treia ed il Comune. Il programma è  proseguito verso sera del 27 aprile  con una fantasiosa conferenza, sempre sulla terra cruda, nella sede dell'Auser, presente il coordinatore provinciale Antonio Marcucci e l'assessore Edi Castellani e vari convenuti. La serata  si è conclusa con una pizzata da "Michè" assieme anche ad Ettore, Kamin e Sritha, giunti nel frattempo.

Al sabato 28 mattina ci siamo trovati in piazza col prof. Enzo Catani, archeologo, che ci ha illustrato, con dovizia di particolari alcune bellezze di Treia: Piazza della Repubblica, che è ricca di storia, ed il museo archeologico, la visita si è conclusa al Teatro comunale.  Eravamo un bel gruppo. Presenti, tra gli altri,  anche Matteo di Recanati  ed Edo di Fermo. Verso l'ora di pranzo sono arrivati alcuni componenti del gruppo di Vignola di canti mantra "Luce di Stelle": Mara, Tina e Luca con i loro strumenti, e Upahara, reduce dall'India,  fratello spirituale di Paolo, magico musicista e cantante di bajan e mantra, che ci onora tutti gli anni della sua presenza. Dopo la cultura e l'archeologia, siamo andati al bistrò di Villa Shop di Passo di Treia, dove la brava Francesca aveva preparato ogni ben di Dio. Tutto biologico e vegetariano, anzi, vegano. Tra le tante specialità, un budino a base di fagioli, squisito!


Nel pomeriggio, al circolo, il prof. Alberto Meriggi, storico e profondo conoscitore della realtà di Treia e del maceratese dei bei tempi andati, ci ha parlato delle "Consuetudini alimentari bioregionali", ripescando anche fra i racconti di sua madre. Ed anche un altro dei nostri amici, intervenuti alla festa, aveva attinto abbondantemente dai racconti di sua madre, oltre che dai suoi ricordi d'infanzia: Michele Meomartino, che ci ha presentato il suo reading multimediale dal titolo semplice, ma evocativo: "C'era una volta il Pane", un testo, letto-recitato dal fine dicitore Emiliano, della compagnia OffTea di Treia, con intermezzi di belle musiche popolari e belle immagini d'altri tempi. I musicisti di Luce di Stelle e Upahar ci hanno fatto sognare con le loro esibizioni, soprattutto alla fine dell'incontro, sul terrazzino fuori dal circolo. Dopo la cena in casa siamo scesi in sala di meditazione per una sessione di canti congiunti dei nostri amici musicisti, presenti anche altri amici: Dimitri, Giusy e Francesca con le sue due bambine deliziose. Serata piena di magia.


La mattina di  domenica 29 aprile la cara e brava Aurora Severini è venuta da Staffolo per condurci in una passeggiata erboristica, in un luogo ove la biodiversità vegetale è incredibile e non sto neanche ad enumerare le numerose specie trovate e da lei riconosciute e spiegate. Pranzo a casa, cucinato da uno dei  nostri cuochi preferiti: Michele, squisito!

Il pomeriggio è stato arricchito prima dall'intervento di Simonetta Borgiani, della  rivista maceratese La Rucola, che ci ha ricordato antiche usanze alla base del vivere nella comunità, come ad esempio  quella che ricordo anch'io, di tenere la chiave nella porta. E'  seguito l'intervento di Roberto Ferretti della Scentella di Petritoli, che ci ha parlato del turismo di relazione, un turismo esperienziale che ha alla base l' "intimità" che si viene a creare tra persone, fino a poco prima estranee, sconosciute, ma con le quali si instaura non un rapporto commerciale, ma conviviale, ed il suo progetto "Le Marche in valigia" che ha molto interessato anche Edi Castellani, la nostra assessora alla Cultura, lì presente. Infine Loris Asoli, fondatore dell'azienda "La Terra e il cielo" e reduce da tante altre esperienze, ci ha descritto il progetto della "Comunità per un Nuovo Mondo", ambizioso ma molto interessante. La Comunità si dovrebbe fondare sull'affrontare, in maniera condivisa aspetti economici, culturali (scuola) e normativi, ma non solo. La voce di Tina, il sitar di Luca, le poesie di Maurizio Angeletti di Passo di Treia hanno intercalato i discorsi, facendoci emozionare.
Ma non è finita! Dopo la cena, un'ultima sessione di canti  con Luce di Stelle e  nuovi amici che sono venuti - chissà? ad ingrossare le fila della famiglia del Circolo Vegetariano.
L'ho fatta anche troppo lunga, arrivederci a presto e grazie a tutti!

