venerdì 30 novembre 2018

Freddure di stagione – di Luigi Caroli


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E’ SOL COSI’ CHE DURA

Come Dante e Petrarca hanno cantato
l’amore è eterno se non consumato.
Il punto G non l’han neanche cercato
per contro, ben sei figli han procreato (4+2)

AL BAR (ai piedi del pernacchio)

Un pensionato, seduto al tavolino (con vista pernacchio UNICREDIT
ai suoi azionisti) sfoglia il giornale e, indicando un titolone sulle
pensioni, si rivolge al compagno:
“Ma…una volta, i BOERI non erano “dolci”?”
L’amico ridacchia e fa un largo gesto con la mano:
“IL BOSCO E’ VERTICALE
MA IL TAGLIO E’ … ORIZZONTALE”.

AL NUOVO CAFFE’ CORDUSIANO

a)     Il caffè – in piedi – costa 1 e 80. Sento un signore che, rivolto all’amico, lamenta:”era pure freddo”. Non mi trattengo:
“Non si faccia sentire. Potrebbero chiederle 80 centesimi di differenza (in un buon bar il caffè freddo costa 2,50).
b)    Un giovane, seduto vicino alla fidanzata, le sussurra:”amore, per la colazione
abbiamo speso 15 e 40”. La ragazza è bella e spiritosa:”il latte è quello che usava Poppea per il bagno. Un bel bagnino … me lo farei anch’io”.
Attenzione, fanciulla, a dove finisce il latte.

I RICCHI SERVI

Mentono i giornaloni a tutto spiano
grazie ai lacchè con la penna in mano
per serbar le ricchezza a lor signori.
Agli italiani rimangono i dolori.

I titoloni eran per Calenda?
Rifulgean cazzate da leggenda.
PIDI ancor sperar vuole nel potere?
Per sempre deve Renzi far tacere.

IL COMANDO SCENDE DAL PALAZZO

Sindacati, orsù, scendete in piazza
e non obliate di prender la ramazza.
Attenzion fate alla martingala
la spazzatura sta dentro la sala.

Luigi Caroli – 30 novembre 2018

mercoledì 28 novembre 2018

Salomè - Riscritta da Vincenzo Bonaventura - Recensione



Salomè
da un testo di Oscar Wilde
Riscrittura scenica di   
Vincenzo Di Bonaventura

con
Vincenzo Di Bonaventura - Simone Cameli
e il gruppo teatrale Aeoidos 

Ospitale delle Associazioni / Grottammare Paese Alto / 25 Novembre 2018  h17


PERDERE LA TESTA

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E ogni uomo uccide la cosa che ama, tutti lo devono sapere” (O.Wilde, La ballata del carcere di Reading)

       “Com’è buio laggiù… Somiglia a una tomba”: è forse l’unico momento, nel dramma di Wilde, in cui Salomè sembra un essere umano e non la mantide perversa, lunare e macabra, la “bête monstrueuse” dipinta da Moreau.
È vertiginosa, la tenebra di quella cisterna-prigione dalla cui profondità la voce del profeta Iokanaan grida poderosa e incompresa. E nell’opera che Strauss compose sul testo di Wilde (grazie a dio senza adattamenti librettistici) è il tuono di cinque contrabbassi all’unisono, che ne trema l’orchestra, a suggellare il brivido di Salomè.

       Di questo discorre Di Bonaventura col suo pubblico prima dello spettacolo, e di altro ancora: della versione cinematografica di Carmelo Bene (1972), per esempio  - “catarifrangente e allucinata” (M.Vignolo Gargini) - che a Venezia suscitò un putiferio (I veneziani in frac mi sputavano addosso… Evitai il linciaggio, narrava lo stesso Bene).
Non era andata molto meglio a Wilde, nell’Inghilterra vittoriana e bacchettona - poco dissimile da certe italiche atmosfere, non solo di ieri… - se il suo dramma (1891) si potè lì rappresentare per la prima volta solo nel 1931.

