I modi cambiano, ma non troppo; i fini sono i medesimi.
Era così facile capire perché il tornado sarebbe arrivato; la cosa mi spaventava sempre.
Avevo deciso che mi sarei dato alcuni indizi per comprendere. I sogni erano l’ultima istanza.
Appena tutto sarebbe stato abbastanza visibile, per la mia coscienza, avrei attuato vari sistemi per avvertirmi.
Piccoli indizi, via via crescenti, mi avrebbero aiutato ad accettare il mio destino.
Copiavo la natura, lei mi avvisava sempre. Delle cose belle e delle cose brutte. Non ricordo il giorno in cui accadde, ma decisi che i sogni potevano disinnescare alcune cose ineluttabili; non tutte però.
Alcune cose potevo evitarle e farle evitare al mondo che mi circondava; altre no. Gli uomini adorano inscriversi in bolle di energie soverchianti che decidono per loro. Bolle di pensiero così forti da condizionarne quasi tutti movimenti.
Abbracciare ciò che la politica, la religione, la famiglia, gli amici, ritengono buono, diminuisce la nostra possibilità di scegliere autonomamente.
Ma se stavo attento potevo riportarli in loro.
Dovevo solo prestare attenzione.
La natura era già mia compagna. Piccoli segni che nessuno vedeva.
Lei, mia madre, mi proteggeva da sempre. Mi avvisava con carezze, mi educava con buoni incontri; mi allontanava con le fusa di un gatto, che s’infilava tra le mie gambe, dalla cattiva strada.
Ma gli adulti erano refrattari ai segni ed io non riuscivo a renderli evidenti.
Molto spesso era sufficiente parlare. Evocare, in maniera inappropriata le mie visioni, per spostare la coscienza dei grandi di quel tanto che bastava a disattivare le loro cattive abitudini. Abitudini che li conducevano inevitabilmente verso ciò che avevano seminato per lungo tempo.
Sembrava funzionare.
Era faticosissimo.
Un impresa titanica che richiedeva una centratura ed un’evoluzione continua per analizzare ogni comportamento umano; adattarsi a stili di vita e perfino alla voce di ogni uomo.
Gli uomini parlano in molti modi. Con i comportamenti, con i tic, con piccole imprecisioni nel compiere atti consueti.
Da ogni cosa potremmo comprendere l’imbarazzo e la distrazione che porta ognuno di noi al sopraggiungere dell’imprevisto.
Io stesso avevo notato che quando ero triste dimenticavo nomi e facevo azioni in maniera sbadata. La non-presenza era il primo segno che non si stava bene. Tagliarsi mentre si affettava il pane, mettere un piede in una buca e non essere abbastanza elastico per assorbire il disallineamento del corpo, tutte queste cose, erano l’urlo di un anima che andava troppo veloce per rimanere attaccata al corpo. Staccarsi da lui, andarsene e lasciarlo al suo destino mortale, era il segno che non voleva che quella realtà fosse la propria.
Quando l’anima di un uomo iniziava correre io la vedevo sempre. Due metri avanti a loro.
Nelle persone più sensibili, che magari venivano denigrate, la loro anima iniziava a mettersi in disparte. Volava, oppure iniziava a correre. Gli occhi si facevano vitrei e poi via.
Se non avessero fatto nulla di pericoloso dopo un pò sarebbe tornata ed avrebbe preso di nuovo il controllo…ma se erano intenti in un lavoro che necessitava di concentrazione, come tagliare la legna, era assolutamente certo che se avessi distolto lo sguardo si sarebbero fatti del male. Bastava il mio sguardo, doppio, ad avvisarli dell’imminente arrivo del tornado.
Oggi tutti vivono con l’anima in altri luoghi. La distrazione è il segno che molte cose non vanno. Ma se lo fai mentre guidi, potresti non poter tornare nel tuo corpo.
Fanno l’amore e pensano ad altro, mangiano e pensano ad altro. Scherzano e sembrano forti e luminosi ed invece sono nelle tenebre.
Oggi quelli che hanno un’anima, quei pochi a cui è rimasta, vivono staccati da lei.
Le vedo. Le sento.
Per questo in molti sono in imbarazzo in mia presenza. Per questo io sono in imbarazzo nel mondo.
Però accade.
Accadeva ed accade, sempre, con più frequenza.
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