venerdì 31 maggio 2013

Proposte energetiche alternative per sopperire ai bisogni elettrici


Il testo che segue nasce dall'iniziativa svolta a Firenze, nell'ambito di "Terra futura", lo scorso 19 maggio: "L'energia come bene comune, un modello energetico distribuito e sostenibile", promossa da "Si alle energie rinnovabili No al nucleare, "Energia Felice", CEPES, ARCI.

Lo scopo è quello di costruire una vertenza nazionale e contemporaneamente articolata, a livello settoriale e territoriale, sostenuta da un variegato movimento dal basso, per realizzare e gestire un modello energetico sostenibile, decentrato e basato sulla generazione distribuita.

Riteniamo che non sia necessario che vi sia accordo completo su ogni singolo aspetto, ma che, nel rispetto delle autonomie di ognuno, sia possibile mettere a confronto iniziative e pratiche dal basso per creare la massa critica necessaria.

La proposta che avanziamo a tutti è di lanciare l'idea della piattaforma "Per un modello energetico sostenibile" nel secondo anniversario della vittoria referendaria, 12 e 13 giugno, nel corso delle iniziative che si terranno in diverse realtà (a partire da Roma) insieme al movimento dell'acqua pubblica.  

Cari saluti 


Associazione "SI alle energie rinnovabili NO al nucleare", costituita in Roma presso il notaio Gennaro Mariconda,sede legale c/o CGIL, Via Filippo Buonarroti 12, 00185 Roma, 7° piano (c/o Auser), tel. 06-89827025 - sito internet www.oltreilnucleare.it  - email: info@oltreilnucleare.it  


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Per un modello energetico sostenibile: sviluppare razionalmente le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica.
Verso una vertenza nazionale da articolare a livello settoriale e territoriale.

Premessa
La bozza di testo che segue nasce dall’iniziativa svolta a Firenze, nell’ambito di “Terra futura”, lo scorso 19
maggio: “L’energia come bene comune, un modello energetico distribuito e sostenibile”, che è stata promossa da “Si alle energie rinnovabili No al nucleare, “Energia Felice”, CEPES, ARCI.
Il testo verrà inviato, per la messa a punto definitiva e per la ricerca della massima condivisione, a tutte le altre realtà che sono intervenute all’iniziativa (Coordinamento FREE, Retenergie, Cgil, Fiom, FLC, Coordinamento no Triv.) e più in generale ad associazioni e movimenti ambientalisti, forze sociali, sindacali, produttive, del volontariato, dei Beni Comuni, Enti Locali, Gruppi di acquisto Solidali, associazioni dei consumatori, sensibili e impegnati su queste materie.

Lo scopo non è solo quello di condividere analisi e proposte generali, ma di presentare precisi interventi di
merito ai decisori politici, a tutti i livelli, a partire dal nuovo governo in carica, ma, contemporaneamente, non
delegare e attivarsi, ognuno per i propri ambiti, per realizzare e promuovere interventi e buone pratiche, anche settoriali e locali, che facciano avanzare la realizzazione di un altro modello energetico, fondato sull’efficienza, l’uso razionale delle risorse energetiche e sulla generazione distribuita, che progressivamente fuoriesca dal fossile.

In sintesi costruire una vertenza nazionale e contemporaneamente articolata, a livello settoriale e territoriale,
sostenuta da un variegato movimento dal basso.

Due terzi delle cause dei cambiamenti climatici in atto derivano dal crescente uso a livello mondiale dei
combustibili fossili e le principali azioni di contrasto passano per lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle
fonti energetiche rinnovabili.

Con questa consapevolezza le road map e gli scenari europei vanno oltre le politiche del pacchetto
energia e clima (20 – 20 – 20) e puntano alla completa “decarbonizzazione”, almeno della produzione elettrica, al 2050.

In Italia, anche per effetto della crisi, abbiamo una domanda di elettricità in calo, una sovracapacità
produttiva (il solo parco termoelettrico ha una potenza di picco di 81GW, a fronte di una domanda massima -
raggiunta 5 anni fa - di 57 GW) mentre sta crescendo il peso delle fonti rinnovabili. Nell’aprile scorso tutte le
rinnovabili hanno contribuito alla produzione per il 40% e tra queste il solare ha sfiorato il 10%.
E’ questa la ragione che oppone i produttori elettrici convenzionali allo sviluppo delle fonti rinnovabili.
La polemica sui costi degli incentivi è pretestuosa. Il recente rapporto Irex 2013 di Althesys (Bocconi) stima, da qui al 2030, con uno sviluppo moderato delle rinnovabili, un beneficio per l’economia nazionale di 19 miliardi di Euro (mentre con uno sviluppo più spinto si potrebbe arrivare a 50 Mld). In questo calcolo stanno le ricadute occupazionali, il risparmio sull’import di combustibili fossili e gli effetti sul prezzo dell’elettricità, non mettendo in conto gli ulteriori benefici sulla salute e sul clima.

Ma per andare in questa direzione è necessaria una profonda trasformazione del modello energetico,
non solo per la produzione di elettricità, ma contemporaneamente per tutti i fabbisogni energetici, per i
trasporti e la logistica, per il riscaldamento, il raffreddamento, l’efficienza degli edifici, dei cicli produttivi, dei
cicli di vita dei prodotti, assieme alla promozione di diversi stili di vita e di consumo.

Tutto questo richiederebbe di sviluppare la ricerca, pubblica e privata, e di realizzare investimenti
nell’innovazione in tutti i settori sociali, produttivi, della Pubblica Amministrazione. Oltre a rappresentare un
contributo determinante alla sostenibilità, si realizzerebbe una straordinaria occasione per rilanciare
l’economia nazionale – indicando una diversa uscita dalla crisi - rafforzando settori produttivi a forte valenza
occupazionale e delineando un’alternativa di sviluppo ambientalmente e socialmente più sostenibile.
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La Strategia Energetica Nazionale (approvata con un colpo di mano dal Governo dimissionario) non va in
questa direzione.
Si tratta di una strategia vecchia e che non guarda al futuro: è fondata sul raddoppio della produzione
nazionale di idrocarburi, che darebbe il via libera alle perforazioni - perfino con la riduzione della distanza
minima dalle coste per l’estrazione a mare - e sull’ obiettivo di fare dell’Italia un “hub” del gas per l’Europa, con nuove infrastrutture (rigassificatori e depositi), quando oggi sono sottoutilizzate quelle esistenti.
In compenso, gli obiettivi quantitativi per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica (pur migliorati
nell’ultima versione) non diventano effettivamente conseguibili, perché sono nella realtà ostacolati, favorendo
le fonti fossili e i produttori convenzionali. La crescita contemporanea dei due sistemi – rinnovabili e fossili –
non è credibile, a meno di mantenere le rinnovabili in condizioni di marginalità.

Per esempio, sono stati rinnovati gli incentivi CIP 6 e, da ultimo, l’Autorità per L’Energia Elettrica e il Gas
con un documento oggi in consultazione chiede che gli oneri di sistema siano caricati anche sull’energia
elettrica autoconsumata prodotta da rinnovabili, ovvero consumata senza utilizzare / fruire dei servizi della
rete: un aggravio tecnicamente ingiustificato che oltretutto allontanerebbe il raggiungimento della grid parity.
Sarebbe necessario invece una integrazione delle strategie energetiche in Europa, ed è importante che
la questione cominci ad essere posta nei vertici europei.