        È “rassicurante” la chiave di lettura che lega al clima decadente di un preciso periodo storico la ripresa nell’arte, e in molteplici forme, di un personaggio - Salomè - che appare piuttosto come figura archetipica e dunque universale, compendio di fantasie e immagini custodite nell’inconscio collettivo più di quanto si sia disposti ad ammettere, e che solo la grande arte col suo potere catartico può metterci in grado di affrontare.
Forse per questo Salomè - misto d’angelo inviolato e sfinge antica per dirla con Baudelaire - ha attraversato tempi e culture, sperimentato ogni forma artistica, percorso tutte le sensibilità, fino ad “esplodere” nell’arte del XIX secolo come “vera ossessione maschile”. 
Da perderci la testa. Ed è quella di Iokanaan il profeta, ad esser servita realmente su un vassoio d’argento, immolata all’erotismo degenere, alla perfidia, all’infantile collera di Salomè.

        Nella riscrittura odierna la scena, già scarna in Wilde - “Un’ampia terrazza nel palazzo di Erode” - è solo uno spazio vuoto: si direbbe occupato unicamente dalle traiettorie degli sguardi - di Narraboth e del Capitano delle guardie, di Erodiade e dello stesso Erode - rivolti alla luna e da questa a Salomè: ciascuno in modo diverso stabilisce un’identificazione tra Salomè e la luna, premessa ad una sorta di legame dionisiaco e misterico che avrà nella danza il suo epilogo, come un rito pagano che esiga il suo finale tributo di sangue.

        Fulcro della “dinamica centripeta” che converge su di lei attraverso gli sguardi, ancor prima che ella compaia fisicamente in scena, Salomè è figura lunare e insieme sepolcrale (per Narraboth, suicida per amore di lei, la luna “sembra una principessa dai piedi d’argento” ma è anche “come una donna morta, si muove così lenta”), e l’insistito simbolismo selenico richiama miti antichi e timori ancestrali (pure nell’Otello shakespeariano “… È colpa della luna, quando più s’avvicina alla terra, rende gli uomini folli ”).
E Salomè, che per Iokanaan ha perso la testa (lei sì, solo in metafora) e ne è resa quasi folle, di lui dice “Certamente è casto come la luna”.

        La posta del gioco erotico e perverso è comunque il potere: quello per il quale Erodiade plaude alla richiesta scellerata della figlia che la libererà d’un pericoloso antagonista e implacabile accusatore; quello soprattutto, spietato, che Salomè è conscia di esercitare su chi le è intorno (Non mi hai voluta, Iokanaan. Mi hai respinta. Mi hai detto cose infami. Mi hai trattata come una cortigiana, come una prostituta, io, Salomé, figlia di Erodiade, principessa di Giudea! Guarda, Iokanaan, io sono ancora viva, ma tu sei morto e la tua testa è mia). 
Per questo è “tragedia materialistica del desiderio” la sua, e non tragedia d'amore.

        Quella luna che s’era fatta rossa (Guardate la luna!  ... È diventata rosso sangue!) si spegne sull’ordine di Erode, Uccidete quella donna, dopo aver posato il suo ultimo raggio su una Salomè sanguinaria e mostruosa e sul suo folle “Io ho baciato la tua bocca, Iokanaan, io ho baciato la tua bocca”.
      Ed è forse un riscatto, o solo l’insostenibilità dell’orrore, il gesto conclusivo del tetrarca di Giudea, cui Di Bonaventura ha offerto tutti i colori e le sfumature di una personalità ambigua, contraddittoria, spesso grottesca, sintesi d'ogni fosca tirannide: il ghigno lussurioso e la petulanza ridanciana, la miope arroganza (Non ho paura di lui, non ho paura di nessuno… Non l’autorizzo a risuscitare i morti...) e il confuso isterico sgomento (Sento nell’aria come un battito d’ali, un battito d’ali gigantesche).
      
        Tra la Salomè dei Vangeli, adolescente vittima delle istigazioni materne, e la “fredda incantatrice lunare”, Wilde sceglie quest’ultima. Che appartenga all’esasperata sensibilità decadente di un’epoca o che getti una luce universale sugli abissi dell’inconscio umano, è anche nella voce di questa tragedia che ritroviamo - su questa scena ammaliante e ipnotica - il Wilde artista geniale che cambiò “la mente degli uomini e il colore delle cose” risvegliando l’immaginazione del suo secolo; e l’esteta prodigioso, soave nella coerenza del proprio sentire, che alla miseria dei legulei incalzanti perché rispondesse alle accuse infamanti, oppose il suo gigantesco inimitabile: “Non so rispondere a prescindere dall’arte”.

