lunedì 31 ottobre 2011

Casera e Forcella Palantina, 13 novembre 2011: "Salviamo la foresta del Cansiglio"

"La foresta è donna... rispettiamola!" (Saul Arpino)


Cari amici ed amiche, come già anticipato lo scorso anno, ci ritroveremo ancora, il prossimo 13 novembre 2011, a Casera e Forcella Palantina per riaffermare, con la nostra presenza, che l'antica Foresta del Cansiglio è un luogo importante da salvaguardare e da conservare, per noi e per le generazioni che verranno. Per il momento segnatevi la data, seguiranno notizie più precise, in ogni caso il programma è lo stesso degli anni precedenti.



ATTENZIONE, IMPORTANTE: A TUTTE LE ASSOCIAZIONI E A TUTTI I GRUPPI, SPEDITE PER FAVORE UNA RISPOSTA CON L'ADESIONE ALLA MANIFESTAZIONE PER POTER DIVULGARE UN ULTERIORE MESSAGGIO CON TUTTE LE ADESIONI.

Purtoppo le notizie non sono, per l'ennesima volta, buone e siamo ancora in "zona pericolo", anzi, la situazione attuale è la più grave degli ultimi anni.
Sono in molti a ritenere, a buon senso, che sia per la variabilità climatica (alle basse quote la neve è tutt'altro che "garantita"...) sia per la crisi economica sempre più allarmante, il problema del collegamento sciistico tra l'Alpago e Pian Cavallo, attraverso Forcella Palantina, dovrebbe essere "automaticamente" risolto, ma non è così:

-il collegamento è inserito nel Piano Neve della regione Veneto ( non ancora approvato), pur essendo definito, pilatescamente, ad alto impatto ambientale

- pochi giorni fa è stato approvato il PATI, piano di assetto territoriale intercomunale dell'Alpago, dove il collegamento è presente tra le opere che si intendono realizzare,sebbene come progetto speciale, quindi soggetto ad un iter normale: in parole povere, per chi non conosce questi meccanismi, nel piano regolatore unico di tutto l'Alpago il collegamento c'è a metà, ma c'è. Due mezzi no possono dare come risultato finale un si definitivo?

-la regione Friuli V. G. è talmente determinata ad ottenere il collegamento con l'Alpago per aumentare l'affluenza di sciatori al Pian Cavallo che sarebbe disponibile a finanziare l'opera, notizia per ora non ufficiale ma da fonti attendibili, con ben 8 milioni di euro. Sembrava che la politica scellerata di sperpero di risorse pubbliche del periodo di Illy ( 200 milioni di euro nel periodo 2007/2009 per i poli turistici invernali friulani) fosse terminata, invece è ripresa alla grande in tutta la regione e così anche il Cansiglio è tornato in emergenza.

- sono sempre più pressanti e frequenti le notizie che appaiono sulla stampa, anche da parte dello stesso presidente Zaia, di "vendita" di una parte di Cansiglio. Qualche anno fa era stata smilitarazzata e affidata alla regione la ex Caserma Bianchin, ex base Nato con missili terra-aria, creata alla fine degli anni 50, in centro al Pian Cansiglio. La scusa è che bisogna "fare cassa" per fronteggiare l'indebitamento regionale. Ma la regione possiede decine e decine di beni isolati ( terreni, edifici pubblici inutilizzati di tutti i tipi, palazzi, ex scuole, ex ospedali, ecc...) che potrebbe vendere prima di Cansiglio, ma si propone di cominciare proprio da quà, da una delle più importanti proprietà regionali in Veneto, perchè? Si vuole approfittare della scusa della crisi per svendere i gioielli di famiglia forse perchè c'è già qualche gruppo economico forte che si è fatto avanti? Quanto sono fondate le voci che parlano di capitali arabi o russi già interessati all'acquisto?

-sulla cima del Monte Pizzoch, in comune di Fregona, è prevista la realizzazione di un "parco eolico". Non si sa ancora dove esattemente nè con che tipo di pale ( quanto alte? Pale tradizionali o altro?). Siamo comunque in una zona estremamente importante per le rotte degli uccelli migratori ed anche l'impatto paesaggistico non sarà sicuramente irrilevante. Non si è ancora vista alcuna proposta ufficiale, ma la perplessità, sopratutto dei faunisti, è molto forte. In ogni caso le pale sorgerebbero a poche centinaia di metri dal confine dell'area SIC e ZPS del Cansiglio e dalla Riserva Naturale Integrale Piaie Longhe Millifret: le regole di Rete Natura 2000 sono dunque diventate carta straccia?

-dopo il convegno a Vittorio Veneto del 28 maggio scorso "Cansiglio montagna da vivere-Un progetto per il Cansiglio Patrimonio dell'Umanità", convegno nel quale abbaimo rilanciato le proposte della Riserva Naturale Regionale del Cansiglio ed il suo inserimento nella Lista del Patrimonio dell'Umanità Unesco, stiamo lavorando per pubblicare gli atti e poi distribuirli. Vi terremo informati.

per Mountain Wilderness Veneto Toio de Savorgnani
per l'Ecoistituto del Veneto Alex Langer Michele Boato

................

