Collage di Vincenzo Toccaceli
L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) mette in guardia dal
drammatico aggravarsi della situazione in Tibet. Mai prima è successo
che in una sola settimana cinque persone si siano date fuoco per
protesta contro la politica cinese in Tibet. La comunità internazionale
deve finalmente prendere sul serio questa disperata richiesta d'aiuto
dei Tibetani e deve finalmente mettere sotto pressione la Cina affinché
cambi la sua politica. Il rischio altrimenti è quello di un'escalation
del conflitto in cui tutti - incluso il governo cinese - rischiano di
perdere.
Lunedì 13 agosto due Tibetani della regione di Ngaba nella provincia di
Sichuan si sono dati fuoco. Secondo i testimoni, le vittime sono un
monaco del monastero di Kirti e un giovane Tibetano. Presumibilmente
feriti gravemente, entrambi sono stati portati via dalle forze di
sicurezza cinesi e non si è più saputo nulla del loro stato di salute.
La settimana prima si era dato fuoco il monaco buddista Lobsang
Tsultrim, anch'egli del monastero di Kirti. La stessa forma di protesta
è stata usata lo scorso 7 agosto dalla Tibetana Dolkar Tso e tre giorni
dopo, il 10 agosto, dal 24enne Nomade Choepa, morto il giorno dopo a
causa delle gravi ustioni riportate.
Molti governi fanno tuttora finta di non vedere questa drammatica
richiesta di aiuto oppure addirittura accusano i Tibetani di utilizzare
questa forma di protesta per esercitare violenza. Qui però non si tratta
di dare il proprio giudizio sulla pratica di darsi fuoco, ricorda l'APM.
E' evidente che tutti noi ci auguriamo che nessuno scelga la morte
volontaria, ma il drammatico aumento dei suicidi in Tibet ci mostra
chiaramente quanto i Tibetani stessi considerino la propria situazione
senza ormai alcuna speranza, e la comunità internazionale ne deve
finalmente prendere atto.
Dal 2008 sono fortemente aumentate le persecuzioni nelle regioni a
maggioranza tibetana. La repressione cinese riesce a reprimere ogni
forma di protesta pubblica ma non riesce a evitare che molti Tibetani
scelgano il suicidio come ultima e disperata via di uscita.
Associazione per i popoli minacciati
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