lunedì 25 novembre 2019

Alimentazione e ideologie alimentari... Un discorso


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Ho letto  un  articolo  di Giulia Mattioli (https://it.mashable.com/cultura/471/perche-non-sono-piu-vegana-dopo-10-anni) che  corrisponde a un cambio di bandiera o meglio, di fede. È una confessione – forse neppure autentica – di una vegana. Racconta i motivi che l’hanno costretta a tornare da dove era venuta. Ovvero a reintegrare nella dieta le tanto criminalizzate proteine di origine animali. 
«Egoistico è non attribuire a nessuna cosa un valore proprio o “assoluto”, ma cercare sempre in me il suo valore».
Lo racconta bene. Con dettagli e ragioni che tutti possiamo riconoscere nella loro autenticità e forza. Se non in contesto identico, certamente in altri di pari architettura. Nei quali noi, come l’autrice dell’articolo, abbiamo voltato le spalle a qualche fede, fornendoci autopoieutiche ragioni a sostegno. 
L’autopoiesi è la permanente produzione di verità necessarie all’equilibrio dell’io. Un’entità in permanente oscillazione di stato.
Dunque un articolo come specchio dal quale qualcuno tenterà la fuga, ma in cui è opportuno riconoscersi. Un breve testo qui strumentalizzato a favore della nostra evoluzione. Per riconoscere di aver seguito il medesimo percorso raccontato dall’ex vegana.
Noi, come tutti, al momento opportuno realizziamo quanto Max Stirner nel suo L’unico e la sua proprietà (1844) aveva affermato: che le esigenze del singolo saranno sempre più forti di qualunque ideologia. 
«Di fronte al sacro perdiamo ogni potenza e intrepidezza: nei suoi confronti siamo impotenti e trepidi. E tuttavia nessuna cosa è sacra in virtù di sé stessa, ma invece perché io la dichiaro sacra, cioè in virtù della mia sentenza, del mio giudizio, delle mie genuflessioni, insomma della mia coscienza».
Se per tanti è un’ovvietà, non lo è per gli ideologici, né per i paladini della coerenza tout court, presunto valore assoluto da ridimensionare.
Aver coscienza delle debolezze umane e della turnazione di queste entro tutti i nostri cuori e attraverso tutte le nostre morali, realizza uomini, politiche e società differenti da quelle che osserviamo. 
«Gli ideali riescono a vincere completamente solo quando non avversano più l’interesse personale, cioè quando soddisfano l’egoismo».
Lorenzo Merlo
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P.S. - Ci sono due personalità in noi. A seconda di quella prevalente si può dire che una delle due, leggendo questo post, avrà cercato più o meno determinatamente di trovare in sé i momenti in cui è stato fedele a se stesso o alla linea. È giusto. Si tratta di una dialettica di autostima alla quale è difficile sottrarsi. L’altra personalità avrà invece accettato di andare a spasso per la propria biografia in cerca delle sue contraddizioni. La prima non avrà trovato interessante il post, la seconda avrà trovato materia per proseguire la ricerca di sé e della umana condizione.

sabato 23 novembre 2019

Il veganismo non è una "dieta"

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Opinione abbastanza diffusa è che non tutti possono mangiare la stessa cosa (che è come dire che non tutte le mucche possono mangiare la stessa erba). E quando si chiede all’espero quali siano gli alimenti che non devono mai mancare sulla tavola immancabilmente vengono elencate frutta, verdura, legumi e cerali integrali. Praticamente la “dieta vegan”. Ma si guarderebbero bene dal citarla esplicitamente, rischierebbero di avvalorare ciò che noi sosteniamo da decenni.
Ma quello che disturba noi vegani è che il nostro sistema di vita venga considerato una tra le tante diete nutrizionali in voga; un qualunque improvvisato movimento  ossessionato della buona salute o gente sentimentale che, non avendo altro a cui pensare, lotta per la difesa degli animali e non quella che realmente è la nostra causa per sua essenza e natura, cioè la più grande rivoluzione socio-culturale-spirituale che l’umanità abbia mai vissuto. In essa vi sono i prodromi del rinnovamento della mente e della coscienza umana e di conseguenza consente il superamento dei più gravi problemi che da sempre prostrano l’umanità con la violenza, la malattia, e l’ignoranza. La violenza in senso lato viene superata dal fatto che una coscienza che rifiuta di nuocere ad un animale non nuocerà all’uomo. 
La malattia perché chi si nutre secondo la nostra vera natura i esseri fruttariani resta immune almeno al 90% delle malattie.  L’ignoranza viene superata perché la persona vegan, non più condizionata dalla cultura sintomatologica, acquisisce il senso critico costruttivo dei fatti, dei personaggi e della storia.  (flm)
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lunedì 18 novembre 2019