Alla manifestazione pro Bosco del Cansiglio aderiscono il Circolo vegetariano VV.TT e la Rete Bioregionale Italiana - Paolo D'Arpini

domenica 30 ottobre 2011

L'anima ed il karma.. secondo Lasumira e Sathya Sai Baba

"Il karma..? Pedala, pedala e fischietta, a cavallo della bicicletta" (Saul Arpino)


Dopo tanta "vita vissuta" uno dei bellissimi pensieri di Lasumira Puraluce per riportarci nella dimensione del cuore, e da lì partire per un lungo lunghissimo viaggio... Come sempre grazie Lasumira per l'impegno costante che porta alla profonda ricerca di noi stessi.
Franca Chichi



ஐ ANIMA E KARMA ஐ

(pubblicata da Lasumira Puraluce il giorno giovedì 27 ottobre 2011 alle ore 17.51)
L'Anima è il Respiro Vitale della nostra vita,

vita che dimentica ciò che è stato,

ma *sa* esattamente ciò che è stato, e ciò che sarà.

L'Anima comprende tutto ciò che abbiamo fatto e pensato,

è la nostra vera vita

che ci fa andare avanti nella nostra evoluzione.

L'Anima registra ogni nostra azione, e quando si libera, libera la registrazione di ciò ciò abbiamo vissuto;

e lì, avviene il processo di STASI per prendere atto di ciò che abbiamo fatto ed interpretato fino a quel momento.

Una Elevata Coscienza avviene quando lo spirito è completamente LIBERO.

Prendendo coscienza del Sé, prendiamo coscienza di una nostra azione e

e cominciamo a ricostrurci la vita successiva per compiere il nostro compito e bruciare il karma per la nostra evoluzione.

Il Karma è sempre un insieme di azioni che per una mente non è concepibile decrivere,

in quanto non ha nessuna nozione in merito.

Solo un'Anima Evoluta può esprimersi a riguardo.

Karma è l'insieme delle azioni che eseguiamo.

Le azioni che sono lineari e allineate con il nostro sé,

hanno un karma più leggero rispetto ad una azione che abbiamo deciso di compiere senza ascoltare il nostro sé,

che tuttavia manifesta anche opposizione,

e quando la mente prende il comando,

l'opposizione del sé viene schiacciata,

e l'azione registrata lascia un alone nero nell'anima.

Questi aloni neri diventano sempre più intensi se non compiamo qualcosa di positivo che possa limitare il “buco nero”.

Il buco nero è la macchia rimasta "sospesa" per tanto tempo,

mai considerata,

non avendo preso coscienza di ciò che ha generato un alone nero.

Quando le azioni vengono eseguite in sintonia con la nostra coscienza,

bruciamo molto karma e attenuamo l'alone nero che , non diventando buco nero, non genera malattie...

si torna sulla terra per pareggiare il conto,

pareggiando il conto si rimargina l'alone nero e la nostra anima ricomincia ad emanare l'alito della vita.

Non esiste nessun castigo, esiste solo il Tempo per pareggiare il conto, per rimettere la Luce dentro l'alone nero.

Quando un'anima molto evoluta assume un corpo malandato,

questo non è un suo karma,

ma soltanto un'evoluzione per chi arriva sul cammino di quest'ultima,

riducendo così l'evoluzione ad un tempo molto più breve,

e con un tempo ridotto, l'evoluzione avviene in una sola vita;

contemporaneamente è anche una richiesta specifica di chi sta intorno,

di pagare il proprio karma e di evolversi assieme alla situazione creata per tale scopo.

Karma sono le nostre azioni,

più le azioni brillano,

più Luce viene data alla nostra anima,

più Luce con i suoi brillanti colori la nostra anima ha in sé,

più la nostra vita sarà una strada luminosa.

*Nell'AMORE PURO,* NON possono sorgere azioni finalizzate a rovinare o distruggere qualcosa.

Se crediamo nell'AMORE PURO, crediamo nell'IMPOSSIBILE

e diamo Forza a Dio di poter intervenire nella Nostra ESSENZA.



IL KARMA SECONDO Sathya Sai Baba

Il peccato non esiste e non c'è nessun frutto delle vostre buone azioni che potete dichiarare «vostro».

Le vostre azioni sono le sole responsabili delle conseguenze che maturano nel tempo.

Se piantate un seme particolare, l'albero sarà della natura del seme piantato.

La nascita di un individuo è il prodotto del frutto delle sue azioni.

Questo mondo è una manifestazione di Realtà Assoluta ed è governato dalla legge dell'azione o karma.

La Realtà Assoluta è la base ed il supporto per essa è il corpo.

Karma virtualmente vuol dire: la forza vitale.

Questa forza ha preso questa forma karmica che è il nostro corpo.

Qualunque cosa uno faccia, si dice che svolge karma e per ricevere i frutti di questo karma, si prende un corpo. Pertanto la vita è legata alle azioni fatte dal corpo.

Ciò che chiamate «vita» è il prodotto del bene ed il male fatto svolgendo le azioni.

Spesso incontriamo il bene ed il male, la verità ed il falso, i peccati ed i meriti.

Quando svolgiamo dei «riti» o facciamo la carità, o intraprendiamo delle austerità (come il digiuno ed altre) pensiamo di svolgere nobili azioni per scopi nobili.

