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giovedì 2 aprile 2015

"Ricordo.. la Pasqua" di Franca Oberti



Il vero significato della Pasqua, quello che ci è stato tramandato dai testi sacri e insegnato a scuola fin da piccoli, è il mistero della Risurrezione di Gesù. Un mistero praticamente svelato, riflettendo sul momento dell'anno in cui cade questa festività.

Non a caso si tratta della primavera, stagione della rinascita e del rinnovamento, momento di purificazione e rigenerazione della natura, dei nostri corpi e dell'ascesa divina. Riti religiosi creati su altri riti definiti pagani, ma sempre provenienti da credenze religiose.
Gesù, grande purificatore, viene a sua volta purificato e rigenerato e si riunisce al Padre, lasciandoci un insegnamento che trascende i limiti della vita e della materia.

In Quaresima, noi bambini degli anni ’60, dovevamo fare i “fioretti”; si compilavano dei cartoncini con le buone azioni quotidiane. Si digiunava, ma non era mai il digiuno serio che imponeva la nostra religione, piuttosto erano piccole rinunce e il venerdì, al solito, niente carne.

Era importante “confessarsi almeno una volta a Pasqua”.

Frequentavo un istituto di suore e ricordo bene tutti i grandi preparativi dedicati alla confessione, alla via crucis, ai rosari del venerdì.

Oggi le distrazioni sono tante, il ritmo di vita che si conduce, spesso condiziona le scelte. La globalizzazione ci costringe ad avere contatti sempre più frequenti con nuove culture religiose, un tempo lontanissime da noi e dalla nostra realtà, offrendo spesso spunti per trasgredire a regole millenarie.

Quel tanto decantato digiuno non lo rispettiamo più, anche se, ad esserne ancora capaci, si potrebbe rievocare per alleggerire il corpo dalle tossine, unendo l’utile al sacro.
Eppure, anche in Quaresima, si fanno programmi per la preparazione del pranzo pasquale; si cerca la ricetta nuova, oppure quella della tradizione. E’ ancora un simbolo la carne d’agnello, anche se i tanti ambientalisti e vegetariani ora ci invitano a non ucciderne più. Ancora non siamo pronti per entrare in sintonia con la natura e nei frigo dei supermercati la carne d’agnello e di capretto è la più richiesta. E da ultimo l’uovo di cioccolato, il simbolo per eccellenza, molto caro ai bambini.

Nei riti odierni, dove si mescola il sacro col profano, il religioso col consumistico, i nostri bambini non riescono più a distinguere la sacralità della morte e resurrezione; questo insegnamento era ricevuto in famiglia e nella stessa società in cui si viveva, ma adesso non c’è più tempo da dedicare a questi momenti di riflessione. I bambini percepiscono poco di quello che significa realmente la Pasqua, e vedono solo la festa, si guardano intorno e notano le tante carte luminose e colorate, ripiene di uova al cioccolato, grande golosità per la maggior parte di loro. Aspettano con frenesia crescente il momento di sferrare il pugno che aprirà quel dolce scrigno per rivelare la sorpresa. Gli adulti propendono più per la tradizionale colomba e inizia così il saccheggio ai supermercati, l’accumulo di qualità diverse: con la crema, col cioccolato, ricoperte, con mandorle e canditi; l'impasto è molto simile al panettone, ma modellato per rappresentare il famoso emblema della pace. Nella Pasqua della mia infanzia, i bambini potevano permettersi al massimo un solo uovo; qualcuno rischiava di non avere neppure quello, ma c’era un movimento attivo, nelle parrocchie, e venivano regalate le uova di cioccolato ai bambini di famiglie indigenti, affinché ognuno potesse godere di un suo momento felice.

Eppure, mentre tutti i miei amici rompevano l'uovo, sotto gli occhi divertiti delle loro famiglie, a me toccava farne a meno.

Noi le vendevamo, le uova, e mio padre sosteneva che si doveva dare la disponibilità prima al cliente; si doveva aspettare che finisse il periodo pasquale e così dovevo rinunciare alla tradizione che più piaceva ai bambini. A volte si esauriva la scorta e per quell’anno dovevo rinunciare a romperne; talvolta, due giorni dopo, ne dovevo rompere una dozzina, che erano quelle avanzate dalla vendita. Per me l’incanto della Pasqua era già passato e il fascino del momento si era dissolto, ma mio padre mi convinceva che due giorni non facevano la differenza e mi stimolava a romperle; quei rottami, poi, venivano riciclati per altre preparazioni dolciarie, a me era consentito mangiarne alcuni pezzi. Venivo consolata da mia mamma che mi ricordava le sorprese che avrei trovato, ma la gioia di rompere l'uovo di cioccolato, nello stesso giorno della Pasqua, quella non l’ho mai provata.

Ricordo un anno, quando i miei bambini erano piccoli, fummo invitati da una zia che aveva vinto un uovo gigantesco alla lotteria. Era più grande di loro e si dovettero aiutare per romperlo. Conservo ancora le fotografie di quel momento, mi diverte rivedere gli occhi spalancati dei bambini quando si trovarono di fronte a quel monumento alla golosità, molto più alto di loro.

Ci fu un momento in cui, i miei figli mi fecero il dono inatteso che avrei voluto ricevere molti anni prima: un grande uovo di cioccolato in occasione di una Pasqua della loro adolescenza.

Forse stanchi di sentire i miei lamenti, quell’anno arrivò il dono inatteso.
Complice il padre, mi osservarono divertiti e videro la mia gioia di bambina aumentare, mentre lentamente scoprivo le rotondità di cioccolato. Che gioia nello sferrare un bel pugno all’uovo e cercare spasmodicamente la sorpresa al suo interno! Una Pasqua che mi è rimasta nel cuore.


E con questo quadretto famigliare auguro Buona Pasqua a tutti.

Franca Oberti

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