Nell’estate 1982 il capo del governo israeliano Begin, ed il ministro della guerra, il lituano Scheinerman che si fa chiamare “Sharon”, decidono di invadere il Libano per assoggettarlo ed eliminare una volta per tutte i palestinesi come realtà umana e l’O.L.P. "Organizzazione per la Liberazione della Palestina" come entità politica.
Alla fine di agosto l’esercito israeliano circonda Beirut con l’intento di distruggere le forze palestinesi. Su richiesta dell’O.L.P. di Arafat, che accetta di trasferire il Quartier Generale a Tunisi previa garanzia e protezione di donne e bambini rimasti ormai indifesi nei campi profughi, arriva a Beirut un contingente militare statunitense, francese e italiano. Invece di proteggere i profughi palestinesi la forza multinazionale improvvisamente si ritira il 13 settembre. Ma il 14 settembre, il capo della “Falange”, Bashir Gemayel, che, sostenuto dai carri armati di Sharon e dalla “mediazione” statunitense, era stato appena eletto presidente del Libano, muore in un attentato ad opera di un cristiano libanese.
Il 15 settembre "Sharon" circonda i campi di Sabra e Chatila e vi fa entrare i mercenari della “Falange” che, assetati di vendetta per l’uccisione del capo, scaricano la loro furia sulle famiglie palestinesi.
Per trentasei ore i soldati dello “Stato ebraico” agevolano il massacro, illuminando di notte i campi con i bengala e impedendo alle ambulanze di avvicinarsi. Quando aprono i varchi, le donne, i bambini e i vecchi, torturati e uccisi sono più di 3000. Gli israeliani cercano di nascondere la strage interrando i cadaveri con i bulldozer.
"Una strage compiuta dai miliziani cristiani protetti dalle truppe israeliane agli ordini di Ariel Sharon", così il “Corriere della Sera” di quei giorni.
Giorgio Stern
Trieste. Non dimenticare le vittime. Condannare gli assassini – Scrive G.S.: “Sabra e Chatila, 15 settembre 2022, ore 19, via Ponziana 14 Trieste. 40 anni per non dimenticare”
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