In questo modo coinvolgiamo il nostro corpo, la nostra mente, il nostro intelletto ed il nostro ego e diciamo:

«Io faccio queste cose sacre!»

Ma quando invece facciamo azioni cattive o feriamo il prossimo o compiamo atti di ingiustizia, dimentichiamo che siamo noi a farli, e non diciamo più: «Io ho fatto queste cose! ».

Tuttavia, che le azioni siano buone o che siano cattive, la vita è qualcosa che appare inevitabile.

Possiamo avere una catena d'oro o una catena di ferro, ma entrambe legano.

Così, allo stesso modo, che le azioni siano buone o cattive, esse hanno il potere di farvi ritornare qui, su questa terra e non vi sbarazzerete della vostra schiavitù.

Queste azioni appartengono al vostro corpo, alla vostra mente ed al vostro intelletto.

Esse sono «esterne» e non «interne».

Quando sterminerete questo senso dell'ego, del desiderio e dell'attaccamento,

sarete in grado di volgervi al vostro interno.

Sia la Liberazione, che la vicinanza con la Realtà Assoluta, o divenire Uno con Essa,

non devono essere ricercati nello svolgimento dell'azione.

Colui che evita il senso del «mio», cercherà veramente di diventare UNO con la Realtà Assoluta.

Il giorno in cui avrete messo termine a questo senso di dualismo,

sarà il giorno in cui vi troverete faccia a faccia con questa «entità» non dualistica.

Pertanto se desiderate fare azioni altruistiche dovete incominciare ad avere in testa uno scopo chiaro.

Poi, prima di poterle svolgere, dovrete passare dal cattivo al buono e dal buono all'idea del servizio disinteressato.

Allora sarete sicuri di ottenere questa Conoscenza Suprema e la Liberazione

e ciò attraverso la Purezza delle vostre azioni.

Queste azioni sono state stabilite per purificare voi stessi,

quindi, per prima cosa é imperativo entrare nel campo del karma o dell'azione.

Gradualmente dovete cercare di fare azioni buone e nobili e non desiderarne i frutti.

Il Corpo, la Mente e l'ESSERE sono le TRE

componenti principali che costituiscono l'uomo.

Esse sono interdipendenti e inseparabili.

Il corpo deve seguire la mente e la mente deve seguire l'Essere.

Questo é il modo di portare a compimento l'esistenza.

Seguire ciecamente il corpo é vivere come animali.

Seguendo la mente, diventerete uomini,

e se seguirete l'ESSERE, diventerete la PURA REALTA'.

La Ghita ha perciò stabilito il triplice cammino del karma, upasana e jnana.

Il corpo, per svolgere il karma o l'azione con l'aiuto della mente.

Pensare al Divino per nutrire buoni pensieri, cioè l'Upasana,

nella quale l'uomo deve condurre la propria esistenza.

Come il fiume diverrà un giorno «UNO» con l'oceano, così attraverso questa upasana,

la mente s'immergerà nell'Atmajnana (la Conoscenza Suprema dell'ESSERE).

Per la mente, questi pensieri e desideri rappresentano il conducente,

quindi è necessario che siano buoni e nobili.

La mente è la responsabile del bene e del male che fate perché i pensieri ed i desideri sono responsabili delle vostre azioni. Ecco perché si dice che essa ci può dare la liberazione come la schiavitù.

L'uomo non ha queste idee e questi pensieri sacri, non pensa alla sua destinazione.

La sua vita si scioglie come un pezzo di ghiaccio, mentre il tempo scorre veloce come il vento.

Prima di conoscere il proprio dovere egli abbandona il suo corpo.

Leggere una quantità di libri e di testi sacri, svolgere una quantità di «sadhana»,

visitare una quantità di luoghi sacri sarà inutile sino a quando l'uomo non eliminerà il male nella sua mente.

Solo cosi potrà raggiungere lo scopo della propria esistenza.

L'essenza di tutte le azioni, la chiave, la pietra angolare di tutto il karma,

la destinazione di tutte le strade, è la PUREZZA del Proprio CUORE

ed è questo che noi dobbiamo anzitutto capire.

Il dire di compiere una azione senza badare ai frutti, avrà certamente un significato!

La Bhagavad Ghita fa una distinzione fra swa-dharma e para-dharma.

Lo swa-dharma trascende le limitazioni dello spazio, del tempo, della casta, della religione e del credo.

Swa vuol dire Essere (Atma) così questo dharma è relativo all'Essere.

Il Paradharma è qualcosa in relazione con il corpo.

Tutti i dharma che hanno rapporto con il corpo come tale sono para-dharma

Potete essere certi che un giorno o l'altro questi dharma vi legheranno e vi faranno cadere.

Queste azioni compiute come Paradharma vi porteranno qualche gioia e qualche conforto,

ma nel corso del tempo, vi riempiranno di timore.

Quando voi svolgete riti e cerimonie, fate la carità, fate attività benefiche, dovete farle senza uno «yota» di ego, altrimenti queste vi legheranno sempre di più al ciclo delle vite e delle morti.

Questi karma svolti con il senso di attaccamento ai frutti vi daranno nuove nascite ancora ed ancora,

così come quelli svolti con il senso dell'ego.

Anche il Paradiso che raggiungiamo, a causa di attività benefiche, non è permanente.

