Si è svolto la mattina di mercoledì 30 marzo 2016 a Viterbo presso
il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un
incontro di riflessione sul referendum del 17 aprile 2016.
I termini della questione
E'
stata analizzata la questione delle gravi conseguenze delle
trivellazioni in mare nei pressi delle coste italiane, è stata
ricostruita la riflessione e l'esperienza dei movimenti che con
ottime ragioni si oppongono alle trivellazioni (i movimenti noti
come "no triv"), così come le solide motivazioni
anche istituzionali dell'impegno referendario delle nove Regioni
italiane il cui territorio e la cui popolazione sono più
direttamente danneggiati dall'attività trivellatrice, ed è stata
ricostruita altresì la vicenda dei quesiti referendari, dei quali
solo uno giunge al voto, quello che recita "Volete voi che sia
abrogato l'art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, come sostituito dal
comma 239 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208,
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (Legge di Stabilità 2016), limitatamente alle seguenti
parole: 'per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto
degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale'?".
E'
stato esaminato altresì il contesto in cui la vicenda si situa
ed in particolare come la lobby
che trae profitti dall'attività in questione svolga una propaganda
scandalosamente menzognera per indurre i cittadini a rinunciare
a difendere beni comuni fondamentali, e come il governo - dapprima
con la decisione di separare la data del referendum da quella per le
elezioni amministrative, e successivamente con dichiarazioni
propagandistiche flagrantemente fraudolente di personalità
prominenti dell'esecutivo e della maggioranza che lo sostiene - stia
tenendo mano al tentativo di invalidare il referendum invitando la
popolazione a non recarsi alle urne così da cercar di impedire che
si pronunci il 50 per cento più uno degli aventi diritto (la soglia
minima di partecipazione affinché il referendum abbia valore
cogente).
Sono
stati infine esaminati gli esiti possibili e prevedibili del
referendum, sia nel caso che non si raggiunga il quorum
(che lascerebbe nelle mani dei potenti ogni decisione ulteriore in
materia di trivellazioni e non solo), sia nel caso della vittoria del
"sì" (alla vittoria del "no" non credono neppure
i lobbisti della devastazione ambientale che effettualmente puntano a
promuovere l'astensione).
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Una conclusione: "Dieci ragioni più una"
Concludendo
l'incontro, il responsabile della struttura nonviolenta viterbese,
Peppe Sini, ha riassunto in "dieci ragioni più una" i
motivi per cui occorre votare sì al referendum del 17 aprile ed
impegnarsi ora affinché il maggior numero possibile di cittadini sia
adeguatamente informato sull'oggetto del contendere e sulla posta in
gioco.
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La prima ragione
La
prima ragione è quasi ovvia: con il referendum si chiede che le
concessioni a trivellare in mare nei pressi delle coste italiane in
cerca di combustibili fossili non abbiano di fatto una durata
pressoché illimitata, ma limiti certi e insormontabili, come ogni
legittimo negozio giuridico.
Votare
sì a regole certe e limiti rigorosi è quindi un atto di
puro e semplice buon senso.
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La seconda ragione
La
seconda ragione è che l'unico quesito referendario su cui si vota
(gli altri proposti - e proposti non solo da movimenti di cittadini,
ma da istituzioni dello stato italiano come le Regioni che si
affacciano su ambienti marini devastati dagli impianti di
trivellazione) assume obiettivamente un significato più ampio: esso
ha infatti il valore di difesa dell'ecosistema marino, delle coste
italiane, dei legittimi interessi e dei diritti soggettivi delle
popolazioni (e delle istituzioni di esse rappresentative) che nelle
aree immediatamente interessate dalle conseguenze delle trivellazioni
vivono e lavorano.
Votare
sì per difendere legittimi diritti e interessi collettivi di
primaria rilevanza è un dovere ineludibile di impegno per la
legalità, per la civiltà giuridica, per il bene comune della
popolazione (e delle istituzioni democratiche) del nostro paese.
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La terza ragione
La
terza ragione è che il referendum pone in termini stringenti un caso
concreto di difesa dell'ambiente, e quindi del diritto degli esseri
umani a un ambiente vivibile, non inquinato, non devastato.
