A Bologna, all'interno de “Il Posto umano”, associazione Qui e ora, abbiamo
da tempo messo in atto iniziative riguardanti il tema del Mutuo-aiuto che, è
bene precisare, è cosa diversa dal volontariato, dal semplice aiuto o dal “fare
del bene”, come normalmente viene inteso.
Partivamo da noi stessi, dalle nostre esigenze e dai nostri bisogni, per
arrivare a condividerli con altri, mantenendoci sempre comunque a livelli
paritari: si trattava di uno scambio più che di un' offerta o un aiuto
indirizzato a qualcuno. E così sono nate nel tempo giornate di mutuo-aiuto in
campagna, mercatini dello scambio dell'usato all'interno delle nostre serate,
informazioni in bacheca riguardo a lavori o case in affitto.
LA NUOVA REALTA' CHE RICHIEDE NUOVE RISPOSTE
Oggi le cose stanno velocemente cambiando. Ci troviamo a fare i conti con
l'approfondirsi della crisi economica e nella nostra terra anche con le
conseguenze del terremoto, specie ora che l'interesse dei media è rivolto
altrove e l'inverno bussa alle porte. Per diverse persone, tra cui amici
nostri, vengono a crearsi nuove necessità, come il bisogno di sostegno, aiuti
materiali o anche solo psicologici. Bisogni, questi, che però sono
sottotraccia, perfino imbarazzanti da chiedere, e quindi rischiano di non
venire riconosciuti e di non trovare risposta alcuna.
Proprio nell' ambito dei rapporti sociali crediamo che occorrano risposte di
tipo nuovo, perché l'indifferenza non l'abbia vinta. C'è la necessità di
trovare o ritrovare strumenti e pratiche di tipo comunitario e di reale mutuo-
aiuto, rinforzare la vicinanza ed evitare l'isolamento.
Mi maturavano in testa tutte queste cose quando, bastonata zen, una sera
d'estate mi è capitato di fratturarmi una gamba e ho potuto vivere dal di
dentro l'esperienza di avere bisogno dell'aiuto degli altri.
CONDIVIDERE IN TANTI
Niente di grave, ma quando succede una cosa del genere la giostra nella quale
stai girando, improvvisamente si ferma. Sei costrette a fare difficili
spostamenti, ricorrere a cure ospedaliere e poi rimanere bloccato in casa, a
letto e fare poco altro. E lì ti puoi rendere conto della fragilità della
nostra condizione sociale, specialmente se sei single e risiedi in una città.
Quando sei in una condizione di bisogno ti rendi immediatamente conto che
fondamentalmente sei solo; la gente che ti circonda è tutta impegnata e sempre
di fretta ed è difficile trovare vicinanza o un minimo d' aiuto, se non hai
alle spalle una famiglia.
Ti ritrovi tra spessi muri e porte blindate.
A ben vedere la nostra vita sociale è spesso costituita di “vite parallele”
che si sfiorano, si incrociano, ma raramente si incontrano o si fondono. Gli
amici, quando ci sono (uno o due), inizialmente si prestano a darti una mano,
ma poi, se tutto il carico finisce sulle spalle di una sola persona è molto
probabile e anche comprensibile che anche loro si stancheranno e presto possono
sopraggiungere incomprensioni, pesantezze o rotture.
E' per questi motivi che pensiamo sia necessario darci strumenti di reciproco
supporto, là dove la famiglia è assente, e dove le istituzioni non possono o
non vogliono arrivare perché la famiglia, come ci sentiamo sempre dire, deve
essere il cardine della società.
La mia situazione da infortunato, per fortuna, è stata alleggerita dal fatto
di aver molti contatti e così ho potuto evitare di sentirmi isolato. E
proprio per evitare di pesare su qualcuno in particolare ho chiesto aiuto a un
sacco di gente diversa. Agendo in questo modo ho potuto scoprire una cosa
interessante: quegli interventi d'aiuto offerto dagli amici, che a prima vista
sono una seccatura o quasi, si sono trasformati nel suo opposto; sono divenuti
occasioni di incontro / momenti di stacco dalla routine / tempo liberato /
occasioni di maggiore conoscenza e allargamento degli orizzonti.
Morale: la condivisione allargata delle difficoltà porta arricchimento e
maggiore energia per tutti.
Da questa personale esperienza di “aver bisogno di altri”, e da ciò che
avevamo in precedenza avvertito da amici colpiti dal sisma, che lamentavano
indifferenza e distacco, abbiamo maturato la convinzione che occorrano
strumenti nuovi di reale cooperazione di base.
