mercoledì 31 ottobre 2012

Pensieri bioregionali da Cranno di Teodoro Margarita




"Un contadino non deve soltanto saper seminare, vangare, zappare, potare ed  innestare ma deve conoscere la luna e le stelle, osservare le nuvole e rivoltando la  nera zolla , far tutta una cosa della terra e del cielo."

Questa citazione è mia.
Ha scritto Ermanno Olmi sul Corriere, in questi giorni " Solo i contadini salveranno la terra, l'agricoltura è un patto tra la terra e la zolla." Il noto regista, autore oltre che del mirabile "L'albero degli zoccoli" anche di "Terra madre" docufilm imperniato sul noto megaevento patrocinato e creato da Slow Food. Orbene, anche Carlo Petrini , il manifesto del 30 ottobre 2012, ha dichiarato che la terra la salveranno i contadini, ma, come si può vedere da un video su Repubblica, alle spalle aveva un bel logo della Lavazza e nel discorsom nello stesso viudeo , egli magnificava tali azioni virtuose di questa ditta di caffè. 
"Caro Carlìn, ma il mondo lo salveranno la Lavazza o il contadin?
Caro Petrini il mondo lo salveranno i contadini, la Lavazza al massimo, salva il suo caffè in una tazza."

Sai che c'è, caro Petrini, che lo sponsor non salva i contadini, lo sponsor salva solo sè e paga, certamente, lo stipendio a te.
Il mondo lo salveranno i contadini veri, cresciuti liberi e in coscienza, con le mani ruvide ma la fronte alta e chiara, il mondo potranno salvarlo se impareranno ad esser grandi come lo era Gandhi. Il mondo si salva se lo sforzo sarà autonomo, non eterodiretto e collettivo, se sarà anche spirituale e di ogni cosa comprensivo. 
Teodoro Margarita 


Con affetto, Teodoro.
3396225872

"25 anni senza Thomas Sankara"

"La battaglia per un Burkina verde, subito partita con un'intensa mobilitazione, dovrà proseguire. La vittoria nelle tre lotte- contro il dilagare degli animali allevati e contro il taglio selvaggio della foresta e per la riforestazione- si otterrà e si garantirà solamente se ogni Burkinabè acquisisce la consapevolezza della protezione della natura come propria caratteristica onnipresente. E' per questo motivo che invito ciascuno a intraprendere una produzione agricola: che ogni casalinga faccia un orto a casa, per quanto piccolo sia. Il riuso delle acque per innaffiare permetterà la produzione di verdure aggiuntive ed offrirà ad ogni bambino delle città la possibilità di occuparsi e curare le piante.
Ricordo a tutti la parola d'ordine "un bosco ogni villaggio"  e le pianificazioni di spazi verdi urbani ." 
Ho voluto ricordare con le sue stesse parole Thomas Sankara, giovane presidente del  Burkina Faso, troppo presto assassinato. Era un discorso alla radio del 4 agosto 1985.

Ora che in Italia e nel mondo, in primis la first lady  Michelle Obama alla Casa Bianca, dilaga la moda degli orti urbani ( detto per inciso:  non restasse tale e le persone prendessero coscienza stabilmente delle implicazioni pedagogiche, terapeutiche, di buona economia che fare l'orto comporta) rileggere queste esortazioni che un giovane capo di stato rivolge alla sua nazione ci commuove e ci indigna, possibile che l'Africa migliore e non solamente in  Africa,  veda cadere i suoi figli migliori? Penso a Patrick Lumumba, a Ben Bella e a tanti altri,  a Ken Saro Wiwa.

"Quel che è stato fatto e quel che dobbiamo fare sono il test della nostra determinazione a rifiutare l'ideologia di sottomissione, mendicità, attesa, fatalismo, tipici di una società dominata."
Lascio a voi le riflessioni, Thomas Sankara ci parla ancora, 25 anni dopo abbiamo bisogno di uomini come lui e non solamente per l'Africa assediata dalle compagnie minerarie. Thomas Sankara, il capitano gentile che lasciò ai suoi eredi a all'ull'umanità tutta una Renault 5 ed uno scooter come sua sola eredità materiale è colui che ha saputo al pari di Gandhi, donarci un lascito che non è stato altrettanto grande solamente per la sua troppo breve vita, rammento il grandissimo significato simbolico, oltre che pratico, semplice, come tutti i gesti esemplari, come il filare all'arcolaio del Mahatma, egli ideò "le cercle des sècheurs" ovvero il circolo degli essiccatoi, metter in cerchio nella corte dei villaggi, in ogni villaggio, le donne e riprendere una pratica antica quanto dimenticata: stendere le papaye sugli essiccatoi, lasciare che si asciughino per bene al sole forte del Sahel e poter così consumare frutta locale per tutto l'anno e non importane da altri paesi o, peggio ancora, importare costosi frigoriferi che in un paese povero e senza una rete elettrica estesa, costituivano un problema e soltanto un business per le imprese occidentali. Come i nostri fichi secchi o i pomodori nei paesi del meridione, una tecnica simile, la riscoperta di questa tecnica salva l'economia, la vita stessa di comunità africane.
Accosto a questa semplice quanto geniale intuizione , il cerchio degli essiccatoi, un altro cerchio, il "Closing circle" di Barry Commoner, di recente scomparso a 95 anni, uno dei padri dell'ecologismo mondiale. Questi due cerchi sono in realtà uno solo, non so se Thomas Sankara avesse letto quel libro ma ne aveva recepito profondamente il significato: il cerchio è da chiudere ovvero nella nostra vita sulla terra, ogni cosa deve tornare ad essa, armonicamente, senza turbare le leggi dell'entropia, senza rilasciare con i nostri comportamenti rifiuti tossici non assimilabili, tutto deve tornare.