"Cambia l'abitudine di essere te stesso" di Joe Dispenza - Stralcio

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"Normalmente viviamo in maniera newtoniana, cioè viviamo pensando che ciò che noi ci aspettiamo dalla vita dipenda dal comportamento degli altri. Cioè, "io non sono felice perché mia moglie, mio marito, i miei figli, il mio vicino sono cattivi con me. Sarò felice quando loro saranno buoni con me e devo fare di tutto perché lo siano, devo cambiarli ad ogni costo". 

Con questo concetto facciamo sì che noi diveniamo sempre più infelici e che le situazioni peggiorino sempre più, dal momento che nessuno ama essere forzato a cambiare e quindi si oppone a tutti i nostri sforzi per cambiarlo.

La scienza quantistica, tramite l'osservazione al microscopio di un "quanto", che è una particella più piccola di un elettrone, ha dimostrato che lo vediamo esattamente dove noi immaginiamo che sia: se pensiamo che in una posizione non ci sia, non lo vediamo o viceversa.


Perciò, per cambiare la nostra vita, la scienza quantistica ha dimostrato e ci insegna che ci basta immaginare come vorremmo che la nostra vita fosse e, dopo un po', quando questo nuovo pensiero si sarà integrato nel corpo, reagiremo secondo i nostri nuovi desideri e non più come reagivamo prima."


Sunto da: "Cambia l'abitudine di essere te stesso" di Joe Dispenza.


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Usciamo dal concetto indottoci fin da piccoli che "siamo peccatori, che polvere ritorneremo, che dobbiamo soffrire". 

Noi siamo dei, eredi dell'Infinito!  
(Marco Bracci)

venerdì 15 novembre 2019

Azione non violenta ed i diritti dell'infanzia

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E' uscito il numero 5-2019 di "Azione nonviolenta", numero monografico sui "Diritti dell'infanzia", in occasione del 20 novembre 2019, giornata internazionale dedicata ai 30 anni della Convenzione ONU sui diritti delle bambine e dei bambini di tutto il mondo.

La Convenzione Onu sui Diritti dell'infanzia, in vigore da 30 anni, rappresenta un testo giuridico di eccezionale importanza poiché riconosce tutti i bambini e tutte le bambine del mondo come titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici (...)

La nonviolenza rovescia i ruoli. Gli adulti non hanno il compito di educare i bambini, ma devono invece portare il mondo all'altezza del fanciullo, cioè rendere il mondo degno dei bambini e della festa che solo loro sanno celebrare in pienezza (...) dove c'è guerra muoiono i diritti delle bambine e dei bambini. 


Il primo diritto è quello alla vita. Il secondo diritto è quello ad un futuro amico. Ma oggi questi diritti vengono loro negati: un mondo inquinato, la crisi ambientale, l'emergenza climatica, gli oceani invasi dalla plastica, scandalizzano i bambini (...)

Mao Valpiana 

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Fonte: https://www.azionenonviolenta.it/azione-nonviolenta-5-2019-anno-56-n-635/

mercoledì 13 novembre 2019

"Le Baccanti di Euripide", regia di Emma Dante - Recensione


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COMPAGNIA DELL’ACCADEMIA
studio da
LE BACCANTI
di
Euripide
trad. Edoardo Saguineti
regia Emma Dante

San Benedetto del Tronto – Teatro Concordia
9 Novembre 2019  h 20.45


IL DIO DELLO STREPITO

“… portami laggiù, dio dello strepito, dio dello strepito
 euòi! Tu che guidi i baccanali…


         Modernissimo Euripide, che “come tutte le avanguardie rigenera il teatro uscendo dal teatro” e paga di persona: con l’insuccesso, con l’autoesilio da un’Atene senza redenzione, da una società che non lo ama e gli tributerà omaggio tardivo e postumo, forse ipocrita.

