venerdì 8 gennaio 2016

Pacifismo, nonviolenza e Gandhi rivisitato



La posizione di Gandhi è molto complessa, anche se non ci si vuole adeguare alla vulgata corrente che vede da una parte i nonviolenti gandhiani e dall'altra i Britannici, tutto sommato, gentlemen. Dopo due conflitti mondiali (militarmente vinti ma economicamente persi) per i Britannici l'India incominciava ad dare rese economiche negative. Dall'altro lato della barricata Gandhi intuì genialmente il modo di mobilitare le masse indiane, basti pensare alla campagna dell'arcolaio a mano e a quella del sale.

Così i "gentlemen" (responsabili in India di milioni di morti per carestia e di massacri repressivi) mollarono il subcontinente.


Chiaramente Gandhi non era comunista, ma nemmeno fascista, nonostante certi iniziali ammicamenti a Mussolini, ma più che altro per motivi geopolitici. Dopotutto il Netaji (cioè Subhas Chandra Bose), leader dall'estrema sinistra del Partito del Congresso, mise in piedi un esercito che si alleò con la Germania e il Giappone contro l'Inghilterra. Non è difficile capire che il suo piano era definibile così e non come alleanza con nazismo e militarismo nipponico contro le democrazie occidentali, come dice la storiografia ufficiale. 


Quando subentra la geopolitica, molte cose si confondono e non è facile districarsi. Gandhi e Nehru non lo seguirono e preferirono sostenere lo sforzo militare del Raj britannico. il Netaji ci lasciò le penne ma ancora adesso è una figura rispettatissima dalla sinistra e dai comunisti indiani di ogni tipo (specialmente nel Bengala Occidentale).

I Comunisti indiani hanno da subito denunciato dei patti pre-indipendenza che salvaguardavano i capitali inglesi, come ricorda Fulvio. E' verosimile che sia andata così, però la politica da "socialismo reale" sui generis di Nehru si basò sull'Import Substitution Industrialisation che ridusse ai minimi termini gli investimenti di capitali esteri.


Il caso Gandhi -India sarebbe un bel case study per capire cosa sta succedendo anche adesso, le possibilità, gli errori.

Chiudo ricordando lo scandalo quando Arundhati Roy defìnì gli attuali guerriglieri maoisti indiani "guerriglieri gandhiani".


Sorprendente, no?

Piero Pagliani - 
pier.pagliani@gmail.com

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