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martedì 21 maggio 2013

Tuscia - Daniele Fringuelli: "L'importanza degli orti sociali per risollevare l'economia e la dignità umana.."




Lo scrivente è un candidato della lista civica “Insieme per il territorio con Bonatesta” di Viterbo  e nell'ambito dei tanti annunci e promesse fatte dai più disparati candidati alle prossime comunali, propongo all’attenzione collettiva una proposta politica che circola sempre più spesso nei blog dedicati agli argomenti agrari.

Mi riferisco al valore sociale collettivo degli orti cittadini, sempre più diffusi al Nord-Italia come in qualche comune della Provincia (ad es. Tarquinia sui terreni dell'Università Agraria che anch'io ho
utilizzato e quindi parlo per esperienza diretta). Ha fatto scalpore la notizia che Michelle Obama abbia creato un orto biologico per fornire cibo fresco e sano alle proprie figlie (e al consorte) proprio dentro i giardini della Casa Bianca ed i più accreditati dicono che lo coltivi lei direttamente.

In questo mese di maggio, l’Anci, Italia nostra e Res Tipica hanno firmato il protocollo 'Orti Urbani' una iniziativa nazionale "work in progress", partita da alcune esperienze, la quale si sta diffondendo
in città piccole, medie e grandi, che punta a potenziare il ruolo degli orti in città come antidoto al degrado del territorio, e ha già raccolto importanti adesioni. 

L'obiettivo di “Orti urbani” è sottrarre aree verdi all'abusivismo edilizio e alla speculazione riducendo l'inquinamento ambientale e
mediante la creazione di orti e con la diffusione di agricoltura di qualità; viene promossa così la riqualificazione sia degli spazi urbani che periurbani, migliorandone il decoro e l'estetica e valorizzando il paesaggio con attività agricole che determinano lo sviluppo di una economia etica a diretto vantaggio delle comunità locali.

In generale gli orti sociali potrebbero essere una delle vie per rivitalizzare socialmente le metropoli e soprattutto l'umanizzazione dei grandi ambienti urbani fortemente antropizzati. Si stanno
diffondendo sempre di più nelle gradi città, New York, Parigi, Chicago, dove gruppi di cittadini si impegnano a coltivare e valorizzare angoli di terra, piccoli spazi, spesso anche su terrazzi sopra i lussuosi grattaceli. E questo perché il ritorno all’agricoltura, ai prodotti bio ed ecologici autoprodotti, è ritenuto molto moderno, all’avanguardia e fa tendenza, almeno negli USA.

Di fatto si valorizza il ruolo sociale dell'agricoltura esteso agli abitanti della stessa cinta urbana, inteso come motore per creare relazioni sociali tra le persone, la condivisione degli spazi, lo
scambio- baratto dei prodotti ortivi che fungono da pretesto per rinsaldare nuove amicizie: ci si scambia opinioni, prodotti, piantine, una "bruschetta" insieme la domenica tra famiglie assegnatarie,
un aiuto alla raccolta-trapianto ecc., tu mi doni i pomodori e poi quando faccio la marmellata di pesche, ti dono un barattolo; si crea veramente un clima creativo, mai concorrenziale tra vicini. 

Per non parlare poi delle implicazioni economiche per l'autoconsumo, visti i tempi di crisi, come soluzione alla disoccupazione e alla crisi economica, porterebbe ad un incremento di giovani e disoccupati per occupare le proprie giornate con attività costruttive e di utilità sociale.

Fino ad ora si è parlato di agricoltura sociale solo per il reinserimento umano, psicologico, creativo di soggetti con problemi fisico-psichici (handicappati, psicolabili, carcerati in regime di semilibertà ecc. e ne è un esempio la COOP LA ZAFFA dei detenuti di Viterbo con i terreni del comune in comodato alla str. Palanzanella) e quindi di soggetti al margine; ad esempio, per far riprendere un drogato al Ceis o in altre comunità, tutte fortemente inserite e localizzate in contesti agricoli, il programma iniziale prevede, oltre a regole orari e discipline rigide, anche e soprattutto il lavoro manuale e quello agricolo in particolare, per far riprendere confidenza con i ritmi della vita (la crescita delle piante, la soddisfazione del raccolto, la cura iniziale delle giovani plantule o meglio ancora la dedizione agli animali domestici tipici, non solo quelli antropizzati come cani e gatti). 

Le sempre più crescenti fattorie didattiche dove i bambini vengono fatti inserire in un contesto agricolo, facendoli conoscere le piante, la vita che da un piccolo seme produce frutti, la fatica, e
anche la gratificazione di vedere materialmente il proprio lavoro crescere e maturarsi. 

E’ fatto risaputo ormai che persone con problematiche sociali e di apprendimento, come per esempio autistici, o con la sindrome di Down, vengono riabilitate in centri agricoli, con il contatto con la
natura, l’aria fresca, lo spirito creativo e responsabile di far crescere una piantina, o meglio ancora allevando animali, prendendosi cura di essi.