In una situazione in cui, nonostante i dimostrati benefici per la qualità e la quantità dell’occupazione,
una parte rilevante dei decisori politici continua ad ascoltare ed obbedire solo ai “poteri forti” del vecchio
sistema energetico basato sui grandi impianti e sui combustibili fossili importati: come far avanzare un modello
energetico “sostenibile” e socialmente desiderabile? Innanzitutto occorre riportare al centro la questione
climatica ed energetica, farne oggetto di dibattito e di corretta informazione: una priorità democratica.
In una logica di raggiunta partecipazione, bisogna quindi costruire una vera e propria piattaforma per
un vertenza, da far valere a livello nazionale e allo stesso tempo articolare ai vari livelli settoriali e territoriali.
(indichiamo sommariamente alcuni punti, nella consapevolezza che vanno articolati con la partecipazione e la
condivisione più ampia, per mettere in campo nell’immediato una iniziativa estesa ed efficace).
· Per rimettere in discussione le linee della SEN sarebbe utile il rilancio della legge di iniziativa popolare
“Sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima”,
http://www.oltreilnucleare.it/images/pdf/pdlpop.pdf - per la quale molte organizzazioni hanno
contribuito alla raccolta delle firme necessarie – sollecitando i parlamentari disponibili a ripresentarla in
questa legislatura, come base per un riordino degli interventi per il sostegno allo sviluppo di tutte le fonti
rinnovabili e all’efficienza energetica;
· Analogamente, viste le competenze delle Regioni in materia energetica (che noi in contrasto con la SEN
vogliamo difendere) vanno verificate le possibilità, ove non ci sono piani regionali coerenti, di sostenere
proposte di legge regionali (es. Campania, Sicilia….);
· In tal senso va rivista la decisione del governo Monti di eliminare l’energia dalle materie per cui, in base
all’art. V della Costituzione, Stato e Regioni sono concorrenti
Vanno indicati alcuni NO molto precisi:
- No a nuove centrali (a carbone e non solo - vi sono nuove richieste per complessivi 20 GW ), a nuovi
rigassificatori, a nuovi depositi di gas, alle trivellazioni – compreso le ricerche geologiche sulla possibilità di
ottenere licenze per fracking - ecc.
- in questo senso l’ipotesi della “Moratoria al carbone e alle trivelle”, di cui si è avviata la discussione in una
prima riunione nazionale, è un percorso utile;
- contemporaneamente va posta la questione della chiusura di alcuni vecchi impianti (CIP6, a olio
combustibile, a carbone);
- va impedito che la Sogin continui ad operare senza trasparenza nell’attività di decomissioning delle
centrali e del combustibile, poiché va assicurata la messa in sicurezza di quanto rimasto del ciclo nucleare.
- Va contrastato il documento dell’AEEG sugli oneri sull’autoconsumo;
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Ma vanno indicati soprattutto dei SI altrettanto precisi, articolandoli a livello centrale e territoriale:
- misure urgenti al fine degli incentivi del V conto energia, (agevolazioni fiscali, creditizie, regolamentari,
Certificati Verdi e Bianchi, semplificazioni burocratiche, nelle procedure autorizzative, eliminazione dei
registri e delle aste),
- rendere possibile la vendita diretta di energia tra privati (superando il monopolio dei gestori di rete) con
l’incremento dello scambio sul posto, l’autoproduzione, l’autoconsumo;
- Promuovere la sostituzione dei tetti di amianto con impianti FV e Termici, a partire dagli edifici pubblici (in
collegamento con il “piano amianto”…);
- adeguamento della rete di trasmissione elettrica e trasformazione in Smart Grid delle reti territoriali;
- Integrazione tra gli interventi per la produzione rinnovabile di elettricità, calore, freddo, cogenerazione e
trigenerazione in scala anche mini/micro e per l’efficienza energetica, nelle abitazioni, nei cicli produttivi…
- Messa in studio di una Carbon Tax per disincentivare le emissioni di CO2
· In questo processo di transizione, verso il modello energetico che indichiamo, vanno coinvolti non solo i
decisori politici nazionali e territoriali, ma anche tanti altri soggetti, a partire dai settori produttivi, e quindi
dei lavoratori e dei loro sindacati, ed anche settori imprenditoriali interessati e sensibili:
- Innanzitutto la filiera complessiva dei settori delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica che
coinvolge prevalentemente aziende e lavoratori del settore metalmeccanico, che oggi soffre di un forte
rallentamento imputabile all’azione del governo, ma che può individuare sicuramente attività appropriate
per mantenere il patrimonio occupazionale e di competenze accumulato (nuovi materiali e componenti,
storage, smart grid, servizi di gestione e manutenzione O&M….)
- vi sono inoltre i settori della produzione energetica da fonti tradizionali per i quali la difesa dei posti di
lavoro deve passare necessariamente da una progressiva riconversione del settore verso un modello di
generazione distribuita (chiudendo subito le centrali più sporche ed obsolete, per lasciare spazio ai cicli
combinati piu’ puliti ed efficienti) e cercando spazi per la sovracapacità produttiva in direzione
dell’esportazione verso altri paesi europei in una logica di integrazione (es. la Germania interessata al
processo di uscita dal nucleare).
- Vi sono i settori legati all’edilizia, necessariamente meno impegnati in nuove costruzioni (che in
applicazione della direttiva europea EPBD2 dovranno essere a “emissioni quasi zero”), ma piuttosto
indirizzati al recupero e alla ristrutturazione del patrimonio esistente, con grande attenzione all’efficienza
energetica e alla riduzione di emissioni dell’intero edificio.
- Lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica coinvolge comunque tutti i settori
merceologici e produttivi, incluso i trasporti, la logistica – pensiamo alle implicazioni dello sviluppo di
mezzi elettrici – ma anche i servizi, e la pubblica Amministrazione.
- Tutto questo necessita e alimenta la possibilità di sviluppo della ricerca, a partire da quella pubblica, e di
una adeguata formazione nella Scuola nell’ Università, per le quali il Sindacato della conoscenza (FLC) è
particolarmente impegnato, anche per la situazione dell’ENEA, ancora in amministrazione straordinaria.
- . A proposito di efficienza energetica, in tutti i settori, è significativo il documento congiunto Confindustria/
Cgil Cisl Uil del 2011 “Efficienza energetica, opportunità di crescita per il paese”
http://www.cgil.it/Archivio/Terziario/Energia/Avviso_comune_Efficienza_energetica_firmato_il_21122011
.pdf che potrebbe essere un punto di partenza per aprire confronti ai vari livelli (centrali, settoriali,
territoriali, aziendali) tra sindacato e sistema delle imprese per implementare interventi di efficienza
energetica e sollecitare coerenti iniziative da parte dei decisori pubblici.
• Ai livelli territoriali e settoriali sono importantissime esperienze come l’estensione dei “Patti dei Sindaci”,
i Piani di azione Energia Sostenibile (PAES), quelle dei “Comuni rinnovabili”, le esperienze di produzione e
gestione partecipata dell’energia come Retenergie e i Gruppi di acquisto fotovoltaici, Cooperative
energetiche, i Distretti di Economia solidale. Sono esperienze che vanno promosse e le cui buone pratiche
vanno diffuse, anche perché fondamentali per comportamenti più responsabili e sostenibili anche da parte
delle comunità e dei singoli.
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• In questa direzione va una iniziativa rivolta in particolare a pensionati e cittadini (in corso di messa a
punto da parte dello SPI-Cgil) di divulgazione sulle questioni energetiche, con il coinvolgimento di
associazioni dei consumatori, per fornire tutti gli strumenti di conoscenza, a partire dalle norme
attualmente in vigore, da utilizzare nella contrattazione sociale, sia per l’uso più razionale delle risorse,
incluso il contenimento dei costi delle tariffe, sia per promuovere comportamenti più sostenibili anche
nelle scelte individuali.
• Infine va sviluppata una iniziativa su scala europea, analoga a quella promossa per l’acqua, che prefiguri
attraverso lo strumento dell’ICE la più larga partecipazione di cittadini e movimenti alla creazione di un
modello omogeneo, che contempli la decarbonizzazione e la denuclearizzazione e che estenda
l’integrazione europea anche nel campo della produzione sostenibile e del consumo consapevole di
energia.
Non è necessario che su tutte le questioni vi sia un accordo compiuto su ogni aspetto, nel rispetto delle
autonomie di ognuno, è possibile mettere a confronto iniziative e pratiche dal basso per creare la massa critica
necessaria, non solo per rivendicare scelte generali coerenti, ma anche per realizzare e gestire un modello
energetico sostenibile, che necessariamente dovrà essere decentrato e basato sulla generazione distribuita.

