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domenica 2 dicembre 2012

Spiritualità Laica - Essere incondizionato e "maschere" che velano il Sé



Madre, cosa posseggo io
Che possa chiamare mio?
Il mio corpo sei tu.
La mia mente sei tu.
La mia anima sei tu.
Perché dunque ti prendi gioco di me
Illudendomi che siamo separati?


Saul Arpino



Il Vedanta, letteralmente “dopo i Veda” è una scuola di pensiero laico
sull’Assoluto non duale, detto “Brahman” nelle Upanishad, i testi
filosofici vedantici (posteriori ai Veda).


Sulla datazione dei Veda e del Vedanta le opinioni degli studiosi,
storici e religiosi, divergono alquanto. La differenza di vedute è
soprattutto fra ricercatori occidentali e quelli indiani. Secondo gli
europei, proni al credo filo occidentale di una culla di civiltà
medio-orientale e mediterranea, i Veda sono posti attorno al primo
millennio a.C. e le Upanishad al periodo appena antecedente la nascita
del Buddha storico (VI secolo a.C.). Ovviamente per alcuni storici
indiani le date sono diverse e si allontanano moltissimo da quanto
affermato dagli storici europei. Ma analizziamo i concetti espressi e
lasciamo da parte le datazioni (irrilevanti ai fini della sostanza).
La peculiarità della filosofia Advaita Vedanta è che non si rifà ad
alcuna divinità. L'Assoluto non duale è tra l'essere ed il non essere.


Esso è il Sé (Atman), ovvero la Consapevolezza priva di attributi, che
è contenitore e contenuto di tutto ciò che si manifesta,
autoesistente, e contemporaneamente aldilà di ogni manifestazione e
pensiero.


Il Sé gode della sua stessa illusione di esistere come oggetto
separato e distinto da se stesso e -secondo il Vedanta- questa
commedia si rende possibile attraverso cinque maschere o “guaine” (in
sanscrito “kosha”) che nascondono il Sé al sé (l’Io assoluto all’io
relativo).


Esse sono: “annamaya”, “pranamaya”, “manomaya”, “vijnanamaya” e “anadamaya”.


Annamaya è la guaina composta dal cibo, il corpo fisico. I suoi
costituenti sono i cinque elementi nello stato grossolano, in vari
gradienti di mistura. Dello stesso materiale sono fatte le cose del
mondo oggettivo sperimentato.


Pranamaya è la guaina dell’energia vitale (nella Bibbia “soffio
vitale”) è quella che denota la qualità vitale, la sua espressione è
il respiro, in sanscrito “prana” e le sue cinque funzioni o “modi”:
“vyana” quello che va in tutte le direzioni, “udana” quello che sale
verso l’alto, “samana” quello che equipara ciò che è mangiato e
bevuto, “apana” quello che scende verso il basso, “prana” quello che
va in avanti (collettivamente vengono definiti con il termine
“prana”). Alla guaina del “prana” appartengono anche i cinque organi
di azione, ovvero: la parola, la presa, il procedere, l’escrezione e
la riproduzione.


Manomaya è la guaina della coscienza, o mente individuale, le sue
funzioni sono chiedere e dubitare. I suoi canali sono i cinque organi
di conoscenza: udito, vista, tatto, gusto ed olfatto.


Vijnanamaya è la guaina dell’auto-coscienza, o intelletto, cioè
l’agente ed il fruitore del risultato delle azioni. Questa maschera,
od involucro, è considerata l’anima empirica che migra da un corpo
fisico ad un altro (nella teoria della metempsicosi).


Anadamaya è la guaina della gioia, non la beatitudine originaria che è
del Brahman, essa è la pseudo beatitudine (sperimentata nel sonno
profondo) del cosiddetto “corpo causale”, la causa prima della
trasmigrazione, Un altro suo nome è “avidya” ovvero nescienza od
ignoranza del Sé.


Secondo lo studioso indiano T.M.P. Mahadevam è possibile riordinare
queste cinque maschere in tre “corpi”:
1 - “annamaya”, il corpo fisico grossolano;
2 - “suksma-sarira” il corpo sottile, l’insieme delle tre guaine di
prana mente ed intelletto (”pranamaya, “manomaya” e vijnanamaya”);
3 - “karana-sarira”, il corpo causale della guaina “anandamaya”.
E’ per mezzo di questi tre corpi che noi sperimentiamo il mondo
cosiddetto “esterno” nei tre stati di veglia, sonno e sonno profondo.
L’esperienza empirica si manifesta attraverso le cinque guaine,
proiettate o riflesse nel concetto di “spazio” e “tempo”, senza di
esse la coscienza relativa di un “mondo” non potrebbe sussistere.


Come diceva il filosofo M. Heidegger : "Com’è che l’esistenza umana si
è procurata un orologio prima che esistessero orologi da tasca o
solari?…Sono io stesso l’”ora” e il mio esserci il tempo? Oppure, in
fondo, è il tempo stesso che si procura in noi l’orologio? Agostino ha
spinto il problema fino a domandarsi se l’animo stesso sia il tempo.
E, qui, ha smesso di domandare...”


Paolo D'Arpini


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