Caro Paolo, pochi giorni prima del 25 aprile di 77 anni fa, precisamente il giorno 9 aprile, pochi minuti prima delle ore 12, a Bari, stavamo a Scuola.
Caro Paolo, pochi giorni prima del 25 aprile di 77 anni fa, precisamente il giorno 9 aprile, pochi minuti prima delle ore 12, a Bari, stavamo a Scuola.
Venerdì scorso, per strada, in centro, durante la pausa meridiana noto un giovane che tiene per i capelli un uomo visibilmente più anziano e lo colpisce più volte; intorno sette-otto persone adulte: due con lo smartphone riprendono la scena. Mi inserisco e li divido. Il giovane urla qualcosa e si allontana nei vicoli; l’anziano raccoglie gli occhiali e mi ringrazia. Gli chiedo come sta. Bene, poteva andare peggio – dice – comunque bene, e dopo un poco si allontana. Anche le persone che facevano corona si allontanano, ma ai due con lo smartphone faccio in tempo a dire che se hanno ripreso anche me non pubblichino la mia immagine.
Dei giornalisti palestinesi sono stati interrogati e imprigionati da Israele per aver documentato proteste, funerali e altri eventi politici, inducendo molti di loro all’autocensura.
Questo articolo è stato pubblicato in collaborazione con Local Call e The Intercept.
Durante la violenta escalation della primavera del 2021 in Israele-Palestina Hazem Nasser ha fatto ciò che gli era stato richiesto: ha iniziato a riprendere. A quel tempo Nasser lavorava come giornalista per la rete televisiva palestinese Falastin Al-Ghad [Palestina Domani, ndtr.], in cui i filmati di Nasser documentavano le crescenti tensioni tra le marce nazionaliste ebraiche, le manifestazioni palestinesi e la brutalità della polizia israeliana a Gerusalemme.
Il 10 maggio Nasser ha deciso di riprendere uno scontro tra manifestanti palestinesi e l’esercito israeliano nella Cisgiordania settentrionale occupata. La giornata è rimasta impressa nella memoria di Nasser, non per lo scontro in sé, né per gli attacchi militari iniziati più tardi quella sera tra Hamas e Israele, ma per quello che gli è successo in seguito.
Nasser stava tornando a casa quando è stato fermato dai soldati israeliani al checkpoint di Huwara [a sud di Nablus, ndtr.] e portato via per essere interrogato. Nasser ha languito in carcere per più di un mese mentre lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interna israeliano, lo interrogava ripetutamente.
“Tutte le domande riguardavano il mio lavoro di giornalista“, ha riferito Nasser. “Mettevano sul tavolo le immagini delle mie riprese video, tra cui il funerale di un palestinese, la gente che si radunava per una protesta, una piazza che inneggiava a uno shaheed (martire), una manifestazione con le bandiere di Hamas. Chi mi interrogava mi diceva che non potevo fotografare quelle cose, perché costituivano delle istigazioni alla violenza. Gli rispondevo che sono un giornalista e questo è il mio lavoro: mostrare immagini di cose che accadono e che le testate israeliane fanno la stessa cosa. Lui mi urlava di tacere“.
Yuval Abraham