Caterina Regazzi






Alcuni canti ed altre  immagini: 



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Il Corriere Adriatico del 28 aprile 2018

sabato 28 aprile 2018

Grottammare -I canti orfici di Dino Campana


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OFFICINA TEATRALE 2017/18
Viaggio cosmico-letterario

Canti Orfici di Dino Campana
di e con
Vincenzo Di Bonaventura

Ospitale delle Associazioni - Grottammare Paese Alto - 26 aprile 2018  h21.15


Come i fiumi 
    
       Che si sia in dodici come stasera – è Grottammare, bellezza – o folla come in altre platee che hanno accolto i suoi Recital, per Di Bonaventura (Mi nutro bacchicamente di poesia, dice) sempre la poesia avrà lasciato la sua orma bruciante, e di quella “oltranzista” di Campana conserveremo a lungo la sensazione di fiamma.

       Ladro di fuoco sente di essere Campana, sacerdote di poesia, religione che reclama il suo sacrificio e il suo sangue quanto più lo avvicina all’essenza dell’uomo.
“… Io che vivo al piede di innumerevoli calvari”, scrive di sé, consapevole del proprio difetto esistenziale: e la malattia - cui certo concorrono anaffettività e autoritarismo paterni, ottusità dell’ambiente e “mentalità medievale del tempo e desiderio di riempire i manicomi” - se lo emargina da un contesto di società che non tollera  fuoruscite dagli schemi, lo rende però veggente, lo conduce al centro delle cose, assegna alla sua poesia potere orfico e iniziatico. 
Se la parola poetica sempre trasfigura il reale e lo ricrea, quella di Campana lo sospende oniricamente fra passato e presente, lo scarnifica in pure immagini e puri suoni, procede per illuminazioni vitali e gioiose o si ripiega sui sentieri tortuosi dell’inconscio affollati di fantasmi notturni .

       E’ la notte, che reca il panorama scheletrico del mondo, che è madre di tutte le forme d’esistenza, a dominare i versi e le prose poetiche, è la buia notte dell’inconscio, “la notte dell’uomo d’ogni tempo” e vi tremano attese e inquietudini. 

        I versi dei Notturni, orfici per eccellenza – cifrati, mistici – ci precipitano addosso, qui, con la forza di un vento; la voce dell’attore ne porta ogni fremito, ogni tremore, ogni eco di miti lontani, fluisce in tutt’uno con la traccia sonora, diventa moto tellurico nel ritmo percussivo di djembé (Era la notte / Di fiera della perfida Babele / Salente in fasci verso un cielo affastellato un / paradiso di fiamma). Figure misteriose emergono dalla notte di Campana, ed è la Chimera, sembianza femminile, viso di leonardesca Gioconda - Dolce sul mio dolore  -  a farsi, dal mito, emblema di poesia  - E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera 

       Quando si è “matti”, molto meglio si vedono le miserie, i fariseismi, le viltà del reale. "Il lazzaronismo eretto a sistema", particolarmente nell'arte, lo disgusta. "Ci fu un tempo -  scrive - prima di prendere coscienza della civiltà italiana contemporanea, che io potevo scherzare. Ora questa civiltà mi ha messo addosso una serietà terribile. Per questo io sono anche tragico e morale".

       Fuggirne dunque, viaggiare dove cieli e mari possano fondersi col suo io tormentato finalmente libero, in perfetta comunione con la Natura. I suoi molti, molti  viaggi sono in realtà, è stato detto, un unico viaggio in quella direzione. 
Non solo terre esotiche, vergini e sconfinate, dove trovare l’Uomo, ma anche luoghi a lui vicini: come Genova – Pei vichi antichi e profondi  / Fragore di vita, gioia intensa e fugace: / Velario d’oro di felicità - città di porto e di mare, di vita febbrile che s’addormenta nel ritmo dell’acqua e nello scricchiolio dei cordami. 
E sempre dovrà esserci un mare  - Le vele le vele le vele! (…) Ah! Ch’io parta! Ch’io parta! - o il mistero di terre sconfinate - “la Pampa deserta e uguale in un silenzio profondo” - dove rinascere “riconciliato con la natura ineffabilmente dolce e terribile”, dove poter, libero, tendere le braccia “al cielo infinito, non deturpato dall’ombra di Nessun Dio”.

