Fama Internazionale per la nostra Strada della Bonifica del Tronto
Era il 2008 quando un imbufalito sindaco di San Benedetto del Tronto diresse l’ira e il giovanil furore contro Lilli Gruber che in un servizio televisivo riguardante la Strada Provinciale 1 della Bonifica del Tronto - teatro da tempo di prostituzione on the road - aveva erroneamente attribuito quella strada al territorio marchigiano di San Benedetto anziché a quello abruzzese limitrofo.
Quella strada In realtà corre per 10 km. esattamente sul confine tra Marche e Abruzzo, spartiacque di un degrado equamente distribuito, da tutti conosciuto, da tutti ignorato.
La definizione di “Via dell’amore” - antifrasi più tragica che comica - nasce dal vivace traffico di prostitute e da quello - va da sé - dei clienti innumerevoli. Le fa da cornice un paesaggio di edifici spruzzati a caso qua e là nell’anarchia che qui è norma, di fabbriche abbandonate, di sterpaglie e incuria per una delle strade più orride e pericolose d’Italia.
Ebbero del grottesco, quelle lontane escandescenze del sindaco e dei patrioti marchigiani feriti nell’onore. Imperdibile rievocazione pre-risorgimentale, scrissi allora: papalini contro regnicoli, alabarde in resta, e chi la conosce quella strada brutta e cattiva, la nostra San Benedetto è bella e onesta, le puttane sono in terra borbonica. Noi papalini abbiamo le palme e i lungomari, al massimo un po’ di case d’appuntamento, gioco d’azzardo e mafia e libera coca in libero stato, embe’? Venga Lilli-la-rossa, venga che la rimpinziamo di scampi!
Contemporaneamente, l’allora sindaco di Colonnella - un altro illuminato - affrontava di petto il problema e con coraggiosa ordinanza vietava…minigonne e mutande al vento da quelle parti.
Così allora.
Oggi, a quasi un decennio da quella pagina di edificante amor patrio, una video-inchiesta di Piers Sanderson per The Guardian, pubblicato il 4.12.17 da Internazionale, ci sbatte in faccia impietosamente quella stessa realtà, oggi in conclamata purulenta metastasi: interviste e testimonianze e panoramiche dei luoghi e della loro oscena deriva di terra di nessuno.
A condurre, è la onlus “On the road” di Martinsicuro, che della tratta di schiave straniere per il mercato del sesso nell’Italia centrale si occupa da tempo offrendo protezione, rifugio e assistenza alle vittime. Migliaia di ragazze arrivate qui da Nigeria, Libia e altre località africane. Numeri da brivido solo nel 2016. Costrette a prostituirsi con minacce dirette e trasversali, perfino con riti wudu, per poter ripagare la “Madam” che le ha fatte arrivare qui senza che affogassero. Sono pagate 5 euro, rapporti spesso non protetti su richiesta del cliente, giorno e notte, in ogni stagione, con ogni tempo, a volte dormono sulla strada anche se hanno 14 anni e interrogate rispondono “sto bene” con occhi di cerbiatta impaurita.
E ci sono i clienti, naturalmente: di ogni età e classe, adulti pervertiti o annoiati, spesso minorenni, “molti sanno che le ragazze sono sfruttate” ma a loro non interessa.
Al termine della strada c’è la spiaggia dei riti balneari e dell’indifferenza benpensante, e degli inverni di tronchi mangiati dal mare sull’arenile deserto.
Chissà se anche stavolta istituzioni locali e cittadini bravagente scenderanno in campo a difendere il campanile e l’onor patrio; se abbaieranno contro chi ha nuovamente acceso i riflettori sulla barbarie; se si laveranno le mani di quelle vite violate; se si sentiranno innocenti; se si stracceranno le vesti per il danno d’immagine, per il cattivo servizio al turismo; se grideranno provvedimenti mai seriamente presi; se agiteranno tronfi le auto-conferitesi medaglie di bravi amministratori; se invocheranno i successi e le bandiere blu, e i restyling di lungomari e le sussiegose palme tanto belle da far da sfondo a inguardabili fiction italiote. Chissà se…
“Quando sono arrivata in Italia ho pensato: ora sono tranquilla, sono in un posto dove non avrò paura. Ora sono libera. Ma non era così. Era diverso”
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