giovedì 30 maggio 2013

Disastri ambientali, privatizzazioni ed il caso (non isolato) dell'ILVA


Per capire di che cosa parliamo quando parliamo di privatizzazioni guardiamo l'Ilva. Riva ha comprato l'Italsider di Taranto (un «ferrovecchio», secondo lui che lo ha comprato; un gioiello, secondo Prodi che ne ha predisposto la vendita) una ventina di anni fa per una manciata di miliardi (di lire: cioè di milioni di euro).
Da allora, ha instaurato in fabbrica un regime dispotico, che gli è valso due condanne per discriminazione (ma ne avrebbe meritate decine), ma che è costato agli operai centinaia di morti sul lavoro.
Ha appestato la città con emissioni, reflui e rifiuti nocivi che hanno provocato migliaia di malattie e centinaia di morti. Ha macinato profitti per miliardi di lire, ma poi anche di euro, e ne ha imboscati molti in paradisi fiscali, rimpatriandone una parte esentasse grazie allo scudo fiscale di Tremonti. Ha sfruttato gli impianti senza investire se non lo stretto necessario per tenerli in funzione, mettendo in conto di abbandonarli, insieme a operai e città inquinata, quando non sarebbero più stati redditizi. 
Riva non è un'eccezione: il resto dell'Italsider ceduta a privati come Lucchini e ora prossima al fallimento non è stata da meno. Ma le privatizzazioni degli anni '90 hanno riguardato ben altro: le tre Banche di Interesse Nazionale e con loro quasi tutto il sistema bancario, compresa la Banca d'Italia (che, grazie al «divorzio» dal Tesoro, che da allora non la «controlla» più, oggi è «proprietà privata» delle banche che dovrebbe controllare...). Le quali, ingrossate e ingrassate, si sono dedicate soprattutto ad acquisizioni e a speculazioni fallimentari (grandi immobiliaristi alla Ligresti, grandi opere tipo Tav, titoli dello Stato, che si dissangua per loro). Se oggi il tessuto produttivo sta naufragando per il credit crunch lo dobbiamo a quelle privatizzazioni. Quanto al manifatturiero dell'Iri, oggi resta solo Fincantieri che è un covo di (presunti) delinquenti, vive di commesse militari e ha liquidato tutto il settore civile, motore di gran parte del settore metalmeccanico del paese. E Telecom prima è stata regalata a Fiat, poi a Bernabè, poi ai «capitani coraggiosi» di D'Alema, poi a Tronchetti Provera (che l'ha usata, sembra, per integrare il suo reddito con lo spionaggio; chi controlla i telefoni controlla tutti), poi di nuovo a Bernabè che ora la smembra con l'aiuto della Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) cioè dello Stato nascosto dietro a una banca fintamente privatizzata. Ma anche Telecom era il motore di tutta la microelettronica italiana (un «gioiello» tecnologico avanzatissimo), che da allora è stata prima svenduta a multinazionali estere, poi svuotata del suo know-how e poi liquidata insieme, ovviamente, ai lavoratori del braccio e della mente che impiegava (sono storie di oggi: Jabil, Nokia-Siemesn, Lucent-Alcatel, ecc.). La chimica dell'Eni non ha avuto sorte diversa. Per non parlare della Fiat, che ha campato per decenni con gli aiuti di Stato e che oggi emigra negli Usa o in Serbia a seconda delle convenienze. E potremmo continuare...
Ma perché privatizzare tutte quelle imprese? E perché lo Stato non può rinazionalizzare l'Ilva, che è l'unica strada per bonificarla e non farla chiudere? «Ce lo chiede l'Europa» è la risposta falsa allora e falsa oggi: il «divorzio» tra Banca Centrale e Tesoro - poi trasferito a livello europeo, ciò che oggi ci inchioda a un'austerità paralizzante - ha preceduto quello di tutte gli altri paesi dell'Ue (e in quelli non-euro non è mai avvenuto). E in Italia sono state privatizzate tutte le banche pubbliche (che erano il 70 per cento del settore bancario), mentre Germania e Francia ne hanno privatizzato solo il 10 per cento. In Francia il settore elettrico è rimasto tutto in mano pubblica (e questo è un bene, visto che si tratta di impianti nucleari); ma è pubblico, molto più che in Italia, anche in Germania. E il Regno Unito, antesignano delle privatizzazioni all'epoca della Thatcher (poi superato dalle svendite del nostro paese) ha rinazionalizzato la rete ferroviaria di fronte alle pessime performances dei privati che l'avevano comprata. E potremmo continuare...
Ora è il turno dei servizi pubblici locali: le ex-municipalizzate su cui la finanza, dopo l'assalto a salari e pensioni, ha messo gli occhi per appropriarsene a spese della popolazione. Con un meccanismo semplice: il patto di stabilità interno strangola gli Enti locali - sui quali ricade l'80 per cento dei tagli della spesa pubblica - e costringe i Comuni, per «salvare i bilanci e non venir commissariati, a svendere le loro partecipazioni nelle ex-municipalizzate, ormai trasformate in Spa. I comuni non hanno più accesso al credito anche perché la Cdp, creata più di centocinquant'anni fa per finanziare a tassi agevolati gli investimenti degli Enti locali con il risparmio dei piccoli risparmiatori, è stata anch'essa privatizzata (all'italiana, cioè in modo fittizio). Ora non fa più credito ai Comuni, ma in compenso finanzia la privatizzazione delle loro «partecipate», o la loro concentrazione, per «portarle in borsa» e sottrarle definitivamente al controllo delle amministrazioni locali e della cittadinanza. Portarle in borsa significa renderle redditizie, cosa che si può fare soltanto aumentando le tariffe: cioè a spese degli utenti. Cent'anni fa le municipalizzate erano state create, con la legge Giolitti del 1903, e finanziate con la fiscalità generale, per portare acqua, fogne, elettricità, gas e trasporti in quartieri popolari dove gli abitanti non avrebbero potuto accedere a quei servizi se avessero dovuto pagarli a tariffa piena. Oggi quegli stessi servizi - più altri - vengono privatizzati perché ai Comuni non vengono più date le risorse per finanziarli. Ci pensano, con l'aiuto della Cdp e i soldi dei piccoli risparmiatori, i privati. Ma per finanziare i loro profitti con l'aumento delle tariffe: di chi può pagare. Perché agli utenti che non pagano il servizio viene sottratto: le linee di trasporto pubblico (bus e treni) che non sono redditizie vengono tagliate e la fornitura di beni essenziali come l'acqua viene bloccata, come insegna l'esperienza della società Acqua Latina...
«È l'Europa che ce lo chiede» continuano a blaterare i nostri governanti. Falso. Non ce lo chiede affatto l'Europa (altri paesi si comportano differentemente), ma ci viene imposto dai patti finanziari scellerati che i nostri governanti hanno sottoscritto. Patti che come sono stati firmati possono venir revocati; soprattutto se a pretenderlo fossero non un solo governo, ma tutti quelli dei paesi che da quei patti vengono trascinati verso la catastrofe. 
Ma che cosa c'è dietro quei patti? All'inizio, la volontà di bloccare spesa pubblica e salari, accusati di essere la causa dell'inflazione: è la grande svolta degli anni '80 che ha aperto l'era del liberismo e del pensiero unico, quello del «Non c'è alternativa». Da quella svolta molti (il 99 per cento forse no; ma quasi) ci hanno perso, e parecchio; ma qualcuno ci ha guadagnato, e ancora di più. A guadagnare è stata la finanza, la forma che il potere del capitale ha assunto nell'epoca della globalizzazione. 
Ma guardiamo le cose un po' più da vicino, per esempio nei consigli di amministrazione e nel management delle società: private, privatizzate o ancora (formalmente) pubbliche, o di organismi di indirizzo e controllo. Scopriamo che ciascuno dei membri di questa élite è presente, contemporaneamente o in successione, in molte di queste imprese o di questi organismi; anche se sono tra loro concorrenti o in un rapporto di controllore e controllato. Di più: il loro curriculum non è fatto di saperi e competenze (come ci hanno dimostrato, per esempio, il prof Monti, la prof. Fornero o il prof. Profumo nella passata compagine governativa: la loro incompetenza in tutto ciò di cui si sono occupati è addirittura proverbiale; e ne portiamo tutti le conseguenze), bensì del cumulo dei loro incarichi: che è ciò che permette loro di agire «in rete»; di consolidare reciprocamente il loro potere e di coprire a vicenda le loro responsabilità (che cosa non hanno fatto Monti, Passera e Clini per coprire le responsabilità dei Riva; o dei dirigenti di Finmeccanica, di Fiat, di Eni, ecc!). 
Insomma, rinazionalizzare, o riportare comunque sotto una gestione pubblica, è in molti casi - e non solo in quello dell'Ilva - indispensabile. Ma non basta (anche l'Italsider prima dei Riva non è cosa da rimpiangere; come non lo sono molti servizi pubblici locali ancora sotto un formale controllo dei relativi Comuni). Ci vuole un controllo dal basso della gestione di queste società: da parte delle maestranze, ma anche della cittadinanza attiva e delle loro associazioni; e di amministrazioni locali a cui si imponga di assumersi responsabilità dirette nella loro gestione. Dobbiamo puntare, e in fretta, alla creazione di una nuova classe dirigente in grado di aprirsi - quando verrà il momento; e non è lontano. In molti casi è già arrivato - a nuove forme di gestione democratica e partecipata. Perché le classi dirigenti attuali sono inemendabili e ci stanno conducendo al disastro.