             E l’amore, anch’esso, offre ali e vele al sogno di libertà: presagito o ricreato nell’evanescenza del sogno o del ricordo (O il tuo corpo! il tuo profumo mi velava gli occhi […] O non accenderle! Non accenderle: tutto è vano vano è il sogno), sfiorato già prima dei Canti Orfici (“Tu mi portasti un po’ d’alga marina / Nei tuoi capelli, ed un odor di vento […] Oh la divina / semplicità delle tue forme snelle”).  E’ ancora viaggio, quell’unico disperato amore, per il povero troviero di Parigi (Io povero troviero di Parigi / Solo t’offro un bouquet di strofe tenui) in cerca di libertà, ma sarà invece una guerra furibonda, consumata fra liti feroci ed esplosioni d’ira.

       Lei, Sibilla Aleramo, ape regina dai numerosi amori eccellenti, amica di letterati, scrittrice di fama e femminista ante-litteram, colta ed eccentrica e coi suoi dieci anni di più, forse lo ama amando in lui le ossessioni e la follia, la reticenza (“Tu che tacevi o soltanto dicevi la tua gioia” gli scrive), le notti insonni e la devastante gelosia. Gioco tragico a due, sadico e crudele o forse solo appassionato; nella disperazione del poeta si alimenta la sua “follia”: si sono incontrati nell’estate del 1916, agli inizi del 1918 Campana entra per sempre in villa Castel Pulci "ricovero dei dementi". Vi resterà per quattordici anni scanditi dalle sedute di elettroshock, vi morirà nel 1932.

       La libertà cercata scavalcandone il cancello, ferendosi e morendone di setticemia, il poeta l’ha infine trovata: di nuovo atomo, frammento dell’universo, corre tra forze primitive, le braccia levate come nel presago “Sogno di prigione” (… in fuga io? Io ch’ alzo le braccia nella luce!); lo accoglie il cielo infinito, svanita l’ombra opprimente del vecchio Dio… “Io ero in piedi: sulla pampa, nella corsa dei venti, in piedi sulla pampa che mi volava incontro (…) Un nuovo sole mi avrebbe salutato al mattino! O era la morte? O era la vita?...”

 Sara Di Giuseppe                      faxivostri.wordpress.com      letteraturamagazine.org

giovedì 26 aprile 2018

Fermo. Stomp. La musica del quotidiano - Recensione

STOMP
Teatro dell’Aquila – Fermo
24 aprile 2018  h21

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La musica del quotidiano
      Un pubblico vivace come non t’aspetti  - perché abbondantemente adulto, non giovanissimo - gremisce e fa venir giù dall’entusiasmo il bel teatro, negli applausi finali. E durante lo spettacolo asseconda con divertita complicità e discreto senso ritmico la straordinaria comunicativa degli interpreti.

      Della compagnia - Stomp -  che con ovvi ricambi si esibisce in tutto il mondo dall’inizio del secolo scorso - nascita a Brighton, Inghilterra, e lancio a Broadway - tutto il dicibile è stato detto, evidenziati e studiati tutti i richiami - colti e folclorici, contemporanei e vintage, esotici e metropolitani – sottesi alle creazioni del gruppo: le reminiscenze flamenche (del “tablao flamenco”) e della clog dance forse olandese che si fa con zoccoli di legno; le allusioni a Fred Astaire e al tip-tap statunitense; i ritmi tribali e le danze afro; le citazioni dalla Pop Art di Deschamps; e poi gli scampoli di circo, di hip hop, break-dance, heavy metal, lotta giapponese kendo, e chi più ne ha…

      Forse troppo, e si fa torto allo spettacolo, la cui cifra è piuttosto l’assoluta originalità: competenza musicale tradotta in sapiente “drammaturgia del suono”; geometrica distribuzione dei ruoli e rigorosa sincronia nell’apparente caos; perfetta coordinazione e preparazione atletica; audacia acrobatica e fantasia; il tutto coagulato nella prorompente presenza scenica degli interpreti, capaci di creare senza dialoghi né battute personaggi dall’umorismo incontenibile del cinema muto.

       Soprattutto, ogni cosa è comunicazione sonora qui, dove la creazione musicale nasce da materiali e oggetti tra i più diversi e imprevedibili ma legati da
un tratto comune: l’appartenenza al quotidiano, al ritmo martellante del nostro presente, quello domestico e quello urbano, quello delle periferie industriali e delle riciclerie, del nostro compulsivo consumo e del nostro spreco.

