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mercoledì 7 gennaio 2015

Thomas Hobbes, il leviatano ed i mondi paralleli di Bernardino del Boca



Hobbes scrisse che la povera cella del frate Mersenne era molto di più di una università: si imparava a vivere con semplicità e calore umano, e si intravvedevano orizzonti amplissimi che delimitavano l’invisibile realtà del Continuo Infinito Presente.

Tornato in Inghilterra  scrisse alcuni libri, fra cui “Gli elementi della Legge, Naturale e Politica” (1640) che, pur circolando solo in copie manoscritte, lo rese inviso ai potenti, e perciò emigrò in Francia, da dove ritornò solo undici anni dopo, nel 1651. In Francia diede lezioni di matematica al principe Carlo in esilio e in questo periodo scrisse il Leviathan che, nel 1666, l’House of  Commons condannò, su istigazione del clero. E’ un libro brillante ed intelligente che illustra la coerente visione filosofica di Hobbes, che condanna lo Stato come un “grande mostro artificiale, fatto da individui che perpetuano, per ignoranza ed egoismo, gli errori umani, ignorando completamente i diritti umani degli individui”. Leviathan è la più importante opera sul pensiero politico, libera da  superstizioni e pregiudizi, ma troppo in anticipo sul tempo.

Hobbes, ispirato dall’energia Yisi, ha gettato le basi del pensiero anarchico e radicale del presente, ma l’umanità di oggi, che sta iniziando il suo periodo di sopravvivenza, ha ormai dimenticato questa figura di uomo in contatto con l”altra realtà”. Hobbes non critica l’individuo tenuto nell’ignoranza e nel bisogno, ma critica coloro che usano il potere per mantenere la Terra schiava della paura, dell’egoismo meschino e stupido e della guerra.

Il  freddo realismo pratico di Leviathan, il “mostro simile a nessun altro”, fece considerare Hobbes dalla Chiesa come il “padre degli atei”. L’hobbesianesimo fu incompreso. Siccome l’uomo è per natura nemico dell’uomo (homo homini lupus) la convivenza sulla Terra non comporta che due soluzioni: o l’anarchia (rovinosa perché l’uomo non è ancora in grado di praticarla) o la fondazione di uno Stato forte, assoluto, che reprime le intemperanze  dei singoli, stabilisce il limite dei singoli egoismi, e domina con mano ferrea su tutti. Tutte e due le soluzioni non piacevano ad Hobbes, e perciò auspicava che il primo compito dello Stato era di educare affinché il cittadino fosse libero di scegliere i governanti giusti e onesti.  Ma era il tempo degli intrighi e della più complessa corruzione. L’ignoranza dilagava ovunque e il buon senso era andato smarrito. Tempo non tanto dissimile da quello in cui si trova oggi l’umanità, dove predomina il più sfacciato potere politico e il più stupido materialismo.

Chi  viene dallo spazio parallelo e che vive in una realtà senza tempo, assiste con pazienza alla lenta presa di coscienza dell’uomo. Oggi il numero degli esseri meschini, egoisti e puerili è aumentato enormemente dal secolo scorso. (Bernardino del  Boca – Rivista Età dell’Acquario n. 49/1987 pag. 9-12)

Paola Botta Beltramo

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