Una volta esauriti i meriti dovremo tornare sulla terra.

Dovremmo invece raggiungere la destinazione dalla quale NON c'è ritorno e quindi capire la nostra Vera Natura,

la Nostra Vera Forma, la Nostra Verità.

Una volta che avrete REALIZZATO Voi Stessi, non vi sarà più bisogno di cercare niente altro.

Questo Supremo Sapere si ottiene attraverso il Nishkama Karma, cioè attraverso azioni prive di ego.

Le vostre azioni, qualunque esse siano, fare rituali o pellegrinaggi o imparare le sacre scritture sono fatte per PURIFICARE il CUORE e per raggiungere lo stadio in cui potrete svolgerle senza il desiderio dei loro frutti.

Il CUORE di un uomo che riesce a purificare la sua mente dalle tendenze maligne,

DIVENTA veramente il TEMPIO della PURA REALTA'.

È stato detto che il controllo dei sensi per far volgere la mente verso l'interno non è possibile perché la mente stessa è come una scimmia pazza che lo impedisce.

Pertanto la VERITA' di come Dio può essere raggiunto ha bisogno di essere approfondita e capita.

Tutte le azioni benefiche produrranno dei frutti che dovremo mangiare un giorno.

MANAVASA vuol dire «colui che crede in se stesso».

Chi crede nella propria forma? Qual è questa forma?

Non certamente il corpo, fatto dei cinque elementi e perituro, che è solo uno strumento!

Qualunque azione fatta con questo corpo non potrà certo portarvi faccia a faccia con PURA REALTA'.

La Trasformazione della mente invece è indispensabile.

Da tempi immemori, per intere ere (Yuga) l'uomo ha compiuto azioni che lo hanno portato ad essere coinvolto in questo ciclo vita-morte. Pochi sono stati capaci di capire la VERA ESISTENZA che è Permanente ed Eterna.

Gente altamente istruita, scolastici ed intellettuali ad alto livello, hanno compiuto nobili atti e perseguito nobili scopi, ma non sono stati capaci di capire la loro destinazione.

Essi non hanno fatto nessuno sforzo per capire il segreto della vita.

Ecco ciò che deve essere fatto per prima cosa.

È risaputo che si debba tornare da dove si è partiti, ma da dove siamo partiti?

Qual è il primo luogo? Qual è la nostra destinazione?

Noi consideriamo il nostro corpo una cosa permanente ma esso è come una casa affittata.

Noi stiamo facendo un viaggio e su questo non c'è dubbio, ma dove stiamo andando?

Coloro che lo sanno conoscono l'ESSERE.

Il mondo che vedete intorno a voi non è che illusione.

Ma, dovete sapere, che in questa illusione c'è anche la VERITA'.

Fino a quando avete questo senso di dualità, questo mondo si profilerà all'orizzonte

ma quando riuscirete a vedere l'UNITA' in questa diversità, allora potrete capire la PURA REALTA'.

Ora vedete questa diversità nell'Unità ed è per questo che siete schiavi.

Dovremmo invece cercare di andare al di là e vedere il mondo dal punto di vista della PURA REALTA'.

Sia il bene che il male, andrebbero presi come doni della PURA REALTA'.



“QUANDO IO GUARDO VOI, GUARDO NELLA VOSTRA ANIMA, VEDO IL PASSATO, PRESENTE E FUTURO, VEDO LE VOSTRE AZIONI COMUNI E QUELLE EVOLUTIVE.

IO NON VEDO VOI MA IL VOSTRO SE', IL VOSTRO CUORE, LA VOSTRA ANIMA CHE FA DI TUTTO PER ARRIVARE A ME, E QUANDO NE DIVENTA COSCIENTE ANCHE SOLO MINIMAMENTE, ARRIVA IL TEMPO IN CUI DECIDE DI EVOLVERSI E TROVA COSI' IL TEMPO MIGLIORE PER FARLO.

NON ABBIATE TIMORE QUANDO SENTITE CHE QUALCOSA CHE VI SEMBRA IMPOSSIBILE E' ARRIVATO; IN REALTA' HO TOCCATO IL VOSTRO SE', E HO GIà GENERATO TUTTO CIò CHE SERVE PERCHE' TUTTO DIVENTI POSSIBILE, NON SOLO, MA HO ANCHE GENERATO LA STRADA PIU' BELLA CHE MAI POTEVATE IMMAGINARE.

LASCIATEMI LE PREOCCUPAZIONI E IO LE TRASFORMERO' IN LACRIME DI GIOIA, PERCHE' SOLO IO HO VISTO, SOLO IO SO.

BABA."

ஐ AI DIVINI PIEDI DI LOTO ஐ

AUM SHRI BHAKTA JNANA PRADIPAYA NAMAH

Gloria a Colui che Accende la Scintilla della Devozione e della Conoscenza in Noi.

SAILOVE ஐ lasu ஐ

sabato 29 ottobre 2011

No all'eolico pesante... il Salento non volerà via col vento... La Puglia ed il suo mare restino liberi da impianti off shore




No all'eolico pesante in Puglia... la regione deve rimanere libera da impianti che ne deturperebbero la bellezza paesistica

Fermati virtuosamente dalla Regione Puglia gli impianti eolici off-shore devastanti nei mari del nord della Puglia, ora lo stesso il medesimo Ente deve fare, alla luce delle medesime, se non maggiori, problematiche di impatto ambientale, per i progetti eolici progettati follemente nei mari del Salento, a partire da quello al largo nel Canale d’Otranto dalle catastrofiche conseguente internazionali per la tutela degli uccelli!