       Così bidoni e barattoli, scope e tubi d'aspirapolvere, carrelli di supermarket, pentole e coperchi, lavelli da cucina e guanti di gomma, scatole di fiammiferi e accendini, gomme di camion e altro creano quella che qualcuno ha chiamato “una maestosa sinfonia urbana”;  e gli oggetti vivono per due ore un proprio sogno musicale, poetico a suo modo, che nella possibilità di creare suono, ritmo, quindi musica, li riscatta dal grigiore, dalla bruttezza accettata e ovvia dell’utensile casalingo, dello scarto industriale, del materiale da discarica. Per un tempo breve tutti loro saranno, come nella favola, la zucca e i topini trasformati dalla fata madrina - qui, gli otto atletici energumeni in sdrucite vesti da lavoro - nella principesca carrozza per il ballo a corte.

       E il corpo anch’esso, diviene strumento: mani che battono, piedi che coi pesanti anfibi percuotono il pavimento (lo “stomp”, appunto) creano il ritmo e generano la “musica”, e il richiamo al flamenco è nel suono che si fa dialogo e rimando continuo fra gli interpreti e nel movimento che lo accompagna con intensa fisicità.
       Sull’enorme pannello metallico che invade il fondale i musicisti-mimi-danzatori-acrobati-eccetera, inerpicati e imbracati con cinghie, “suonano” - come su un’incredibile batteria/vibrafono - pentole e coperchi, tubi e secchielli, cerchioni e segnali stradali. Enormi bidoni metallici creano il finale in un crescendo percussivo tra l’orgiastico e il tribale, il suono penetra in ogni fibra del corpo, scuote come corrente elettrica, nessuno di quegli oggetti è più utensile o materiale urbano, tutto è suono, ritmo, corporeità prorompente e dionisiaca. Controindicato agli emicranici.

       Da scommetterci, che una volta a casa metà almeno di noi spettatori ha provato a suonare una pentola o una sedia, o il tubo dell’insospettabile aspirapolvere…

 Sara Di Giuseppe   faxivostri.wordpress.com     letteraturamagazine.org

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lunedì 23 aprile 2018

Portare l'Italia fuori dal sistema di guerra. Attuare l'articolo 11 della Costituzione

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L’Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realtà superiore che l’Istituto Internazionale di Stoccolma per la Ricerca sulla Pace quantifica in 72 milioni di euro al giorno. Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell’Alleanza, la spesa militare italiana dovrà essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno. 
È un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, per un’alleanza la cui strategia non è difensiva, come essa proclama, ma offensiva. 
Già il 7 novembre del 1991, subito dopo la prima guerra del Golfo (cui la NATO aveva partecipato non ufficialmente, ma con sue forze e strutture) il Consiglio Atlantico approvò il Nuovo Concetto Strategico, ribadito ed ufficializzato nel vertice dell’aprile 1999 a Washington, che impegna i paesi membri a condurre operazioni militari in “risposta alle crisi non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza”,  per ragioni di sicurezza globale, economica, energetica, e migratoria. Da alleanza  che impegna i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell’area nord-atlantica, la Nato viene trasformata in alleanza che prevede l’aggressione militare. 
La nuova strategia è stata messa in atto con le guerre in Jugoslavia (1994-1995 e 1999), in Afghanistan (2001-2015), in Libia (2011) e le azioni di destabilizzazione in Ucraina, in alleanza con forze fasciste locali, ed in Siria. Il Nuovo concetto strategico viola i principi della Carta delle Nazioni unite.
Uscendo dalla Nato, l’Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola  la nostra Costituzione,  in particolare    l’articolo 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali. 
L’appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacità di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali. 
La più alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La Nato è perciò, di fatto, sotto il comando degli Stati uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici. 
L’appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell’Italia agli Stati Uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo. 
Particolarmente grave è il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L’Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.
L’Italia, uscendo dalla Nato e diventando neutrale, riacquisterebbe una parte sostanziale della propria sovranità: sarebbe così in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.
         Sostieni la campagna per l'uscita dell'Italia dalla Nato
                                  per un’Italia neutrale.
  LA PACE HA BISOGNO ANCHE DI TERisultati immagini per uscire dalla nato
......................................


