“LA DANSE DU SOLEIL”
Geneva Camerata
David Greilsammer Direttore
Juan Kruz Díaz de Garaio Esnaola Coreografo e ballerino solista
Centro Cultural de Belem - Auditorium Grande
Lisbona, 22 febbraio 2019
Jean-Baptiste Lully - Le Bourgeois Gentilhomme - Suite
Wolfgang A. Mozart - Sinfonia n.40 in sol minore, K550
IL SUONO IN MOVIMENTO
Fanno il loro ingresso in gruppi, i trenta musicisti, disponendosi sul palco come a far quattro chiacchiere tra loro. Nessuna sedia canonicamente disposta come in ogni orchestra: suoneranno - a memoria - in piedi e muovendosi coreograficamente, ad eccezione di violoncelli contrabbassi e percussioni.
Con silenzioso preciso sincronismo i gruppi sparsi si aggregano poi, e dispiegano i seducenti ritmi della Suite di Lully: violini viole flauti clarinetti trombe fagotti oboi suonano percorrendo il palco con movimento coreografato, destra-sinistra, sinistra-destra; Greilsammer li dirige procedendo con loro sulla stessa linea, fronte al pubblico. Finchè l’irrompere del ballerino solista frantuma l’unità del gruppo e impone di qui in poi un’interazione costante tra coreografia e strumenti, fra danza giocosa, energica, elegante e rigore esecutivo dei musicisti.
Ed è musica sfavillante, quella di Jean Baptiste Lully per le danze della comédie-ballet Le Bourgeois Gentilhomme di Molière. Superlativa scintilla scoccata dal fecondo toccarsi di due opposti: il musicista-ballerino, fedele interprete del programma celebrativo del potere, arbiter assoluto della musica alla corte di Luigi XIV, e il grande drammaturgo-attore che nel Bourgeois Gentilhomme satireggia impietoso lo stolido ambiente cortigiano. Les deux grandes Baptiste, li chiamarono.
E il ritmo trascinante della Suite brilla nella prorompente contemporaneità del ballerino solista: ogni distanza si dissolve in quella corporea espressività, il tempo di Lully diviene il nostro e quel palco può essere ugualmente l’ultramoderno Auditorium de Belem o il Teatro del regale Castello di Chambord.
Viaggio ipnotico dunque, che si fa quasi onirico nella seconda parte, nel colore introspettivo della mozartiana Sinfonia K550, voce divina di un genio sofferente e sua estrema eredità artistica. L’ “inquieta serenità” dell’apertura si diffonde dai musicisti disposti in platea in ordine sparso, risale quindi lentamente il palco dove vibra la nodosa fisicità del ballerino; gli svolgimenti armonici della partitura sono “tuffi negli abissi dell’anima” che la danza accarezza e asseconda riflettendone l’ombra e la luce, illuminandone l’”apollinea meraviglia”, la purissima bellezza di vaso greco.
E si fa audacia interpretativa questa coreografia che spinge i musicisti in piedi sulle sedie, li distende a terra col gesto energico e perentorio del danzatore (e suoneranno distesi, i trenta incredibili portenti…). Abbandoneranno anche le scarpe, restando scalzi fino alla fine.
Musica e danza tracciano insieme architetture e corrispondenze, e l’urgenza espressiva diviene in musica gioco di contrappunti, nella danza passione trattenuta di commovente bellezza: la fusione è completa e incontra il suo acme nel corpo seminudo del danzatore, quasi scarnificato ligneo Cristo morente, issato in alto dai musicisti in un caravaggesco possente chiaroscuro finale.
Non sorprende che il pubblico, ripresosi dal rapimento, applauda in piedi con entusiasmo e lungamente. L’unicità fascinosa dello spettacolo e l’eccellenza dell’esecuzione fanno dire a ragione che “La Danse du Soleil rivisita e ridefinisce completamente l’esperienza del concerto nel secolo XXI”.
E se mai abbiamo pensato alla difficoltà del suonar camminando (magari nell’osservare formazioni bandistiche a spasso nei paesi o in parata) è per non aver ancora visto i musicisti di Geneva Camerata, il loro suonare superbamente muovendosi nello spazio scenico, il loro tracciarvi geometrie e arabescare coreografie, in piedi su sedie o perfino distesi, né un grande direttore dirigere cavalcioni sulle spalle di un ballerino…
Sara Di Giuseppe - letteraturamagazi ne.org
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