Presentazione



In movimento per ecologie, vivere insieme, economia sostenibile, bioregionalismo, esperienza del se' (personal development).

martedì 4 febbraio 2014

Carnevale, lupercali, candelora, pasqua... la tradizione pagana è sempre viva....



In questo periodo il mondo celtico e neopagano celebra Imbolc o anche i Lupercalia, da cui la Chiesa cattolica avrebbe tratto la Candelora… bla bla bla… 

Voglio raccontarvi come nella zona d’origine dei miei genitori e nonni, la Campania, Italia, si festeggia il 2 di febbraio, una festa tra paganesimo e cattolicesimo: con la “sagliuta” (salita) a Montevergine e il ballo popolare della Tammurriata, tra ludico, erotico e devozione religiosa. ---


INTRODUZIONE- Una volta il canto e ballo contadino campano sul tamburo, detto Tammurriata, era legato al tempo profano della semina e del raccolto, connesso al culto antico della Madre Terra, poi si è riversato nelle varie celebrazioni religiose collegate al culto della Madonna, continuando a rappresentare i riti della sessualità e della fertilità. Per i popoli antichi questa danza rituale si svolgeva nel tempio; oggi, in continuità con il paganesimo, sul sagrato o sulla piazza antistante la chiesa. In Campania, la tammurriata si balla durante occasioni ludiche ma soprattutto rituali-cerimoniali, nei pellegrinaggi devozionali in onore della Madonna. 

Le gerarchie ecclesiastiche non hanno potuto interrompere questa tradizione. Il Culto delle sette Madonne in Campania ha perciò origine in Riti pre-cristiani (culto di Artemide-Diana, Demetra, Cerere, Cibele…) Le Madonne campane sono sei sorelle belle, più una, la settima, quella di Montevergine che era la più brutta perché nera, così se ne andò lontano, in modo che chi voleva venire a trovarla dovesse fare un grande sacrificio e andò a mettersi sulla cima di una montagna, tra il bianco delle nevi. Invece quella era la più bella! Il culto della Madonna nera affonda le radici in un modello pre-cristiano, come la Diana nera di Efeso e tutte le dee ctonie europee. La diffusione intensa del culto della Madonna si spiega col fatto che in Campania l’elemento femminile è stato sempre maggiormente oggetto di culto rispetto a quello maschile, dato che il substrato sociale e popolare campano è “falsamente patriarcale” come dice Roberto De Simone. In Campania, alle sette Madonne sono dedicate altrettanti festeggiamenti. 


S’INIZIA PROPRIO IL 2 FEBBRAIO con la Festa della Madonna di Montevergine, a quasi 1300 m d’altezza, nell’Appennino irpino, provincia di AVELLINO, tra vette gigantesche. Qui sorge il santuario sul posto dove ai tempi del poeta latino Virgilio sorgeva un tempietto dedicato a Cibele, dea della natura e della fecondità, delle grotte e delle montagne, e che ha quindi testimonianze di riti precristiani. Non era facile arrampicarsi fin lassù. Nei primi anni del 1000, fu eretto un tempio alla Vergine al posto di quello dedicato alla Gran Madre pagana. La Madonna di Montevergine, Mamma Schiavona, Madonna Nera o Bruna come le antiche divinità ctonie, è di origini Bizantine. Fino agli anni ’50 si saliva al monte su carri allegorici addobbati con fiori di stagione guidati da cavalli o asini, bardati a festa con fiocchi e nastri variopinti, sui quali si eseguivano canti devozionali e tammurriate. 

Oggi ci sono: una funicolare e una strada per auto e i bus, ma i pellegrinaggi veri e propri si fanno da secoli a piedi, salendo il monte anche di notte, molti a piedi nudi, per penitenza o per chiedere una grazia per sé o per i cari. Questo Santuario è al contempo un luogo di culto religioso e pagano, che accomuna in maniera inusuale devoti cattolici e “devoti” laici uniti nella ritualità. Il rito della “scalinata”, tipico di Montevergine, anticamente era vissuto da molte persone che salivano la scala intonando canti rituali ad ogni gradino: “a sagliùta”, per devozione per la Madonna, forse la stessa dei riti pagani che si svolgevano circa 3000 anni fa nello stesso luogo per Dioniso. 

Ogni devoto chiede una grazia, e quasi la pretende, per aver sofferto durante questo viaggio quasi iniziatico come quello sciamanico e gli stenti e i sacrifici. (Ometto altri riti…) All’uscita, si festeggia con tammurriate frenetiche e isterico-liberatorie, si assiste a scene di antichissima ritualità insieme pagana e cristiana, oscena, irriverente, ma nello stesso tempo devota e rispettosa dei simboli religiosi, anche da parte dei "femmenielli", un tempo figli prediletti dalla dea Cibele. I suoi devoti riuscivano a raggiungere la vera unione con la dea evirandosi, perché il mito narra che Attis, un bellissimo giovane amato dalla dea Cibele, voleva abbandonarla per sposare una donna mortale; Cibele lo fece impazzire ed egli si evirò morendo dissanguato per risorgere, androgino, sotto forma di pino sempreverde e trionfare sulla morte. 

La Pasqua è la versione cristiana di questo tema. L. Parinetto, nel suo libro “Streghe e potere- Il Capitale e la persecuzione dei diversi” Rusconi 1998 ci spiega che in Campania, la parola “FEMMENIELLI” non significa semplicemente “omosessuali” o “transgender”; più che il sesso dei femmenielli (l’erranza di un sesso a tutti gli innumerevoli altri sessi), il nome indica la loro collocazione sociale che sta nel basso della collettività ma, in un mondo che di solito proietta contro le differenze (dette devianze) una sorda ostilità e sanguinosi meccanismi di esclusione, i femmenielli non sono duramente stigmatizzati. Forse perchè non mostrano volontà di usurpare il potere al maschio, accettandone gli scherni? Forse perchè non disturbano i progetti di potere che sono per definizione paternalistici e non di sesso cangiante? Forse perchè un femmeniello non ha affatto l’aria di voler scardinare l’assetto della tradizionale famiglia patriarcale? Il suo è infatti un atteggiamento morbido, collaborativo, che manco si sogna di mettere in crisi l’assetto della comunità, ma la serve e l’appoggia. 

L’onnilateralità carnevalesca scavalca l’unilateralità borghese e questo spiega anche lo spazio dato dai femmenielli alla vita gioiosa, alla sensualità, al ballo: Perez de Herrera afferma che questi marginali secondo un’usanza molto antica si riuniscono in occasione delle feste; là suonano, danzano, cantano, bevono, partecipano a ronde, scegliendo luoghi per lo più lontani dalla vita pubblica e il rovesciamento dei principi caratterizza anche i costumi sessuali, improntati alla più completa libertà. 

Mascia delle Spezie

Nessun commento:

Posta un commento