 Sara Di Giuseppe                     faxivostri.wordpress.com           letteraturamagazine.org





domenica 25 novembre 2018

V ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI COSTANZO PREVE - di Gianni Donaudi -


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Nel novembre 2013, a Torino, ci lasciava il filosofo COSTANZO PREVE, autore di molte opere filosofiche e di critica socio- politica.

Di orientamento neo-marxista-idealista ed esponente di un pensiero isolato e fuori dagli schemi e dicotomie ormai superate. Era nato a Valenza Po vicino a Casale Monferrato, provincia di Alessandria. Purtroppo non ebbi mai occasione di andarlo a trovare di persona per discutere (cosa che, reciprocamente, ci eravamo ripromessi tante volte), ma più volte ci incontrammo in diverse conferenze e dibattiti (la prima volta al C. S. "Isabella"). Avevo letto anche  suoi interventi su "LA LENTE DI MARX " (l'interessante rivista diretta dal prof. CLAUDIO MOFFA, docente all' Università di Teramo), che gli costarono la gratuita accusa di "antisemitismo" da parte della Torino "perbenista/azionista/agnellesca/sabauda più che "marxista".

Costanzo nonostante le accuse di "cripto" o "proto fascismo", non rinnegò mai il marxismo (anche se di esso dava un'interpretazione idealistico-hegeliana che non rozzamente economicistica e materialistica ), ma voleva confrontarsi un po' con tutte le "campane" e ciò lo portò a confrontarsi con intellettuali provenienti dalla c.d. " nuova destra" e a collaborare (pur mantenendo intatta la sua posizione ideologica), con alcune loro riviste.

Nulla di nuovo, in fondo MASSIMO CACCIARI ex sindaco di Venezia ed ex militante di POTERE OPERAIO, lo aveva già fatto nel 1982, incontrandosi a Firenze con MARCO TARCHI, FRANCO CARDINI e altri. Dieci anni dopo era stato il caso di ALEXANDER LANGER (gia L.C. e poi dei Verdi e purtroppo morto suicida qualche anno dopo) il quale, intervenendo a Padova a un convegno della "N.D." a cui aveva partecipato anche COMUNIONE LIBERAZIONE aveva pronosticato che "Sinistra, Centro e Destra convergessero al servizio dell'Uomo".

La scomparsa di Preve è stata una grave perdita per chi vuole contestare radicalmente il capitalismo (non più espressione della classe borghese storica, ma più concretamente post- borghese e post- proletaria).

Ci fu un' affluenza molto eterodossa ai suoi funerali, nella chiesa della Crocetta subalpina (Costanzo non era credente, ma con una strana operazione intellettuale aveva chiesto il funerale greco-ortodosso (la religione che era stata di sua madre), cosa che non fu possibile attuare in quanto non era stato battezzato in tale chiesa. Dai vecchi compagni di DEMOCRAZIA PROLETARIA (Partito di cui Costanzo aveva fatto parte e che lo aveva visto anche nel Direttorio Nazionale, insieme a LUIGI VINCI e GIOVANNI RUSSO SPENA... prima che l'opportunismo italiota di MARIO CAPANNA mettesse in scena l'emerita pagliacciata dei c.d. "VERDI ARCOBALENO", col risultato di spaccare un partito che che avrebbe costituito un'autentica alternativa al $I$TEMA) a intellettuali provenienti da "destra", da Comunitaristi a filo-mussulmani italiani al pacifista e non-violento integrale ed ex prete ENRICO PEYRETTI (sempre coerentemente contrario alle guerre, quand'anche si tratti di "guerre umanitarie") all'anarchico COSIMO SCARINZI (unico della F.A.I. di Corso Palermo a essere presente) al nostro amico e collaboratore PIER LUIGI VERRUA di tendenza comunista- libertaria.

Costanzo Preve analizzò lucidamente il   n i h i l i s m o    contemporaneo, la perdita di ogni valore e/o sentimento, trionfante al servizio del neo- capitalismo post- borghese e post- proletario che ormai da decenni si è appropriato di  slogans trasgressivi, grazie anche all' aiuto oggettivo di tanti " bonzi " della contestazione che non si sono resi conto o hanno fatto finta di non rendersene di fare il gioco delle Lobbye$ .