Guido Viale (Il Manifesto)

mercoledì 29 maggio 2013

Belo Monte... Le donne indios dicono no alla diga che devasterà il loro habitat naturale




Abbiamo il dovere di parlare di loro.” Circa 150 indigeni brasiliani appartenenti a varie etnie sono tornati a bloccare il principale cantiere della mega-diga Belo Monte a Vitoria do Xingu, nella regione sud-est dello Stato amazzonico del Parà. 

Gli indios avevano condotto un’identica forma di protesta anche il 2 maggio scorso, rimanendo nel locale per otto giorni consecutivi. 

Come nelle precedenti occasioni, il gruppo rivendica il diritto di essere consultati in anticipo sui rischi ambientali.Nelle intenzioni della protesta innanzitutto l’essere consultati preventivamente per valutare l’impatto ambientale di un simile progetto, che certamente si ripercuote sulle secolari abitudini di vita e sul sostentamento delle varie tribù autoctone.

Una volta costruita, la diga di Belo Monte sarà la terza al mondo per dimensioni, dopo quella delle Tre Gole in Cina e di Itaipù, alla frontiera tra Brasile e Paraguay.”


Avevano promesso a dicembre del 2012: «Nel 2013 abbiamo il dovere di evitare il disastro di Belo Monte», sono i  lavori di sbarramento del fiume Xingu per la costruzione della diga di Belo Monte in Brasile. 

“Il consorzio Norte Energia (NESA) ha iniziato a costruire dighe temporanee sul fiume Xingu, per drenare le aree di costruzione della diga definitiva, e deviando l’80 per cento del flusso del fiume Xingu, la diga Belo Monte distruggerà le case e l’ambiente di 40.000 persone che saranno costrette ad abbandonare case e campi, e sommergerà anche oltre 40.000 ettari di foresta pluviale distruggendo forme animali e vegetali.”Poco più avanti riporterò l’ intero articolo per la ricchezza esplicativa del suo contenuto. Perchè la foto di una donna indigena all’inizio? Antonia Melo, coordinatrice del movimento Xingu Vivo aveva dichiarato: “Continueremo ad opporci a questa mostruosità e a denunciare di fronte all’opinione pubblica brasiliana e al mondo intero questa distruzione indiscriminata del Rio delle Amazzoni che danneggerà tutti noi: togliere il fiume è di togliere la vita della sua gente, perché l’acqua è vita”.

Contro la presidente Dilma Roussef: “l’approvazione e i lavori della diga Belo Monte sul fiume Xingu, causerà non solo la distruzione di 40.000 indios e dell’ecosistema locale, ma anche dell’intero pianeta. Questa diga è la prima di un’intera serie di altre grandi dighe, strade e infrastrutture che devasteranno la regione amazzonica. E quel che più ci indigna è che una simile decisione sia stata presa proprio  da una presidente donna, dal passato di combattente vicina agli ultimi: contro il tradimento di questa donna reclamiamo una sollevazione femminile planetaria.

