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venerdì 19 settembre 2014

Non più comete... ma nuvole di fumo

Ante Scriptum  
Questo articolo vuol servire anche da avvertimento....  in caso di guerra nucleare succederà la stessa cosa, anzi molto peggio!




13.000 anni fa, una pioggia di comete colpì la Terra e causò una nuova
glaciazione. Secondo i risultati di un recente studio, realizzato da
Bill Napier del Centro di Astrobiologia dell’Università di Cardiff
(Gran Bretagna), circa 13.000 anni fa nel giro di un’ora migliaia di
frammenti cometari, simili come dimensioni a quello che poco più di un
secolo fa provocò l’esplosione di Tunguska, colpirono la Terra dando
luogo ad una delle epoche più drammatiche della recente storia del
nostro pianeta.


L’enorme quantità di polveri e vapore immesse in atmosfera provocarono
un raffreddamento globale valutato in circa 8°, interrompendo il
riscaldamento che stava avvenendo al termine dell’ultima era glaciale
e causando un nuovo avanzamento dei ghiacciai. Questo straordinario e
catastrofico cambiamento climatico è ora stato fatto risalire ad un
evento extraterrestre.


La prova di questa ipotesi sarebbe data dal ritrovamento in diverse
zone del Nord America di uno strato di materiale scuro, di pochi
centimetri di spessore, contenente un’elevata abbondanza di materiale
carbonioso tipico dei nuclei cometari. Al tempo stesso, nello strato
sono stati trovati microscopici diamanti esagonali, rintracciati
soltanto nelle meteoriti o nei crateri da impatto. Questi risultati
hanno portato alla proposta che i cambiamenti climatici avvenuti in
quel tempo, al quale lo strato sotterraneo rinvenuto risale, siano
stati causati dall’impatto di un asteroide o di una cometa di circa 4
km di diametro sullo spesso strato di ghiaccio che all’epoca ricopriva
il Canada e la parte settentrionale degli Stati Uniti.

Il raffreddamento è durato più di 1.000 anni ed il suo inizio coincide
con la rapida estinzione di 35 specie di mammiferi del Nord America,
oltre che con l’interruzione della cultura Palaeoindiana. La
principale obiezione all’idea dell’impatto di un corpo cosmico di
dimensioni ragguardevoli con la Terra è che le probabilità di un tale
evento sono estremamente basse. Napier è giunto perciò alla
elaborazione di un modello che rappresenta le caratteristiche
principali della catastrofe senza dover ricorrere ad un elemento
improbabile come l’impatto di un oggetto con dimensioni di alcuni
chilometri. La Terra, nel suo percorso orbitale attorno al Sole, in
quel periodo avrebbe attraversato una zona dello spazio
interplanetario affollata da detriti lasciati da una cometa il cui
nucleo si sarebbe disintegratotra 20.000 e 30.000 anni fa, lasciando
per strada grossi frammenti ghiacciati che nel loro insieme
costituiscono il cosiddetto complesso delle Tauridi. Durante
l’attraversamento di questa regione, durato circa un’ora, migliaia di
impatti si sarebbero verificati sul continente americano. Ciascuno di
questi avrebbe rilasciato un’energia di diverse decine di Megaton (1
Megaton è l’energia liberata dall’esplosione di 1 milione di
tonnellate di tritolo), generando incendi diffusi in tutto il Nord
America.


Una recente meteorite, Tagish Lake, dovrebbe essere proprio un residuo
di questa cometa. La caduta è avvenuta nel territorio dello Yukon nel
gennaio 2000 e nei campioni analizzati sono presenti dei nanodiamanti.

La frammentazione dei nuclei cometari è un fenomeno relativamente
comune e nell’ultimo decennio ne sono stati osservati alcuni casi, di
cui i più famosi sono la cometa LINEAR nel 2000 e la cometa
Schwassmann-Wachmann 3 nel 2006, senza dimenticare la cometa
Shoemaker-Levy 9, i cui 21 frammenti si abbatterono su Giove ad una
velocità di 60 km/s nel luglio 1994.


Questi fenomeni sono prodotti dagli stress indotti dalle forze mareali
durante passaggi ravvicinati di una cometa ad un pianeta o al Sole,
oppure dalle forze derivanti dai getti di vapori che fuoriescono dal
nucleo cometario quanto questo si trova in prossimità del perielio. La
struttura dei nuclei cometari è molto fragile (la loro densità è
dell’ordine di alcuni decimi di grammo al centimetro cubo) per cui la
loro disgregazione è un processo che non richiede meccanismi molto
energetici.

Mario Di Martino

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