Oggi la sua analisi viene portata avanti dal suo giovane "allievo" DIEGO FUSARO, che è stato  più volte vittima di un vero e proprio linciaggio morale   da parte dei neo & post "Ecce Bombi" di INDYMEDIA, in un'orgia di errori di ortografia e di inesattezze.

Gianni Donaudi

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mercoledì 21 novembre 2018

Spiritualisti d'accatto e falsi maestri


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Ci sono sempre stati gli pseudo-spiritualisti che hanno approfittato  della insicurezza esistenziale o della debolezza mentale altrui per appropriarsi della mente, dei corpi e molto spesso anche delle tasche dei malcapitati.

Con questo non voglio dire che spiritualismo e/o esoterismo siano sempre e comunque negativi in se stessi.  A patto che non siano opera di una vasta fascia di persone che vanno dall'innocuo "ciarlatano" al più turpe individuo.

Da diversi decenni René Guenon, Julius Evola  e Massimo Scaligero (per citare i principali), hanno trattato temi spirituali, epperò, con i sacrosanti distinguo tra spiritualità autentica e forme idiote quando non criminali. Anzi, a volte dimostrandosi  fin troppo severi anche verso realtà spiritualiste molto più serie rispetto ai vari Verdiglione (sul versante psico-analitico), Mamma Ebe,  Vanna Marchi e via ululando.

René Guenon  ebbe una lunga polemica con M.me Blavatsky, fondatrice della Teosofia. Julius Evola (di cui premetto di non condividerne le idee politiche), nell'opera intitolata appunto "Maschera e Volto della Spiritualismo Contemporaneo" (edito dalle Mediterranee),  oltre alla Teosofia, attacca anche l' Antroposofia di Rudolf Steiner (difeso invece dallo Scaligero ) e la Scuola di J.  Krishnamurti, tre realtà ben più serie quindi degli esseri obbrobriosi di cui puntualmente parla la cronaca.

Di fronte a  certo "spiritualismo" è senza dubbio meglio un sano materialismo. Ma quello che fa più rabbia è l'atteggiamento di certi radical-chic che finiscono per difendere i turpi individui. Affermando, parlando delle vittime: "Se a loro va bene così... non vorrai mica trattarli da deficienti…" -

Giovanni Donaudi  - gio.donaudi@gmail.com

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Commento - integrazione di Paola Botta Beltramo:


Nell’articolo  https://retedellereti.blogspot.com/2018/11/spiritualisti-daccatto-e-falsi-maestri.html pubblicato dal giornaletto di Saul del 22/11/2018,  Donaudi cita Julius Evola e René Guenon. Evola  in questa intervista  http://accademiadellaliberta.blogspot.com/2018/06/intervista-julius-evola-sub-ita.html- a  21’ ca –: “da queste conseguenze derivano le idee di Guenon che oggi la Chiesa Cattolica potrebbe essere il punto d’inizio per la ricostruzione della Tradizione”.    Il titolo del libro “Teosofismo – storia di una pseudoreligione”, può da solo far comprendere che le idee di Guenon nei confronti della Società Teosofica non corrispondevano al vero  perché  la Società Teosofica mai  è stata promotrice di una nuova religione. Sarebbe forse bene ricordare, soprattutto in questo periodo, che i teosofi fondarono nel 1908 la lega contro le vaccinazioni – perché avevano allora compreso che il vaiolo non era stato debellato dal vaccino come ben descritto  da  William White  nel suo libro https://www.luogocomune.net/LC/21-medicina-salute/5045-la-storia-di-una-grande-illusione-di-william-white   e che la fuoriuscita di Steiner ha sicuramente indebolito  le  ricerche  scientifiche su questo argomento che investe tutta l’umanità – e non solo i seguaci della dottrina cristiana -  http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/categorie/vaccinazioni/   Un caro saluto.  Paola Botta Beltramo