Immaginate migliaia di frigoriferi resi inutilizzabili dall'obsolescenza programmata organizzata dai computer a  tavolino per rendere guasti i milioni di inutili oggetti che affollano la nostra tecno-vita quotidiana, abbandonati nel deserto. Sankara aveva capito, come Commoner, aveva capito e dobbiamo rendergli omaggio.  E se fosse vissuto più a lungo, se non lo avessero assassinato, il suo sogno di rinverdire il Sahel, si sarebbe avverato, ed un contadino geniale come Yacouba Sawadogo, burkinabè anche lui, ri-scopritore di una antica tecnica di coltivazione, lo "Zai", vedi il film "The man who stopped the desert" avrebbe trovato nel capitano gentile un fiero e sincero alleato. Perchè, a differenza di quanto vogliono far crederci troppe ONG che traggono dalla  cossiddetta cooperazione internazionale, soprattutto il mezzo per mantenere, in Occidente, il loro posto di lavoro per non dire d'altro, è nello spirito del luogo, quando questo spirito possa liberamente sprigionarsi che nascono le idee per il riscatto e la dgnità umana, Gandhi aveva studiato a Londra ma è nella saggezza antica della sua grande India che  ha trovato l'ispirazione per rovesciare il dominio, culturale prima che politico degli Inglesi sulla sua gente, Gandhi, come Sankara, ha fatto il percorso inverso, ritornando dentro la sua terra, abbeverandosi alle sorgenti delle proprie montagne, ai propri fiumi. E così, scandalizzabdo il mondo, questo giovane presidente, aveva rinunciato alle macchinone e viaggiava in Renault 5, aveva sfoltito scorte e burocrazia, andava  a sincerarsi di persona se un certo pozzo in un villaggio era effettivamente in funzione, aveva idee e cercava soluzioni le più semplici e praticabili dalla sua gente. E' stato il degno raccoglitore delle idee di Franz Fanon, un emulo non pedissequo di Ernesto Che Guevara, un militare, come tanti, figlio di una famiglia numerosa, per necessità, aveva amato il teatro e voleva che i soldati assistessero a recite nelle caserme e voleva che non fossero inattivi ma aiutassero i contadini nei lavori dei campi e tutto questo lui faceva, ha fatto, in prima persona. 


Il 13 ottobre,  in occasione del venticinquennale della scomparsa, a Milano ho avuto l'onore di conoscere sua sorella, Odile Sankara, c'era tanta gente alla Fabbrica del vapore, un momento d'incontro e di scambio interculturale, tanti progetti avviati ed in corso, per un'Africa che sappia ritrovarsi e originare dalla sua grande storia l'avvenire di libertà e pace che Thomas Sankara sognava e aveva cominciato  a prepararare.

Ringrazio il Comitato italiano Sankara XX, l'associazione Sunugal, Marinella Correggia e tutti quanti si sono adoperati per questa serata.
Teodoro Margarita

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Pensiero aggiunto:  


Sulle spalle del nonno

Abbiamo una quercia nel podere, appena oltre il poggio, su in collina, l'ha piantata il nonno.
Egli mi raccontava che quella quercia, piantata quando ero ancora piccolino
un giorno avrei potuto intravedere la pianura.
Ora son diventato grande ed  ho provato a risalire su quell'albero, oramai non ho più paura,
ma quale pianura, ho gridato a papà, giu' da basso,
da quassù si vede il mare!
Il nonno lo sapeva, piccino, quella quercia è cresciuta, bambino,
allora eri piccino e così la quercia e tu potevi arrampicandoti guardare più vicino,
ora che siete cresciuti entrambi potete ambedue svettare sul mare e sulla costa,
il nonno lo sapeva, questa quercia, lui l'ha piantata apposta.
Lui voleva che cresceste insieme e avreste un giorno potuto raccontare
che il nonno voleva che tu imparassi a guardare più lontano,
voleva che tu portassi il suo sguardo fino al mare , che imparassi a crescere ed ad arrampicarti, 
insieme con la quercia , voleva che tu imparassi a crescere e ad amare.



"La quercia che ha piantato è cresciuta e mano mano sei cresciuto tu, siete cresciuti assieme e il nonno, che ora non c'è più, questo voleva che tu da quella quercia, da quella crescita comune, tu imparassi a volgere il tuo sguardo più lontano."

Teodoro Margarita, 31 ottobre 2012, pensieri di Cranno.

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