Noi Italiani, fedeli ‘sciuscià’ degli Statunitensi, abbiamo subito il lavaggio del cervello, siamo fissati con l’inglese, stiamo massacrando la nostra lingua con assurdi termini inglesi allorché le parole in italiano esistono e sono di grande chiarezza e riteniamo che si possa comunicare con il Mondo solo in questa lingua. Non è vero! Si può comunicare in francese con quasi tutti i Paesi del Mondo, in spagnolo con tutta l’America Latina e aldilà, si può anche comunicare in italiano con molti Paesi tra cui quelli del Bacino Mediterraneo e dell’America Latina.
L’italiano è anche una lingua molto diffusa in tutta Europa. Me lo lasci dire poiché, per ragioni di lavoro, ho girato l’Europa e il Mondo e ho potuto sperimentare, di persona, le conoscenze linguistiche e l’attitudine dei cittadini verso le diverse lingue. In quest’ambito ritengo di dover mettere in evidenza e sottolineare il fatto che, ovunque, ho sempre incontrato una grande apertura nei confronti dell’italiano. Non credo di esagerare affermando che l’italiano è la lingua più amata del Mondo. Ma, gli Italiani lo ignorano e vanno in giro per l’Europa e per il Mondo utilizzando esclusivamente l’inglese, la qual cosa costituisce un crimine culturale nei confronti della civiltà greco-latina, la nostra civiltà, aggredita dai faccendieri di livello mondiale a causa dei suoi valori incompatibili con il predominio dell’economia e della finanza che sta distruggendo il modello sociale europeo e i diritti fondamentali dei cittadini.
L’unico punto debole dell’italiano sono gli Italiani che non oserebbero mai iniziare una conversazione con altri cittadini del Mondo in italiano, invece dovrebbero farlo, tenuto conto della grande apertura di livello mondiale nei confronti della nostra bellissima lingua, e passare ad un’altra lingua solo a richiesta dell’interlocutore.
C’è anche da mettere in evidenza l’importanza della qualità della comunicazione che non è assicurata dall’inglese, in particolare, per coloro che dispongono di una “forma mentis” e di un linguaggio strutturato dal diritto romano e dalla civiltà greco-latina. Certo, si può comunicare facilmente in inglese per una conversazione spicciola, da turista, ma quando si passa a questioni di fondo all’espressione del pensiero, alla concezione, alla regolamentazione di tematiche fondamentali d’interesse comune, l’inglese non dispone neanche delle parole corrispondenti e necessarie per esprimere idee, dispositivi e concetti derivanti dalla forma di pensiero conferitaci dalla nostra civiltà.
Peraltro, noi siamo in Europa e dovremmo preoccuparci, in priorità, di questo nostro contesto istituzionale e culturale, nell’ambito del quale il francese, il tedesco, lo spagnolo e l’italiano sono lingue largamente diffuse e dispongono delle prerogative per assicurare la “qualità” alla nostra “comunicazione”. L’inglese è, in effetti, l’ultima delle grandi lingue di cultura dell’Europa che dovrebbe essere utilizzata per la redazione dei testi regolamentari e legislativi prodotti dalle istituzioni europee perché non dispone dei termini appropriati per permetterne un’agevole trasferimento nei sistemi legislativi degli Stati Membri che si fondano sul diritto romano e sui codici napoleonici, sottoponendo giuristi e amministratori della cosa pubblica ad incredibili compromessi ed arzigogoli.