lunedì 19 novembre 2018

Bioregionalismo e produzione energetica sostenibile




L’autonomia dello Stivale non è mai piaciuta  alle grandi potenze ed ai potentati finanziari ed economici, l’Italia poteva anche sviluppare una sua economia industriale purché restasse succube e ricattabile. Vedi ad esempio, una cosa che può sembrare banale, la proibizione della coltivazione  della canapa, dai numerosi usi industriali ed alimentari (in seguito alle pressioni degli USA), e  di cui l’Italia era uno dei massimi produttori mondiali.  
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Ma andiamo per ordine.  Il nostro Paese sino alla fine degli agli anni ‘50 ed in parte ‘60 del secolo scorso ricavava la massima parte di energia elettrica  attraverso centraline idroelettriche poste lungo i fiumi che scorrono nel mezzo di  tutte le città italiane. Ricordo ad esempio che  negli anni in cui abitavo a Verona andavo spesso  a passeggiare in periferia e sulla diga che sbarrava l’Adige e da cui si ricavava l’energia per la città.
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Sino ad un certo punto questa produzione energetica localizzata funzionò,  l’obbligo di ampliarne la quantità  venne solo con l’avvento del modello consumista, per  far funzionare i sempre più numerosi elettrodomestici e produrre utensileria usa e getta (perlopiù di plastica, quali: suppellettili, mobili, giocattoli, stoviglie, etc). Da quel momento l’Italia si dovette piegare al sistema della produzione elettrica concentrata in grossi impianti che  funzionano  ad olio combustibile d’importazione  o  gas,  ma anche quest’ultimo arriva da paesi  che possono chiuderci i rubinetti (perché le condotte italiane sono “terminali”  ovvero non “transitano” sul nostro territorio  ma finiscono qui).   In realtà sappiamo quali sono gli interessi delle case produttrici di combustibili fossili. 
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Ad un certo momento ci provammo persino con il nucleare, anche questo non per nostro interesse  poiché non siamo produttori di  uranio,  ma  fortunatamente  il progetto nefasto fu  abbandonato (in seguito a due referendum abrogativi). 

Ma torniamo a parlare di come risolvere il problema energetico nella penisola. Abbiamo visto che il “carbone pulito”  in verità non esiste ed a parte limitate produzioni locali anch’esso viene importato.  Ed ovviamente sarebbero da scartare i famigerati  “termovalorizzatori” ed i grossi impianti a biomasse.  
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Insomma di cosa è ricca l’Italia? Per antonomasia canora si dice “chisto è ‘o paese do sole..”  e quindi sembrerebbe che l’unica soluzione fosse quella di ricorrere al solare, ma  i pannelli solari anch’essi inquinano, soprattutto nella fase produttiva del silicio necessario al loro funzionamento nonché alle difficoltà di smaltimento a fine carriera,  che oggi arriva a circa vent’anni.  Oggi la UE ci   spinge  verso le rinnovabili  ma l’attuazione di questi sistemi ha provocato più danni (soprattutto all’ambiente) che vantaggi.. e tra l’altro continuano i problemi di collegamento alla rete di distribuzione nazionale e di conservazione delle riserve.  Inoltre  l’istallazione dei pannelli non dovrebbe -come spesso accade-  distruggere il territorio (mi riferisco ai neri campi di pannelli solari a terra) ma si dovrebbe limitare alla copertura dei tetti nelle zone industriali e nelle nuove costruzioni urbane. Piccoli pannelli termici per la produzione di acqua calda in case isolate e piccoli generatori eolici potrebbero anch’essi risultare d’aiuto.   
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Altra alternativa abbastanza ecologica   sarebbe quella di realizzare impianti ad idrogeno. In effetti i motori ad idrogeno  esistono da anni (basti pensare ai razzi che vanno a questo propellente) e tra l’altro la scissione dell’acqua in idrogeno ed ossigeno sarebbe facilmente ottenuta con pannelli solari, ma l’idrogeno non piace ai potentati economici che campano sul petrolio.   

