Oggi ricorre l’anniversario del Mahasamadhi (l’uscita cosciente dal corpo) di Paramhansa Yogananda, che lasciò il corpo il 7 marzo del 1952, al Biltmore Hotel di Los Angeles, durante un evento in onore dell’ambasciatore indiano negli Stati Uniti. La sua "morte" fu eccezionale. Egli conosceva in anticipo il giorno e le circostanze della sua morte. Dopo il suo trapasso, successe un miracolo sorprendente per il mondo occidentale: il suo corpo rimase per settimane in un perfetto stato di incorruttibilità.
«… il 7 marzo 1952, il Maestro scese per uscire. Quella sera avrebbe dovuto partecipare a un banchetto al Biltmore Hotel, in onore dell’ambasciatore indiano. […] «Mi aspetta una grande giornata. Auguratemi buona fortuna».
[…] Anni prima il Maestro aveva detto: «Quando lascerò questa Terra, voglio andarmene parlando della mia America e della mia India». […] Una volta, durante una conferenza, aveva affermato: «Un attacco cardiaco è il modo più facile di morire. È così che scelgo di farlo». Quella sera, tutte queste predizioni si sarebbero rivelate esatte.
[…] Il Maestro doveva parlare dopo il banchetto. Il suo breve discorso fu dolce, quasi tenero, tanto che tutti i presenti, penso, si sentirono avvolti nella leggerissima coltre del suo amore. Infine, lesse la sua bellissima poesia intitolata “La mia India”. Il Maestro giunse infine agli ultimi versi della poesia: «In questa terra ove il Gange, i boschi, le grotte himalayane e gli uomini, non fanno che sognare Dio. Io son santificato; il corpo mio ha toccato quel suolo!».
[…] Anni prima il Maestro aveva detto: «Quando lascerò questa Terra, voglio andarmene parlando della mia America e della mia India». […] Una volta, durante una conferenza, aveva affermato: «Un attacco cardiaco è il modo più facile di morire. È così che scelgo di farlo». Quella sera, tutte queste predizioni si sarebbero rivelate esatte.
[…] Il Maestro doveva parlare dopo il banchetto. Il suo breve discorso fu dolce, quasi tenero, tanto che tutti i presenti, penso, si sentirono avvolti nella leggerissima coltre del suo amore. Infine, lesse la sua bellissima poesia intitolata “La mia India”. Il Maestro giunse infine agli ultimi versi della poesia: «In questa terra ove il Gange, i boschi, le grotte himalayane e gli uomini, non fanno che sognare Dio. Io son santificato; il corpo mio ha toccato quel suolo!».
«Suolo» divenne un lungo sospiro strascicato. All’improvviso, da ogni parte della sala si levarono alte grida. «Il Maestro è svenuto». Oh, no, Maestro! Tu non saresti svenuto. Ci hai lasciati. Ci hai lasciati! gridò silenziosamente il drammaturgo dimenticato dentro di me. Questo è un modo troppo perfetto per andartene, perché possa significare qualcos’altro! Mi affrettai verso il luogo dove giaceva il Maestro. Sul suo viso aleggiava un’espressione beata. Il corpo del Maestro fu portato a Mount Washington e deposto amorevolmente sul suo letto. Uno alla volta entrammo piangendo e ci inginocchiammo al suo capezzale. […] Faye rimase sola con il corpo del Maestro. ... Nella morte, come nella vita, egli stava dicendo alla sua amata discepola, e per suo tramite a tutti noi: «Vi amerò sempre, attraverso infiniti cicli di tempo, incondizionatamente, senza alcun desiderio se non la vostra felicità, per sempre, in Dio!».
Swami Kryananda
Oggi è il momento giusto per riguardare il film-capolavoro sulla vita del Maestro:
"AWAKE. Il sentiero della felicità"
"AWAKE. Il sentiero della felicità"
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