Votare
sì per proteggere la natura, il mondo vivente che è la casa
comune dell'umanità, è un diritto e un dovere di tutte le persone
ragionevoli e responsabili.
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La quarta ragione
La
quarta ragione è che il referendum pone quindi anche - per il
medesimo motivo - un caso concreto di difesa della salute, ovvero del
diritto di tutti gli esseri umani a vivere in un ambiente salubre,
ergo
non inquinato e non devastato; giacché il benessere psicofisico
delle persone è ovviamente correlato all'ambiente in cui vivono.
Votare
sì significa quindi difendere il diritto di tutti alla salute e al
benessere.
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La quinta ragione
La
quinta ragione è che su ciò che tutti riguarda - le questioni
concernenti l'ambiente, la salute, la civile convivenza, la sicurezza
comune - è giusto e necessario che tutti possano e
debbano esprimersi; e che se devono essere prese delle decisioni
importanti e impegnative, esse siano prese da tutti insieme: è
la democrazia come metodo e come sistema, è la democrazia come
potere del popolo. Chi invita a non votare, ad astenersi, in
realtà vuole che decisioni che riguardano tutti siano prese
solo da pochi avidi potentati economici e politici a danno della
stragrande maggioranza della popolazione.
Votare al
referendum è quindi un atto di democrazia e di difesa della
democrazia.
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La sesta ragione
La
sesta ragione è che le trivellazioni sono finalizzate ad estrarre
fonti energetiche fossili. Ma l'umanità ormai sa che le fonti
energetiche fossili non solo sono perlopiù altamente inquinanti ma
anche esauribili, e sa anche che tanta parte della crisi ambientale
globale che minaccia l'intera umanità è legata a un'economia
fondata sulle fonti fossili; e sa quindi che è necessario
ed urgente passare a fonti pulite e rinnovabili, in
primis l'energia solare.
Votare sì al referendum è un modo concreto per
sostenere il passaggio da un modello di approvvigionamento energetico
- e da un modello di sviluppo - ecologicamente insostenibile a
uno sostenibile, da una società dell'avvelenamento e della
devastazione della biosfera ad una società solidale e
responsabile.
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La settima ragione
La
settima ragione è che la scelta referendaria implica anche una
scelta su quale modello di economia debba presiedere al presente e al
futuro dell'umanità: se si debba perseverare in un'economia
predatoria, dello sfruttamento fino all'esaurimento delle risorse,
dell'avvelenamento del mondo vivente fino alla desertificazione,
della violenza dell'uomo sull'uomo per l'accaparramento di beni che
dovrebbero essere e restare comuni, del primato
dell'arricchimento individuale ai danni della vita, della dignità e
dei diritti della generalità degli esseri umani viventi, o se invece
si debba finalmente uscire da questa preistoria e sviluppare la
civiltà umana nella direzione di una economia (etimologicamente: le
regole condivise della casa comune) - ovvero ecologia
(etimologicamente: la conoscenza condivisa della casa comune) - della
solidarietà, della responsabilità, dell'eguaglianza di diritti,
della condivisione dei doveri, della cura reciproca, del rispetto per
il mondo vivente, del bene comune.
Votare
sì al referendum significa impegnarsi per far cessare l'economia
della rapina, della sopraffazione e della devastazione, e per
costruire insieme l'economia della condivisione, del rispetto, della
responsabilità.
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L'ottava ragione
L'ottava
ragione è la difesa dei diritti delle generazioni future: poiché
decederemo noi se lasciare loro un mondo vivibile o irreversibilmente
devastato; giacché le generazioni future ancora non esistono, non
hanno potere di voto: cosicché ogni volta che si vota per decisioni
pubbliche di interesse collettivo dobbiamo saperci porre anche dal
punto di vista dei loro diritti e dei loro interessi: dobbiamo essere
noi oggi a rappresentare e salvaguardare i diritti e gli
interessi degli esseri umani che verranno. E ponendoci la domanda di
come difendere i diritti dell'umanità futura noi in realtà ci
poniamo anche la domanda su come essere fedeli all'umanità passata:
poiché se noi lasceremo un mondo vivibile all'umanità futura allora
un'umanità futura vi sarà, e l'esistenza delle generazioni passate
avrà ancora un senso e un valore nell'impresa comune dell'umanità;
ma se noi distruggiamo oggi il mondo vivente così da mettere a
rischio non solo il benessere ma la vita stessa dell'umanità futura,
allora con la fine dell'umanità futura sarà annichilita per sempre
tutta la storia, tutta la memoria, tutta la civiltà umana dalle sue
origini.
