martedì 23 giugno 2015

Cronistoria del termalismo viterbese di Giovanni Faperdue


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Il moderno termalismo viterbese prende l’avvio con l’affidamento dello Stabilimento Comunale delle Terme, alla Società Gestione Terme, e la contemporanea chiusura delle Terme dei Lavoratori Inps.
            La Società Gestione Terme (SGT ), per nostra disgrazia, fu l’unica a rispondere al bando di concorso, preparato dalla Giunta del sindaco Rosato Rosati,
            L’affidamento dello stabilimento comunale alla Società Gestione Terme, prevedeva un accordo di sinallagma con prestazioni corrispettive (art. 1453 c.c.).
            In parole povere la Società Gestione Terme si impegnava a eseguire tutti i lavori di ammodernamento dello stabilimento comunale, come da capitolato di appalto, e il Comune in cambio offriva 14 litri al secondo di preziosa acqua del Bullicame. Tale quantitativo era ottenuta da  4,5 litri al secondo dal “pozzetto” e 10 litri al secondo dalla sorgente del Bullicame. Quindi era un tipico contratto di scambio di prestazioni, nel quale non era contemplato alcun compenso.  
            La quantità di 14 litri al secondo era stata stabilita, come il quantitativo necessario per fare funzionare tutto lo stabilimento, già prima della firma del contratto,  da uno studio commissionato dalla Società Gestione Terme, e approvato anche dal Comune.
Nell’addendum al contratto a proposito della fornitura di acqua termale si legge:
[…] il Comune di Viterbo conserva la titolarità di ogni diritto inerente la propria condizione di concessionario delle sorgenti di acqua minerale nella zona denominata Bullicame, garantendo alla S.G.T. l’assoluta priorità nell’approvvigionamento dei quantitativi di acqua termo-minerale del Bullicame, necessari al corretto funzionamento dello stabilimento termale secondo le previsioni del progetto approvato e delle sue eventuali varianti, per tutta la durata della concessione (e sugli eventuali rinnovi) in armonia e compatibilmente con le prescrizioni del contratto medesimo.[…]
In parole povere, questo brano appena trascritto, sta a significare che il Comune deve garantire comunque la priorità dell’alimentazione di 14 lt/s alla S.G.T.. Quindi se per ipotesi assurda il Bullicame avesse una disponibilità di soli 14 lt/s, questi dovrebbero essere destinati tutti alla S.G.T.
Non può significare invece, come è accaduto per tanti anni, che la S.G.T. prelevi acqua ben oltre il quantitativo approvato di 14 lt/s.
 Sempre nell’addendum c’è poi un brano che riguarda le pozze libere intorno alle sorgenti.
            […] e fatta salva la possibilità di utilizzazione spontanea a fini terapeutici individuali delle risorse termali nelle vasche naturali di contenimento esistenti in prossimità delle sorgenti, praticata per uso consuetudinario della cittadinanza…[…]   
            Quindi siccome le pozze sono rimaste per tanto tempo all’asciutto, si configura una grossa inadempienza contrattuale del Comune di Viterbo, verso i propri cittadini e verso tutti gli altri utilizzatori.
            Nel periodo che va dal 13 al 26 gennaio dell’anno 1993, subito dopo la chiusura dello Stabilimento Terme dei Lavoratori Inps, la Società Gestione Terme provvedeva a riperforare in profondità il “pozzetto”, andando ad intercettare le riserve profonde del bacino del Bullicame. Per inciso l’operazione fu effettuata senza alcuna autorizzazione da parte della Regione Lazio. Di quell’episodio scuro, perché effettuato nottetempo, rimane solo una comunicazione del geometra dell’Inps indirizzata al Comune di Viterbo, in cui si portava a conoscenza che i pozzi Gigliola e Uliveto si erano essiccati, forse per i lavori effettuati al confine della proprietà Inps (lo stabilimento comunale, oggi Terme dei Papi, sorge proprio al confine delle Terme Inps) . 

            Dopo questa riperforazione i pozzi Gigliola e Uliveto che si trovano all’interno del perimetro Inps, si sono asciugati completamente, mentre il “pozzetto” aumentava la sua portata spontanea da 4,5 lt/s a circa 25 lt/s. Il primo danno evidente da interferenza si ebbe sulla “callara” che di colpo perse una grande quantità di acqua, tanto da apparire quasi vuota e al limite del collasso. Il 23 agosto del 1993 una rilevazione del geologo Giuseppe Pagano afferma che il livello del cratere del Bullicame è di 45,5 cm. sotto il livello campagna, comunemente detto anche livello di sfioro. 

Giovanni Faperdue (segue)

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