Ma la proposta può e deve essere estesa all'intera collettività, soprattutto ai soggetti che possono essere più vulnerabili all'isolamento e alla crescita: mi riferisco agli:

ANZIANI, spesso soli, intontiti davanti alla TV anche se fisicamente attivi, ma privi di iniziativa e motivazioni, spesso con figli fuori e privi di legami saldi. Questo accade soprattutto gli uomini, caratterialmente più fragili delle donne, una volta andati in pensione. Vari amici mi hanno chiesto di trovare per il padre, magari rimasto vedovo, piccoli pezzetti di terreno, vicini alla città, senza scopi edilizi e speculativi, per farlo uscire dall'isolamento che la condizione di anziano necessariamente gli crea, per fargli dare un senso alla sua giornata, allontanarlo dal Bar o dalla TV. Per esperienza diretta con un familiare, che ha avuto un ictus nel 2012 ed abita a Viterbo in una villetta con un orto da me curato: come ha iniziato a dedicarsi di nuovo alla cura delle piante ortive, ha ripreso vitalità ed intelligenza che neanche la terapia a Villa Immacolata era riuscita a dargli. Questo perché la pratica dell’agricoltura, il prendersi cura di qualcosa, rende attivi, stimola lo spirito di responsabilità verso qualcos’altro.

GIOVANI. Tecnopratici, spesso pieni di vizi futili, gusti alimentari innaturali, con modesti valori veramente umani, abilissimi nelle chat, ma privi di contatto con il mondo biologico che li circonda.
A scuola nelle mie lezioni di scienze-biologia mi accorgo della povertà caratteriale che ne contraddistingue molti, soprattutto cittadini (se provengono dai paesi mi accorgo che hanno più i piedi per terra!). Io ho iniziato nell'adolescenza la passione per la terra, gestendo in autonomia un piccolo orto familiare, e questa è diventata poi lo scopo dei miei studi e della mia professione di
agronomo; dedicarmi alle piante mi ha aiutato nella crescita e nei periodi foschi adolescenziali che ogni ragazzo attraversa. Mi accorgo che quando faccio le esercitazioni sulle piante in classe o parlo dell'allevamento degli animali, i ragazzi candidamente si entusiasmano, segno evidente che il PC, IPAD o FACEBOOK non riescono a colmare la loro curiosità e la voglia di sentirsi utili per il
mondo. 

Questo ruolo sociale degli orti urbani può conciliarsi benissimo con la forte campagna mediatica e sul campo intrapresa da molti sindaci di città del Nord, contro la ludo-dipendenza che colpisce soprattutto anziani, e giovani, ovvero la lotta alle sale giochi/scommesse, veri e propri mostri mangiapersonalità e pozzi senza fondo. Esse creano dipendenza e sfruttano la fragilità emotiva e caratteriale che difficilmente aveva il buon Bertoldo di una volta, contadino con le scarpe grosse ed il cervello fino.

Inoltre, non va dimenticato l’impatto ecologico. In una città sempre più urbanizzata dove si versa cemento, la figura dell’orto creerebbe un impatto positivo sulla vivibilità viterbese. Gli spostamenti sono sempre per di più con l’auto, si vive circondati da tecnologia, macchine, applicazioni, ma si trascura l’aspetto importante dello stare all’aperto, respirare aria pulita senza fumi di scarico, non subire passivamente nessun tipo d’inquinamento sia atmosferico che acustico, stare a contatto con la natura, la terra, la vita. 

L'istituzione degli orti urbani rientra nella filosofia di promozione del territorio agricolo comunale, ed è un mezzo efficace per la sua salvaguardia attraverso le coltivazioni ortofrutticole. Salvaguardare vuol dire valorizzare: un territorio destinato a coltivazioni è preservato dal degrado, dall'abbandono, ed è rivissuta dai cittadini in una ottica dinamica di appartenenza e tutela.

A Tarquinia erano nati 20 anni fa per le persone anziane residenti ma poi, visto il successo (le quote sono andate a ruba), l'Agraria le ha estese anche ad altre zone ed altri cittadini. Il Comune di Viterbo possiede svariati terreni vicini al centro abitato: non servono cifre faraoniche per allestire le quote di 2-300 mq (un pozzo per l'acqua corrente, la sistemazione superficiale del terreno, le modeste strade poderali) e proporle all'affitto delle famiglie per un prezzo equo (50-100 euro/anno per coprire i costi di gestione ed organizzazione).

Questa proposta non ha colori politici e dovrà servire da stimolo sia allo scrivente candidato sia a qualunque futuro amministratore di buona volontà e dotato di spiccato senso pratico.

(Copy Right) DANIELE FRINGUELLI – dottore Agronomo

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