Votare
sì al referendum significa agire nell'interesse delle generazioni
future, e quindi nell'interesse dell'umanità intera: siamo una sola
famiglia umana, ogni persona si senta quindi responsabile
per l'umanità intera ed agisca di conseguenza.
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La nona ragione
La
nona ragione è che ogni essere umano in quanto capace di pensare ha
il dovere di dire la verità. Coloro che stanno cercando di indurre
la popolazione a non partecipare al referendum mentono sapendo di
mentire, e con la loro menzogna offendono e umiliano
l'intelligenza e quindi la dignità delle persone a cui si
rivolgono, delle persone che vogliono ingannare per meglio
sottometterle ai loro voleri. Ci indigna un governo che mente alla
popolazione. Dire la verità è la condotta indispensabile per la
civile convivenza.
Votiamo
sì al referendum anche per questo: per affermare il diritto alla
verità, per opporci a chi ci mente e pretende ingannarci, ed
ingannandoci vuole aggredire e diminuire la nostra umana dignità.
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La decima ragione
La
decima ragione è relativa a quel criterio epistemologico noto come
principio di precauzione, che afferma che anche se non si avesse
certezza che un'attività provocherà dei danni, è sufficiente il
dubbio che essa possa provocarli per opporvisi. Noi sappiamo che le
trivellazioni marine producono gravi danni; noi sappiamo che
l'utilizzo delle fonti fossili produce gravi danni; noi sappiamo che
il modello di sviluppo fondato sul profitto privato a detrimento del
bene comune dell'umanità e della biosfera produce gravi danni; noi
sappiamo che questa logica predatrice, questo sistema di potere
sfruttatore e devastatore, sono la stessa e lo stesso che
presiedono alle guerre (e non solo a quelle per il petrolio),
all'ecocidio (fino al disastro ambientale globale che ormai tutti i
governi sono costretti a riconoscere), alla riduzione alla fame e
alla schiavitù di tanta parte dell'umanità: ed a questa logica e a
questo sistema dobbiamo e vogliamo opporci in difesa
dell'umanità e del mondo vivente. Ma anche se non sapessimo tutto
ciò, ed avessimo solo il fondato dubbio che queste attività
estrattive, questo modello di sviluppo, questa logica di dominio e
questo sistema di sopraffazione possano essere - come in effetti sono
- dannosi per l'umanità, ebbene, basterebbe questo ragionevole
dubbio a persuaderci all'impegno per contrastare queste attività,
questo modello, questa logica e questo sistema in nome del principio
di precauzione che convoca ogni essere umano a fare e permettere solo
quello che non danneggia gli esseri umani.
Votiamo
sì al referendum anche per questo: per il principio di precauzione,
per esercitare la virtù della prudenza, per l'amore e il
rispetto che dobbiamo all'umanità e al mondo, per il principio
responsabilità.
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L'undicesima ragione
L'undicesima
ragione è che le trivellazioni deturpano e distruggono la bellezza
dei nostri mari e delle nostre coste. Ed anche la bellezza è un bene
comune e tanta parte della felicità accessibile agli esseri umani.
Difendere la bellezza significa difendere il mondo e la civiltà
umana - in questo senso "la bellezza salverà il mondo".
Votiamo
sì al referendum anche per difendere la bellezza e quindi
l'esistenza del mondo vivente e dell'umanità in esso.
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Ergo
Votiamo
sì al referendum del 17 aprile in difesa del vero, del bello,
del bene.
Votiamo
sì al referendum del 17 aprile perché vi è una sola umanità in
unico mondo vivente casa comune dell'umanità intera.
Votiamo
sì al referendum del 17 aprile per far prevalere il bene comune con
la forza della verità, con la forza della ragione, con la forza
della democrazia.
Il "Centro di ricerca per la pace e i
diritti umani" di Viterbo
Peppe Sini, Viterbo, 30
marzo 2016