Noi, donne della Terra, le chiediamo un passo indietro, senza il quale lei, con il suo mandato, sarà sempre ricordata per aver tradito il proprio paese, la povera gente, la madre terra con tutte le sue creature, e tutto il genere femminile  che in lei confidava”.

So che vi sembrerà molto lontano tutto ciò e la loro lotta ma io la trovo preziosa e straordinariamente grande, nel pensiero e nella pratica. Di esempi così, ne abbiamo  tanto bisogno.


Doriana Goracci

martedì 28 maggio 2013

UE iniqua ed affamatrice... le sanzioni colpiscono il popolo siriano ed avvantaggiano i terroristi integralisti


L'embargo consiste in una serie ampissima di divieti in scambi commerciali con la Siria, come la fornitura di cibo e medicine. L'embargo  sta affamando e ammalando da due anni il popolo siriano (mentre i ribelli vendono in Siria la farina ottenuta dal grano che loro hanno rubato al popolo siriano e svenduto alla Turchia ). 

Ma non basta! Quealcuno ha il coraggio di pensare di revocare l'embargo alle armi alla Siria cioè di permettere ( contro il diritto internazionale ) ai Governi di vendere armi ai ribelli nonostante tutte le mostruose  violenze che hanno perpetrato sui civili finora. 

Veniamo costretti a leggere articoli in cui la Bonino si dice preoccupata di veti incrociati che farebbero cadere l'impianto delle sanzioni  del cosidetto impainto dell'embargo alla Siria: impedire l'accesso a cibo e medicine a un popolo a cui sono state distrutte le fabbriche ( dai ribelli ) che non può andare a lavorare né spostarsi ( vengono fatti scendere dagli autobus, derubati, rapiti, uccisi ) significa che il popolo siriano non può né mangiare né curarsi, significa lasciarlo morire di fame e di malattie.
 
Veniamo costretti a leggere che si vuole modificare l'unica sanzione sana che fa parte di questo embargo totale alla Siria: quella del divieto di vendere armi alla Siria.  Nonostante 25 paesi su 27 EU abbiano ampiamente ribadito di essere contrari alla modifica dell'embargo delle armi alla Siria, oggi a Bruxelles i ministri degli esteri dell'UE hanno discusso questo.


E' meglio quindi rileggere cosa ci aveva detto Gregorio III Laham a proposito dei bisogni del popolo siriano. Lo direbbero anche i 23 milioni di siriani che hanno preso le distanze dalla "rivoluzione siriana" dopo aver visto trascinare sull'asfalto in giro per la città un cadavere legato ad un'auto: avevano capito che quel cadavere non rappresentava la rivoluzione siriana ma la morte della Siria. lo direbbero loro se non venissero minacciati di morte, da parte dei ribelli. 


(http://oraprosiria.blogspot.it/
)


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Intervento integrativo


Ecco quel che sta accadendo in Siria: dalla Siria, domande al Ministro Bonino e al democratico Occidente


"Cosa si intende per Siria oggi? il legittimo governo che s'è dato il popolo siriano?, oppure: la masnada di guerriglieri fanatici che - in nome dell'Islam - si son dati appuntamento sul territorio siriano?"



Bruxelles, 27 mag. - (Adnkronos) - Evitare che i veti incrociati tra i Paesi facciano cadere l'intera struttura dell'embargo contro la Siria, che deve essere  rinnovato entro la mezzanotte del 31 maggio. E' questa la posizione dell'Italia,  espressa al suo arrivo alla riunione dei ministri degli Esteri dell'UE dalla  titolare della Farnesina Emma Bonino. "Non so" come finira' la discussione di  oggi sul tema dell'embargo alle armi, "quello che so - ha detto - e' che  dobbiamo evitare che posizioni cosi' divergenti da essere inconciliabili abbiano  come risultato la caduta totale dell'intera struttura dell'embargo".    

Ho letto con interesse, ma anche con costernazione, la dichiarazione pubblicata dall'Agenzia Adnkronos circa la dichiarazione fatta dal Responsabile della politica estera dell'Italia, circa la conferma dell'embargo contro la Siria. 


La prima domanda che mi pongo e pongo a chi ha fatto quella affermazione è:  Cosa si intende per Siria oggi? Il legittimo governo che s'è dato il popolo siriano? oppure: la masnada di guerriglieri fanatici che - in nome dell'Islam - si son dati appuntamento sul territorio siriano? 
Se si vuole intendere la Siria con il suo legittimo governo, mi permetto di dissociarmi: in quanto cittadino italiano ed in quanto individuo libero e cosciente di una situazione distruttiva del Paese, non voluta né da chi lo dirige e tanto meno dal popolo. So per certo che fino alla metà di marzo dell'anno 2011 la Siria ed i siriani vivevano in pace, godevano non solo di libertà, controllata se si vuole, ma ognuno era pur sempre libero di muoversi come voleva. Oggi dov'è questa libertà? Oggi si vive nel terrore.  

Ho avuto la fortuna di vivere in quella terra benedetta da Dio per parecchi anni. Posso assicurare che in nessun paese di tutto lo scacchiere Mediorientale ci fosse tanta libertà. Nelle città la gente circolava per strada liberamente e senza alcuna paura fino alle ore piccole della notte. Ho avuto modo di ospitare a varie riprese, in diversi anni, amici venuti dall'Italia: con questi si usciva, soprattutto di estate, a partire dalle ore 11,30 di notte e si usciva a piedi, si rientrava dopo un'ora od un'ora e mezza tranquillamente. Più di uno di questi miei ospiti, venuto con il preconcetto che la Siria fosse un paese canaglia, s'è ricreduto ; non solo, ma s'è espresso in questi termini per descrivere la situazione di libertà e sicurezza che, malgrado le idee con cui era venuto, non s'è vergognato di ammettere, dicendo: "E' un delitto che i nostri governanti ed il mondo intero vogliono far passare la Siria per un paese canaglia". 

Nella seconda metà di marzo 2011 scoppia la così detta "primavera araba" pure in Siria. Il mondo occidentale applaude, come ha fatto per gli altri Paesi dell'area. Il mondo occidentale non s'è reso conto che dietro tutta quella macchina primaverile vi erano Stati del Golfo interessati a far cadere il Governo ed il suo Capo: e non perché fosse dittatore, ma perché si vedevano veramente minacciati nelle loro Istituzioni. 
L'Occidente è caduto nella trappola, è stato irretito ed ha appoggiato queste manovre, anche perché se non lo avesse fatto si sarebbero potuti chiudere i pozzi dell'oro nero di cui l'Occidente ha tanto bisogno. Non ha riflettuto che si volevano attirare le attenzioni sulla Siria, che stava guadagnando  terreno attraverso le aperture democratiche e di libertà concesse al proprio popolo, alle spese dei veri dittatori sempre al potere di altri Paesi dell'area. 
Così si è iniziato pagando facinorosi perché scendessero in piazza a gridare contro il governo (ogni individuo che gridava "abbasso il regime" era pagato $ 10 e se con sé ne portava altri 5 - 6 - 10 percepiva altri $10 a testa. Questo sistema era diventato un business vero e proprio... Un individuo poteva così guadagnare in una sola ora 150 - 200 dollari americani, circa lo stipendio di un mese. Chi legge faccia le sue considerazioni). 
Si chiedeva al Governo di togliere lo stato di "Emergenza". In realtà questo stato di "Emergenza" non esisteva più da anni. Altrimenti come si può spiegare la libertà di cui godeva il popolo? Come si può spiegare, ad esempio, il fatto che la gente usciva per strada e si ritrovava nei caffé, nei bar, nelle gelaterie fino all'una o le due di notte? 
 Ormai s'era aperta una strada e bisognava percorrerla fino in fondo. Si doveva trovare un "capro espiatorio" e l'Occidente pur di aver il petrolio l'ha designato, e continua a perseguirlo.

