Presentazione



In movimento per ecologie, vivere insieme, economia sostenibile, bioregionalismo, esperienza del se' (personal development).

sabato 26 febbraio 2022

Costituzione - Il valore supremo della dignità umana



Leggendo la Costituzione troviamo in più parti il richiamo, diretto o indiretto, alla dignità umana. È un concetto che pervade tutto il testo costituzionale e sul quale oggi, in un momento in cui la dignità umana risulta aggredita da norme che non ne tengono conto, è più che mai importante riflettere.

 Ma passiamo al testo della nostra Costituzione.

    Innanzitutto, all’art. 2 Cost. troviamo il riconoscimento – non l’attribuzione, trattandosi di diritti immanenti della persona di cui lo Stato può solo prendere atto e, appunto, “riconoscere” – dei diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
    Anche se all’art. 2 non troviamo un riferimento diretto alla dignità umana, è chiaro che questo c’è, seppur sottinteso: i diritti fondamentali e inviolabili riconosciuti dall’art. 2 sono propri dell’uomo in quanto tale, con il loro riconoscimento si dà valore, correlativamente, alla dignità umana.

    Il concetto di dignità è presente espressamente nell’art. 3 Cost. che prevede che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ai sensi di questo articolo, dunque, la dignità viene riconosciuta a tutti i cittadini senza alcuna distinzione, in conformità del principio di non discriminazione.

    L’art 4 Cost. prevede il riconoscimento a tutti i cittadini del diritto al lavoro e la promozione, da parte dello Stato, delle “condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Sempre all’art. 4 il lavoro è previsto non solo come diritto ma anche dovere, collegato al fatto che l’attività lavorativa concorre al progresso materiale o spirituale della società. Sicché si può dire che si ritrova nella Costituzione una sorta di equivalenza tra vita dignitosa e possibilità di lavorare; in particolare il vivere dignitosamente, corrispondente ad una vita in cui l’essere umano può lavorare per il sostentamento suo e dei suoi familiari (si vedrà poi l’art. 36 Cost) e concorrere al progresso della società, prevale sul vivere e basta.

    La dignità è richiamata espressamente anche in altri punti della nostra Carta costituzionale.

    L’art. 32, nel prevedere la tutela della salute sia come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” – e si noti che il riferimento, nel caso dell’individuo, è al suo diritto fondamentale, mentre nel caso di collettività si parla di interesse – stabilisce che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e, comunque, che la legge impositiva di un determinato trattamento sanitario “non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, quindi della sua dignità.

    L’art. 36 Cost. stabilisce poi il diritto del lavoratore ad una retribuzione non solo proporzionata all’attività svolta ma in ogni caso “sufficiente ad assicurare a lui ed alla sua famiglia una vita libera e dignitosa” – di nuovo troviamo il concetto di dignità, connesso con la vita umana, che la Costituzione celebra in quanto sia dignitosa, e con il lavoro, su cui (art. 1 Cost.) la nostra Repubblica è fondata.

    L’41 Cost. indica inoltre il rispetto della dignità umana tra i limiti all’iniziativa economica privata.

    Riflettere sul valore della dignità umana – che, in certo qual modo, riassume tutti gli altri valori contenuti nella nostra Costituzione – è più che mai importante oggi, in un momento in cui l’aggressione a tale dignità appare senza precedenti.
    In particolare, dopo la previsione e l’utilizzo del Green Pass “base”, già di per sé strumento discriminatorio e censurabile in base ai valori costituzionali, è stato previsto il Green Pass rafforzato (o Super Green pass), certificazione che si ottiene solo da vaccinati o guariti da covid 19.

    Questa certificazione, inizialmente richiesta per diverse attività al chiuso, con il d.l. 229 del 30 dicembre 2021 è stata estesa a praticamente tutti gli ambiti della vita umana. A partire dai 12 anni di età, infatti, non si può praticare attività sportiva neanche all’aperto, prendere un bus o un treno, sedersi ad un tavolino di un bar o un ristorante, anche all’aperto. andare ad un museo o ad un teatro senza essere stati vaccinati ovvero essere guariti da covid 19.

    Come queste disposizioni cozzino con il concetto di dignità umana e di vita dignitosa (la cui tutela nei confronti dei bambini e ragazzi dovrebbe tra l’altro essere ulteriormente rafforzata) dovrebbe essere assolutamente palese a tutti.
    Ma c’è di più.