Anna Maria Campogrande
Documento storico collegato:
Giornata
Europea delle Lingue
Roma,
26 Settembre 2012
Messaggio
di Anna Maria Campogrande
in
occasione della celebrazione presso la Biblioteca Rispoli
e
presso la Biblioteca Nazionale
Siamo
oggi qui riuniti per celebrare la Giornata Europea delle Lingue,
un’invenzione tipica dei nostri tempi in cui i poteri dominanti,
con consumato cininismo, dichiarano « urbi et orbi »
esattamente il contrario di quello che fanno o che intendono fare. Le
lingue, infatti, si celebrano proprio perché sono in grave pericolo,
minacciate di estinzione dalle strategie di vari attori della
globalizzazione che hanno come obiettivo la lingua unica, e dalla
disattenzione di molti dirigenti che non sembrano misurarne le
conseguenze. Lontano
dall’essere un bene, la lingua unica sbocca necessariamente nel
pensiero unico, il quale, non può che spazzar via tutte le civiltà
della Terra
per sottomettere l’intera popolazione ai diktat delle élites
dell’economia e della finanza, delle società multinazionali, dei
petrolieri e dei fabbricanti d’armi. Siamo, in realtà, nel cuore
di un conflitto di nuovo genere, un conflitto che non si avvale di
bombe e carri armati perché oggetto del contendere non è il
territorio ma la distruzione dell’anima dei popoli, delle diverse
identità, della cultura, delle lingue e del pensiero che le anima.
Avvertiamo
che non ci lasceremo scoraggiare dalle strategie dei poteri forti,
dalla cecità e dalla vigliaccheria della classe politica, dal
collaborazionismo dei nostri governanti, dal silenzio stampa. Noi
continueremo a batterci per la difesa e la promozione dell’italiano,
in sede europea, per la salvaguardia della civiltà greco-latina,
della diversità linguistica e cuturale dell’Unione Europea, della
nostra « forma mentis », della nostra identità. Nel
mondo del pensiero una sconfitta non è mai definitiva perché le
idee non muoiono mai ma sempre risorgono, al momento oportuno, più
vitali che mai.
Il
Manifesto per la difesa e la promozione della ligua italiana che
Athena
ha
elaborato in collaborazione con altre associazioni e con il sindacato
europeo « Action et Défense » è stato lanciato nel
Maggio scorso a Torino, al margine della Fiera del Libro e diffuso,
via posta elettronica, non solo all’insieme delle agenzie e organi
di stampa sul territorio italiano ma anche a tutti I membri del
Parlamento Europeo, al Presidente della Commissione Europea José
Manuel Barroso, al Vice-Presidente Antonio Tajani e ai Commissari
responsabili della questione linguistica, al Presidente del Consiglio
di Ministri dell’Unione Europea Herman van Rompuy, al Presidente
del Consiglio dei Ministri Mario Monti, e ai Ministri in
carica, a numerose associazioni di difesa delle lingue europee alcune
delle quali lo hanno pubblicato nei loro bollettini e riviste. Il
fatto che, in Italia, se ne sia parlato poco o niente è un fatto
inquietante e mostra, a chiare lettere, che gli Italiani vivono in un
sistema bloccato. Un sistema in cui non esiste un vero dibattito
pubblico, una compagine democratica, un’informazione di massa che
accordi, effettivamente, a tutti I cittadini il diritto alla
parola per quel che concerne il funzionamento dello Stato e della
«Res publica ».
La nostra battaglia non può,
tuttavia, fermarsi per questo, né limitarsi alla
sola difesa
dell’italiano. Di fronte alla globalizzazione che tutto
uniforma e
tutto
appiattisce, la sfida nella quale ci troviamo coinvolti è quella di
ancorare l’Europa
comunitaria alla civiltà
umanistica, creativa e colta che le
ha
dato I natali, rispettare e valorizzare la diversità culturale
tra I Paesi
europei
e
instaurare
un effettivo plurilinguismo dei cittadini e delle istittuzioni,
scelta
indissociabile dal processo di integrazione in corso, per
un’Europa
durevole.
Per
L’Europa, il plurilinguismo non è un’opzione, è un dovere, è
un obbligo, senza l’ottemperanza del quale il processo di
integrazione non si realizzerà: saremo Europei e
plurilingui o l’Europa, quella vera, quella della cittadinanza
europea, non si farà.
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