L'Occidente organizza "meetings" ed altro, in favore del povero popolo siriano ed invita a parteciparvi gente che non rappresenta il popolo, come è successo a Roma il 28 febbraio 2013: in occasioni del genere si arriva con i portafogli pieni e si riversano "aiuti" nelle mani o nelle sacche di chi?... di chi dovrebbe dare la pace e la tranquillità ai siriani. I soldi vengono dati usando l'eufemismo "aiuti strategici". 
Che dicano chiaramente: "PER COMPERARE ARMI". Che dicano finalmente cosa stanno facendo e cosa intendono fare della Siria.
Oggi si parla di confermare l'embargo e i soldi dati alle masnade di rivoltosi, venuti dal mondo intero, chi li blocca? 
Questi Signori della Guerra, perché altro non sono, si sono mai posti la questione: là dove abbiamo aiutato un gruppo di facinorosi (in  tutti i Paesi del mondo ve ne sono, come in tutti i Paesi del mondo vi sono i malcontenti) a sollevarsi ed hanno raggiunto, col nostro aiuto, il potere, hanno poi portato la libertà? la democrazia? Questi commercianti di guerra hanno mai riflettuto se in Tunisia, in Libia, in Egitto s'è instaurato il regime di libertà che loro avevano auspicato e per cui avevano gettato soldi portandoli via dalle casse della loro Nazione? Questi Signori della Guerra hanno diritto di  vuotare le casse del proprio Paese per portare guerra e disordine in un Paese in cui non sono stati chiamati?  

La storia delle rivoluzioni e delle guerre in Medio Oriente inizia con la guerra all'Iraq. Guerra fatta per detronizzare un dittatore che ha bluffato il mondo intero minacciandolo di possedere armi chimiche di distruzione di massa. L'Iraq è stato distrutto, il dittatore è stato detronizzato, processato ed ucciso, ma di armi chimiche neppure l'odore. Fu ammesso, e da chi aveva dichiarato quella guerra, rifiutando di ascoltare la voce del Beato Giovanni Paolo II...  
Una domanda sorge spontanea: in tutta quella storia, dove era l'ONU? Oggi l'ONU è sempre presente a gridare che in Siria il numero dei morti ha raggiunto questo numero,.... quasi a volerli attribuire tutti all'esercito regolare. Come se i cosiddetti oppositori sparassero cioccolato o ciliegie. Già, perché gli oppositori - con i soldi che forniscono loro i Signori della Guerra - comperano armi giocattolo... 
Ma l'ONU ci ha mai detto dove sono finiti più di un milione di Irakeni, morti per una guerra assurda? Gli Irakeni morti durante quella guerra, e quelli che muoiono ancora oggi per tutti gli attentati perpetrati dai terroristi, cosa sono per l'ONU? animali da macello soltanto? O all'ONU, visto il proprio comportamento assunto con la guerra in Irak, oggi sorgono gli scrupoli di coscienza, e conta i morti siriani?  

Chiudo queste mie considerazioni con qualche domanda che rivolgo a coloro che vogliono l'embargo chiaramente unilaterale, per poter poi armare come vogliono i ribelli:
"se mai avete una coscienza riflettete a quanto avete fatto fino ad oggi ed a quanto state per perpetrare" : in Siria si sta distruggendo un popolo, una delle civiltà più antiche del mondo, tutto ciò chi l'ha permesso? Che fine hanno fatto i due sacerdoti ed i due vescovi rapiti ad Aleppo, i primi lo scorso gennaio ed i secondi lo scorso 22 aprile? Ma questi non sono i soli. Ve ne sono tanti altri che non sono mai tornati a casa....
La Siria ha soltanto bisogno di pace: se si vuole il bene di un popolo, di un Paese, si devono escogitare modi e maniere per aiutarlo e, se nel caso si dovesse ritenere che chi lo governa dovrà cambiare qualcosa, lo si deve aiutare, ma mai imporre ad un Capo di Stato:  "devi fare questo o quello soltanto così sarai nostro amico". 
Soprattutto....
Soprattutto si deve capire che mai si può imporre ad un Capo di Stato di quella Regione: devi andare in esilio, devi lasciare il potere, te ne devi andare. Ci si deve sforzare di comprendere la loro psicologia e questo lo si potrà capire vivendo con loro e tra loro, per anni ed anni....

  l'Osservatore Siriano da Aleppo


lunedì 27 maggio 2013

L'anima ha un sesso? Analisi sessuologica di Angelo Bona


Cari amici, numerosi pazienti che incontro ogni giorno si lamentano di una sessualità frustrante, di una passionalità a termine, di un eros che si spegne troppo rapidamente lasciando nel cuore l'amaro retrogusto di una rinnovata solitudine.

L'attrazione si spegne sempre più rapidamente e nell'arco di pochi giorni, mesi o anni le conflittualità, gli scontri o il nulla stendono un pietoso velo su ciò che sembrava all'inizio un fuoco inestinguibile.

Credo che la sessualità nell'essere umano, a prescindere dalla sua funzione riproduttiva, abbia, per dirla alla Hillman il compito di "fare anima". Se questa opportunità non si esprime il corpo, la mente, i feromoni, la biochimica dell'intimità non risultano sufficienti a rinfocolare la fiamma della passione.

Le gioie e le pene dell'amore sessuale fini a se stessi non garantiscono il rigenerarsi del desiderio, ammesso che nel rapporto non venga attivata una pulsione spirituale volta ad una congiunzione trascendente i corpi: l'appagamento di una sessualità dell'anima.

Non pretendo che una coppia resti abbracciata in una copula eterna come accade mitologicamente al dio del cielo Urano e alla dea della terra Gea, ma nemmeno  è auspicabile che l'eros si degradi dopo pochi incontri ginnici vissuti in una squallida camera di un motel.

La tendenza del nostro tempo è quella, senza voler fare del banale moralismo, di sprofondare in un erotismo asfissiante, commerciale, pornografico perdendo completamente il fine di una sessualità volta ad evolvere o a "fare anima".

I corpi si congiungono in posizioni raffinate o grossolane senza mai accennare all'essenza, al tantra di un impeto spirituale, all'apertura di un loto animico.

Vi chiedo se siete soli in due o appagati da una congiunzione non solo fisica con il vostro partner. Vi domando se siete insieme capaci di fondervi in un amplesso astrale che valichi i limiti del tempo, della realtà, della sfera genitale.

