C'è chi dice che "la gente si è disaffezionata alla carta stampata per via delle bugie o mezze verità che dicono e ben gli sta", ma io credo che il calo delle vendite dipenda più che altro da una questione di costume. Mio padre comprava il giornale tutti i giorni e tutti i giorni lo leggeva dall'inizio alla fine. Oggi anche se i giornali dicessero la verità chi lo farebbe? Gli italiani non sono un popolo di consumatori di programmi televisivi? E questi dicono la verità o non dicono invece spesso quello che il potere ritiene sia la versione ufficiale da trasmettere?
Stiamo attaccati al pc per una, due, tre ore al giorno, chi avrebbe tempo di leggere un giornale? Il pc ti offre tante notizie, pareri, discussioni in cui puoi anche intervenire, la carta stampata non da queste possibilità...E poi, chi ha il tempo materiale di andare all'edicola, acquistare il giornale e approfittare per scambiare qualche parola con l'edicolante di quartiere, e poi leggerlo... intanto dove? In ufficio? Ma tra i doveri dell'impiegato o dirigente o funzionario di un qualsiasi ufficio pubblico o privato non c'è il dovere di essere informati su quello che succede nel mondo, non parliamo poi su quello che succede alla propria squadra del cuore (secondo me tra i quotidiani più venduti e letti ci sono quelli sportivi, almeno da quello che vedo al mattino nei vari bar).
A mala pena, usando ovunque il computer, si riesce a dare una sbirciatina a qualche pagina di qualche quotidiano on-line. In molti uffici i computer sono bloccati e si possono consultare solo i siti che hanno un'attinenza con le proprie attività. E quando a sera si arriva a casa stanchi, chi ha ancora voglia di leggere il giornale? Mi viene in mente lo stereotipo del marito che ritornato a casa dopo un'estenuante giornata di lavoro, si mette in poltrona, apre il giornale per dargli una scorsa, mentre la moglie si affaccenda in cucina a preparare la cena. Ma queste situazioni, purtroppo o per fortuna, non esistono più.
Comunque per ritornare ai quotidiani cartacei, non trovo disdicevole che lo stato li finanzi, vista la loro residua utilità pubblica, purché siano sottoposti ad una valutazione di merito, più che altro sul genere di argomenti trattati. Certo non è semplice una valutazione del genere, si rischierebbe di considerare un quotidiano o l'altro in maniera parziale, difficilmente giusta ed obiettiva. Impossibile poi direi sarebbe dare questo "premio" in base alle verità comunicate o alle bugie espresse.
In effetti, essendo ormai così diffusa l'informatizzazione anche tra le persone "anziane", credo che il destino della carta stampata sia segnato. L'informazione in questo modo rischia però di diventare sempre più superficiale.
L'approfondimento di un argomento, quando non trattato in un vero e proprio libro, è difficile da seguire fino in fondo su uno schermo di un computer, di un tablet o peggio ancora di uno smartphone e si rischia di leggere le prime righe per poi passare oltre. La stessa notizia o lo stesso argomento poi, per essere "digerito" fino in fondo, dovrebbe essere affrontato su diverse fonti, che potrebbero in questo modo essere confrontate. Speriamo che l'informatizzazione dell'informazione porti almeno il vantaggio di permettere alla popolazione una maggiore attenzione agli argomenti che a tutti dovrebbero interessare: politica, ambiente, vita sociale, cultura, (spiritualità)...
Ringrazio fin d'ora chi ha letto fin qui!
Caterina Regazzi
"L'analisi di Caterina, sull'utilità attuale dei Giornali cartacei, è perfettamente condivisibile. Ritengo però, a differenza di quanto da lei affermato "sul destino segnato della carta stampata", che i giornali potrebbero avere ancora uno scopo, quello dell'approfondimento dei temi e della conservazione della memoria. Dal punto di vista della cronaca potrebbero anche scomparire ma come forma di indagine, di studio, di ricerca sui fatti e sulle ipotesi trattate (di qualsiasi argomento) potranno ancora avere un'utile funzione. Anche per la migliore comprensione dei temi trattati. Certo in questo caso dovrebbero trasformarsi in antologie del pensiero..." (P.D'A.)
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