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mercoledì 26 febbraio 2020

IL PESCE: LA SVENTURA DI NON POTER URLARE


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Chi fu il primo bipede/uomo che considerò lecito varcare la soglia delle acque, profanare la purezza dei mari e predare i suoi abitanti? A quale mostruosa indifferenza dovette far ricorso per estrarre dal loro mondo le sue creature, portarle nell’emisfero dell’aria e condannarle alla più atroce . agonia e alla morte? A quale insensibilità dovette attingere per considerare gli oceani una dispensa dove attingere senza remore, senza limitazioni, senza pudore e senza pietà come fossero sassi inanimati?

            La morte del pesce, in qualunque modo avvenga per opera dell’uomo, è un fatto detestabile, crudele, brutale. Si preferisce pensare  che il pesce non soffra dal momento ché non può emettere urla laceranti e disperate come gli animali terricoli quando vengono violentati e uccisi dall’egoismo umano. Ma se noi umani potessimo udire il loro grido di dolore quando vengono estratti dal loro mondo naturale, quando vengono dilaniati dagli arpioni o dalle fiocine, quando vengono bolliti, arrostiti, eviscerati ancora vivi, un uragano di terrore coprirebbe la faccia della terra e nessuno più avrebbe il coraggio di uccidere o mangiare le creature del mare. E non basterà  il consenso dei falsi e bugiardi nutrizionisti televisivi a giustificare davanti alla Vita l’uccisione di miliardi di creature innocenti.

“Vivi e lascia vivere”, questa è la legge dell’amore che ci distingue dagli animali predatori, che sono costretti ad uccidere per esistere. Lasciate stare il mare, rispettate questo grande e meraviglioso specchio di cristallo, questo mondo affascinante e misterioso. Non violentate le sue creature, non macchiate di sangue l’azzurro del mare. Che forse i pesci vengono nelle nostre case a prendere noi e i nostri figli per mangiarci?

            Il pesce, i molluschi, i crostacei non sono cose inanimate, oggetti senz’anima, frutti, patate o sassi senza vita: sono esseri come noi di forma diversa, come noi capaci di sofferenza, di paura, di angoscia. Il dolore è ciò che accomuna tutti i viventi ed è palese quando il pesce si dimena e si contorce nello spasimo cercando inutilmente di ritornare nel suo mondo.

Gli animali acquatici non sono entità meno sensibili e meno intelligenti degli animali terricoli. Sono dotati di sistema nervoso e accusano come noi il dolore e la paura. L’intelligenza del delfino supera di gran lunga quella del cane.

Il pesce è dotato di percezioni sofisticatissime. L’agilità e la velocità con cui si muove nel suo ambiente naturale ha qualcosa di prodigioso. La sua bellezza policroma e multiforme, la perfezione dei suoi occhi in grado di percepire chiaramente in acqua, la complessità delle branchie e dei suoi sensori ricettivi, la squisita geometria delle sue squame, la gamma pressoché sconfinata dei suoi colori sgargianti, vengono per sempre annientati con la morte dell’animale per soddisfare un falso e degradante piacere gastronomico.

Quale armonia fisica, energetica e spirituale, quale miracolo biologico (risultato di miliardi di anni di evoluzione) viene per sempre annientata con l’ingiusta cattura del pesce?

Io spero ardentemente che tutti coloro che pescano, vendono o cucinano il pesce, si aprano alla sensibilità e all’intelligenza dell’uomo civile, evoluto, responsabile, compassionevole, imparino a valorizzare, apprezzare e rispettare gli abitanti degli oceani. Da questo verrà la nuova coscienza umana in grado di porre le basi per un mondo finalmente migliore.

.Franco Libero Manco

Franco Libero Manco

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