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domenica 27 maggio 2012
Note poetiche dal diario di Silvano Agosti
Ho davvero pianto, in silenzio e non poche volte, di fronte a questo oceano di mediocrità e di passionalità convulsa che aleggia ogni domenica in ogni bar e nei grandi spazi affollati vicini allo stadio nel quale avvengono le partite di calcio.
Qua e là sussurrano o urlano “viva la Roma”,”viva la Juventus” per non accorgersi mai più che nel frattempo gli è stata rubata l’intera vita.
Nelle tribune, intanto, l’insieme della classe padronale i privilegiati, i ricchi, godono la partita identificandosi con i calciatori che continuano a prendere a calci il pallone con forsennata perizia mentre in basso, nelle curve, sud o nord che siano, si agitano i tifosi della disperazione identificandosi col pallone avendo anch’essi un percorso di vita pieno di calci ricevuti nel misero destino di lavoratori precari.
Così servi e padroni si incontrano in analoghe urla di approvazione o di sconcerto. Così il tifo calcistico congiunge gli sfruttati con gli sfruttatori in un’unìca, paradossale orgia di emotività.
Da questa breve descrizione si può dedurre l’estrema impor-tanza che il calcio assume per rendere accettabile un mondo che accettabile non è.
Poi, per tutta la settimana, non si parla d’altro e gli assidui frequentatori del Bar Family, vicino al cinema esplorano ogni minimo istante della partita, poi delle partite poi del campionato, poi dei mondiali di calcio e così all’infinito. Mi sono chiesto come sia possibile che in trent’anni, cioè da quando ho aperto il cinema a Roma, queste persone non abbiano mai cambiato argomento e ogni giorno della loro vita si siano occupati di questo o quel giocatore, di rigori sbagliati, di partite vendute e mai ma proprio mai neppure un istante del loro infelice destino.
Poi ho avuto un’illuminazione o più semplicemente mi sono reso conto che tutti i tifosi hanno un infinito bisogno di incontrarsi, di fare amicizia, di affetto, di tenerezza di solidarietà, perfino di po-tersi dare improvvisi abbracci o delle gran pacche sulla schiena.
Attenzione però. Abbracciarsi per simpatia o perchè si vuole offrire tenerezza e celebrare l’amicizia è quindi escluso come evento, mentre abbracciarsi anche tra uomini perché il giocatore della propria squadra ha fatto una rete è pratica ormai divenuta frequente e legittima.
Ecco perché di fronte a questi desolati incontri in nome della tifoseria posso piangere il tipo di lacrime che stranamente mi scendono anche ogni volta che rivedo il discorso finale di Charlie Chaplin nel film “Il grande dittatore”
“SU QUESTO PIANETA C’E’ POSTO PER TUTTI, LA NATURA E’ RICCA E’ SUFFICIENTE PER TUTTI NOI LA VITA PUO’ ESSERE FELICE E MAGNIFICA MA NOI LO ABBIAMO DIMENTICATO. ABBIAMO I MEZZI PER SPAZIARE MA CI SIAMO CHIUSI IN NOI STESSI, LA MACCHINA DELL’ABBONDANZA CI HA DATO POVERTA’, LA SCIENZA CI HA TRASFORMATO IN CINICI, L’AVIDITA’ CI HA RESI DURI E CATTIVI, PENSIAMO TROPPO E SENTIAMO POCO, PIU’ CHE MACCHINARI CI SERVE UMANITA’, PIU’ CHE ABILITA’ CI SERVONO BONTA’ E GENTILEZZA. SENZA QUESTE QUALITA’ LA VITA E’ SOLO VIOLENZA E TUTTO E’ PERDUTO.
NON CEDETE A DEI BRUTI, UOMINI CHE VI DISPREZZANO E VI SFRUTTANO CHE VI DICONO COME VIVERE, COSA FARE, COSA DIRE, COSA PENSARE CHE VI CONDIZIONANO E VI TRATTANO COME BESTIE.
NON VI FIDATE DI QUESTA GENTE SENZA UN’ANIMA, VOI NON SIETE BESTIE SIETE UOMINI COMBATTIAMO PER UN MONDO NUOVO CHE DIA A TUTTI RISPETTO, AI GIOVANI UN FUTURO, AI VECCHI LA SICUREZZA.
PROMETTENDOVI QUESTE COSE DEI BRUTI SONO ANDATI AL POTERE, MENTIVANO NON HANNO MAI MANTENUTO QUELLE PROMESSE E MAI LO FARANNO.
(il discorso si trova facilmente su youtube scrivendo IL GRANDE DITTATORE discorso finale di Charlie Chaplin.)
Mi consolo dal pianto immaginando un maxischermo gigantesco
Al centro di ogni piazza e la proiezione di questo messaggio, la sera subito dopo il tramonto.
Il sintomo più strano infatti è che con l’aumentare della crisi c’è una crescita di intensità del boato e delle urla che provengono dagli stadi quando l’una o l’altra squadra violano la rete avversaria.
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LA GRANDE MENZOGNA DELLA “CRISI”.
Negli anni settanta ovunque e costantemente si parlava di un magnifico argomento che era divenuto quasi uno slogan “Nel duemiladieci finalmente le macchine avranno sostituito in tutto il mondo i lavoratori e l’Essere Umano sarà liberato dall’obbligo di lavorare. L’automazione segnerà il trionfo dell’uomo sulla fatica.
Lavoratori di tutto il mondo, sparite e siate ciò per cui la natura vi ha fatti ovvero ESSERI UMANI”
Oggi siamo nel 2012 ma nessun giornale, nessun servo intellettuale, nessun presunto saggio osa parlare di “automazio-ne” e LA GRANDE LIBERAZIONE giace nascosta e silenziosa sepolta sotto la parola CRISI.
Gli apparati ufficiali non solo non ne parlano, ma promettono di “procurare nuovi posti di lavoro” e mai menzogna più immensa fu impiegata per tenere a bada circa tre miliardi di ex lavoratori ormai sostituiti dalle produzioni automatizzate.
Ma quale lavoro e per produrre cosa? Altre 24 marche di dentifricio o altre 32 marche di detersivo?
Non è forse più consigliabile produrre un nuovo modo di vivere e abbandonare la cruda esistenza a favore della vita?
Prevedere ad esempio di lavorare tutti due o tre ore al giorno e impiegare il resto del tempo a imparare a vivere, ovvero a gestire la propria libertà, quindi la propria creatività?
Si pensi che con un quinto delle spese militari si potrebbe regalare una casa e due pranzi caldi al giorno a tutti gli abitanti della terra ovvero a sette miliardi di esseri umani.
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Breve riflessione poetica
Messaggio a me stesso.
“Ammiro, amico mio, il tuo destino
e questo tuo giocare con gli uomini
d’oggi come se fossero vivi.”
Silvano Agosti
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