    Il d.l. 1 del 7 gennaio 2022 oltre ad avere esteso l’obbligo del Green pass base per servizi alla persona (come parrucchieri), banche, poste, uffici pubblici, attività commerciali eccetto quelle essenziali (alimentari, farmacie, ecc..) ha introdotto l’obbligo vaccinale (già in precedenza previsto per alcune specifiche categorie di lavoratori, ad esempio in ambito sanitario) per chi abbia compiuto 50 anni di età (o anche per chi li compia successivamente) fino al 15 giugno 2022 prevedendo inoltre la necessità di Green Pass Rafforzato (Super Green Pass) per l’accesso a tutti i luoghi di lavoro dal 15 febbraio 2022 sempre fino al 15 giugno 2022 (e questo obbligo è stato esteso anche all’accesso in Parlamento; e questa gravissima previsione meriterebbe un contributo scritto a parte).

    I lavoratori ultracinquantenni non in possesso di Super Green Pass rischiano dunque pesanti sanzioni pecuniarie ove vengano trovati sul posto di lavoro senza tale certificazione e, nel momento in cui non vi accedono per mancanza della certificazione stessa, sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione delle certificazioni, e comunque non oltre il 15 giugno 2022. Per i giorni di assenza ingiustificata, questi lavoratori non hanno diritto alla retribuzione né ad altro compenso o emolumento.

    Il tutto in aperta ed evidente violazione, solo per citare alcune delle norme costituzionali sopra ricordate, dell’art. 32 della Costituzione secondo cui una legge che prevede un trattamento sanitario obbligatorio non deve violare il rispetto della persona umana e dell’articolo 36 della Costituzione secondo cui i cittadini hanno diritto ad una retribuzione sufficiente per un’esistenza libera e dignitosa.

    Timidamente qualche Giudice pare rendersi conto della palese violazione dei principi costituzionali fondanti del nostro ordinamento e, in particolare, del principio relativo alla tutela, sempre e comunque, della dignità umana.

    Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Velletri ha, prima con provvedimento in fase cautelare nel novembre scorso e poi con successiva sentenza, riammesso al lavoro un’operatrice sanitaria sospesa in quanto non vaccinata “… considerata la rilevanza costituzionale dei diritti compromessi (dignità personale, dignità professionale, ruolo alimentare dello stipendio)”.

    Il TAR del Lazio in composizione monocratica, con tre decreti appena depositati, ha annullato la sospensione dello stipendio per tre dipendenti del Ministero della Giustizia, ritenendo la necessità di valutare (cosa che avverrà a breve in sede collegiale) la costituzionalità della norma.

    Nei decreti il TAR ha evidenziato che si prospettano “profili di illegittimità costituzionale della normativa concernente l’obbligo, per determinate categorie di personale in regime d’impiego di diritto pubblico, di certificazione vaccinale ai fini dell’ammissione allo svolgimento della prestazione lavorativa” e ha ritenuto in tutti i casi trattati “che, in relazione alla privazione della retribuzione e quindi alla fonte di sostegno delle esigenze fondamentali di vita, sussistono profili di pregiudizio grave e irreparabile, tali da non tollerare il differimento della misura cautelare sino all’esame collegiale”.

    Né si può dimenticare l’articolata ordinanza con cui il Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, giudice d’appello in materia amministrativa previsto dallo Statuto speciale della Regione Sicilia, nel caso di uno studente non vaccinato iscritto al terzo anno del corso di Laurea d’Infermieristica, ha disposto un’istruttoria, richiedendo a tal fine specifiche informazioni al Ministero della Sanità, per vagliare se le disposizioni inerenti l’obbligo vaccinale siano o meno conformi al dettato costituzionale.

    In una recente intervista, il Prof. Alessandro Mangia, professore ordinario di diritto costituzionale nella facoltà di giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano, evidenzia espressamente che “il green pass tocca il diritto alla retribuzione, la cui finalità – ci dice l’art. 36 Cost. – è quella di “garantire un’esistenza libera e dignitosa”. Il Prof. Mangia si chiede (e chiede all’intervistatore): “è libera e dignitosa la vita di chi si deve vaccinare per lavorare e arrivare a fine mese?”. La risposta è necessariamente NO. E, conclude il Prof. Mangia, è “Strano che nessuno se lo sia chiesto, e che nessuno si sia accorto che il limite espresso” ai trattamenti sanitari, quando resi obbligatori per legge ai sensi dell’art. 32 Cost., “è la dignità della persona”.

Nessun commento:

Posta un commento