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sabato 23 dicembre 2017

Il Natale di un buon cavallo pazzo...

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Non è un caso se l'uomo che fu in grado di smascherare tutte le fasullità e le ipocrisie della cultura occidentale, che ci ha insegnato a ridere di noi stessi e di ogni verità oggettiva e universale, fino ad uccidere Dio, decretando la fine di ogni morale certa (soprattutto quella cristiana)... fu il medesimo che finì per ballare nudo in casa di ospiti, urlare a squarciagola per la strada apostrofando i passanti, gettare le braccia al collo ad un cavallo perché maltrattato dal carrettiere.
Non è un caso se l'uomo che volle ergersi come superuomo tra gli uomini, che concepì la sete di verità al pari degli istinti biologici, a tal punto da violare profondità inaccessibili dell'animo umano e scovando segreti che i più non potrebbero sopportare... fu lo stesso che finì rinchiuso in un manicomio e che voleva farsi chiamare Dioniso, Guglielmo III, il Cristo. Lo stesso che in quel manicomio scambiò il proprio medico nel cancelliere Bismark, chiedendogli di eseguire le proprie orride composizioni musicali, mentre si cospargeva il corpo di escrementi e beveva la propria urina da uno stivale.
Come se bisognasse diventare folli (perché pazzo lo era davvero per una sifilide trascurata da anni), per raggiungere le vette più alte del pensiero, e abbandonare i limiti imposti dall'intelletto per poter scorgere con lucidità la miseria - e la bellezza - della condizione umana. Come se solo abbandonando arditamente la ragione, si potesse squarciare la "realtà", discostare il Velo di Maya (come lo chiamano alcuni), e da quella feritoia poterne intravedere tesori d'inestimabile valore. Ma a caro prezzo. Come chi, non resistendo alla propria morbosa curiosità, ha voluto vedere in faccia la tremenda irresistibile Medusa.
Quell'uomo, emarginato, totalmente solo, megalomane, rivoluzionario, dissacratore, estremamente cagionevole e instabile mentalmente... quel misero uomo "dinamite", si chiamava Friedrich Wilhelm Nietzsche.

Stefano Andreoli

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