Un’altra soluzione intelligente potrebbe essere  quella della riconversione dei rifiuti organici e dei liquami, sia per ricavarne il fosforo necessario all’agricoltura sia per farne biogas, in un ciclo concluso come si dice in gergo.  Ad esempio in certi paesi dell’Asia nei villaggi si produce concime   ed elettricità dalla cacca degli umani e degli animali.  
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Più o meno tutte queste opzioni potrebbero andar bene… l’importante -per ora- sarebbe diversificare al massimo e cercare di rendere la produzione energetica il più possibile “autonoma” (un tempo di diceva “autarchica”) e non soggetta a ricatti esterni.  Ma per far questo serve una chiara volontà e coraggio politico e soprattutto un reale decentramento  produttivo. 
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Teoricamente quelle forze politiche -che si definiscono di rinnovamento-   dovrebbero essere interessate a tale decentramento ma questa scelta non piace alla grande industria ed alle multinazionali e (come abbiamo visto in altri casi)…. i conflitti di interessi  sono troppo forti. Anche perché -in definitiva- tutti i sistemi alternativi di carattere bioregionale qui menzionati non sarebbero  sufficienti a soddisfare le esigenze della grande industria del futile,  della produzione consumista e delle armi. 
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In verità per rendere  l’Italia libera da ricatti energetici occorrerebbe che il modello attualmente in vigore  venisse rivisto. La produzione industriale oggi è tutta tesa al superfluo ed al nocivo  ed andrebbe riordinato completamente  il sistema  di produzione e riciclo rispettando la  “sostenibilità ecologica ” e le reali necessità  sociali.
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In poche parole significa che dovrebbe subentrare un radicale cambiamento di indirizzo politico-economico e produttivo ma forse qui entriamo nell’ambito dell’Utopia… 
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Paolo D’Arpini   
 
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sabato 17 novembre 2018

Nella Ginatempo: "Lottare contro la guerra è ancora possibile..."

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Ero tra le persone maggiormente impegnate a organizzare un grande movimento nazionale contro la guerra. Era l’inizio di questo secolo, subito dopo il crollo delle Torri gemelle (11 settembre 2001), i social forum si costituivano in tutte le città d’Italia, dentro la generale tematica “No alla globalizzazione, un altro mondo è possibile”.
Dopo i fatti di Genova e l’uccisione di Carlo Giuliani, un grande movimento di massa era nato in tutta Italia. Le piazze erano piene di lotte per tutte le tematiche economiche sociali e ambientali. In questo clima organizzavo insieme ad un gruppo di compagni in varie città d’ Italia il social forum Bastaguerra che affrontava la tematica generale del sistema di guerra e contribuì a numerose mobilitazioni locali e nazionali tra cui soprattutto la gigantesca manifestazione contro la guerra in Iraq che ebbe luogo a Roma e in tutte le capitali del mondo il 15 febbraio 2003 con milioni di persone in piazza.
Tra gli attivisti del movimento e tra la grande massa di persone che ci seguiva gli obiettivi erano chiari: no alle missioni militari ( ritiro delle truppe), no alle basi militari ( rimozione degli armamenti a partire da quelli atomici e dalle armi di distruzione di massa), no alle spese militari ( riconversione delle spese in spese sociali), no alle fabbriche di armi ed al commercio di armi.
Ma soprattutto era chiaro il sentimento collettivo di ripudio della guerra in quanto tale, e dunque rottura della complicità italiana col sistema di guerra da cui bisognava sganciarsi.
C’erano fattori incoraggianti che motivavano l’attivismo: la partecipazione di massa, la presenza nel movimento dei social forum, di associazioni e partiti di sinistra come Rifondazione .
Quando nel 2016 le sinistre andarono al governo con Prodi e con l’appoggio di Rifondazione si ebbe la battuta di arresto. La prima avvisaglia fu la spilletta arcobaleno sul bavero della giacca di Bertinotti alla parata militare del 2 giugno, parata che per anni i pacifisti avevano contestato come vetrina delle macchine di morte e delle spese militari. Subito dopo i parlamentari eletti col voto dei pacifisti in Parlamento fecero l’esatto contrario di quanto promesso prima del voto nelle numerose manifestazioni che si erano fatte per il ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Cioè votarono come richiesto dal “governo amico” per la continuazione delle missioni militari, cioè la guerra. Inoltre, mentre una parte delle associazioni presenti nei social forum contestavano il governo amico e protestavano contro le sinistre “con l’elmetto”, viceversa le grandi associazione come Arci, Libera e naturalmente Cgil, Acli e varie, si schierarono a difesa del governo.
Questo ebbe i seguenti effetti a catena: si spezzò l’unità interna ai social forum; si espansero le fratture tra i gruppi piccoli e grandi primi tra tutti Cobas e Disobbedienti; la delusione di massa fu devastante e totale così la partecipazione si spense di colpo; non ci furono più grandi manifestazioni contro la guerra; la generale mancanza di risultati ottenuti dopo anni di mobilitazioni creò sfiducia e disorientamento. Il movimento contro la guerra tornò a inabissarsi nell’indifferenza della società.
Oggi comunemente la guerra non è più sentita come un problema vitale di cui preoccuparsi. La guerra è lontana, il sentimento collettivo prevalente è l’indifferenza o la rassegnazione. Non c’è più un soggetto politico che informi, coinvolga, sveli i nessi tra spese militari e austerity, tra guerra e flussi migratori, tra barbarie in Yemen e Palestina e barbarie domestica tra noi, nelle fabbriche d’armi, nei processi di militarizzazione. Lottare contro la guerra , poi, a molti militanti sembra fuori portata, una prospettiva troppo lontana, troppo generale, troppo utopica, irraggiungibile.
Eppure una volta dicevamo locale è globale e anche UN ALTRO MONDO E’ POSSIBILE.
Nella Ginatempo Contropiano.it
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Commento di Vincenzo Brandi: 

