giovedì 1 novembre 2012
Trentino e Basilicata - Intromissioni religiose nell'insegnamento scolastico
Dall'Alpi alle Piramidi l'avanzata dell'integralismo cattolico attraverso l'uso improprio della scuola pubblica
Due inquietanti esempi della volontà di condizionare i ragazzi alla religione cattolica, nelle scuole pubbliche e in due regioni a distanza di penisola, Trentino e Basilicata, così come riportati dall'UAAR.
E le relative reazioni popolari.
Trentino, proteste per circolare contro preghiera a scuola
In una scuola dell'infanzia di Fierozzo, amena località in provincia di Trento, è tradizione far pregare e far fare il segno della croce ai bambini prima di pranzare alla mensa. Una prassi che diventa di fatto obbligatoria per i bimbi ed è giudicata consuetudine. Probabilmente succede anche altrove. Ma resta comunque un vero e proprio atto di culto vietato dalla legislazione e contrario al principio di laicità, nonché una forma nemmeno tanto velata di indottrinamento nelle scuole pubbliche.
La coordinatrice pedagogica dell'istituto, venuta a sapere dell'andazzo, emana una circolare per impedire l'abuso. I maestri facciano i maestri, non i diaconi dei parroci. Anche perché per pregare non mancano di certo le chiese e non è compito della scuola pubblica invitare alla preghiera. Ma diversi genitori protestano perché vogliono ripristinata la discutibile tradizione. Si rivolgono ad alcuni sindaci della zona, nonché al parroco della valle, don Daniele Laghi.
Non è una sorpresa che un sacerdote possa tranquillamente affermare che "non ci sono bimbi di altre religioni" nella scuola, identificando la comunità linguistica mòchena — che abita l'area — tout court con la religione cristiana. Come se bambini di questa età possano essere etichettati d'ufficio come appartenenti a una confessione religiosa e seguirne in maniera consapevole e indipendente le pratiche. Il problema è che anche vari politici della zona ostentano il proprio clericalismo. Il primo cittadino di Fierozzo, Luca Moltrer, è convinto che la pratica "non faccia alcun male". Anche il sindaco della vicina Frassilongo, nonché presidente dell'Istituto culturale mòcheno, Bruno Groff, ha criticato la decisione della coordinatrice.
È intervenuto persino il presidente trentino Lorenzo Dellai, difendendo la preghiera a scuola come "atto coerente con le nostre tradizioni". In palese contraddizione ha pure affermato che "qualsiasi obbligo o divieto che abbiano a che fare con la religione non sono accettabili", concordando dunque col fatto che la scuola non dovrebbe organizzare pratiche religiose, ma lasciare i bambini liberi di giocare a fare l'Uomo Ragno oppure, imitando gli adulti, il cattolico che fa il segno della croce, senza alcun giudizio morale e senza interferenze degli insegnanti.
Diversi giornali hanno ripreso la notizia, dipingendola a tinte fosche e in maniera grottesca, quasi si trattasse di una forma di persecuzione verso il cristianesimo. Come se si volesse seccamente "vietare" ai poveri bambini di farsi anche solo il segno della croce e ci fosse un occhiuto commissario politico che li sorveglia e li punisce se osano farlo. Una ricostruzione che ci sembra incompleta e fuorviante. E che ignora dettagli importanti. Come il fatto che in una scuola pubblica non dovrebbero essere promosse pratiche religiose. D'altronde, se fosse tutto normale e permesso, non ci sarebbero state contestazioni e i difensori della preghiera a scuola non tenterebbero una "mediazione" con la scuola.
Per fare luce sulla vicenda proprio l'Uaar, che si impegna per la tutela della laicità nelle scuole, ha inviato una richiesta di accesso agli atti dell'istituto. Per avere a disposizione sia la circolare della tanto vituperata coordinatrice, oggetto di pesanti attacchi e la cui volontà viene addirittura ritenuta "peggio di una dittatura". E per capire anche come e perché la scuola abbia poi deciso, in contrasto con la legislazione vigente e all'insegna di un approccio chiuso e comunitarista, di ripristinare la tradizionale preghiera obbligatoria per tutti dopo le proteste di qualche genitore.
Montescaglioso: il preside istituisce la preghiera obbligatoria
[...] È del 18 ottobre una circolare interna alla scuola media statale Salinari di Montescaglioso, in provincia di Matera, che impone a tutti i docenti, segnatamente a quelli di lettere, l'intervento in classe di un cappuccino, tale Padre Flaviano, per "discutere con i ragazzi i valori fondanti della vita". In una discutibile premessa alla circolare di otto punti, snocciolando una overdose di senso comune di chiara ispirazione cattolica e nazional popolare, il dirigente scolastico – il 'preside' -, Nunzio Nicola Pietromatera, esibisce il suo fermo proponimento a chiamare ogni studente a "motivare il senso della propria vita […] sui valori dell'uomo inteso come persona che interagisce con gli altri". E come lo fa? Richiamando tutto il collegio docenti a prendere atto della sua ferma volontà: il prete in classe e la preghiera a inizio mattinata "come spinta per avviare la giornata con i migliori auspici". Già, il cappuccino e la preghiera. Sembrerebbe un'accoppiata sacro-profana, se quel cappuccino fosse, però, non un frate ma una bevanda da bar!
E come se ciò non bastasse, nella stessa circolare il preside, annullando i diritti dell'altro, del non cattolico, concede a chi professa un credo 'diverso' di "espletare il proprio dovere con le loro preghiere". Dove l'assurdo? In tre punti: nell'imporre la preghiera a tutti, senza eccezione, dimenticando che non tutte le fedi pretendono di addolcire la giornata con delle orazioni mattutine; nell'istituire la preghiera come un 'dovere', quasi fosse un esercizio utile all'apprendimento come recitare il Cinque Maggio; infine, fatto forse ancora più grave, nel calpestare il diritto al dissenso, al dubbio, al pensiero critico e/o ateo. [...] (Fonte: AprileOnLine)
Fonte condominioTerra
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