Per promuovere la petizione per l’uscita dell’Italia dalla NATO saremo davanti al Monumento ai Caduti di Treia, il 25 aprile 2018, alle ore 18. Info: 0733/216293

Mondeggi. INCONTRO NAZIONALE DI GENUINO CLANDESTINO 27-29 APRILE 2018

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INCONTRO NAZIONALE DI GENUINO CLANDESTINO - MONDEGGI, 27-29 APRILE 2018

Contadine e contadini per un movimento ecologista

Con queste poche righe proponiamo un nuovo tavolo dentro al nazionale di 
GC. Un tavolo germinale, sperimentale, il cui obiettivo principale 
consista nel discutere un'ipotesi di lavoro politico che abbia al centro 
il tema dell'ecologia. Nel corso degli ultimi anni la consapevolezza 
della crisi ecologica va crescendo su scala globale. Mentre tale 
consapevolezza attraversa tanto il mondo accademico quanto le sfere 
dell'arte e qualche volta del giornalismo, i contorni di un movimento 
ecologista fanno, almeno alle nostre latitudini, fatica ad emergere. Al 
contempo se guardiamo agli ultimi dieci anni in Italia possiamo vedere 
come i movimenti sui beni comuni e le esperienze di usi civici e 
collettivi, contro inceneritori e grandi opere, per la difesa del suolo 
e contro le nocività non abbiano mai smesso di proliferare. La mappa dei 
conflitti ambientali e delle esperienze di autogestione dei beni comuni 
che attraversano questo paese è ricca di territori in lotta. E se a 
questa mappa dei conflitti visibili sovrapponiamo altre mappe, magari 
composte da pratiche affermative quotidiane, il quadro potrebbe farsi 
ancora più ricco. Dall'emergere di reti di economia alternativa al 
movimento della decrescita e della permacultura, da Genuino Clandestino 
sino a forme di 'citizen science' (ad esempio cittadini che monitorano 
la qualità dell'aria in contesti urbani), e l'elenco potrebbe continuare 
a lungo, molte sono le pratiche e le buone ragioni che stanno emergendo 
dentro una scala prevalentemente locale.
Quale potrebbe essere il contributo contadino e clandestino alla 
costruzione di un movimento ecologista? Parliamo a partire da una 
parzialità, quella di GC, che in questi anni è stata capace di fare 
un'altra agricoltura, di praticare forme di autodeterminazione 
alimentare, di inventare forme di autocontrollo sanitario – la garanzia 
partecipata – e di sperimentare grazie ai mercati nuove relazioni tra 
produttori e coproduttori, tra città e campagna. Non è poco. La sfida di 
fare movimento, di organizzare protagonismo sociale di una minoranza che 
però si pensa ed agisce come una minoranza attiva, capace di incidere, 
di organizzare territori di resistenza e di aprire percorsi di lotta ci 
spinge a fare un passo in avanti. Si tratta a nostro parere di provare a 
capire, territorio per territorio, se ci sono le possibilità di 
articolare momenti di incontro, conoscenza reciproca e convergenza tra 
realtà diverse e plurali. A partire dagli strumenti di cui già 
disponiamo – i nostri mercati quali luoghi di produzione di cultura e 
informazione, il nostro sito come luogo di circolazione di idee e 
prospettive, le nostre assemblee quali luoghi di discussione politica – 
o se necessario inventando altri strumenti di intervento politico, ci 
sembra importante avviare spazi di confronto tra molti e diverse, 
campagne e mobilitazioni attorno ai temi ecologici. Quando parliamo di 
tematiche ecologiche lo facciamo a partire dalla consapevolezza che, nel 
mezzo delle trasformazioni del capitalismo contemporaneo, non sia 
possibile pensare ecologia ambientale ed ecologia sociale come due 
ambiti separati. Per dirla con Felix Guattari, parliamo di ecologia 
ambientale, di ecologia sociale e di ecologia della soggettività come 
terreni che continuamente si compongono l'uno sull'altro.
Quando pensiamo a quello che non c'è, ad un movimento ecologista, lo 
immaginiamo certamente a partire dalle pratiche dell'autorganizzazione e 
della democrazia di base. E lo immaginiamo anche a partire 
dall'esperienza transfemministaqueer di Non Una Di Meno, un movimento 
capace di fare tesoro delle tante parzialità che lo animano, e al 
contempo capace di costruire linguaggi e obiettivi comuni quanto 
giornate di mobilitazione. E' un esempio che ci è caro, che in qualche 
modo ci illumina la strada, lenta e non priva di complessità, di 
costruzione di un nuovo protagonismo largo, inclusivo, aperto e capace 
di pensare la confluenza, la combinazione e l'alleanza come elementi 
vitali e decisivi in questa fase politica.