"La ragione della sparizione del movimento contro la guerra non è solo ovviamente il tradimento di tutte le formazioni dell'ex-"sinistra", dal PD, all'ARCI, alla CGIL ecc. , ma anche la confusione operante al livello delle formazioni e movimenti ancora sedicenti di "sinistra" e "pacifisti" che scambiano fischi per fiaschi e si fanno turlupinare da parole d'ordine fasulle.
Così, a partire dall'innocuo pacifismo "senza se e senza ma" alla Bertinotti, è stato dimenticato da molti militanti dei presunti gruppi di "sinistra pacifista" che il pacifismo è antimperialista e riconosce il diritto dei popoli oppressi e degli stati ex-coloniali divenuti indipendenti  a resistere. Nel 2011 ho assistito all'assalto di ex-rifondaroli, centri sociali e Trozkisti all'Ambasciata libica a Roma, mentre Rossana Rossanda invocava le "brigate internazionali" per cacciare Gheddafi (sic). In precedenza i "disobbedienti" avevano già preso posizione a favore dei golpisti di Belgrado ("Otpor") pagati dalla CIA e da George Soros. La campagna di certi gruppi di "sinistra pacifista" e di certe ONG (Amnesty Internationali, MSF, HRW, Save the Children ….) contro la Siria che resiste è stata vergognosa.
Contemporaneamente molti giovani e meno giovani si fanno turlupinare e deviare dalla campagna scatenate da ONG finanziate dal governo USA, da Soros, Bill Gates e altre multinazionali capitaliste a favore del nuovo commercio di schiavi chiamato "migrazione" che svuota l'Africa, il Medio Oriente e altri paesi ex coloniali delle forze migliori. Tutti si commuovono per i barconi in difficoltà ma pochi parlano delle cause (guerre come quelle di Libia e Siria, feroce sfruttamento neo-coloniale dell'Africa "francese", ecc.), dei rimedi (lotta allo sfruttamento ed alle aggressioni imperialiste e neo-coloniali), e delle conseguenze (sfruttamento ed emarginazione dei "migranti" nei paesi d'arrivo con diminuzione dei diritti anche per i lavoratori autoctoni in una programmata guerra tra poveri). Questo spiega anche l'avanzata di tutte le forze sovraniste-populiste che interpretano il disagio sociale.
Il discorso sarebbe lungo e necessiterebbe di un dibattito approfondito senza preclusioni ideologiche e slogan demagogici. Vincenzo Brandi"

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Integrazione da Lista No Nato: 

Diretta da Dublino: Chiudere basi USA - NATO. Link video:


venerdì 16 novembre 2018

“SLOVANSKÝ TEMPERAMENT” - TEMPERAMENTO SLAVO - Recensione



SLOVANSKÝ TEMPERAMENT

     Dumka:                        Coreografia    Ondřej Vinklát
             Aspects:                 Coreografia    Katarzyna Kozielska
        Perfect example:       Coreografia    Andrej Kajdanovskij


Nová Scéna - Národní Divadlo

PRAGA   
9 Novembre 2018  h 20


TEMPERAMENTO SLAVO


         Affianca le linee neorinascimentali del Teatro Nazionale, la sagoma d’ispirazione cubista della “Nova Scena” che di quell’ottocentesco Teatro, patrimonio Unesco, è parte aggiunta e pienamente integrata. 
I 4000 mattoni in vetro soffiato dell’involucro esterno sono la “lanterna magica” che riproduce all’infinito il pullulare di vita lì fuori e sono, insieme, metafora della modernità del suo repertorio, contrappeso armonico – sorta di concordia discors - alla solida tradizione culturale e identitaria del magnifico Teatro lì presso.

