Il
vero significato della Pasqua, quello che ci è stato tramandato dai
testi sacri e insegnato a scuola fin da piccoli, è il mistero della
Risurrezione di Gesù. Un mistero praticamente svelato, riflettendo
sul momento dell'anno in cui cade questa festività.
Non
a caso si tratta della primavera, stagione della rinascita e del
rinnovamento, momento di purificazione e rigenerazione della natura,
dei nostri corpi e dell'ascesa divina. Riti religiosi creati su altri
riti definiti pagani, ma sempre provenienti da credenze religiose.
Gesù,
grande purificatore, viene a sua volta purificato e rigenerato e si
riunisce al Padre, lasciandoci un insegnamento che trascende i limiti
della vita e della materia.
In
Quaresima, noi bambini degli anni ’60, dovevamo fare i “fioretti”;
si compilavano dei cartoncini con le buone azioni quotidiane. Si
digiunava, ma non era mai il digiuno serio che imponeva la nostra
religione, piuttosto erano piccole rinunce e il venerdì, al solito,
niente carne.
Era
importante “confessarsi almeno una volta a Pasqua”.
Frequentavo
un istituto di suore e ricordo bene tutti i grandi preparativi
dedicati alla confessione, alla via crucis, ai rosari del venerdì.
Oggi
le distrazioni sono tante, il ritmo di vita che si conduce, spesso
condiziona le scelte. La globalizzazione ci costringe ad avere
contatti sempre più frequenti con nuove culture religiose, un tempo
lontanissime da noi e dalla nostra realtà, offrendo spesso spunti
per trasgredire a regole millenarie.
Quel
tanto decantato digiuno non lo rispettiamo più, anche se, ad esserne
ancora capaci, si potrebbe rievocare per alleggerire il corpo dalle
tossine, unendo l’utile al sacro.
Eppure,
anche in Quaresima, si fanno programmi per la preparazione del pranzo
pasquale; si cerca la ricetta nuova, oppure quella della tradizione.
E’ ancora un simbolo la carne d’agnello, anche se i tanti
ambientalisti e vegetariani ora ci invitano a non ucciderne più.
Ancora non siamo pronti per entrare in sintonia con la natura e nei
frigo dei supermercati la carne d’agnello e di capretto è la più
richiesta. E da ultimo l’uovo di cioccolato, il simbolo per
eccellenza, molto caro ai bambini.
Nei
riti odierni, dove si mescola il sacro col profano, il religioso col
consumistico, i nostri bambini non riescono più a distinguere la
sacralità della morte e resurrezione; questo insegnamento era
ricevuto in famiglia e nella stessa società in cui si viveva, ma
adesso non c’è più tempo da dedicare a questi momenti di
riflessione. I bambini percepiscono poco di quello che significa
realmente la Pasqua, e vedono solo la festa, si guardano intorno e
notano le tante carte luminose e colorate, ripiene di uova al
cioccolato, grande golosità per la maggior parte di loro. Aspettano
con frenesia crescente il momento di sferrare il pugno che aprirà
quel dolce scrigno per rivelare la sorpresa. Gli adulti propendono
più per la tradizionale colomba e inizia così il saccheggio ai
supermercati, l’accumulo di qualità diverse: con la crema, col
cioccolato, ricoperte, con mandorle e canditi; l'impasto è molto
simile al panettone, ma modellato per rappresentare il famoso emblema
della pace. Nella Pasqua della mia infanzia, i bambini potevano
permettersi al massimo un solo uovo; qualcuno rischiava di non avere
neppure quello, ma c’era un movimento attivo, nelle parrocchie, e
venivano regalate le uova di cioccolato ai bambini di famiglie
indigenti, affinché ognuno potesse godere di un suo momento felice.
Eppure,
mentre tutti i miei amici rompevano l'uovo, sotto gli occhi divertiti
delle loro famiglie, a me toccava farne a meno.
Noi
le vendevamo, le uova, e mio padre sosteneva che si doveva dare la
disponibilità prima al cliente; si doveva aspettare che finisse il
periodo pasquale e così dovevo rinunciare alla tradizione che più
piaceva ai bambini. A volte si esauriva la scorta e per quell’anno
dovevo rinunciare a romperne; talvolta, due giorni dopo, ne dovevo
rompere una dozzina, che erano quelle avanzate dalla vendita. Per me
l’incanto della Pasqua era già passato e il fascino del momento si
era dissolto, ma mio padre mi convinceva che due giorni non facevano
la differenza e mi stimolava a romperle; quei rottami, poi, venivano
riciclati per altre preparazioni dolciarie, a me era consentito
mangiarne alcuni pezzi. Venivo consolata da mia mamma che mi
ricordava le sorprese che avrei trovato, ma la gioia di rompere
l'uovo di cioccolato, nello stesso giorno della Pasqua, quella non
l’ho mai provata.
Ricordo
un anno, quando i miei bambini erano piccoli, fummo invitati da una
zia che aveva vinto un uovo gigantesco alla lotteria. Era più grande
di loro e si dovettero aiutare per romperlo. Conservo ancora le
fotografie di quel momento, mi diverte rivedere gli occhi spalancati
dei bambini quando si trovarono di fronte a quel monumento alla
golosità, molto più alto di loro.
Ci
fu un momento in cui, i miei figli mi fecero il dono inatteso che
avrei voluto ricevere molti anni prima: un grande uovo di cioccolato
in occasione di una Pasqua della loro adolescenza.
Forse
stanchi di sentire i miei lamenti, quell’anno arrivò il dono
inatteso.
Complice
il padre, mi osservarono divertiti e videro la mia gioia di bambina
aumentare, mentre lentamente scoprivo le rotondità di cioccolato.
Che gioia nello sferrare un bel pugno all’uovo e cercare
spasmodicamente la sorpresa al suo interno! Una Pasqua che mi è
rimasta nel cuore.
E
con questo quadretto famigliare auguro Buona Pasqua a tutti.
Franca Oberti
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