Maria Lai nasce nel 1919 a Ulassai. Fin da bambina mostra uno spiccato talento artistico e ha l’opportunità, seppure fortuita, di avere contatti con il mondo dell’arte. Pochi anni dopo, la famiglia decide di iscriverla alle scuole secondarie a Cagliari. Nel 1939 si trasferisce a Roma per frequentare il Liceo Artistico e, una volta completati gli studi, parte alla volta di Verona e, successivamente, a Venezia, dove si iscrive all’Accademia di Belle Arti in cui ha la possibilità di seguire le lezioni di Arturo Martini.
Rientra in Sardegna, non senza difficoltà, nel 1945. Qui insegna disegno nelle scuole elementari di Cagliari. Ritorna a Roma nel 1956 e, l’anno successivo, presso la galleria L’Obelisco, tiene la sua prima personale. L’attenzione critica ricevuta in quell’occasione non soddisfa però le attese personali dell’artista che inizia così un lungo periodo di riflessione in cui ritrova il mondo dei poeti e degli scrittori con i quali coltiva un rapporto di profonda amicizia e di collaborazione.
Nel 1971, presso la Galleria Schneider di Roma, espone i primi Telai, un ciclo che caratterizza i dieci anni successivi e l’avvicina ai temi dell’arte povera, mentre negli anni Ottanta si dedica alle prime operazioni sul territorio che le varranno gli esiti più significativi della sua opera. Nel 1981 realizza a Ulassai l’operazione corale Legarsi alla Montagna, suo capolavoro, che anticipa i temi e i metodi di quella che sarà definita, solamente nel 1998, dal critico d’arte Nicolas Bourriaud come “arte relazionale”.
A partire dagli anni Novanta dà vita a una serie di interventi di arte pubblica che, grazie a una visione programmatica, riusciranno, nel tempo, a trasformare Ulassai, suo paese natale in un vero e proprio museo a cielo aperto, che trova la sua massima espressione nella “Stazione dell’Arte”, museo di arte contemporanea a lei dedicato.
Il 16 aprile 2013 si spegne all’età di 93 anni.
L'Arte di relazione, più nota come Arte relazionale (o anche come Arte socialmente impegnata, Community Based Art, Arte partecipativa), è una forma d’arte contemporanea che si sviluppa attorno alla metà degli anni novanta e prevede la partecipazione del pubblico alla costruzione o alla definizione dell'opera di cui è partecipe. Si tratta di un'arte delle spiccate caratteristiche politiche e sociali al cui centro gravita la visione dell’uomo come animale anzitutto creativo. L’artistarelazionale, abbandonando la produzione di oggetti tipicamente estetici, si adopera per creare dispositivi in grado di attivare la creatività del pubblico trasformando l'oggetto d'arte in un luogo di dialogo, confronto e, appunto, di relazione in cui perde importanza l'opera finale e assume centralità il processo, la scoperta dell'altro, l'incontro. Il primo esempio italiano di rilievo si incontra agli inizi degli anni Ottanta, precisamente nel 1981, con la straordinaria performance di Legarsi alla montagna dell'artista Maria Lai.
Legarsi alla montagna è una nota operazione sul territorio, da parte dell'artista Maria Lai, realizzata nel paese di Ulassai, con gli abitanti del paese stesso, l'otto settembre del 1981. Legarsi alla montagna è la prima opera di Arte relazionale a livello internazionale.
Tutto ebbe inizio quando l'allora sindaco Antioco Podda e l'Amministrazione Comunale commissionarono all'artista Maria Lai la realizzazione di un importante monumento ai Caduti in Guerra per il paese. L'artista rifiutò l'incarico e decise di modificarne gli intenti realizzando qualcosa che servisse per i vivi e non per i morti. Reinterpretando un'antica leggenda del paese, legò insieme agli abitanti tutte le porte, le vie e le case con circa 27 km di nastri di stoffa celeste. L'operazione materiale durò tre giorni: il primo giorno vennero tagliate le stoffe, il secondo giorno vennero distribuite e il terzo vennero legate, coinvolgendo donne, bambini, pastori, anziani.
La gestazione dell'opera fu molto più lunga: inizialmente i popolani non condivisero le dinamiche e si rifiutarono di collaborare. Le proposte della Lai in un primo momento suscitarono preoccupazione per il risvegliarsi di antichi rancori tra abitanti stessi, tanto che ci vollero parecchi mesi per ritrovare un filo di discussione. Dopo un anno e mezzo di trattative, si arrivò a un compromesso: laddove tra famiglie esisteva un legame d'amore, al nastro vennero legati dei pani tipici detti "su pani pintau", mentre laddove le famiglie erano avverse il nastro indicava il confine del rispetto delle parti. Sul finire della serata, gli scalatori legarono i nastri al Monte Gedili, la montagna più alta che sovrasta l'abitato. Ulassai fu legata, e fu legata alla sua montagna.
La leggenda dal quale partì tutto si chiama "Sa Rutta de is'antigus", cioè "La grotta degli antichi" e affonda le origini in un fatto realmente accaduto nel paese. Nel 1861 si staccò un costone della montagna e travolse un'abitazione della parte più alta del paese. In quell'occasione morirono tre bambine e una di loro riuscì a salvarsi proprio con un nastro celeste in mano. I popolani videro in questo fatto un miracolo divino e ne conservarono il ricordo, tramandandone di generazione in generazione una versione in parte veritiera e in parte fiorita di pittoresche sfumature di fantasia.
L'operazione suscitò clamore e stupore tra paesi vicini, e successivamente a questa operazione Ulassai divenne pian piano un Museo a cielo aperto. Mentre a livello dei grandi circuiti della critica nazionale, Maria Lai venne criticata in modo negativo, perché per i più scettici si era impegnata a fare la festa del paese. L’operazione rimase in silenzio a livello di critica generale per oltre un ventennio. Ora invece è stata rivalutata a carattere nazionale, in particolare ad iniziare da Alessandra Pioselli, nel volume pubblicato da Bruno Mondadori, che la vede come lo spartiacque dell'Arte Contemporanea, poiché per la prima volta l'artista e l'opera d'arte risiedono nella figura dello spettatore, facendo di quest'ultimo il vero artefice dell'operazione, Legarsi alla montagna quindi è stata la prima operazione di Arte Relazionale.
Testo inviato da Ferdinando Renzetti
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