         Così anche “Temperamento slavo” (Slovanský Temperament) è coreografia che genialmente contempera storia e presente, introspezione e dinamiche collettive, enfasi e minimalismo. Le tre diverse creazioni - di altrettanti giovani, affermati coreografi - convergono per traiettorie distinte verso il nucleo tematico che le aggrega: la “slavitudine”, felice amalgama di fermenti culturali e radici identitarie, tradizione e modernità.

         Dumka, Aspects, Perfect Example: i tre quadri in cui lo spettacolo declina il tema dato, disegnano percorsi di emozioni e umori, di sentimenti e passioni rapidamente cangianti dall’ironia allo struggimento, dalla solitudine alla coralità, su un tessuto musicale che trascorre dal lirismo classico alle sequenze ritmiche di musica elettronica ad alto tasso di decibel.

         Dumka - dall’ucraino duma (in origine “pensiero”) - è passaggio musicale che soprattutto in Dvořak enfatizza l’alternanza malinconia/euforia: qui è flusso melodico che inquadra le geometrie dei corpi, i movimenti ora lineari ora spezzati, i repentini cambi di direzione, lo scomparire e il trasparire dei ballerini dietro i cinque specchi mobili sulla scena, in un tempo convulso che non ha spazio per la continuità e l’armonia.

        La coreografia minimalista e introspettiva di Aspects  - su musiche di M. Richter, E. Bosso, N. Frahm, H. Górecki, A. Korzeniowski - disegna un paesaggio dell’anima che gradualmente si fa narrazione, e il solipsismo della danzatrice chiusa in lirico assolo si scioglie nell’abbraccio dei corpi che ritmicamente si affollano su di lei quasi a sommergerla.

        “Politico” è l’impianto di Perfect Example, nella prospettiva storica e insieme universale della manipolazione e del potere, della facile sottomissione a un obiettivo di “perfezione” imposta e irraggiungibile. 
I ballerini sono una collettività di grigi automi, umanità indifferente e depersonalizzata: in una coreografia che molto ricorda Pina Bausch, e anche Kylián, su una scena nuda che scopre le apparecchiature teatrali, “espressionisticamente fasciati in una bendatura cerebrale”, essi rispondono con moti incontrollati agli impulsi sonori e alle scariche elettriche che li paralizzano. 
L’appoggiarsi all’altro è il lampo di umanità che a tratti balena per subito richiudersi nell’apatia; è solo nel riconoscimento della lingua, elemento imprescindibile di libertà e identità - nodo centrale della cultura slava - che avviene il riscatto, e il finale si espande in una coralità luminosa ed emozionante.

         Declinabile in gran varietà di modi e contesti, il tema del “Temperamento slavo” incrocia qui il punto di vista e il talento dei tre straordinari coreografi - rispettivamente ceco, polacca, russo - ed è ripensato, ad altissimo livello di progettazione e di esecuzione, con ironia, consapevolezza, profondità.

         E certo è anche ”temperamento slavo” - meglio sarebbe dire “civiltà” - il bel teatro gremito di pubblico motivato: adulti di ogni età e molti giovani; la puntualità cronometrica di inizio e fine (anche nell’intervallo); l’assenza di poltrone di prima fila riservate ad “autorità” non paganti, e di autopromozionali discorsi di sindaci e assessori; l’acquisto a distanza del biglietto al prezzo netto, senza ladreschi “diritti di prevendita”…

          Altro “temperamento”, altra cultura, altro pianeta.


 Sara Di Giuseppe                    faxivostri.wordpress.com      letteraturamagazine.org

giovedì 15 novembre 2018

Dublino. Interventi contro le basi NATO in Europa del 16, 17 e 18 novembre 2018

Risultati immagini per dublino conferenza contro nato
Dublin Conference Live Streaming 

Begins on November 16th!


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Friday November 16, 2018:


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Global Campaign Against US/NATO Military Bases