Le trattative molto
riservate che da almeno cinque anni sono in corso tra il dipartimento del
commercio statunitense ed il commissario europeo per il commercio sulla
definizione dell’accordo di scambi commerciali tra Usa ed Europa denominato “TTIP” (Transatlantic Trade and Investment
Partnership: associazione transatlantica
per il commercio e gli investimenti) sta suscitando sempre più aspre
proteste in Europa, organizzate da diversi gruppi sociali ed economici. A Roma,
sabato 7 maggio ci sarà una grossa manifestazione nazionale definita “Stop TTIP” con un corteo che partirà da
Piazza della Repubblica per terminare a Piazza San Giovanni.
Di che si tratta,
quindi, e perché tutte queste preoccupazioni ed allarmismi?
Quella proposta di
Trattato non è – come potrebbe apparire a prima vista - un normale accordo
commerciale volto a promuovere il libero scambio fra l’Europa e gli Usa perché
dietro l’aspetto commerciale si nasconde un altro (e forse più micidiale)
aspetto della globalizzazione mondialista che si propone soprattutto di
eliminare le peculiarità proprie del nostro Continente per omologarle sulla
falsariga dei sistemi produttivi e sociali statunitensi. Con quel Trattato,
quel che resta della politica e delle sovranità nazionali sarà subordinato non
tanto al governo statunitense ma piuttosto al potere delle grandi
multinazionali che – secondo le norme previste in quel Trattato – diverrebbero
gli unici soggetti con il potere di regolare le produzioni, gli scambi, i
brevetti, gli arbitrati.
Infatti, il TTIP prevede
l’introduzione di due organismi tecnici che agiranno al di fuori del controllo
degli Stati. Il primo di essi è un meccanismo di protezione degli investimenti
denominato “Investor State Dispute
Settlement, in sigla ISDS,
che consentirebbe alle imprese di citare in giudizio qualsiasi Stato
aderente qualora introducesse normative o tutele per i propri cittadini che in
qualche misura venissero considerate lesive dei loro interessi.
L’altro organismo è il “Regulatory Cooperation Council”
all’interno del quale esperti nominati dalla Commissione dell’Unione Europea e
dal competente ministero degli Usa valuterebbero l’impatto commerciale di ogni
marchio, regola, etichetta, contratto di lavoro, livelli di sicurezza, ecc.
Questo “RCS” valuterebbe le
argomentazioni delle imprese rinviando le decisioni ad apposite “Corti di
arbitrato commerciale” la cui composizione ed attività è molto ristretta e
riservata: basti dire che le udienze si svolgono a Washington, presso
un’istituzione della Banca Mondiale preposta al regolamento delle controversie
sugli investimenti. Pensiamo alle difficoltà che avrebbe una media impresa
italiana, titolare di brevetti, a difendersi da una concorrenza sleale delle
multinazionali!
Insomma, da tutto ciò
appare evidente come l’eventuale approvazione di questo pseudo-trattato
commerciale comporterebbe di fatto l’abolizione di qualsiasi sovranità
nazionale sulle produzioni, sul commercio e sulle controversie.
Ma tutto ciò ha anche
una notevole ricaduta sulle persone, viste sia come cittadini che come
lavoratori.
Poiché l’obiettivo
proposto è quello d’integrare e rendere simili i mercati delle due sponde
dell’Atlantico, ne consegue che si dovranno eliminare non solo i dazi doganali
(che è aspetto tipico dei trattati commerciali) ma anche quelle che vengono
definite tecnicamente “barriere non tariffarie” che riguardano i processi
produttivi. Quindi, riduzione dei controlli di qualità e di origine sui
prodotti agroalimentari (già oggi l’export italiano negli Usa è di soli 3,6
miliardi di euro mentre il falso “made in Italy” venduto in quel Paese è di 20
miliardi; ed il primo posto lo hanno i formaggi, che sono falsi per il 99%,
senza contare i vari tipi di vini di origine protetta); sulle specialità
farmaceutiche; sulla proprietà intellettuale; sui brevetti.
Da tener presente
che il maggior danno che subiranno i cittadini sarà quello sulla salute, perché
in Europa vigono severi limiti e controlli per evitare la vendita di prodotti
nocivi alla salute, a cominciare dagli “organismi geneticamente modificati”
(OGM) e dalla carne sviluppata artificialmente con gli ormoni; e lo stesso può
dirsi per prodotti tessili o plastici in cui potrebbero venire usate sostanze
nocive alla salute. Invece, negli Usa quei limiti e controlli non ci sono,
tanto che alcune statistiche dicono che il 15% degli americani si ammala di
patologie causate da alimenti non sicuri.
Molto altro si potrebbe
dire su questo Trattato, a cominciare dalla valutazione politica che in tal
modo l’Unione Europea verrebbe ad essere indissolubilmente legata agli Stati
Uniti, sommando una “Nato” commerciale a quella militare. La cosa però che
bisogna sottolineare è il grande silenzio ed il segreto che copre le
trattative, il quale non riguarda solo la stampa ed i media ma gli stessi
parlamentari europei e nazionali cui non è concesso neanche leggere le proposte
in elaborazione, quello che si fa sempre con gli atti e documentazioni
parlamentari prima della discussione ed approvazione di un provvedimento.
Invece, i “negoziatori” della Commissione Europea mandano le informazioni ad un
solo deputato per gruppo (quindi, non più di dieci) che devono tenerle
riservate senza farle conoscere ad altri colleghi od ad esperti di loro
fiducia.
Le organizzazioni che si
battono contro l’approvazione di questo Trattato, e che chiedono che esso fosse
almeno fatto conoscere in modo palese a tutti gli interessati, hanno raccolto
tre milioni di firme in tutti i Paesi membri dell’Unione Europea per una
petizione alla Commissione. E’ giunta poi notizia che il 2 maggio scorso
l’organizzazione ecologista “Greenpeace” è venuta in possesso di 240 pagine del
testo finora segreto del Trattato, e le ha diffuse ad alcuni media europei.
L’argomento quindi è di
stringente attualità e va seguito con attenzione perché la proposta di Trattato
mette in pericolo non solo le produzioni nazionali ed il lavoro ad esse
connesso ma anche la stessa salute dei cittadini. E tutto ciò rappresenta un
ulteriore attacco alla sovranità nazionale, già indebolita dalle stringenti
regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, della Banca Centrale Europea
e della Commissione Europea.
Nazzareno Mollicone
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