Scrivevo nel 2010: “Paolo, tu parli
spesso del “dharma”. Il tuo è agire da rompighiaccio e da
seminatore. Il mio, e credo di averlo capito alcuni mesi fa, è
quello, nel mio piccolo, di unire le persone, farle incontrare, dando
loro l’opportunità, se lo vogliono e se io “ci ho azzeccato”
di conoscersi, di scambiarsi idee, esperienze, affetto, aiuto, amore
e chi più ne ha più ne metta. Credo proprio sia questo il mio
compito in questa “esperienza” che è la vita. E’ come se io
fossi una tessitrice, ma di quelle che fanno i tappeti persiani, o le
reti da pesca (mi vengono queste due immagini) . Io faccio qualche
nodo e a volte mi riesce, a volte vengono dei groppi oppure il nodo è
troppo sottile e si lacera o semplicemente, non tiene. Io ci provo,
ma è proprio una tendenza che non posso non considerare, anche a
costo di “non farmi i fatti miei”. A me pare che viviamo in
un’epoca in cui c’è molta solitudine oppure sono io che la sento
così e non è facile fare da collante. Ma è questo che io mi sento
di fare. Con ciò, è ovvio, vado incontro anche ad un mio bisogno,
cerco di fare qualcosa di giusto e buono prima di tutto per me
stessa, mi sembra di dare un sia pur piccolo senso a questa vita, che
ha senso già per il fatto di esserci e di darmi modo di respirare”.
Scrivevo questo nel 2010, oggi cosa è
cambiato, per me, se qualcosa è cambiato? Il discorso del “fare
rete” ormai è opinione diffusa, tutti usano questo termine ed io,
dal canto mio, mi sento un po' “svuotata” in questo senso. Sono
un po' stanca, gli anni passano e si fanno sentire sempre di più,
anche se in fondo non sono poi così tanti. E, nonostante non abbia
mai cercato un riconoscimento, forse cercavo comunque dei frutti
delle mie azioni, e questi frutti mi sembrano alquanto scarsi
rispetto agli sforzi. Mi pare che tutto sommato Paolo sia molto più
efficiente da questo punto di vista. Non so com'è. magicamente, da
quando conosco lui, ho conosciuto tante belle persone, alcune persone
le ho anche perse, ma si vede che doveva andare così.
Però lo stesso credo che ci sia da
fare ancora un passo, il passo successivo al completamento dell'opera
di riavvicinamento degli esseri umani, nel mio, nel nostro piccolo,
ovviamente. Quello di creare un legame, in modo da potersi sentire
fratelli e sorelle.
Sarà perché sono figlia unica, che
queste figure mi sono sempre mancate e le sono sempre andate
cercando, in un'amica, un amico, un fidanzato, un marito, una figlia.
Lo so, è sbagliato, ognuno deve avere il ruolo che gli compete, ma,
scusate, non posso fare a meno di desiderare di avere accanto a me
alcune persone e da poterle considerare tali. E apprezzo la lettura
di un libro come quello della Freedman che, pur un po' noiosetto a
tratti, parla della civiltà dei Moso, una popolazione cinese, che
segue l'organizzazione matrilineare, ma non è solo che lì la donna
“dirige” la situazione, ma le famiglie sono composte
prevalentemente dalla madre e dai suoi figli. Il marito se c'è c'è,
ma può anche non esserci. Certo, in una famiglia piccolissima come
la mia, sarebbe stato un po' difficile ricostruire una struttura del
genere.
Qualche giorno fa una persona che
apprezzo molto mi ha detto:” Tu sei una persona che si prende cura
degli altri”. A volte è vero, mi piace prendermi cura degli altri,
se questi altri mi risuonano e mi sembra che possano aver bisogno di
una mia carezza. Del resto possiamo vedere la cosa anche da un altro
punto di vista: un certo Gesù (ammesso che sia esistito, ma quel che
importa è il messaggio) disse: “fai agli altri quello che vorresti
fosse fatto a te” e se ammettiamo (e chi non lo farebbe?) che
questo sia un insegnamento vero, basterebbe che ognuno o almeno la
maggior parte degli esseri umani lo facesse proprio, per ribaltare la
situazione di competitività, egoismo che stiamo vivendo.
Personalmente desidero quella carezza, desidero riconoscermi nello
sguardo amorevole dell'altro, desidero sentire che dentro di me c'è
la stessa “cosa” che c'è nell'altro.
Forse sarà anche un desiderio di
accettazione, il mio, e ci sto lavorando.
Certo, non tutto è nelle nostre mani,
nelle nostre possibilità, ci sono esseri che dell'egoismo hanno
fatto il loro sistema ed a livelli molto importanti e che coinvolgono
le sorti della umanità intera, ma secondo me bisognerebbe cominciare
a dare loro meno importanza, meno cibo e agire come se si fosse di
un altro mondo e credo sia possibile in questo modo creare una
società parallela, più “umana” e “naturale”. Sarà
possibile se si riacquisteranno il senso della fratellanza e della
comunanza.
Caterina Regazzi
”Veramente bello questo articolo di Caterina, invita a sentirsi tutti parte della grande comunità umana. Mi piacciono anche le foto che sono state scattate a Calcata, quando ancora abitavo lì, nel 2009...”
RispondiEliminaGrazie!
EliminaBrava Caterina, certe parole sono sempre attuali.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il messaggio "fai agli altri..." (che si completa con l'altro "Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te"), direi che è la chiave della fratellanza fra gli uomini, che non saranno mai fratelli finché non si renderanno conto che nell'altro, e anche in noi, c'è Dio, e che, quindi, essere contro l'altro significa essere contro Dio. E dall'essere contro Dio non può derivare niente di buono, dato che tutto ciò che noi emettiamo (sensazioni, pensieri, parole e azioni) ritorna a noi in egual misura.