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mercoledì 8 agosto 2012
Giancarlo Braccini Squeri: "Il crac Parmalat poteva essere scongiurato.."
Prestiti e intrallazzi nel libro di Braccini Squeri. In un volume i documenti che attestano i rapporti dei magistrati Panebianco, Brancaccio e Padula con il mondo bancario locale, strettamente legato a Parmalat.
Il crac Parmalat poteva essere scongiurato un decennio prima del default del 2003? Sì, se le inchieste non fossero state viziate da conflitti d’interesse di certi magistrati della Procura e del tribunale di Parma, legati alle banche locali e quindi al gruppo di Collecchio grazie a prestiti e agevolazioni finanziarie.
E’ quanto sostiene Giancarlo Braccini Squeri nella prima parte del libro “Crack Parmalat – corruzione giudiziaria”, una raccolta di documenti bancari e atti di procedimenti disciplinari provenienti soprattutto dal Consiglio superiore della magistratura. Reperiti in due anni di lavoro, sono ora disponibili in un volume.
Giancarlo Braccini, lo “007 parmigiano” molto noto negli anni Novanta, fu l’animatore del “Giornale di Parma”, il settimanale degli scandali chiuso all’inizio dello scorso decennio. Venne coinvolto in vicende giudiziarie per i suoi “scoop” aggressivi e finì in carcere per estorsione proprio su richiesta di uno dei magistrati attaccati nel suo libro, Francesco Brancaccio. Ora è tornato, gira la città con la sua valigetta di pelle piena di libri per piazzarli personalmente, in attesa di una proposta editoriale.
Tutto inizia il 2 dicembre 1993, spiega Braccini Squeri, quando quattro senatori del Pds (prima firmataria Giovanna Senesi) presentano un’interpellanza parlamentare per denunciare l’esposizione di Parmalat e il controllo del ceto bancario locale da parte di Calisto Tanzi. Nel mirino Cariparma e Banca Monte, grandi finanziatrici del gruppo di Collecchio nonostante il conflitto d’interessi dei rispettivi presidenti: Luciano Silingardi amico e commercialista di Tanzi, Franco Gorreri direttore finanziario di Parmalat spa.
Un riassunto dell’interrogazione finisce sulla scrivania dell’allora procuratore capo di Parma, Giovanni Panebianco, che l’affida al sostituto Francesco Saverio Brancaccio. Viene aperto un fascicolo sulle esposizioni del gruppo Parmalat, la procura chiede a Cariparma e a Banca Monte i documenti sui prestiti erogati e sugli sconfinamenti delle società del gruppo. Una perizia sullo stato debitorio affidata al ragionier Mario Valla evidenzia, il 4 aprile 1997, che “la situazione debitoria verso le banche sia di per sé eccessiva e caratterizzata da incrementi sproporzionati”. Parmalat è già in una spirale critica che va verso il fallimento. Il pm però non ravvisa elementi di reato e chiede l’archiviazione del procedimento, disposta dal gip Adriano Padula 27 giugno 1997.
E qui, spiega Braccini Squeri, entra in gioco quella che lui definisce “corruzione legalizzata”. Perché il pm Brancaccio, nel corso delle indagini e negli anni successivi, avrebbe ottenuto da Cariparma prestiti per circa 465 milioni di lire, tra cui un fido di 300 milioni rinnovato di anno in anno. Si chiudono senza condanne anche altre due inchieste per reati finanziari a carico di Tonna e Tanzi (assolti) e a carico di Franco Gorreri (indagine archiviata), trasferite alla procura di Parma rispettivamente da Firenze e da Milano. Il libro riporta anche documenti che attestano l’erogazione di un mutuo di 350 milioni di lire da Cariparma alla figlia di Panebianco e di un mutuo chirografo da 140mila euro da Banca Monte a Brancaccio.
Nel settembre 1997 viene ideata una convenzione riservata ai magistrati del tribunale di Parma (il libro pubblica la lista dei nominativi degli aderenti). In seguito a un’ispezione ministeriale presso la Procura di Parma nel 2005 vengono riscontrati debiti per oltre 12mila euro del giudice Padula con Parmatour, a cui il magistrato si era rivolto fin dal 2001 per effettuare numerosi soggiorni e anche per trasferimenti con autista privato (servizio “limousine”). Sottoposto a sanzione disciplinare del Csm nel 2006, Padula sarà trasferito d’ufficio, così come era stato disposto per Panebianco nel 2004, anche per i suoi rapporti con Silingardi.
Il libro si conclude citando una recente sentenza della Corte europea di Strasburgo del 24 novembre 2011, che condanna lo Stato al risarcimento dei danni in caso di dolo o colpa grave degli organi giudiziari nell’esercizio delle proprie funzioni. Visto il comportamento dei magistrati citati, si chiede Braccini Squeri, i risparmiatori truffati dal crac Parmalat potrebbero chiedere il risarcimento allo Stato italiano?
Andrea Cogo
(http://libri-parma.blogautore.repubblica.it
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