Amicizia: Rama e Hanuman
“Julius ha 30 anni e sua moglie Fransisca 27. Sono nati in Nigeria e 7 anni fa sono arrivati in Libia dopo aver attraversato con mezzi di fortuna e a piedi il deserto del Sahara. Erano due delle decine di migliaia di emigranti nigeriani, eritrei, congolesi e di altri paesi africani giunti in Libia per lavorare…”
Laura Matteucci Pilone mi scrive: Cara Doriana, avrei voluto pubblicare sulla tua pagina questo appello, ma non so se gradisci, forse preferisci, se condividi, farlo tu … ”Poi la guerra in Libia e la deportazione forzata a Lampedusa da parte dei militari di Gheddafi. Ma per loro, al contrario di chi aveva il passaporto libico, non viene concesso lo stato di rifugiati. L’unica vera via che gli rimane è la clandestinità.Da oltre un anno e mezzo Julius e Fransisca vivono a Giaveno, in provincia di Torino.
Julius è perfettamente inserito in una compagnia teatrale, la “Fabula Rasa”, che porta sul palco a recitare tanti “diversamente dotati”, che grazie al teatro escono dal loro isolamento e vivono lampi di vita vera.I giovani sposi africani rischiano ora l’espulsione senza che venga presa in considerazione la loro particolare situazione, nata da una politica internazionale più grande di loro. Non hanno scelto, loro non hanno mai scelto niente della loro vita, e anche ora rischiano di subire un rimpatrio forzato.Per questo chiediamo al sindaco Daniela Ruffino di concedere a Julius e Fransisca la cittadinanza onoraria di Giaveno. Questo atto, sebbene non garantisca di per sè il permesso di soggiorno alla coppia, sarà un atto simbolico di grande valore, un riconoscimento della loro storia e delle loro sofferenza.Giaveno è un paese che da sempre ha accolto immigrati, italiani e non. Un paese che oggi è composto per oltre il 50% da persone giunte da tutte le parti del mondo. Anche per questa sua grande capacità di accogliere tutti, Giaveno può diventare il primo dei comuni italiani a potersi fregiare del titolo di “Paese Ospitale”.
Intanto nei giorni scorsi, dalla Libia era partita un’ altra carretta, questa volta a bordo c’ era SAMIA YUSSUF OMAR , che aveva solo 21 anni e sperava di arrivare in Italia, in questo Paese tanto ospitale…E stavolta non era per partecipare ai Giochi.
“Samia Yusuf Omar (Somalia, 25 marzo 1991 – Mar Mediterraneo, 18 agosto 2012) è stata un’atleta somala, specializzata nella velocità.Nel maggio del 2008 ha gareggiato nei 100 m piani ai Campionati africani di atletica leggera 2008, concludendo in ultima posizione la sua batteria.Ha partecipato poi alle Olimpiadi di Pechino 2008, nella gara dei 200 m, ottenendo il record personale di 32″16, ultimo tempo di tutte le batterie, venendo però comunque incoraggiata e applaudita dal pubblico presente allo stadio.Il 18 agosto 2012 è morta in mare a soli 21 anni, su un barcone di migranti con cui era partita dalla Libia sperando di arrivare in Italia.
Alle Olimpiadi di Pechino nel 2008 era arrivata ultima nella gara dei 200 metri: nessuno se n’era accorto, né le telecamere avevano indugiato su quella ragazza esile che arrivava al traguardo molti secondi dopo le altre. Ma per lei era già un successo. A Londra 2012 però non ci è mai arrivata: il suo sogno è naufragato nel Mediterraneo, dove è morta a bordo di una carretta del mare partita dalla Libia mentre tentava di raggiungere l’Italia. A raccontare la triste storia di Saamiya Yusuf Omar è la scrittrice italo-somala Igiaba Scego sul blog Pubblico, che a sua volta cita Abdi Bile, una gloria dell’atletica somala, medaglia d’oro – l’unica nella storia del martoriato Paese africano – nei 1500 metri ai mondiali di Roma del 1987. “Sapete che fine ha fatto Saamiya Yusuf Omar?”, chiede Abdi Bile a una “platea riunita per ascoltare i membri del comitato olimpico nazionale”. Nessuno risponde.
L’ex atleta si commuove e prosegue: “La ragazza… Saamiya è morta… morta per raggiungere l’Occidente. Aveva preso una caretta del mare che dalla Libia l’avrebbe dovuta portare in Italia. Non ce l’ha fatta. Era un’atleta bravissima. Una splendida ragazza”. Non è chiaro quando la ragazza sia morta. Sono pochissime, anche in rete, le tracce di Saamiya, tra cui il video su youtube della sua performance cinese, e un servizio di al Jazeera che nel maggio 2011 raccontava il suo viaggio in Etiopia e la sua battaglia per trovare un allenatore in grado di condurla a Londra. “Siamo felici per Mo, è il nostro orgoglio”, ha poi aggiunto Abdi Bile riferendosi a Mo Farah, il giovane atleta nato in Somalia ma diventato britannico che ai Giochi di Londra ha dominato nei 5000 e nei 10.000. “Ma – ha concluso – non dimentichiamo Saamiya”.
Tornando alla storia di Julius e Fransisca l’ amica Laura mi scriveva nel suo messaggio alla fine: Il mio amico, poeta e insegnante di italiano agli stranieri, Lino Di Gianni, ha dedicato loro questa poesia: L’eternità, e un giorno. Dalla finestra socchiusa dall’unico ondeggio di tenda nel sole incerto inchiodato all’inferriata due persone si guardano annuiscono temendo di partire tornare schiacciati in una parete che li schiaccia contro un’altra parete sorridono, senza il coraggio di dire perché sono fermi su una corda con una gamba sollevata un soffio di vento li può spingere su una tempesta soffocare nel deserto o in mezzo al mare Hanno imparato una nuova lingua, per farsi giocolieri di parole Hanno imparato a sputar fuoco ad appendersi a un trapezio con sotto le prigioni della Libia. Un metro per metro la cella di lui e lei gli portava l’acqua Se leggi questo, se ci pensi prova a misurare da quanto dura la loro paura. L’eternità e un giorno. Grazie della tua attenzione, un abbraccio laura”
Dunque GRAZIE per la vostra attenzione se avete avuto la pazienza di leggere tutto e firmare per loro che sono ancora VIVI: http://www.change.org/it/petizioni/cittadinanza-onoraria-a-julius-e-fransisca. Come sempre, spero nel passa parola e in un Paese Ospitale anche se alle volte sembra mettercela tutta per non esserlo e scorda quanto abbiamo viaggiato, chi eravamo e chi potremmo tornare ad essere perchè come scrive Dante, un italiano… «Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.»
Che il Mediterraneo sia
Che il Mediterraneo sia e non una bara ma vita. Restiamo Umani
Doriana Goracci
Nessun commento:
Posta un commento