Ottimo: l’Ente Regione Puglia ferma un mega progetto di pale eoliche off-shore in mare, al largo della Capitanata nello skyline antistante Manfredonia (Fg) per il "forte impatto paesaggistico oltre che sulle ripercussioni ambientali, in merito alle rotte prioritarie degli uccelli migratori in zona di Capitanata, e archeologiche sul sito storico a mare del parco di Siponto. La condivisione, in sede di conferenza, di questi elementi ha determinato il parere negativo in ragione dell'eccessivo stress ambientale procurato dalla realizzazione del progetto e dalle ripercussioni in termini di attività di pesca e di navigazione con grave pregiudizio economico per il territorio, non compensato dalle ricadute previste dall'impianto" (parla così l’Ente Regione Puglia ed il suo Assessore all’ Ambiente Lorenzo Nicastro – 27 ottobre 2011)

PERTANTO faccia lo stesso l’Ente Regione Puglia per fermare il mega impianto eolico off-shore in progetto al largo del Canale d’Otranto, a stupro dell’orizzonte marino visto dalla costa di Otranto, da Castro, da Santa Cesarea, dalla costa di Andrano, da Tricase, dalla costa di Corsano e da Leuca! Un impianto di decine di mastodontiche torri alte ben oltre cento metri dal livello del mare, che sarebbero visibili di giorno e di notte per le loro luci hi-tech di segnalazione anti-incidenti aerei e navali! Visibili di giorno come una lunghissima corona di spine rotanti all’orizzonte, e di notte come una sequela di fari a luce rossa, aliena, che si accendono e spengono eternamente cancellando nottetempo, con il loro apportato inquinamento luminoso, lo stesso godimento del cielo stellato!

Un impianto che danneggia e rende pericolosa la navigazione in un tratto tra i più trafficati del Mediterraneo; un impianto dal grave stress ambientale intrinseco, sulle protette praterie subacquee di Posidonia oceanica, anche con i suoi cavidotti sommersi; sui cetacei (balene, capodogli, delfini, ecc.) per l’ inquinamento acustico introdotto e deleterio per la vita di questi mammiferi marini che usano sistemi biologici di eco-localizzazione con sonar per la navigazione e l’alimentazione; sul turismo costiero che rischierebbe il collasso per la sua presenza industriale anacronistica e alienizzante nel paesaggio oggi integro, per cui quell’intero impianto deve ritenersi in blocco elemento di grave deturpante “inquinamento” da evitare; sul Parco naturale costiero Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, per il cavidotto che lo attraverserebbe portando nel territorio di Tricase l’ubicazione delle mega cabine di trasformazione della corrente con consumo di nuovo suolo agricolo, danno paesaggistico e pericoloso inquinamento elettromagnetico per la salubrità dei luoghi e la salute delle persone che vi abitano regolarmente e ancor più nei mesi estivi; e soprattutto sulla avifauna migratoria e marina; un impatto quest’ultimo di gran lunga superiore, a quello connesso all’impianto eolico offshore fermato, giustissimamente, nella Capitanata, nel nord della Puglia!

Il Canale d’Otranto rappresenta una delle rotte migratorie internazionali più importanti del Mediterraneo per la vicinanza massima che in esso si registra tra la Penisola Italiana e quella Balca...nica, come documentato del resto, se ve ne fosse bisogno, in decine di studi scientifici ornitologici, alcuni commissionati dalla stessa Provincia di Lecce!
Un’ importanza tale per miriadi di specie migratorie, dai rapaci, ai passeriformi, agli uccelli acquatici, ai gruiformi, ecc. ecc., sancita a livello internazionale nella Conferenza internazionale di Ramsar in Iran, del 1971, ratificata dall’ Italia, e che aveva come tema la protezione delle zone umide in correlazione anche all’avifauna, e all’avifauna migratoria. Anche al fine di garantire per gli uccelli lungo le loro rotte migratorie internazionali, stazioni protette di sosta e rifocillamento. Così per la traversata dello stretto di mare del Canale d’Otranto, si individuò la zona umida e pinetata delle Cesine, sulla costa adriatica salentina a nord di Otranto, come luogo di importanza prioritaria da proteggere. Li vi è oggi una riserva dello Stato, in parte gestita anche dal WWF (World Wildlife Fund) nota come l’ Oasi delle Cesine. Ma non solo, la stessa istituzione del Parco naturale regionale Otranto-Santa Maria di Leuca, va anche nella direzione di proteggere le aree costiere, vietandone la caccia, in cui giungono gli uccelli dopo la traversata e vi cercano riposo e rifocillamento!

Il Canale d’Otranto è inoltre un santuario per i cetacei, in particolare per i capodogli come confermato recentemente soprattutto dagli approfonditi studi dei biologi greci, ma non solo, anche di altri scienziati italiani e non; ma è anche un’area di notevole importanza per l’alimentazione in alto mare degli uccelli delle tempeste, le Berte della colonia che ha sede nelle Isole Tremiti, una delle colonie di Berte maggiori e minori più importante del Mediterraneo!

