E’ in discussione alla Camera lo “Schema di decreto ministeriale recante approvazione del piano di ricerca straordinario per lo sviluppo di un sistema informatico integrato di trasferimento tecnologico, analisi e monitoraggio delle produzioni agricole attraverso strumenti di sensoristica, diagnostica, meccanica di precisione, biotecnologie e bioinformatica, predisposto dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA)” (http://documenti.camera.it/
Non esiste nessuna misura specifica di valutazione, di biosicurezza, di tracciabilità o di etichettatura ai prodotti ottenuti con questi procedimenti” (fine citazione) Evidentemente il Governo italiano ed il CREA ritengono di aver affrontato e risolto tutti gli elementi appena segnalati, decretando che tali prodotti debbono essere considerati come “analoghi” ai prodotti ottenuti con procedimenti di creazione varietale convenzionali (pag 6/110 della bozza di decreto appena citato) e quindi esentati dal rispetto delle normative relative ai prodotti dell’ingegneria genetica.
Ingenerando il sospetto di saltare il quadro giuridico europeo, oltre che quello specifico nazionale - che vieta la coltivazione degli OGM e la loro sperimentazione in pieno campo - che tra l’ altro non viene neanche richiamato nella bozza del decreto, procedendo per atti compiuti. Stesso tentativo fatto in Germania dove, pero’, attraverso un ricorso amministrativo e’ stata contestata la decisione presa dall’Ufficio Federale per la Difesa dei Consumatori (BVL = autorità competente in Germania) che aveva dichiarato all’ impresa Cibus che la colza modificata attraverso “...tecniche RTDS, dette tecniche di motagensi diretta da oligonucleotidi...” (tradotto dal tedesco) “...non era una pianta modificata geneticamente....” e che quindi non ricadeva sotto le normative relative all’ingegneria genetica. La causa in corso presso il tribunale amministrativo di Braunschweig dal 2016, ha ottenuto una sospensiva che ha bloccato la sperimentazione in pieno campo della colza modificata, in attesa di una decisione della Corte di Giustizia Europea.
Deve perciò destare assoluta preoccupazione che, con un finanziamento pubblico importante, si avvii un’ attività di sperimentazione e successiva diffusione di prodotti modificati che riguardano le più importanti specie coltivate in Italia, con il rischio che la loro eventuale brevettazione, oltre tutto, ne accresca i costi di produzione. D’altra parte e’ facile immaginare quale sarebbe l‘impatto economico se, ad esempio, la varietà di uva da tavola “ Italia” (pg 46/110) coltivata fosse riconosciuta come “OGM” o se l’ introduzione del “magic gene” in varietà di grano duro prodotte nel nostro territorio le facesse catalogare come “OGM” (pg 40/110). ARI, membro del Coordinamento Europeo Via Campesina, si aspetta dal Parlamento un atto di responsabilità chiedendo al governo di ritirare il decreto, almeno nelle parti che riguardano le “NBT”, di affrontare un piano di ricerca che valorizzi le nostre specificità produttive salvaguardandone la qualità e favorendo una transizione verso modelli d’agricoltura ecologicamente sostenibili, con un vantaggio effettivo per gli agricoltori italiani, evitando di distruggere quanto e’ stato ottenuto in termini di mercato nazionale ed internazionale proprio dall’agricoltura italiana che può fregiarsi del “GMO free”.
Associazione rurale italiana - Il presidente Fabrizio Garbarino
Per contatti: info@assorurale.it - Corte Palù della Pesenata, 5 Colà di Lazise 37017 (VR)
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