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venerdì 15 giugno 2012

Iniziato il Rio+20 in Brasile - Azioni deboli per fermare l'inquinamneto globale



A SUD informa: Qui si seguito il link all'Editoriale di Giuseppe De Marzo su L'Unità del 14 giugno 2012, che apre la corrispondenza da Rio+20. Per tutta la durata del Vertice, seguite le giornate di lavori sulle pagine de L'Unità e de Il Manifesto.

Per interviste e contatti in Brasile: +55 (21) 80453077 Rio+20, summit sul clima ma poco ambizioso È iniziata ieri a Rio de Janeiro la conferenza mondiale delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile Rio+20. Sono passati 20 anni dalla prima conferenza sulla Terra che segnò un forte avanzamento nella consapevolezza della relazione tra sviluppo economico, sociale e protezione dell’ambiente. Tre i principi che vennero adottati da 108 capi di Stato e 172 delegazioni governative: la responsabilità comune ma differenziata; il principio di precauzione; il diritto all’informazione ed alla partecipazione. I documenti approvati furono: la dichiarazione di Rio, quella sulle Foreste e l’Agenda 21. Firmate le convenzioni sui Cambiamenti Climatici, la diversità biologica e la desertificazione. Creata infine la Commissione delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile.

VENT'ANNI E UN GIORNO
A distanza di venti anni dagli obiettivi e dagli impegni presi a Rio, la differenza tra il discorso e la realtà dei fatti è enorme. Gli indicatori che misurano la perdita di biodiversità, gli sconvolgimenti climatici, la distruzione delle foreste, le morti per inquinamento, mostrano come lo sviluppo sostenibile sia stato sino ad ora retorica più che sostanza. Nonostante nell’ambito delle Nazioni Unite i paesi si siano pronunciati per lo sviluppo sostenibile, in realtà la nozione di “sostenibilità” è stata completamente cancellata dalle priorità dei governi, così come quella di “sviluppo sociale” approvata a Copenaghen nel 1995. I paesi cosiddetti sviluppati si sono concentrati in queste due decadi sulla crescita economica, lasciando in secondo piano la distribuzione della ricchezza e la distruzione dell’ambiente. I paesi in via

IL PUNTO CRITICO
In ballo al vertice di Rio+20 c’è la nostra sopravvivenza, messa in discussione dalla più grave crisi planetaria che l’umanità ricordi La sfida sarà su come costruire un modello che tenga insieme giustizia e sostenibilità, dove per giustizia intendiamo quella ambientale e sociale, attraverso cui “democratizzazione” lo sviluppo. Ma quello che minaccia l’ennesimo e per certi versi inevitabile fallimento della conferenza è la natura della governance. Il modello liberista è convinta che sia il mercato il luogo in cui risolvere la crisi ecologica. A Rio multinazionali, governi dei paesi più industrializzati e istituzioni finanziarie scommetteranno tutto sul potere taumaturgico di una green economy indefinita per rilanciare la crescita.

Il modello di sviluppo liberista ed i soggetti che lo incarnano, rifiutano qualsiasi dibattito sul fatto che una transizione socio ecologica debba essere guidata da chiari obiettivi fisici. A parte le buone intenzioni, nei documenti preparatori manca infatti qualsiasi procedura vincolante per garantire la transizione ad un modello più giusto e sostenibile. Vorremmo ricordare, come sostiene Martinez Alier, presidente della società internazionale di economisti ecologici, che i livelli dell’economia sono tre: finanziario, produttivo e “reale”. Il primo consente una crescita esponenziale slegata dall’economia materiale. Ne stiamo infatti paga

(Fonte: www.peacelink.it)

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