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giovedì 13 febbraio 2020

Le pecore di Mirko




Ogni anno con regolare puntualità, appena comincia l’inverno, ritornano le pecore in pianura. Intorno casa mia ci sono molti terreni incolti adatti per il pascolo e soprattutto c’è un clima mite. La transumanza dura alcuni mesi prima che le pecore ritornino negli stazzi di montagna. Un giorno, di alcuni anni fa, un pastore bussò alla mia porta e mi chiese una bottiglia d’acqua e mentre le pecore brucavano nei campi scambiammo quattro chiacchiere.
Era un giovane molto timido di nome Mirko che proveniva dall’ ex Jugoslavia. Nonostante fosse giunto in Italia solo da pochi anni parlava discretamente l’italiano. Quel pomeriggio mi raccontò brevemente la sua storia e di come era giunto in Italia a seguito della guerra che gli aveva decimato la famiglia. Dopo un viaggio avventuroso raggiunse l’Abruzzo dove viveva un suo lontano parente che faceva il pastore.
Non avendo esperienza di pastorizia, perché in patria faceva lo studente, dovette imparare in fretta il mestiere. Durante una delle chiacchierate, quando seppe che ero vegetariano, mi confidò che rimase molto turbato quando vide per la prima volta sgozzare un agnellino. La cosa l’aveva rattristato nonostante lui avesse vissuto la tragedia della guerra.
Durante i giorni successivi Mirko si fermava spesso davanti casa e mi osservava lungamente in silenzio mentre scolpivo la pietra. Ad una certa ora mi salutava ed emetteva un forte fischio per richiamare l’attenzione del gregge. Ma a radunarlo e proseguire il cammino ci pensavano i mitici pastori abruzzesi, una razza di cani enormi e candidi come la neve.


Nei giorni successivi giorni l’odore del letame era molto forte e qualcuno dei passanti storceva il naso per la presenza delle pecore. Con l’arrivo del mese di Maggio giungeva il momento per Mirko e le sue pecore di ritornare sulla Maiella. Ormai la primavera era esplosa con le sue straordinarie fioriture, i suoi colori e suoi profumi inebrianti e la temperatura in montagna si era fatta più mite. Prima di ripartire mi ringraziò e mi disse: “Se verrai a trovarmi ti indicherò dove puoi trovare un letame fertilissimo”.
In quegli anni avevo iniziato a coltivare un grande orto e l’idea di arricchire l’humus del terreno non mi dispiacque. Così verso la metà di Giugno, una domenica mattina andai a trovare Mirko. Ci andai con un furgone “armato” di pala e di piccone e quando mi vide fu contento che ero andato a trovarlo. Mi portò subito in uno stazzo di pecore dove c’era uno strato di circa 20 centimetri di letame, duro, maturo e inodore.
Quel giorno riempii una quindicina di sacchi, un vero e proprio tesoro nero, una letizia per madre terra. La giornata trascorse raccogliendo lo spinacio selvatico, conosciuto anche con il nome di Buon Enrico, e alcuni funghi prataioli. Il panorama sui pianori della Maiella era stupendo e non era raro incontrare cavalli in libertà e mandrie di ovini che segnalavano la presenza con il suono del campanaccio appeso al loro collo.
Lungo la strada del ritorno incontrai tanti escursionisti e amanti della natura e raccolsi anche un po’ di equiseto, una pianta ricchissima di silicio. Qualche giorno dopo misi a bagno una modesta quantità di letame per concimare le piante dell’orto e con un macerato di ortica e di equiseto le piante crebbero senza ammalarsi.
La soddisfazione fu tanta quando raccolsi prima le zucchine, poi i peperoni e le melanzane e infine i pomodori dal generoso orto che mi ripagò di tanta attenzione, cura e fatica. Ma il piacere più bello non era ancora giunto ed arrivò quando mi recavo a casa degli amici e regalavo i prodotti del mio orto.
Un bel canestro di freschi ortaggi, profumati e belli.
Un pomodoro arrivò a pesare 850 grammi! Un risultato davvero prodigioso conseguito anche grazie ai fertilizzanti naturali e al letame delle pecore di Mirko, il pastore venuto dai Balcani.

Michele Meomartino


1 commento:

  1. Un racconto che fa sognare, ma la decisione di abbandonare la città è dura da prendere, dopo anni e anni di "agi e pigrizia".

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