Periclea, una cavalla di 7 anni, si è infortunata in Piazza del Campo durante una delle batterie della tratta che precede l’assegnazione dei cavalli alle contrade che correranno il 2 Luglio 2015 al Palio di Siena. Caduta dopo avere inciampato negli arti posteriori del cavallo che lo precedeva, è stata trasportata alla clinica veterinaria che le ha diagnosticato una frattura alla zampa anteriore destra, dopodiché è stata soppressa. Per Periclea era la prima esperienza al Palio di Siena ma era una cavalla nota nel mondo dei pali soprattutto in Sardegna; un mese fa aveva corso anche il Palio di Ferrara. E’ l’ennesimo individui a pagare con la vita il tributo a una tradizione che non ha più alcuna ragione di esistere, se non per l’interesse e l’egoismo di una ristretta cerchia di persone che in occasione di queste situazioni tragiche hanno anche il cattivo gusto di manifestare un cordoglio finto e un dolore ipocrita fatto di parole sempre uguali. C’è anche chi spera che la notizia passi un po’ sottobanco, trattandosi delle prove e non della corsa ufficiale, sperando che in quella tutto andrà bene e si potrà festeggiare senza tanti crucci.
Credo che questa edizione del Palio di Siena non si debba dimenticare, anzi, credo che questa tragica morte debba restare nella memoria di chi l’ha organizzata e di chi ne è responsabile. Spero che non funzioni affatto quel meccanismo di rimozione che spesso ci fa sopravvivere a dolori e lutti che ci colpiscono. Sarebbe troppo comodo dimenticare queste prove insanguinate e ricominciare tutto da capo proiettandosi con entusiasmo verso il 2 Luglio. Il ricordo di Periclea, come quella degli altri 49 cavalli morti al Palio di Siena dal 1970 a oggi, dovrebbe perseguitare la memoria di Siena e, dato che il miglior modo di ricordare i morti è occuparsi dei vivi, gli organizzatori dovrebbero occuparsi dei cavalli che sono ancora vivi, risparmiando loro questa eventuale tragedia in futuro.
La conta dei morti al palio è impressionante: il primato è detenuto proprio dai palii più illustri. Dopo quello di Siena, viene Asti (11 cavalli morti dal 2003 a oggi), e poi Ferrara, Buti, Ronciglione, Perugia, Savigno, Belpasso, Piazza Armerina, Acate, Feltre, Fucecchio, Servigliano, Floridia, Sedilo, Pistoia, Bomarzo. Palio che vai, cavalli morti che trovi.
Per conquistare un palio, si mettono i gioco delle vite in una corsa frutto di arretratezza culturale, degrado specista e fanatismo folcloristico. Non siamo molto lontano dagli spettacoli che il Colosseo ci offriva, secondo la vergognosa formula del “panem et circenes” che portava alla morte esseri senzienti umani e non umani. In Piazza del Campo si muore a io mi vergogno di quella piazza, come di tante piazze italiane in cui si tengono simili corse.
Se da una parte mi addolora vedere incidenti in cui muoiono animali, dall’altra mi turba vedere il pubblico (tra cui bambini e bambine) che assiste festante, avvolto in un’atmosfera che riporta la società indietro di secoli. Che si tratti di cavalli, asini, oche, maiali e qualsiasi animale che corre in un palio, per me non ha mai fatto differenza: quella corsa innaturale e insensata mi ha sempre messo addosso un’inquietudine che non sono mai riuscita del tutto a comprendere e a giustificare. Nel caso dei cavalli, l’aggravante è che si scatena una tale velocità nella corsa da causarne facilmente la morte o il ferimento.
La scorsa Estate sono morti due cavalli alla Giostra dell’Orso di Pistoia e il Sindaco ha dichiarato: “La manifestazione, così com'è, non continuerà. Le numerose nuove normative introdotte non sono state sufficienti a garantire la sicurezza di cavalli e fantini. Occorre una riflessione seria e approfondita dell'intero consiglio comunale e di tutta la città… La decisione nasce da motivi compassionevoli”.
Invito il Sindaco di Siena a seguire questo esempio, a riflettere sull’abolizione della corsa dei cavalli almeno fino alla fine del mandato della sua amministrazione, e farsi pioniere di una battaglia per l’abolizione delle corse di cavalli trasformando le celebrazioni storiche in feste serene e gioiose senza sfruttamento animale.
Rispetto il lavoro, quindi l’interesse economico, che c’è dietro questa manifestazione: in tempi di allarmante disoccupazione, non mi scaglio certamente contro il diritto al lavoro delle persone ma a favore del diritto degli animali a non lavorare e vorrei che ogni lavoro al mondo non calpestasse questo diritto.
Siena ha il diritto e l’onore di mantenere la tradizione del Palio ma lo faccia con giornate di studio, convegni, conferenze, proiezioni di film e documentari, mostre, laboratori didattici, giochi, sfilate in costume. Ci sono tante idee stimolanti per onorare una tradizione, anche quella dei cavalli, protagonisti secolari del Palio, ma molte cose sono cambiate nei secoli e gli organizzatori dovrebbero informarsi che nel frattempo gli animali hanno acquisito diritti un tempo loro negati e dovrebbero anche interrogarsi sul modello etico che stanno proponendo al mondo dell’infanzia: un modello diseducativo perché esalta l’oppressione del più forte a danno del più debole.
Le istituzioni che si fanno complici di questo messaggio sono un pessimo esempio per la cittadinanza.
Paola Re - paolare1968@libero.it