Se non siete riusciti a generare un'Anima Unica che vibra all'Unisono con il vostro Sè forse esiste un segreto karmico da svelare tramite l'ipnosi regressiva. La trance apre congiunzioni siderali ove precedentemente brillavano galassie lontane troppi anni Luce.

Forse soltanto gli angeli conoscono questa sessualità d'anima che appaga oltre l'orgasmo endocrinologico una coppia che diviene Uno superando i limiti della separazione. E allora in sintesi esiste per voi una sessualità dell'Anima?


Angelo Bona -  Psicoterapeuta


Tel. 3279011694

domenica 26 maggio 2013

Emergenza ambientale nelle Marche ed intervento della Corte Costituzionale per Il V.I.A.


La CORTE COSTITUZIONALE, con sentenza nr. 93 del 20.05.2013, ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale degli allegati A1, A2, B1 e B2 alla legge della  Regione Marche 26 marzo 2012, n. 3 (Disciplina regionale della valutazione di  impatto ambientale – VIA), nel loro complesso, nella parte in cui, nell'individuare i criteri per identificare i progetti da sottoporre a VIA regionale  o provinciale ed a verifica di assogettabilità regionale o provinciale, non  prevedono che si debba tener conto, caso per caso, di tutti i criteri indicati  nell’Allegato III alla direttiva 13 dicembre 2011, n. 2011/92/UE (Direttiva del  Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione dell’impatto  ambientale di determinati progetti pubblici e privati - codificazione), come  prescritto dall’articolo 4, paragrafo 3, della medesima.

Da questo se ne deduce che  l’esclusione dei progetti dalla procedura di V.I.A. da parte  della Regione ha comportato violazione della normativa europea. E le autorizzazioni  rilasciate sono perciò non valide ed i Comitati in Rete ne hanno chiesto la revoca. 

Insomma sulla questione energia la Regione Marche (intesa come amministrazione) ha aperto tutte le porte possibili a speculatori e multinazionali, si va dai rigassificatori, agli inceneritori, al pompaggio di gas nel sottosuolo di San Benedetto,  ai pannelli solari che impestano le campagne, fino alle pale eoliche che vorrebbero mettere sui crinali appenninici. Ovviamente  per ognuno di questi argomenti sono nati una serie di comitati di lotta locali ed un coordinamento denominato "Comitati in Rete"  che pone l'accento soprattutto sul progetto più devastante,  un elettrodotto (proposto dalla Terna)  ad altissima potenza che andrebbe ad attraversare l'intera Regione Marche, partendo da Fano per giungere sino a Teramo. 

L'elettrodotto "attraverserà" le Marche ma  non per fornire energia elettrica alla regione, che anzi nell'ultimo anno ha mostrato un sensibile calo nei consumi, bensì per trasportare energia da vendere ai migliori offerenti, seguendo una linea produttiva che in Italia sarebbe vietata, ovvero attingendo elettricità  alla centrale atomica che l'Enel ha costruito in Montenegro (approfittando della frantumazione dell'ex Jugoslavia) che verrà  convogliata via cavo sottomarino e poi immessa nel circuito di elettrodotti che risalgono la Penisola.

Quindi la Regione Marche ha "venduto" a Terna un diritto di passaggio estremamente inquinante e distruttivo dell'habitat senza tener conto della Valutazione di Impatto Ambientale. E senza tener conto del grave pericolo rappresentato  dai Campi Elettromagnetici Artificiali e sui danni da essi provocati. Non solo per la salute di chi, animali, umani e piante, viene sottoposto alle radiazioni, ma anche dei danni paesistici e conseguente perdita di valore ed utilizzo dei terreni agricoli attraversati dai tralicci. (leggasi anche:   http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2013/05/gian-pietro-mogno-tutti-i-pericoli.html)

Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana

sabato 25 maggio 2013

Fiumicino - Urge salvare il litorale dal degrado e dall'inquinamento

Collage di Vincenzo Toccaceli

L’associazione GATC (Gruppo Archeologico del Territorio Cerite), il Comitato Passoscuro R-esiste e i cittadini riuniti sotto la sigla Dolcespiaggia, con il sostegno di ITALIA NOSTRA, e del presidente onorario del WWF Fulco Pratesi, presentano alla stampa e sottopongono al sindaco di Fiumicino una serie di richieste specifiche per la zona Maccarese-Passoscuro-Palidoro, in particolare per le aree a ridosso del borgo di Passoscuro. Tale PIATTAFORMA anticipa in parte il Documento Programmatico generale allo studio a seguito della manifestazione VIVI LA RISERVA 2013, attualmente in fase di elaborazione.

Questo al fine di dare continuità all’azione di salvaguardia e valorizzazione dell’area di Riserva di Fiumicino Nord,  azione intrapresa già da qualche anno da diverse associazioni del territorio e dall’Istituto Scolastico di Fregene-Passoscuro, anche in collaborazione con associazioni ambientaliste nazionali.
Sia nel caso delle iniziative passate, sia nel caso delle richieste che si vanno a presentare, possiamo parlare di micro interventi, da sostenere e incoraggiare, mirati a recuperare specifici elementi territoriali e urbani, nell’ambito di una visione complessiva della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano come un organismo vivente, da rilanciare e riqualificare attraverso i necessari passaggi amministrativi e politici. 
Questi interventi (che possiamo definire di “agopuntura territoriale”) hanno il valore di modello da esportare in altre località della Riserva, e si possono intendere come un “Progetto Pilota”, un laboratorio promosso e guidato dal basso. La nostra convinzione è, infatti, che i cambiamenti non possano avvenire senza che ci sia un “presidio” diretto di soggetti interessati alla difesa dei beni e del bene comune.

DI SEGUTO:

·         lista di richieste mirate.
·         scheda illustrativa dell’area di riserva, con punti di forza e criticità;
·         obiettivi raggiunti negli ultimi anni con le varie azioni di comitati, associazioni, istituzione scolastica, a dimostrazione che l’azione dei cittadini è assolutamente indispensabile per contribuire al cambiamento e al miglioramento del territorio.   


                                                                                              

RICHIESTE PER INTERVENTI MIRATI:

