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domenica 30 giugno 2013

Discorso di Diotima sull'Eros

Dipinto di Franco Farina


Chi è Eros, l’amato o l’amante? Tanti crucci adolescenziali, che in qualche caso si trascinano fino all’età adulta, derivano da una risposta sbagliata a quella domanda. Da ragazzo ero convinto - convintissimo - che l’amore risiedesse in colei che amavo. 

Coincidesse con l’appagamento del mio desiderio: essere amato da lei, la più bella e la più buona di tutte le creature terracquee. Troppe canzoni e troppi romanzi mi avevano portato fuori strada. Finché ho aperto una porticina e mi sono ritrovato alla tavola del Simposio platonico, seduto accanto a Socrate, e proprio quando il filosofo si accingeva ad affrontare uno dei punti cruciali del suo discorso sull’amore. A dire il vero, neppure Socrate era in condizione di rispondere. Non in prima persona, almeno. Su certe questioni le uniche fonti autorevoli sono le donne e infatti Socrate ha riportato le parole di una sacerdotessa di Mantinea, Diotima, che lo aveva istruito sulle cose d’amore. 

Diotima va subito al sodo: Eros non è né bello né buono. Se infatti lo fosse, non avrebbe bisogno di esserlo, mentre noi sappiamo che l’amore è desiderio di qualcosa che manca. Ma Eros non è nemmeno brutto e cattivo. Altrimenti non desidererebbe essere bello e buono: non ne sentirebbe la necessità. Riassumendo: né bello né brutto, né buono né cattivo. Né divino né umano. Ma allora cos’è? Ce lo dice Diotima: è un demone. Un’entità intermedia che tiene insieme l’universo, mettendo in connessione lo spirito invisibile e la materia sensibile. 

Solo a scriverlo vengono i brividi, perché una parte di noi ha sempre saputo che l’amore è esattamente quella cosa lì. Quando ne sei pervaso, ti senti in sintonia con tutto ciò che ti circonda. Diotima ci mostra addirittura la carta d’identità di Eros: è stato concepito sul Monte Olimpo, lo stesso giorno di Afrodite, la dea della Bellezza, durante il banchetto allestito per il lieto evento. Sua mamma si chiama Penia (Povertà) e suo babbo Poros (Risorsa). Con una mamma simile, Eros non può che essere «ispido, scalzo e senza casa», ma grazie alla natura paterna non si perde mai d’animo. 

Talvolta fiorisce e vive. Talora muore, ma poi torna in vita. Ciò che ha lo perde. Ma ciò che perde lo ritrova. 

Capito chi è Eros? Non l’amato, accidenti alla mia zucca vuota. Eros è l’amante: colui che ama. Ne consegue che una persona è veramente felice non quando riceve l’amore, ma quando lo dà. Forse bisognerebbe far girare la voce. 

Simposio di Platone (IV sec. a.C.)  
Discorso di Diotima  
riferito da Socrate  

MASSIMO GRAMELLINI - La Stampa

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