Grazie ad una conferenza a cui ho assistito nel 2003 sulla Nuova Medicina Germanica si è accesa dentro di me la voglia di capire e approfondire quanto di vero poteva esserci su una diagnostica nel campo neurologico assegnatami all’età di 8 anni.
A seguito di determinate sintomatologie mi è stata diagnosticata una patologia genetica ereditaria, cosiddetto Morbo di Friedreich, che mi avrebbe portato con l’età dello sviluppo ad una paralisi totale.
Nessun familiare vicino o lontano ha mai avuto tale malattia.
Ho vissuto la mia adolescenza con questa spada di Damocle che mi ha causato sofferenze fisiche e psichiche ma, nonostante tutto, ho cercato di reagire e di non rassegnarmi a questa situazione.
All’età di 23 anni, poiché la paralisi non si era verificata, la diagnostica fu rivista per evidente errore. Camminavo e non ero quindi paralizzata come previsto dalla prima diagnostica.
La successiva diagnosi confermò una malattia genetica ereditaria, ascrivibile però al cosiddetto morbo di Charcot Marie Tooth, meno invasivo del primo, Anche questo però mi avrebbe costretto, con il passare degli anni e, soprattutto verso i quaranta, all’utilizzo della sedia a rotelle.
Ho poco più di 50 anni e tutto ciò che era stato predetto non si è verificato. Svolgo, con l’aiuto di mio marito, una vita discretamente normale.
Sento il dovere di affermare che le due diagnostiche non hanno mai considerato il forte trauma psico-biologico che ho subito a pochi mesi di vita.
All’età di quattro mesi ingoiai, dormendo, una spilla d’oro che mi rimase, aperta, impuntata nella gola per 40 giorni. Ho vissuto quel periodo completamente separata dai miei genitori – i medici pensarono che si trattasse di una malattia endemica – e il forte conflitto di separazione e abbandono subito, rilevabile anche dalla verifica della Tac cerebrale, e le conseguenze psico-biologiche non furono dai medici considerati.
La medicina ufficiale dopo 40 giorni di sofferenza –stavo per lasciare il corpo fisico –, riscontrò ed asportò la spilla salvandomi la vita ma eludendo le cause psico-biologiche che ho subito per quel terribile trauma.
I miei anni successivi sono stati difficili e ancor più dopo la prima diagnostica che ha causato forte sofferenza e preoccupazione a tutti i miei familiari.
Ringrazio me stessa per essere riuscita a superare e lottare con coraggio fino ad oggi contro ciò che era stato segnato sul mio percorso di vita.
Ritengo che sia importante comprendere come a volte le diagnostiche possano influire sulla vita delle persone così profondamente da spegnere quasi totalmente la Luce che illumina il cammino di ognuno.
Grazie. Con gioia. Rina
(Ricevuto da Paola Botta Beltramo)
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e il successivo mio commento
Ricordo anche questa testimonianza qui pubblicata