Crediamo che questo tavolo possa essere una buona occasione per 
confrontarci a partire da ciò che nei territori avviene, e anche 
un'occasione per dare potere alla nostra immaginazione politica. In 
questo senso, prima di tutto, speriamo che questo possa essere un tavolo 
germinale. Inoltre, a partire da un confronto collettivo su queste 
proposte, riteniamo utile provare a lavorare nei prossimi mesi alla 
stesura di un testo, di un manifesto ecologista, a partire dal quale 
organizzare momenti di confronto e prospettiva con tanti e diversi.
Referente: Andrea


         FORMAZIONE

In continuità con i tavoli Formazione di Bologna (aprile 2017) e 
Fabriano (ottobre 2017), a Mondeggi quaglieremo il lavoro svolto dalle 
reti territoriali in questi 6 mesi e si dibatterà su come sviluppare 
tali informazioni, partendo da alcune esperienze pilota (la scuola 
contadina) e da alcuni presupposti emersi nei precedenti nazionali.
Secondo quanto già definito, GC ambisce a un’uniformità di pratiche e 
vuole costruire temi comuni di formazione, in tutte le sue sfumature, 
ovvero formazione interna (autoformazione), esterna (divulgazione e 
formazione sulle coscienze), politica (applicabile a livello 
interregionale), tecnica (più legata ai territori)… Essendo però 
importante riconoscere e rispettare le differenze/esigenze territoriali, 
c’è bisogno che ogni rete coltivi gli input formativi ad essa più 
congeniali (gruppi esterni, altre reti, facilitatori,  mondo accademico, 
esperienza, ecc) e che attraverso un’autoanalisi delle proprie necessità 
e delle proprie vocazioni si arrivi passo dopo passo alla generazione e 
condivisione di tali basi e pratiche comuni, che non siano state calate 
dall’alto ma definite dal particolare al generale (es. macrotemi 
formativi sui quali definire campagne semestrali/annuali a livello 
nazionale/transnazionale, vademecum e pubblicazioni tecniche e tematiche 
sui risultati della condivisione delle esperienze interregionali, 
raccolte delle memorie storiche delle reti, ecc).
Per far ciò è stato reputato essenziale conoscere gli apporti formativi 
che può dare ogni rete e gli ambiti in cui, al contrario, ogni rete è 
carente (ed è qui dove il tavolo Formazione dovrebbe incontrare il Mutuo 
Aiuto), e come principale metodologia per sviluppare ciò è stato avviato 
un “censimento formativo”, compilato da ogni rete, che a partire da 4 
domande evidenzia competenze e lacune territoriali.
Fine ultimo di questo processo: conoscere le altre reti e sviluppare la 
capacità di autovalorizzazione, autoaffermazione e autocritica 
costruttiva, come primo passo verso la creazione di legami mutualistici 
e verso la definizione di ambiti formativi che possano essere sviluppati 
a livello più ampio.
Approfondimento: La scuola contadina proposta da Mondeggi, che ha 
avvicinato molti di coloro che erano timidamente sulla soglia di una 
“riconversione ecologica”, è uno dei tanti esempi di formazione 
autogestita e accessibile che è nata dalla consapevolezza di avere delle 
competenze tecniche e tematiche ben delineate e di volerle condividere 
sia verso l’interno che verso l’esterno. Ci soffermeremo sul senso, 
utilità e ruolo di questa scuola e sui come sarebbe possibile 
replicarla.


