"La battaglia per un Burkina verde, subito partita con
un'intensa mobilitazione, dovrà proseguire. La vittoria nelle tre lotte- contro
il dilagare degli animali allevati e contro il taglio selvaggio della foresta e
per la riforestazione- si otterrà e si garantirà solamente se ogni Burkinabè
acquisisce la consapevolezza della protezione della natura come propria
caratteristica onnipresente. E' per questo motivo che invito ciascuno a
intraprendere una produzione agricola: che ogni casalinga faccia un orto a casa,
per quanto piccolo sia. Il riuso delle acque per innaffiare permetterà la
produzione di verdure aggiuntive ed offrirà ad ogni bambino delle città la
possibilità di occuparsi e curare le piante. Ricordo a tutti la parola d'ordine "un bosco ogni villaggio" e le
pianificazioni di spazi verdi urbani ."
Ho voluto ricordare con le sue stesse parole Thomas Sankara, giovane
presidente del Burkina Faso, troppo presto assassinato. Era un discorso alla
radio del 4 agosto 1985.
Ora che in Italia e nel mondo, in primis la first lady Michelle Obama alla
Casa Bianca, dilaga la moda degli orti urbani (detto per inciso: non restasse
tale e le persone prendessero coscienza stabilmente delle implicazioni
pedagogiche, terapeutiche, di buona economia che fare l'orto comporta) rileggere
queste esortazioni che un giovane capo di stato rivolge alla sua nazione ci
commuove e ci indigna, possibile che l'Africa migliore e non solamente in
Africa, veda cadere i suoi figli migliori? Penso a Patrick Lumumba, a Ben
Bella e a tanti altri, a Ken Saro Wiwa.
"Quel che è stato fatto e quel che dobbiamo fare sono il test della nostra
determinazione a rifiutare l'ideologia di sottomissione, mendicità, attesa,
fatalismo, tipici di una società dominata."
Lascio a voi le riflessioni, Thomas
Sankara ci parla ancora, 25 anni dopo abbiamo bisogno di uomini come lui e non
solamente per l'Africa assediata dalle compagnie minerarie. Thomas Sankara, il
capitano gentile che lasciò ai suoi eredi a all'umanità tutta una Renault 5
ed uno scooter come sua sola eredità materiale è colui che ha saputo al pari di
Gandhi, donarci un lascito che non è stato altrettanto grande solamente per la
sua troppo breve vita, rammento il grandissimo significato simbolico, oltre che
pratico, semplice, come tutti i gesti esemplari, come il filare all'arcolaio del
Mahatma, egli ideò "le cercle des sècheurs" ovvero il circolo degli essiccatoi,
metter in cerchio nella corte dei villaggi, in ogni villaggio, le donne e
riprendere una pratica antica quanto dimenticata: stendere le papaye sugli
essiccatoi, lasciare che si asciughino per bene al sole forte del Sahel e poter
così consumare frutta locale per tutto l'anno e non importane da altri paesi o,
peggio ancora, importare costosi frigoriferi che in un paese povero e senza una
rete elettrica estesa, costituivano un problema e soltanto un business per le
imprese occidentali.
Come i nostri fichi secchi o i pomodori nei paesi del
meridione, una tecnica simile, la riscoperta di questa tecnica salva l'economia,
la vita stessa di comunità africane.
Accosto a questa semplice quanto geniale
intuizione, il cerchio degli essiccatoi, un altro cerchio, il "Closing circle"
di Barry Commoner, di recente scomparso a 95 anni, uno dei padri dell'ecologismo
mondiale. Questi due cerchi sono in realtà uno solo, non so se Thomas Sankara
avesse letto quel libro ma ne aveva recepito profondamente il significato: il
cerchio è da chiudere ovvero nella nostra vita sulla terra, ogni cosa deve
tornare ad essa, armonicamente, senza turbare le leggi dell'entropia, senza
rilasciare con i nostri comportamenti rifiuti tossici non assimilabili, tutto
deve tornare.
Immaginate migliaia di frigoriferi resi
inutilizzabili dall'obsolescenza programmata organizzata dai computer a
tavolino per rendere guasti i milioni di inutili oggetti che affollano la
nostra tecno-vita quotidiana, abbandonati nel deserto. Sankara aveva capito,
come Commoner, aveva capito e dobbiamo rendergli omaggio.
E se fosse vissuto
più a lungo, se non lo avessero assassinato, il suo sogno di rinverdire il
Sahel, si sarebbe avverato, ed un contadino geniale come Yacouba Sawadogo,
burkinabè anche lui, ri-scopritore di una antica tecnica di coltivazione, lo
"Zai", vedi il film "The man who stopped the desert" avrebbe trovato nel
capitano gentile un fiero e sincero alleato. Perché, a differenza di quanto
vogliono far crederci troppe ONG che traggono dalla cosiddetta cooperazione
internazionale, soprattutto il mezzo per mantenere, in Occidente, il loro posto
di lavoro per non dire d'altro, è nello spirito del luogo, quando questo spirito
possa liberamente sprigionarsi che nascono le idee per il riscatto e la dignità
umana, Gandhi aveva studiato a Londra ma è nella saggezza antica della sua
grande India che ha trovato l'ispirazione per rovesciare il dominio, culturale
prima che politico degli Inglesi sulla sua gente, Gandhi, come Sankara, ha fatto
il percorso inverso, ritornando dentro la sua terra, abbeverandosi alle sorgenti
delle proprie montagne, ai propri fiumi.
E così, scandalizzando il mondo, questo
giovane presidente, aveva rinunciato alle macchinone e viaggiava in Renault 5,
aveva sfoltito scorte e burocrazia, andava a sincerarsi di persona se un certo
pozzo in un villaggio era effettivamente in funzione, aveva idee e cercava
soluzioni le più semplici e praticabili dalla sua gente. E' stato il degno
raccoglitore delle idee di Franz Fanon, un emulo non pedissequo di Ernesto Che
Guevara, un militare, come tanti, figlio di una famiglia numerosa, per
necessità, aveva amato il teatro e voleva che i soldati assistessero a recite
nelle caserme e voleva che non fossero inattivi ma aiutassero i contadini nei
lavori dei campi e tutto questo lui faceva, ha fatto, in prima persona.
Il 13 ottobre 2012, in occasione del
venticinquennale della scomparsa, a Milano ho avuto l'onore di conoscere sua
sorella, Odile Sankara, c'era tanta gente alla Fabbrica del vapore, un momento
d'incontro e di scambio interculturale, tanti progetti avviati ed in corso, per
un'Africa che sappia ritrovarsi e originare dalla sua grande storia l'avvenire
di libertà e pace che Thomas Sankara sognava e aveva cominciato a
preparare.
Ringrazio il Comitato italiano Sankara
XX, l'associazione Sunugal, Marinella Correggia e tutti quanti si sono adoperati
per questa serata.
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