·         Posizionamento di  telecamere per il controllo della Riserva nell’area di Foce del Rio Tre Denari, sulle dune a Nord di Passoscuro e alla fine di Via Stintino, dove sono stati collocati i cartelloni illustrativi e i divieti.
·         Previsione di controlli periodici e certi delle Forze dell’Ordine, della Guardia Costiera, della Forestale e della Polizia Municipale della Capitaneria di Porto per reprimere vandalismo e altri comportamenti scorretti.
·         Chiusura di via Stintino, degli accessi e vie laterali alle zone della Riserva limitrofe a Passoscuro con sbarre o altri mezzi idonei.
·         Completamento della recinzione a protezione delle dune di  Palidoro-Passoscuro e relativa manutenzione.
·         Sistemazione durevole ed ecologica del tratto di collegamento ciclopedonale tra la spiaggia di Maccarese e l’abitato di Passoscuro,  manutenzione costante dello stesso e del ponte sul Rio Tre Denari.
·         Interramento dei cavi aerei del telefono nella zona della Foce del Rio Tre Denari al limite della recinzione dei Tumuleti di Bocca di Leone;
·         Studio di un progetto per eliminare l’impatto sulla salute e sull’ambiente dei tralicci Enel che invadono l’area di Riserva e il Litorale di Maccarese/Passoscuro in corrispondenza dei Tumuleti di Bocca di Leone e della Foce del Rio Tre Denari.
·         Soluzione delle cause dell'inquinamento sul Rio Tre Denari, affinché i devastanti episodi di moria di fauna ittica non si ripetano più;
·         Regolamentazione più severa e controlli nell’utilizzo di sostanze chimiche nocive alla salute umana in agricoltura e nelle operazioni di disinfestazione;
·         Garanzia e certezza dei controlli delle emissioni degli impianti industriali già esistenti sul territorio (es. impianti a biogas della Maccarese Spa);
·         Divieto dell’uso degli scooter d’acqua nelle acque prospicienti la Riserva e nella fascia di rispetto, e regolamentazione più severa dell’utilizzo dei veicoli a motore;
·         Regolamentazione delle attività sportive d’acqua potenzialmente pericolose (kite surf) a tutela dei bagnanti e della conservazione di spiaggia libera;
·         Garanzia dei controlli sulla pesca e la caccia;
·         Aggiornamento del P.U.A di Fiumicino, adattandolo all’esigenza di un corretto utilizzo delle spiagge e  stabilendo il ripristino di tratti di spiaggia libera sul litorale di Maccarese/Passoscuro;
·         Blocco dell’occupazione delle spiagge libere con chioschi o altre strutture private;
·         Incoraggiamento alla creazione e l’ampliamento di piste ciclabili nel rispetto delle aree più delicate;
·         Realizzazione di una Carta Archeologica del territorio;
·         Realizzazione della Carta della Natura 1:10.000 del territorio;
·         Incremento dell’offerta alla cittadinanza di visite guidate e iniziative  volte alla conoscenza e alla corretta fruizione delle aree meno note e frequentate della Riserva;
·         Adozione nelle biblioteche del territorio, comprese quelle scolastiche, di materiale documentario e di studi già elaborati.
·         Riqualificazione dell’arredo urbano del borgo di Passoscuro, manutenzione delle strade, illuminazione, eliminazione cavi aerei, attenzione al decoro.
·         Avvio della raccolta differenziata porta a porta con filiera trasparente e controllata.


L’AREA NORD DELLA RISERVA – MACCARESE/PASSOSCURO/PALIDORO (SCHEDA)
Punti di forza:
·         Habitat unico di flora e fauna: aree umide di pregio e preziose per la riproduzione dell’avifauna, canali delle Bonifica, corsi d’acqua, le Dune di Palidoro-Passoscuro,  lo stagno retrodunale di Passoscuro, i Tumuleti di Bocca di Leone, le Oasi WWF Vasche di Maccarese, Foce dell’Arrone e Macchiagrande di Focene.
·         Valenza culturale: i siti di rilevanza archeologica, villaggio preistorico di Maccarese, villa romana presso la Torre di Palidoro, il luogo del sacrificio Salvo D’Acquisto e il monumento a lui dedicato, location di film (fra cui la spiaggia della scena finale de “La Dolce Vita” a Passoscuro), sistema di fortificazioni costiere, area di Bonifica storica.
·         Vicinanza alla città di Roma.
·         Consolidata vocazione agricola;
·         Prestigiosa sede a Maccarese della Bioversity International Regional Office for Europe”.
·         Presenza di un esteso e rinomato litorale sabbioso, non soggetto a erosione.
·         Ricchezza di risorse ittiche (es. presidio della “tellina del litorale romano” SLOWFOOD).
Punti di criticità:
·         Ipotesi di raddoppio dell'aeroporto di Fiumicino con conseguente riduzione degli spazi agricoli e peggioramento della qualità dell’ambiente.
·         Presenza di impianti biogas, minacce di nuovi insediamenti industriali inquinanti e discariche, progetti di cementificazione delle aree protette e del litorale (“interporto” e porto turistico).
·         Forte incremento di grossi centri commerciali.
·         Aumento di nuovi insediamenti residenziali, speculazione edilizia, abusivismo.
·         Inquinamento delle acque (vedi i ripetuti casi di moria di pesci sul Rio Tre Denari).
·         Mancanza di attenzione e vigilanza nei confronti delle “aree di rispetto” e in generale dei fenomeni di vandalismo.
·         Segnaletica e cartellonistica insufficiente.
·         Progressiva perdita della memoria storica, dell’identità dei luoghi e delle comunità che vi abitano.
·         Continua espansione abusiva o autorizzata di strutture balneari che occupano gli arenili.

OBIETTIVI RAGGIUNTI DAI CITTADINI:

·           Sensibilizzazione della popolazione alle tematiche della difesa dell’ambiente e della qualità della vita, grazie alle manifestazioni organizzate dalle associazioni ambientaliste locali (manifestazioni contro discariche e inceneritori, quindi per una gestione virtuosa e sostenibile di raccolta e trattamento rifiuti, contro gli impianti di biogas e contro l’ampliamento dell’aeroporto), alle azioni di volontariato per la pulizia della spiagge, ai progetti di educazione ambientale realizzati dalle scuole con la collaborazione delle famiglie;
·           Successo nella battaglia contro la discarica e l’inceneritore a Pizzo del Prete;
·           Sensibilizzazione delle istituzioni su alcuni specifici temi;
·           Ottenimento da parte dell’amministrazione comunale di due delibere consiliari votate all’unanimità: del. 15/2012 contro discariche e inceneritori nel territorio, e del. 01/2013 per la modifica, nel regolamento di igiene urbana, delle distanze minime delle abitazioni dagli impianti nocivi;
·           Creazione di una sempre più corposa rete di associazioni culturali e ambientaliste mobilitate per la salvaguardia dei valori culturali e ambientali;
·           Posa di cartellonistica all’ingresso della Riserva Naturale del Litorale Romano nelle aree di Passoscuro-sud/Maccarese (Foce del Rio Tre denari, Tumuleti di Bocca di Leone), e a Passoscuro-nord/Dune di Palidoro;
·           Avvio di progetti educativi stabili, come la “Duna Laboratorio” presso l’Istituto  Comprensivo Fregene-Passoscuro;
·           Coinvolgimento degli esercizi commerciali nelle attività a carattere ambientale;
·           Coinvolgimento dei produttori locali nei mercatini del biologico e a “chilometro zero”.


Le richieste di cui sopra vengono presentate alla stampa e sottoposte ai candidati sindaco del Comune di Fiumicino e agli Uffici ed Enti competenti per le varie materie, per una capillare diffusione che faciliti la condivisione e lo stimolo alla collaborazione, al miglioramento e all’integrazione  delle proposte.

Insieme a Dolcespiaggia, Passoscuro R-esiste e Gatc, sottoscrivono:
ITALIA NOSTRA (Teresa Liguori vicepresidente, Oreste Rutigliano consigliere nazionale,
                              Ebe   Giacometti consigliere nazionale)
ITALIA NOSTRA LAZIO (il presidente Cesare Crova)

WWF ITALIA (il presidente onorario Fulco Pratesi)