La Regione deve fermare l’impianto eolico off-shore in progetto nel Canale d’Otranto, e tutti gli eventuali progetti per mega torri off-shore falcidia paesaggio e uccelli nei mari del Salento (Province di Lecce, Brindisi e Taranto), come fatto virtuosamente oggi con dignità e senso delle istituzioni e del valore dell’ambiente e della necessità di tutelarlo, per i mari del nord della Puglia, delle province di Foggia e Bari!

Una tale disparità di trattamento risulterebbe per ogni salentino totalmente inaccettabile, e ferirebbe oltre a questa terra, anche profondamente il senso di appartenenza a questa comune istituzione regionale, per i cittadini del sud della Puglia, i salentini, che si scoprirebbero trattati come pugliesi di serie B, da parte della Regione, cittadini i cui diritti, e quelli del loro territorio, possono essere calpestati impunemente!

Coordinamento Civico per la Tutela del Territorio e la Salute dei Cittadini

venerdì 28 ottobre 2011

Nove proposte per salvare il Belpaese - di Paolo Berdini




Città e territori come beni comuni. Nove proposte per salvare il Belpaese
Dopo Tangentopoli la legislazione urbanistica è stata smantellata. Le metropoli sono diventate terreno di conquista degli speculatori. Fiumi di cemento hanno inondato i nostri territori. Ripristinare la legalità, bloccare le espansioni urbane, riqualificare le periferie, recuperare il costruito abbandonato: ecco tutto ciò che andrebbe fatto per fermare il saccheggio del territorio e delle città.

Regole e legalità cancellate

Il 1993 segna lo spartiacque per comprendere cosa è avvenuto nel territorio e nelle città. Tangentopoli aveva mostrato lo stretto intreccio tra l’urbanistica e la corruzione: a Roma e Milano, solo per fermarci alle due maggiori città, le regole venivano sistematicamente cambiate dalla politica collusa con la proprietà fondiaria e con l’affarismo.

Nulla di nuovo. Una storia iniziata nell’immediato dopoguerra: la Roma dominata dalla Società generale immobiliare, la Napoli dei tempi di Lauro, lo scandalo di Agrigento, il sacco di Palermo avevano dimostrato l’arretratezza del sistema economico che dominava le città. È stata la speculazione parassitaria a imporre il proprio dominio: dappertutto erano sorte periferie sfigurate e incivili.
Eppure in quel periodo il legislatore aveva risposto agli scandali con una serie di riforme che avevano collocato l’Italia nel panorama dei paesi virtuosi. Regole e strumenti pubblici chiari e efficaci: la legge sull’edilizia pubblica del 1962, la legge ponte del 1967, la Bucalossi del 1977, la Galasso del 1985, la legge sulle aree protette del 1991. Era stato mancato l’obiettivo di scindere in maniera definitiva il diritto di proprietà dal diritto di edificare analogamente agli altri paesi europei poiché il tentativo di riforma di Fiorentino-Sullo fallì nel 1963 per la violentissima reazione del blocco immobiliare. Cionostante, la risposta agli scempi urbanistici portò a una profonda evoluzione della legislazione.

La risposta allo scandalo di Tangentopoli è stata di segno opposto: la legislazione urbanistica è stata infatti smantellata. La cultura delle regole viene sostituita dalla prassi della deroga. I piani regolatori, e cioè il quadro coerente dello sviluppo delle città, vengono sostituiti dall’urbanistica contrattata: volta per volta si decide la dimensione e i caratteri degli interventi urbani, al riparo di qualsiasi trasparenza. Conseguenza inevitabile, se si pensa che le elezioni politiche del 1994 portarono alla vittoria Silvio Berlusconi che all’interno del suo programma aveva promesso «padroni a casa propria» slogan che dà il via alla serie di leggi – mai contrastate negli anni dei governi di centro-sinistra – che avrebbero messo in crisi il governo pubblico del territorio.

Quando scompaiono le regole trionfa l’illegalità. Questo è avvenuto in molti casi, dall’attacco continuo alla magistratura al falso in bilancio alle prescrizioni facili. Ma è nelle città che il malaffare ha trionfato. Quanto emerge dall’inchiesta della magistratura su Sesto San Giovanni ne è la più chiara dimostrazione. I colloqui tra i protagonisti vertono sull’esigenza di variare le volumetrie da realizzare nell’area ex Falk da un milione a un milione e mezzo di metri cubi. Senza alcuna procedura di evidenza pubblica si regalano alla proprietà fondiaria 500 mila metri cubi: un arricchimento in termini economici di oltre 200 milioni di euro. Ammettiamo pure per assurdo che non ci sia stata alcuna tangente: il fatto grave è che attraverso l’urbanistica contrattata si alterano le regole di mercato. Altri operatori che sulla base delle scelte urbanistiche avevano deciso di investire in differenti aree vengono danneggiati e se non vogliono soccombere hanno un’unica strada: venire a patti con la politica e iniziare la contrattazione urbanistica.

Questa patologia spiega il motivo per il quale non c’è nessun operatore edilizio di altri paesi europei che investa sul mercato italiano: chi è abituato al rispetto delle regole non può avventurarsi in un far west dominato da taglieggiatori, speculatori e amministratori pubblici infedeli. Del resto, siamo il paese dei tre condoni edilizi, una vergogna sconosciuta negli altri paesi.