         Tragedia totale viene definita Le baccanti, e ultima stagione del teatro politico: al tragediografo greco - così vicino al teatro moderno - sarebbe certo piaciuta la geniale regia di Emma Dante, il suo teatro che rilegge la classicità attualizzandola e i cui archetipi spesso utilizza nella denuncia sociale che è nerbo della sua produzione.
         L’arcaismo tragico delle Baccanti le è congeniale - qui esaltato dalla luminosa traduzione di Sanguineti - e il palco popolato di giovani donne e giovani uomini, martellato da musiche pop e luci psichedeliche nulla toglie alla perfezione del meccanismo teatrale euripideo, alla violenza di un intreccio - la fantasia dei Greci è spesso truce - che fu anche atto di accusa verso un corpo sociale, quello ateniese, disgregato così come smembrato è il corpo fisico del tiranno Penteo.

         Ci sono tutti, i temi eversivi di un Euripide cui Atene preferì sempre gli altri tragici: ci sono le donne, invasate dal dio e perciò libere - pur solo nell’ebbrezza dionisiaca - da un giogo sociale maschilista e opprimente, non lontano da quello che la regista rintraccia nell’humus socio-culturale della natia Sicilia; c’è il dio dalla collera vindice rivolta contro Tebe che non riconosce - unica fra le città - la sua divinità frutto della ierogamia fra Zeus e la mortale Semele; c’è il confronto col tiranno - il suo doppio - che irride il sacro e segna in questo il proprio destino tragico. 
La vendetta di Dioniso - qui sdoppiato in un corpo maschile e in uno femminile - eccede la giusta misura ma non cerca giustificazione, né la natura divina può essere discussa: le principesse cadmee e con esse tutte le donne di Tebe, possedute dall’estro dionisiaco - l’oistros, l’incontenibile follia - saranno il suo braccio armato, e ciò che il dio ha spietatamente stabilito si compirà.  
         Alle sue menadi asiatiche e alle baccanti tebane il dio dello strepito infonde così il grido di vittorioso furore nella perdita totale di sé, mentre l’azione converge verso il suo acme: lo sparagmòs, l’orribile smembramento di Penteo ad opera dalla stessa sua madre Agave, che nella follia bacchica lo crede un cucciolo di leone.

         Con il taglio della parte finale - l'esodo e il ritorno di Agave in sé, con la  terrificante coscienza dello scempio e il canto di trionfo che diviene lamento funebre - la regia sceglie una messa in scena dominata dalla dirompente bacchica sensualità dell'elemento femminile: qui musica, canto, danza disegnano geometrie convulse ed esplosioni di colore, e gli oggetti anche macabri - le teste mozzate penzolanti dalla graticcia, la croce a un certo punto innalzata - sono grumi simbolici che inchiodano l’attenzione e rendono lo spettatore parte dell’incantesimo collettivo.

         Le figure più caricaturali - l’effeminato Penteoeroe (o antieroe) della miscredenza, il saggio Tiresia, il tremebondo vecchio re Cadmo - spinti dal dio al travestimento femminile per mescolarsi ai riti bacchici - non muovono il riso, amplificano anzi il connotato tragico, la ferocia collettiva indotta dalla follia divina. Nella nitidezza della costruzione euripidea Atene non poteva non riconoscere le dinamiche stesse della propria disfatta politica e morale (il predominio degli affari, le lotte intestine, la disgregazione della società e dell’individuo… Ci ricorda qualcosa?).

         La Compagnia dell’Accademia e i suoi giovani eccellenti interpreti - “bravi da matti” - imprimono alla scena una carica passionale che è cifra del teatro di Emma Dante, sempre di attualissima denuncia. Per ricordarci, insieme con Euripide e duemilacinquecento anni dopo di lui, che per incenerire le case degli uomini, per "abbattere questa società putrescente non serve certo un dio, bastiamo noi” (L.Billi).

