Abito alla Casa Regionale SMA di Abobo Doume ormai da quattro anni. Bel posto, nella
periferia d’Abidjan, sulla collina che domina la laguna. Un giardino con palme da cocco, ventilato a
dovere dalla brezza marina, vista panoramica e poco chiasso : giusto le sirene dei battelli che salutano l’Africa quando prendono il largo. In faccia si vedono i grattacieli del Plateau, tutt’attorno l’acqua. Qui vengono i miei confratelli che lavorano nelle missioni dell’interno quando devono curarsi la malaria o passare qualche giorno di riposo. E tutto sarebbe perfetto … se non ci fosse, a venti metri dall'ingresso, il punto di raccolta immondizie del quartiere. Mattina e sera, colonne di ragazzine arrivano con i loro bidoni-pattumiera in testa e riversano mucchi di rifiuti in tre grandi cassonetti, che immancabilmente debordano di ogni marciume. Aggiungi il caldo, sempre sopra i 30 gradi, l’umidità al 90%, i topi di ogni dimensione che si rincorrono felici … e vi lascio immaginare l’odore pestilenziale che ne esce. Per fortuna ci pensa la brezza, che soffia quasi sempre in nostro favore, a allontanare il tanfo. Ma le mosche non ci fanno caso e si aggirano a nuvole nei dintorni.
Al mattino, quando celebro l’eucaristia, devo stare sempre in guardia: i grossi mosconi verdi hanno un gusto spiccato per il vino da messa e un’abilità straordinaria a ficcarsi nel calice quando meno te l’aspetti. Il camion del comune, quando funziona, passa per la raccolta dei rifiuti un paio di volte la settimana. Abbiamo provato a chiedere di spostare la discarica altrove, ma non c’è verso di ottenere una risposta favorevole. Se poi pensi che non esistono le fogne e ai bordi delle strade liquami di ogni sorta colano a cielo aperto per finire nella laguna sottostante, è un miracolo non prendersi subito il tifo o qualche epatite. Davvero c’è un angelo che ci protegge! Per il momento anche l’ebola sembra arrestata alla frontiera liberiana.
L’altro giorno, mentre apro il portone di casa, vedo qualcosa muoversi nel mucchio delle immondizie. Troppo grosso per essere un topo! Mi avvicino … ed ecco sbucare una testa, poi tutto il resto che esce dai rifiuti: un ragazzone sui trent’anni, mezzo vestito e avvolto da sacchi di plastica. Mi sorride. Parla correttamente il francese.
Mi accovaccio lì vicino (difficile sedersi nel lordume puzzolente!), scaccio come posso le mosche che mi assalgono e cominciamo a dialogare. Si chiama Pepéss. Da una settimana la discarica è diventata sua dimora. La gente lo conosce: abitava nel quartiere e frequentava il liceo. Poi un giorno, non si sa come, è partito di testa: si è messo a girare nudo per le strade, parlando con fantasmi che solo lui vede. Difficile da spiegare: qui la gente pensa subito alla stregoneria: qualche maleficio prodotto da un parente geloso o una punizione per aver trasgredito alle regole ancestrali. Intanto alcuni passanti mi vedono e si avvicinano,m restando a debita distanza. Mi dicono che Pepéss era il migliore della sua classe e che aveva ereditato una bella somma da uno zio. Altri parlano di droga e di alcool: si sarebbe bruciato il cervello in stravizi. Comunque ora è disteso nei rifiuti e dice di trovarsi proprio molto bene.
Io invece no. Ma come faccio a restare tranquillo con un giovane, malato mentale, abbandonato da tutti e che dorme nell’immondizia a pochi metri da casa mia. Ora poi che è Natale e tutt’intorno risuonano dolci musichette tradizionali. I miei cristiani hanno decorato la cappella con tanti nastri colorati per accogliere Gesù nella notte santa e mi chiedono dove fare il presepio…
Quest’anno il mio presepio è quel mucchio d’immondizie! Il povero Cristo che vi è disteso, non ha niente di poetico, anzi puzza di brutto ed è coperto di mosche. Ma è il Signore Gesù, in tutto il suo mistero di umanità debole e sofferente.
Gli ho portato da mangiare: volentieri ha accettato pane e sardine. Non sono invece riuscito a convincerlo di lavarsi : lui ride e si rovescia l’immondizia sulla testa. Gli ho trovato dei buoni abiti: ma preferisce i suoi sacchi di plastica. Ho contattato i suoi parenti: non vogliono saperne di riprenderselo in casa; hanno paura, credono che la malattia mentale sia contagiosa. Prossimamente cercherò di farlo ricoverare in un centro dove curano queste malattie, come da Grégoire à Bouaké.
Così stavolta la mia letterina di Natale è poco poetica e non ha nemmeno una bella finale. Non so come andrà la storia di Pepéss. Ci saranno dei pastori a fargli visita? Qualche Re Magio gli porterà un piccolo dono? Oppure un nuovo Erode lo farà scappare altrove...
Di una cosa però sono sicuro: i cassonetti dell’immondizia stavolta mi hanno regalato il presepe più vero dei miei 34 anni d’Africa.
p. Dario Dozio 04 BP 884Abidjan 04 COSTA D’AVORIO cell. (00.225) 07.42.54.69 e-mail: dario.dozio@gmail.com
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