Le periferie più grandi e desolate d’Europa

Dopo circa vent’anni dalla sua affermazione è venuto il momento di tentare un bilancio degli effetti sulle città e sul territorio dell’urbanistica contrattata. Esso deve partire da una constatazione statistica: nel quindicennio che va dalla ripresa del mercato delle costruzioni (1995) ad oggi, un fiume di cemento e asfalto si è riversato sul paese. L’Istat ha certificato (2009) la costruzione di oltre 3 miliardi di metri cubi di cemento, una produzione edilizia imponente, molto simile per dimensioni a quella realizzata negli anni Cinquanta-Settanta quando l’Italia era investita da grandi flussi demografici e da indici di crescita economica a due cifre. La cancellazione delle regole urbane ha dunque giovato al mondo della proprietà fondiaria e delle costruzioni. Ha giovato anche alla qualità delle nostre città?

La risposta è inequivocabile. Le periferie – che rappresentano la parte preponderante delle nostre città – sono in assoluto, con alcune lodevoli eccezioni, le più brutte, disordinate e invivibili dell’intera Europa. Lo sono per le carenze dei sistemi di trasporto, per la qualità dei servizi pubblici e degli stessi edifici. I luoghi scelti per realizzare le nuove periferie hanno anche contraddetto la regola usuale della città liberale, quella cioè di espandersi in adiacenza ai precedenti tessuti, mantenendo la città compatta e minori i costi di funzionamento urbano. In ogni parte del territorio agricolo sono nati centri commerciali, nuclei abitati, residence, cittadelle del consumo: lo sprawl urbano è la caratteristica più evidente del ventennio liberista. Le città italiane nel ventennio dell’urbanistica contrattata sono diventate più estese, più disordinate, socialmente più ingiuste. La speculazione immobiliare ha fatto enormi affari. Gli altri sono stati costretti a spostarsi nelle sempre più lontane e squallide periferie.

Una gigantesca periferia senza struttura e senza relazioni: abbiamo il più basso livello di infrastrutture su ferro, il più alto numero di automobili ad abitante, con il più elevato livello di superficie urbanizzata a parità di popolazione, un consumo di suolo senza uguali nei paesi ad economia forte. Un’immensa «non città», anonima e disordinata. Una frammentazione che genera consumi energetici insostenibili, disfunzioni economiche e scarsa qualità della vita.

Verso il default urbano

Raccogliamo dunque gli effetti di processi giustificati dall’ideologia di uno «sviluppo» che oltre a lasciare macerie urbane ha anche vuotato le casse delle amministrazioni pubbliche. Paradigma di quanto è avvenuto nelle città italiane è il caso di Parma. Una città ricca, con una parte antica meravigliosa e una periferia storica bella, è stata saccheggiata dietro lo schermo dello sviluppo. Oggi Parma ha un deficit di bilancio che pesa sulle spalle delle future generazioni per 600 milioni di euro.

Del resto, la stagione delle «grandi opere» è servita soltanto al saccheggio. Dietro i concetti dell’ammodernamento del paese sono state avviate opere dannose e inutili: dal Mose al ponte di Messina; dal corridoio della Val di Susa alle emergenze della Protezione civile, è stata messa a punto una macchina perfetta che ha favorito soltanto le cricche del malaffare e dilapidato risorse pubbliche. Del resto, per collocare in un panorama più vasto le dinamiche italiane, non si deve dimenticare quanto è avvenuto in Grecia. Anche lì l’ideologia liberista ha imposto a tutti i costi lo svolgimento dei Giochi olimpici nel 2004: il deficit di bilancio accumulato per la folle sfida è stato di 20 miliardi di euro dilapidati in cattedrali nel deserto, poco meno di un decimo del debito che sta collassando quella nazione.

Se si mettono queste caratteristiche del territorio in relazione con la crisi economica e finanziaria che sta colpendo sempre più intensamente il paese e che provocherà un’inevitabile diminuzione delle capacità di spesa delle amministrazioni pubbliche, gli interrogativi sul futuro delle nostre città si fanno allarmanti. Non avremo risorse per portare i servizi nel territorio diffuso e – ciò che in prospettiva è più importante – non potremo competere con i livelli di efficienza delle città europee, con la qualità dei servizi erogati ai cittadini, con la loro capacità di fare rete – e richiamare investimenti privati – proprio in virtù dell’alto livello di funzionalità.

Viaggiamo verso una prospettiva insostenibile. Nella crisi globale una struttura forte del territorio è un potente fattore di traino di nuove attività: territori a bassa densità non sono invece in grado di competere con i livelli di concentrazione di servizio esistenti nelle città del mondo. La Comunità europea prevede che nel 2020 l’80 per cento della popolazione degli Stati membri vivrà in ambiente urbano. La sfida per la ripresa economica passa dunque per le città e l’Italia è la cenerentola rispetto ai paesi, che anche in questi anni di liberismo non hanno abbandonato la cultura del governo delle città.

