giovedì 23 febbraio 2017

Da dove sorgono i pensieri che passano nella nostra mente?


"Non sei il pensatore, i pensieri appaiono e basta” (Jeff Foster)


La nostra vita è legata ad una serie di circostanze di cui non abbiamo il controllo ma, come diceva Nisargadatta, noi siamo parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati. Di conseguenza, essendo coscienza nella coscienza, siamo in grado di riconoscere il flusso energetico nel quale siamo immersi e far sì che il nostro pensiero e la nostra azione siano in sintonia con la qualità dello spazio-tempo vissuto. In questo perenne rimescolamento energetico, noi siamo come navigatori senza meta, o guerrieri – se preferite – liberi di affrontare il contingente senza paure. “Se temi la sofferenza – diceva un samurai – come fai a combattere?”
Dal tutto il tutto si dipana dinnanzi ai nostri occhi.
Nella storia dello zodiaco cinese si racconta che dodici animali si presentano al Buddha morente ed ognuno ottenne di incarnare le caratteristiche psichiche che contraddistinguono i tre aspetti di anno, mese e ora, in base alle propensioni naturali di ogni essere vivente. Essi sono maschili e femminili e manifestano le loro caratteristiche tramite le 5 fasi di mutazione fondamentali: Terra (devozione), Metallo (giustizia), Acqua (saggezza), Legno (etica), Fuoco (costumi).
Il funzionamento è più o meno quello del caleidoscopio. Alcuni elementi colorati e tre specchietti interni. Girando il tubo si ottengono diverse composizioni. Malgrado l’esiguità delle componenti i risultati possono essere infiniti. Questo stesso concetto (traslato ai 5 elementi ed ai tre aspetti psichici incarnati) mostra la variegazione di tonalità di colore e movimento attraverso la quale la coscienza individuale si manifesta (la forma ed il nome). La coscienza di sé, che noi chiamiamo persona, è un coordinatore interno, adattato all’individuazione, il quale si appropria delle funzioni messe in atto.
Lo chiamiamo: io. Questo ‘soggetto’ (o assuntore interno) è l’apparenza identificativa individuale nella quale solitamente ci riconosciamo. Propriamente parlando questo “io” è esso stesso la “conseguenza” delle energie messe in moto dai vari elementi e dai tre archetipi incarnati, quindi è inerte (come un programma), ed è un oggetto nella coscienza.
I tre archetipi psico-emozionali, inscindibili nel loro miscuglio, rappresentano:
Il senso dell’io, ego = anno di nascita;
L’intelletto o intuizione = ora di nascita;
La memoria o esperienza = mese di nascita
Ognuno di noi manifesta una forma esemplare a tre facce (designanti le nostre caratteristiche). Le tendenze innate che si riflettono nello specchio, perennemente cangianti, sono le correnti in cui l’io si muove.
Se vogliamo osservare una cosa piccola bisogna ingrandirla attraverso il microscopio, ma se vogliamo ampliare il campo di azione dobbiamo distaccarci il più possibile dalle cose attorno a noi, in modo da percepire il senso d’insieme. Questa corsa in tondo verso l’auto-conoscenza è un vagare trasognato, un’attenzione senza risposta, solitudine e silenzio, osservazione e contemplazione, fluire limpido nei mutamenti, sorridere nel rincorrere il vuoto.
Ed ora una storiella:
“Alcuni suoi seguaci domandarono al bandito Che:”Anche per i ladri esiste una strada (Tao)?” – “Eh, certo che sì.. – rispose Che- Santità è intuire dove giace un tesoro nascosto, Eroismo è entrare per primo nella casa, Giustizia è uscirne per ultimo, Saggezza è distinguere il colpo che si può tentare, Umanità significa essere equanimi nel dividere il bottino. Al mondo non è mai esistito un gran ladro che non abbia manifestato queste qualità”. (Chuang Tze)
Attraverso le capacità riflettenti dell’organo interno (antakharana) siamo in grado di manifestare energie psicofisiche in rispondenza a quelle percepite fuori di noi. Questa rispondenza è automatica ed inevitabile, è una legge naturale. Pensare di sfuggirne il corso è assurdo come pensare di cambiare il film mentre la pellicola viene proiettata. Ma l’atteggiamento interno è importante! Infatti l’accettazione del proprio destino scioglie l ‘attaccamento all’utile ed all’inutile che ci spinge nel ciclo delle rinascite.
Nell’ignoranza ci identifichiamo con i personaggi e ci consideriamo autori e responsabili del gioco vissuto, con guadagno e perdita, la verità è che il nostro io, la coscienza individuale, la persona da noi incarnata, è solo un’immagine. Il risultato di un automatismo distratto e di una identificazione illusoria. Questo dobbiamo comprendere bene se non vogliamo che la mente ci imbrogli. Non cadiamo nel delirio dell’io separato, anche se la coscienza che lo anima è vera sin d’ora e siamo già dotati del capitale iniziale per quella “conoscenza di sé” è assurdo e ridicolo pensare di “ottenerla” – strettamente parlando non è possibile. Essa è già integralmente manifesta qui ed ora e quindi non perseguibile come ottenimento altro. Se ci sentiamo attratti da questa “conoscenza” occorre dire che non c’è corso o spiegazione o esperimento che possa trasmetterla, può essere solo riconosciuta (risvegliata) per “simpatia” nel momento della maturazione. Siccome non è un “conseguimento” continuiamo ad “andare avanti a fiuto”.
“Semplici attori, finché separati, poi, superata la dualità, non ha più nessuna importanza… Il fiore non ha più nome né forma è solo un fiore unico ed irripetibile nel giardino della Coscienza”.
Paolo D’Arpini

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