Referente: Niccolò


         LIBERE TRASFORMAZIONI

In autogestione

         MUTUO AIUTO

Alla luce di quanto emerso dopo l'incontro nazionale di Fabriano, il 
tavolo di Mutuo Soccorso si trova ad un bivio, se preso in analisi alla 
stregua dell'intero movimento di Genuino Clandestino. Laddove a livello 
locale, all'interno delle singole reti territoriali di relazione e di 
lavoro, esistono e vengono ogni giorno consolidate pratiche ed 
interventi solidali, se volessimo parimenti prendere in esame una scala 
macro-territoriale, l'ingranaggio non ruota. Non è secondo noi un 
demerito di qualche individualità che viene meno ad impegni o 
responsabilità assunte, quanto piuttosto un costante ricadere in 
dinamiche già prese in considerazione sia nel famigerato domandone, sia 
nei precedenti incontri preliminari a quello nazionale: quanto sia utile 
e quanto sia necessario un movimento nazionale. E di nuovo: quanto noi 
siamo soddisfatti di ciò che si ha ottenuto? Quante famose energie si 
possono nuovamente investire in attività che non hanno immediato esito, 
che non riguardano direttamente i nostri territori? Perchè, alla luce 
del percorso fin qui svolto, o ci si trova davanti all'emergenza (in cui 
sì, si mobilitano individui e reti), o quotidianamente si lavora su 
altri piani.
Oggi la proposta di questo tavolo si sviluppa quindi in una dimensione 
più teorica: quali strumenti possiamo sviluppare per sottolineare la 
componente mutualistica di Genuino Clandestino? Di quali mezzi è 
necessario dotarsi fra territori per riuscire a collaborare? È possibile 
lavorare in sinergia con altri gruppi (Comunicazione, ad esempio) per 
elaborare racconti e attraverso l'informazione costante dare un segnale 
forte di ciò a cui vorremmo mirare? O, al contrario, si ritiene 
soddisfacente far entrare in uno stato di "letargo" questo gruppo di 
lavoro, questo tavolo tematico, fino ad una contingenza realmente 
significativa?


Referente: Francesco



         NUOVI SCHIAVISMI


Il tavolo è aperto alle reti/singoli che hanno attivato progetti con i 
migranti : economici-culturali-politici-artistici.
Vorremmo condividere le conoscenze e le esperienze, dibattendo sulle 
forme di alleanza con le comunità migranti e sulla Ri-definizione di 
cittadinanza, cogliendo i  processi migratori come elementi di 
riflessione ed azioni, come opportunità di cambiamento in ambito rurale 
ed urbano. Ci poniamo la domanda : in che modo le pratiche e i progetti 
di mutuo soccorso possono essere strumento di lotta contro il razzismo e 
lo sfruttamento?
Lanciamo una proposta: progettiamo economie solidali, filiere etiche, 
attraverso l'accoglienza e l'inserimento lavorativo dei migranti.


Referente: Tonino


         PREPARAZIONE PER SINGOLI E NUOVE RETI

(INCLUDE GARANZIA PARTECIPATA, nel caso ci fosse l’esigenza possiamo 
tenere separato il tavolo della garanzia partecipata)
Referenti: Alessio e Tiziana

Questo tavolo nasce per far fronte ai tanti singoli che vengono a 
curiosare durante la tre giorni per capire cos’è genuino clandestino e 
alle nuove reti che hanno bisogno di capire come risolvere i principali 
problemi che si presentano all’inizio. Attraverso una panoramica del 
percorso di G/C e della situazione attuale, dell’esperienza di altre 
reti e delle nuove esigenze, si parlerà e discuterà di come organizzare 
nuove reti (strumenti utili, burocrazia, errori comuni, ecc) e di come 
sviluppare e promuovere nuovi mercati.

Alcuni degli strumenti di cui si parlerà, utili per creare reti attive e 
durature, sono la garanzia partecipata, gli incontri nazionali e le reti 
territoriali.
TAVOLI TEMATICI

         COMUNICAZIONE

Il nostro movimento, composto da nodi distanti tra loro, necessita di 
una comunicazione interna funzionale a rafforzare, creare legami e 
divulgare informazioni. Allo stesso tempo riveste un ruolo altrettanto 
importante nella comunicazione volta verso l'esterno, verso chi è 
desideroso di approcciarsi al movimento.
Per questo semestre ci proponiamo:
- La creazione di un gruppo di persone competenti in materia di 
comunicazione che si prenda cura delle principali piattaforme di 
comunicazione della rete, a cominciare dalle integrazioni e migliorie 
del sito.
- L'importanza del tavolo comunicazione in quanto mezzo di prolungamento 
e divulgazione degli altri tavoli: formazione, mutuo aiuto, ecologia...
- Valutazione della proposta di finanziamento di una borsa di studio 
destinata alla creazione di progetti creativi-artistici-comunicativi.


Referenti: Agnese


         CUCINE IN MOVIMENTO


In autogestione

         ECOLOGIA E AUTONOMIE



Genuinoclandestino 

Genuinoclandestino@autistici.org
https://www.autistici.org/mailman/listinfo/genuinoclandestino

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