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martedì 21 novembre 2017

La propagazione della lingua inglese distrugge la nostra cultura


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Noi Italiani, fedeli ‘sciuscià’ degli Statunitensi, abbiamo subito il lavaggio del cervello, siamo fissati con l’inglese, stiamo massacrando la nostra lingua con assurdi termini inglesi allorché le parole in italiano esistono e sono di grande chiarezza e riteniamo che si possa comunicare con il Mondo solo in questa lingua. Non è vero! Si può comunicare in francese con quasi tutti i Paesi del Mondo, in spagnolo con tutta l’America Latina e aldilà, si può anche comunicare in italiano con molti Paesi tra cui quelli del Bacino Mediterraneo e dell’America Latina. 

L’italiano è anche una lingua molto diffusa in tutta Europa. Me lo lasci dire poiché, per ragioni di lavoro, ho girato l’Europa e il Mondo e ho potuto sperimentare, di persona, le conoscenze linguistiche e l’attitudine dei cittadini verso le diverse lingue. In quest’ambito ritengo di dover mettere in evidenza e sottolineare il fatto che, ovunque, ho sempre incontrato una grande apertura nei confronti dell’italiano. Non credo di esagerare affermando che l’italiano è la lingua più amata del Mondo. Ma, gli Italiani lo ignorano e vanno in giro per l’Europa e per il Mondo utilizzando esclusivamente l’inglese, la qual cosa costituisce un crimine culturale nei confronti della civiltà greco-latina, la nostra civiltà, aggredita dai faccendieri di livello mondiale a causa dei suoi valori incompatibili con il predominio dell’economia e della finanza che sta distruggendo il modello sociale europeo e i diritti fondamentali dei cittadini. 

L’unico punto debole dell’italiano sono gli Italiani che non oserebbero mai iniziare una conversazione con altri cittadini del Mondo in italiano, invece dovrebbero farlo, tenuto conto della grande apertura di livello mondiale nei confronti della nostra bellissima lingua, e passare ad un’altra lingua solo a richiesta dell’interlocutore.

C’è anche da mettere in evidenza l’importanza della qualità della comunicazione che non è assicurata dall’inglese, in particolare, per coloro che dispongono di una “forma mentis” e di un linguaggio strutturato dal diritto romano e dalla civiltà greco-latina. Certo, si può comunicare facilmente in inglese per una conversazione spicciola, da turista, ma quando si passa a questioni di fondo all’espressione del pensiero, alla concezione, alla regolamentazione di tematiche fondamentali d’interesse comune, l’inglese non dispone neanche delle parole corrispondenti e necessarie per esprimere idee, dispositivi e concetti derivanti dalla forma di pensiero conferitaci dalla nostra civiltà. 

Peraltro, noi siamo in Europa e dovremmo preoccuparci, in priorità, di questo nostro contesto istituzionale e culturale, nell’ambito del quale il francese, il tedesco, lo spagnolo e l’italiano sono lingue largamente diffuse e dispongono delle prerogative per assicurare la “qualità” alla nostra “comunicazione”. L’inglese è, in effetti, l’ultima delle grandi lingue di cultura dell’Europa che dovrebbe essere utilizzata per la redazione dei testi regolamentari e legislativi prodotti dalle istituzioni europee perché non dispone dei termini appropriati per permetterne un’agevole trasferimento nei sistemi legislativi degli Stati Membri che si fondano sul diritto romano e sui codici napoleonici, sottoponendo giuristi e amministratori della cosa pubblica ad incredibili compromessi ed arzigogoli.

Anna Maria Campogrande

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Documento storico collegato: 

Giornata Europea delle Lingue
Roma, 26 Settembre 2012
Messaggio di Anna Maria Campogrande
in occasione della celebrazione presso la Biblioteca Rispoli
e presso la Biblioteca Nazionale

Siamo oggi qui riuniti per celebrare la Giornata Europea delle Lingue, un’invenzione tipica dei nostri tempi in cui i poteri dominanti, con consumato cininismo, dichiarano « urbi et orbi » esattamente il contrario di quello che fanno o che intendono fare. Le lingue, infatti, si celebrano proprio perché sono in grave pericolo, minacciate di estinzione dalle strategie di vari attori della globalizzazione che hanno come obiettivo la lingua unica, e dalla disattenzione di molti dirigenti che non sembrano misurarne le conseguenze. Lontano dall’essere un bene, la lingua unica sbocca necessariamente nel pensiero unico, il quale, non può che spazzar via tutte le civiltà della Terra per sottomettere l’intera popolazione ai diktat delle élites dell’economia e della finanza, delle società multinazionali, dei petrolieri e dei fabbricanti d’armi. Siamo, in realtà, nel cuore di un conflitto di nuovo genere, un conflitto che non si avvale di bombe e carri armati perché oggetto del contendere non è il territorio ma la distruzione dell’anima dei popoli, delle diverse identità, della cultura, delle lingue e del pensiero che le anima.

Avvertiamo che non ci lasceremo scoraggiare dalle strategie dei poteri forti, dalla cecità e dalla vigliaccheria della classe politica, dal collaborazionismo dei nostri governanti, dal silenzio stampa. Noi continueremo a batterci per la difesa e la promozione dell’italiano, in sede europea, per la salvaguardia della civiltà greco-latina, della diversità linguistica e cuturale dell’Unione Europea, della nostra « forma mentis », della nostra identità. Nel mondo del pensiero una sconfitta non è mai definitiva perché le idee non muoiono mai ma sempre risorgono, al momento oportuno, più vitali che mai.

Il Manifesto per la difesa e la promozione della ligua italiana che Athena ha elaborato in collaborazione con altre associazioni e con il sindacato europeo « Action et Défense » è stato lanciato nel Maggio scorso a Torino, al margine della Fiera del Libro e diffuso, via posta elettronica, non solo all’insieme delle agenzie e organi di stampa sul territorio italiano ma anche a tutti I membri del Parlamento Europeo, al Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, al Vice-Presidente Antonio Tajani e ai Commissari responsabili della questione linguistica, al Presidente del Consiglio di Ministri dell’Unione Europea Herman van Rompuy, al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti,  e ai Ministri in carica, a numerose associazioni di difesa delle lingue europee alcune delle quali lo hanno pubblicato nei loro bollettini e riviste. Il fatto che, in Italia, se ne sia parlato poco o niente è un fatto inquietante e mostra, a chiare lettere, che gli Italiani vivono in un sistema bloccato. Un sistema in cui non esiste un vero dibattito pubblico, una compagine democratica, un’informazione di massa che accordi, effettivamente, a tutti I cittadini il  diritto alla parola per quel che concerne il funzionamento dello Stato e della «Res publica ».

       La nostra battaglia non può, tuttavia, fermarsi per questo, né limitarsi alla
sola difesa dell’italiano.  Di fronte alla globalizzazione che tutto uniforma e
tutto appiattisce, la sfida nella quale ci troviamo coinvolti è quella di
ancorare l’Europa comunitaria alla  civiltà umanistica, creativa e colta che le
ha dato I natali, rispettare e valorizzare la diversità culturale tra I Paesi
europei e  instaurare un effettivo plurilinguismo dei cittadini e delle istittuzioni,
scelta indissociabile dal processo di integrazione in corso, per un’Europa
durevole.
 
Per L’Europa, il plurilinguismo non è un’opzione, è un dovere, è un obbligo, senza l’ottemperanza del quale il processo di integrazione non si realizzerà: saremo Europei e plurilingui o l’Europa, quella vera, quella della cittadinanza europea, non  si farà.


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