Sara Di Giuseppe   faxivostri.wordpress.com     letteraturamagazine.org


sabato 9 novembre 2019

Accrocco di libri... sul bioregionalismo, sull'ecologia profonda, sulla spiritualità laica... e quanto altro

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SFRONTATA GENEROSA INCOSCIENTE IMPULSIVA, 
l’acqua è fondamentale per fare il caffè e anche il tè, il noi, il voi, gli essi e tutti gli esseri, per non parlare poi dell’aperitè o dell'acqua di polipo e quanto altro di ciò che è e di ciò che era. Dicevo l'acqua è un elemento vitale, senza non si può fare il caffè, sto bene anche senza, mi piace molto il tè verde, alla scoperta del tè liquido interiore profondo profumato trasparente. preferisco leggere e rileggere un libro studiarlo e approfondirlo bene piuttosto che leggerne tanti in modo superficiale, come diceva Silone avrei amato passare la vita a scrivere e riscrivere sempre la stessa storia nella speranza se non altro di finire col capirla e farla capire, leggo di tutto e le cose più interessanti a volte le trovo casualmente. sono molto lento a passare oltre e mi abbraccio pure da solo e se come diceva Socrate la conoscenza inizia con la meraviglia, se esiste, mi sfugge sempre tra le mani come la sabbia del deserto, in compenso la lentezza mi permette di sedimentare le esperienze elaborarle ripassarle ruminarle e quindi leggo e rileggo gli stessi libri, intanto medito sulle parole sulle frasi sulla luce che colpisce la pagina, sulla grana della carta e sulla porosità della materia, sulla qualità dell’inchiostro e tanto altro ancora, così spesso dimentico pure di quel che sto leggendo o quel che significano quei simboletti neri, i caratteri grafici, sospesi nel vuoto della pagina tutti assieme, a volte li seguo nell’aria e mi si riempie la stanza come tante note musicali e io che li guardo a bocca aperta e poi sono costretto a riacchiapparli col retino delle farfalle e rimetterli uno per uno a posto nei fogli del libro. un discorso da puro sofista

ACCOCCO DI LIBRI E QUANTO ALTRO
Qualche giorno fa, un amica di FaceBook ha pubblicato un post con una foto del suo grande letto, per meta occupato da libri; ho commentato: sul mio letto al posto dei libri c’è la chitarra! Leggo tantissimo, in verità, più che leggere studio, tre ore al giorno da trent'anni,anche se ho iniziato tardi, poi non ho più smesso, nel senso che prima studiavo ugualmente solo che lo facevo con superficialità senza approfondire gli argomenti, detto questo che è l'introduzione a quello che voglio veramente fare: parlare di libri! I libri che ho letto negli ultimi tempi: ho riletto dopo tanti anni “L’avventura di un povero cristiano” di Silone, tre volte di seguito, capolavoro nella forma di dramma storico teatrale, famoso l’allestimento teatrale a L’Aquila con scene e costumi realizzati da Alberto Burri, poi “Fontanara”, “La tempesta” di Shakespeare, più di un mese, con lettura di vari saggi critici, compreso uno di Giorgio Strelher e il bellissimo “Shakespeare nostro contemporaneo” di Kott. Poi i bellissimi libri scientifici di Giorgio De Santillana “Il mulino di Amleto” e “Fato antico fato moderno” sul concetto della mitogenesi e di Pietro Laureano “La piramide rovesciata” e “Atlante d'acqua” evoluzione dell’idrogenesi nello sviluppo delle civilta, quattro libri fondamentali. Ho riletto due volte e fra un po voglio rileggerlo di nuovo, illuminante poetico ancestrale “Cristo si è fermato a Eboli” come diceva Levi le parole sono pietre. “L’ecoalfabeto” di Fritjoy Capra fondamentale per i principi dell’ecoletteratura e la nuova didattica scolastica, è un libricino di Stampa Alternativa, costa solo un euro, bellissimo. Poi alcuni manuali fotocopiati di “Introduzione alla permacultura” e “La rivoluzione del filo di paglia” di Masanobu Fukuoka, la bibbia di tutte le nuove tematiche ambientali, legate alla cura dell’uomo e alla cura dell’ambiente, al bioregionalismo alla spitualità laica e all’ecologia profonda. 