E' nata così l' idea di RETI SOLIDALI DI PRONTO INTERVENTO, una specie di rete
di supporto, formata da liste di persone più o meno conosciute, che offrono una
loro disponibilità nel momento in cui pervengano richieste specifiche da altri
membri del gruppo.
Al centro del sistema ci potrebbe essere una bacheca di annunci o qualcosa
tipo i post dei gruppo f.book, o entrambi, a cui ogni membro possa indirizzare
le richieste in caso di bisogno (un acquisto in farmacia, un passaggio, una
commissione, ma anche un'uscita per fare due chiacchiere o una serata).
Qualcuno, si spera, si farà vivo e interverrà.
Ecco, ci piacerebbe che non ci fosse alcuna forzatura, ma che le risposte
uscissero da una spontanea e libera scelta di intervenire. Nulla che venga
fatto per dovere o per colmare sensi di colpa.
Se l'idea ti piace e vuoi concorrere a definirla insieme a noi, c'è in
programma la creazione di una mail circolare per confrontarci e concretizzare
l'idea.
Claudio Jalsha - jalsha@libero.it
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Risposta di Caterina Regazzi:
La tua lettera fa riflettere e sul primo momento ho pensato: ecco,
finalmente qualcuno che si decide a fare qualcosa contro questo sistema!... poi
però ho provato un senso di smarrimento. Ho già fatto richiesta di iscrizione al
gruppo FB e va bene ma cosa posso offrire? Certo, nell'ottica di una specie di
banca del tempo posso aiutare qualcuno in un momento di difficoltà pratica, come
è stato il tuo, come accompagnare da qualche parte, aiutare in qualche tipo di
lavoro, e hai detto bene, in questi casi, soprattutto se si vive da soli, si
prova il disagio di chiedere aiuto ad un amico o a un vicino di casa.
Ma quando addirittura si sta in perfetta forma e non si ha alcun bisogno
materiale, pratico, ma si avrebbe bisogno solo di compagnia, affetto,
condivisione? Le iniziative organizzate vanno benissimo, ma non dovrebbe essere
un moto spontaneo quello di fare una telefonata, invitare un amico o amica a
passare qualche ora assieme, ecc. ecc.? Non posso io mettere su una eventuale
bacheca : "Ho bisogno di amicizia, affetto, compagnia? "
Quando il mio dolce Paolo non é con me mi sento un po' sola, adesso poi
anche mia figlia sta via 5 giorni su 7 e durante la settimana non c'è nessuno
con me, ma sono io stessa che mi chiudo a riccio (un'amica direbbe "ho la
ritirite" ). Da una parte il mio é una specie di esercizio: "devo essere
abbastanza per me stessa", ma d'altra parte mi pare quasi di sprecare le mie
doti (che magari non sono neanche granchè, ma sono quel che sono) ed allora con
un certo sforzo, cerco di rientrare in qualche modo nel mondo.
Proprio stamattina per esempio ho mandato una mail ad un gruppetto di
amiche lanciando un appello: quand'è che ci vediamo? ecc. ecc.
Perché sono diventata così? Perché la vita di oggi non comprende quella
solidarietà "naturale" che ricordo era prerogativa, ad esempio di mia nonna?
Forse le stesse città o paesi in cui viviamo sono strutturalmente inadatte,
forse la famiglia è sempre più striminzita (la mia lo è in particolare, ne
conosco alcune che danno molto più accoglienza) o forse il mondo del lavoro è
talmente opprimente che non hai mai il tempo o credi di non averlo, per
scambiare una parola o un sorriso, con il vicino di casa. Gli spazi sembrano
dilatarsi, anche se tutti o quasi abbiamo mezzi per muoverci, mentre i tempi
sono stretti.
Comunque sia, sono contenta della tua proposta, vedremo cosa succederà, magari ci si potrebbe trovare una sera da Maria (o anche a casa mia) per parlare un po' (io abito a Spilamberto).
Comunque sia, sono contenta della tua proposta, vedremo cosa succederà, magari ci si potrebbe trovare una sera da Maria (o anche a casa mia) per parlare un po' (io abito a Spilamberto).
Ciao, un caro saluto
Caterina Regazzi
Noi ci siamo!
RispondiEliminaE' così, che bisognerebbe muoversi, ad ogni livello, per ricreare il tessuto dell'esistenza stessa; quello che è minacciato da una gestione dissennata delle risorse e da una politica di corruzione che non si preoccupa né del bene comune di oggi, né della soppravvivenza delle generazioni future.