Poi due tre volte “L’anabasi” di Senofonte, altro capolavoro, sorta di viaggio avventuroso nel mondo antico, la violenza e l’aggressività nei confronti degli animali della natura e dell’uomo stesso, delle popolazioni del quarto secolo avanti cristo e poi ho iniziato la scalata del “Timeo” di Platone più volte, anche se l'impresa è ancora ardua. Ho riletto “La scomparsa di Maiorana” di Leonardo Sciascia, “Il mago dei numeri” di Hans M. Enzensbergher, “Il pensiero meridiano” di Franco Cassano, poetico e intenso, di Rocco Scotellaro “L’uva puttanella” e “Contadini del sud”, “La citta vivente” di Frank Lloyd Wright, “Mito e pensiero presso i greci” di Vernant, testo fondamentale per la comprensione del pensiero antico, solo che è pieno di termini in greco antico che non ho studiato e faccio un po difficoltà. Un libro che porto con me da una vita “La citta del sole” di Tommaso Campanella che rileggo saltuariamente e che non riesco mai a capire fino in fondo, perché esige una profonda conoscenza dell’astronomia dell’astrologia e del moto dei pianeti tutti. Un altro libro che porto sempre con me è “Sulla fiaba” di Calvino perché appunto sulla fiaba svolgo uno studio tutto particolare da tempo: leggo e rileggo “Le fiabe italiane” sempre di Calvino anche se il riferimento principale è “Lu cuntu de li cunti” o “Il pentamerone” di Giovan Battista Basile, lo shakespeare napoletano, discorso a parte per Calvino perché ho avuto la fortuna di leggere tutta la sua opera. “Collezione di sabbia” è un altro libro che ho portato a lungo con me. Calvino mi ha introdotto all’opera di Raimond Quenau “Fiori blu” “Zazie nel metro” “Esercizi di stile”. Calvino è stato fondamentale nella mia evoluzione culturale, da ragazzo ho letto “Marcovaldo” tenero e poetico, vidi pure l’adattamento in tv dei Nanni Loy. ah dimenticavo “Il piccolo principe”.

Annibale di Paolo Rumiz l’ho letto cinque sei volte e più, uno dei miei personaggi preferiti e nel libro di rumiz ci trovo sempre spunti interessanti, preferisco leggere e rileggere lo stesso libro studiarlo e approfondirlo come scriveva silone: avrei amato passare la vita a scrivere e riscrivere sempre la stessa storia nella speranza se non altro di finire col capirla e farla capire. 


Da gran parte dei libri che ho letto ultimamente, ho tratto una frase, un brano, una pagina, un riassunto, un estratto, un remix, quindi una specie di saggio critico, anche interessante, che potrei condividere, nel senso che è tutto pubblicato sulle pagine del mio profilo fb, che è una specie di grande libro, dove pubblico tutto quel che scrivo. Ho pure scritto, ultimamente, un saggio sul cinema e uno speciale su Pescara e poi un altro di arte dal titolo: “Transurbanza” transumanza urbana e un trattato di “Psicogeografia” e altri brani di antropologia del contemporaneo. Per concludere, tornando alla chitarra, dopo questo vortice di libri, lungo come un viaggio, voglio dire che in tutti questi anni, la cosa che ho studiato di più è la musica e che quindi mi sento un musicista!

Ferdinando Renzetti

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lunedì 4 novembre 2019

"Demos e Potere" di Carlo Di Marco

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Su iniziativa della Sen. Loredana De Petris, in collaborazione con l'Università degli Studi di Teramo, con il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale e con Cacucci Editore di Bari si svolgerà giovedì 21 novembre 2019  alle ore 16.00 nella sala di Santa Maria in Aquiro, Piazza Capranica 72 – Roma 
Il confronto partirà dalle proposte contenute nel volume "Demos e Potere" di Carlo Di Marco (Cacucci editore Bari 2019) per affrontare i problemi della democrazia oggi, in rapporto con la discussione al Senato delle disposizioni in materia di iniziativa legislativa popolare e referendum (S. 1089)

Per chi intendesse partecipare la iniziativa del 21 novembre, la richiesta di accredito va inviata prima possibile, poiché i posti sono limitati, e l'assegnazione avverrà sulla base della data di prenotazione.

Per l'accredito è necessario cliccare INOLTRA, INSERIRE l’indirizzo organizzazione.com.referendum@gmail.com, solo dopo compilare la scheda sotto riportata e, quindi, cliccare INVIO.

Cognome e Nome
Indirizzo
Comune
Tipo e numero del Documento
E-mail






L'accesso nella sala è concesso entro la capienza massima dei posti, per gli uomini sono necessarie giacca e cravatta.
Mauro Beschi

 


Documento collegato:   http://coordinamentodemocraziacostituzionale.img.musvc2.net/static/108160/assets/1/20191104/Presentazione%20Volume%20Demos%20e%20potere.pdf

domenica 3 novembre 2019

La "batata" americana per un'alimentazione sana...


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No, non è un errore di battuta, si tratta di Batate con la B come Bologna. Conosciute anche come patate americane o patate dolci, sono originarie delle aree tropicali del mondo ma coltivate anche in Italia, (soprattutto in Puglia e in Veneto).
Le proprietà del tubero commestibile chiamato BATATA o patata dolce sono da tempo al centro dell’attenzione della scienza. A dimostrazione di questo interesse si può chiamare in causa la classifica stilata poco tempo fa da Center of Science in the Public Interest, associazione no profit statunitense impegnata dal 1971 nella difesa dei consumatori e nella promozione dell’alimentazione sana.

La classifica appena citata è dedicata agli alimenti di origine vegetale più salutari e vede le batate o patate dolci ai primi posti.
Tra i motivi di questa scelta è possibile ricordare la presenza di sostanze benefiche importanti non solo nella polpa, ma anche nella buccia (se le patate vengono lavate bene si può tranquillamente evitare di rimuoverla). Per quel che concerne la buccia è bene sottolineare la presenza di una dose di vitamina A quattro volte superiore alla razione quotidiana consigliata per i soggetti adulti.
Le batate o patate americane o patate dolci, si distinguono anche per il colore della loro buccia che può essere rosso/arancio, ma pure arancione o tendente al viola.
Come è chiaro dal nome stesso, sono famose per il loro sapore dolce e sono caratterizzate da diverse proprietà benefiche. In merito alle proprietà, tra le più importanti è possibile ricordare la ricchezza in fibre; questa peculiarità le rende utili sia quando si tratta di contrastare la stipsi, sia per quanto riguarda il controllo dei picchi glicemici.
Le fibre, come ben si sa, aiutano a rallentare l’assorbimento degli zuccheri nel sangue. Nonostante il loro nome e il loro sapore, le patate dolci si distinguono infatti per un indice glicemico basso. 
Altrettanto contenuto è l’apporto energetico (86 calorie circa all’etto). Da non dimenticare è pure la presenza di un antiossidante portentoso come la vitamina A, per non parlare di quella della vitamina B6 e di minerali preziosi per la salute come il calcio, il manganese, il potassio, il fosforo.
E’ il caso di evidenziare che le patate dolci sono ideali per chi vuole alimentarsi in ottica antiossidante, anche per quanto riguarda la presenza di carotenoidi.
 Giuseppe Di Prima 

venerdì 1 novembre 2019

"Pane e Petrolio" al Teatro conviviale delle Ariette in Valsamoggia - Recensione di Caterina Regazzi


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Quando circa 10 giorni fa l'amica Marinella mi ha chiesto se mi interessava essere presente allo spettacolo del Teatro delle Ariette a Valsamoggia, che si teneva il 1 novembre 2019,  ho risposto subito di si entusiasticamente. Avevo assistito a due spettacoli di questa compagnia molto particolare, uno tantissimi anni fa al Teatro La Venere di Savignano e un altro, più vicino ai giorni nostri, due estati fa, nel piazzale antistante la Rocca di Spilamberto (vedi: http://retedellereti.blogspot.com/2018/07/spilamberto-io-il-cous-cous-e-albert.html).

E' una compagnia che fa "teatro esperienziale" (?) cioè la rappresentazione è un racconto di loro esperienze ed è un'esperienza anche per lo spettatore, che partecipa rivivendo sue emozioni, anche molto forti. Eravamo in tre, io, Marinella e la mia vicina di destra a farci commuovere dai ricordi degli attori, che erano poi la storia stessa inscenata, ricordi di una fanciullezza, in cui i bambini, invece di stare davanti a un computer o a uno smartphone, stavano in cucina con la nonna o la mamma ad osservarle far da mangiare (vedi http://paolodarpini.blogspot.com/2010/11/annetta-nonna-perfetta-nella-memoria-di.html). 

E a sentir parlare di sfoglie tagliate con maestria e mattarelli adoperati e mossi come fossero fuscelli, il magone si è fatto sentire dentro me. Le esperienze di vita erano alternati con letture di brani di Pasolini.


Scrivono i teatranti nel volantino di presentazione dello spettacolo: "...Abbiamo abbandonato le strade maestre del teatro per inoltrarci in sentieri lontani dai sipari e dai velluti. Grazie a questi sentieri abbiamo ritrovato le nostre radici, le umili origini di figli di quel mondo contadino e operaio, incarnato nei simboli della falce e martello" (ma anche della croce e della madonna). Se ripenso al mio di passato, ritrovo il padre comunista vicino a una madre cattolica, ma non praticante, e una nonna bigotta. 

Durante lo spettacolo gli attori preparavano il cibo, almeno in parte, che di lì a poco avremo consumato, in un clima di semplicità e di essenzialita. Solo poche semplici portate: un antipasto a base di formaggio e un hummus di zucca squisito e un primo a base di ravioli triangolari ripieni del classico ripeno di ricotta come quello che faceva mia nonna, con una sfoglia ruvida, integrale. C'era chi stendeva la sfoglia (e con quale maestrìa!), chi la tagliava con l'apposito attrezzo, chi riempiva i quadrati e chi li chiudeva. 

Veniva l'acquolina al solo guardarli. Ma bisognava attendere la fine dello spettacolo... e con un tempismo perfetto i ravioli sono stati pronti proprio con le ultime battute. Dopo aver consumato il pasto, semplice ma abbondante, c'è stata una piccola interessante discussione sul tentativo di smantellare la nostra identità e di rimuovere la memoria. Due parole, identità e memoria, ormai in disuso, obsolete, che non sono più di moda nel mondo della sinistra (e che invece magari sono da recuperare). 

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E' stato anche ricordato che noi siamo anche corpo e che questo corpo è fatto della stessa sostanza dei nostri predecessori, che non possiamo dimenticare perché fanno parte di noi (e in questi giorni si ricordano proprio i nostri defunti).

Non ho ancora citato il titolo dello spettacolo,  "Pane e Petrolio",  che è stato "spiegato" verso la fine. E' stato fatto un confronto fra il consumo procapite di pane agli inizi del 1900: più di 400 kg a testa (!), mentre ora è sceso a soli 30 kg a testa annui. Di contro è aumentato in maniera inversamente proporzionale il consumo di petrolio, nonostante tutte le "minacce" di un suo esaurimento. Dove andremo a finire?

Ci siamo alzati da tavola pieni di cibo per il corpo e per l'anima e col cuore aperto. Il paesaggio circostante, le colline attorno a Castello di Serravalle, era selvaggio e rasserenante. Dopo un po' siamo ripartite e, durante il pur breve tragitto, con Marinella si è parlato di tante cose.

A presto Marinella e a presto teatranti delle Ariette!

Caterina Regazzi


Teatro delle Ariette,  via Rio Marzatore 2781, Valsamoggia.  Info e prenotazioni 051/6704373 -  http://www.teatrodelleariette.it/index.asp