Abbiamo minato le stesse basi per una nuova fase di sviluppo e per tentare di colmare la distanza dobbiamo essere in grado di rendere concrete due condizioni: bloccare per sempre le espansioni urbane perché è un costo che non possiamo permetterci più e investire risorse pubbliche per migliorare le città. Assistiamo purtroppo a una rincorsa bipartisan a espandere ancora le città e a impoverirle cancellando il welfare urbano, i trasporti,fino a ipotizzare di svendere i monumenti.

È come se una banda di malfattori si fosse impadronita del paese. Continua infatti l’assalto alle coste marine ancora integre. Dalla Sardegna alla Sicilia l’unico motore di sviluppo è il cemento. Assistiamo poi a un altro assalto all’integrità dei luoghi condotto mediante nuovi mostri giuridici come i «piani casa» (nel Lazio si deroga perfino per le aree ricomprese nei parchi) o le «zone a burocrazia zero» volute dal ministro Tremonti con le quali si possono superare anche i vincoli paesaggistici che hanno rilevanza costituzionale sulla scorta dell’articolo 9. Salvatore Settis ha lanciato l’allarme sul rischio della definitiva cancellazione dei paesaggi storici italiani.

Se a questo si aggiunge ancora che – deroghe a parte – i vigenti piani regolatori prevedono espansioni illimitate (solo i recenti piani di Roma e Milano prevedono un incremento di 120 milioni di metri cubi di cemento, e cioè un milione di nuovi abitanti in due città che perdono popolazione da circa trenta anni!) c’è davvero da preoccuparsi. Occorre interrompere questa folle corsa alla distruzione del paese.

Le città e il territorio sono beni comuni

Solo in base a nuovi princìpi giuridici si potrà fermare il saccheggio del territorio e delle città. È necessario un nuovo paradigma e, se finora lo sviluppo delle città e del territorio ha favorito la speculazione immobiliare e il mondo delle imprese colluse con la politica, è venuto il momento di riportare i destini delle città e del territorio nelle mani delle popolazioni insediate. Occorre affermare che il territorio, le città e le risorse naturali che consentono la vita insediativa sono beni comuni non negoziabili. Le istituzioni pubbliche, attraverso le forme della partecipazione attiva della popolazione, ne sono i custodi e i garanti nel quadro delle specifiche competenze. È questo il pilastro su cui deve essere rifondato il governo del territorio. I beni comuni non possono essere trasformati in funzione dell’esclusivo tornaconto dei proprietari degli immobili ma ogni mutamento deve essere deciso dalle amministrazioni pubbliche attraverso forme di partecipazione delle comunità insediate, specie in questo periodo di scarse risorse economiche.

Il principio generale si completa con due corollari. In primo luogo occorre conoscere quanto è avvenuto. Finora non ci sono dati ufficiali su quante abitazioni sono state costruite e quante sono invendute, quante aree industriali sono dismesse, quante aree urbane sono prive delle più elementari opere di urbanizzazione. Per completare il quadro conoscitivo è necessario applicare un anno di moratoria edilizia in cui sono consentiti soltanto gli interventi in corso, quelli di recupero e ristrutturazione di edifici esistenti ma è preclusa ogni urbanizzazione di terreni agricoli. Una sorta di simmetria con l’anno di sospensione dell’entrata in vigore della «legge ponte» che la proprietà immobiliare impose e che servì per compiere alcuni dei più gravi misfatti che deturpano ancora oggi il territorio.

Il secondo corollario riguarda il fatto che su ogni opera di rilevanza territoriale, da un nuovo centro commerciale a una grande opera, è la popolazione insediata che deve esprimersi attraverso le mature forme di partecipazione, e cioè i referendum confermativi. Visto che le regole sono state infrante, occorre ricostruirle a partire da un nuovo protagonismo: quello dei custodi del bene comune, i cittadini.
Insieme al nuovo principio su cui deve rifondarsi il governo del territorio e delle città, è poi urgente definire le principali linee di azione da intraprendere per una nuova forma di governo. Lo faremo individuando nove fondamentali provvedimenti.

Le politiche individuate hanno bisogno di investimenti pubblici. Una prassi normale nella storia delle città: esse sono infatti luoghi pubblici per eccellenza e la loro evoluzione è stata sempre alimentata dalla lungimiranza di coloro che la governavano. Oggi non si investe più perché «non ci sono più soldi». Una menzogna vergognosa. Non passa giorno in cui non apprendiamo scandali e ruberie compiuti ai danni del territorio e dell’ambiente. È purtroppo vero che le risorse pubbliche vengono spese per opere inutili, per alimentare un sistema di potere che sfugge ormai al controllo democratico. La spesa pubblica per i provvedimenti contenuti in questo elenco serve per favorire la ricerca tecnologica e nuove produzioni, per rendere le città più vivibili. È un investimento per il futuro del paese e delle giovani generazioni.

1. Chiudere la fase dell’espansione urbana. È preminente interesse pubblico bloccare la corsa all’ulteriore espansione delle città e ridurre a zero il consumo di suolo ai fini insediativi e il mantenimento della parte naturale che è il luogo della biodiversità. Alcune normative regionali hanno già stabilito che nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali devono essere consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative di riuso e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti. La norma di principio valida su tutto il territorio nazionale potrebbe affermare ad esempio che «la realizzazione di nuovi insediamenti di tipo urbano o ampliamenti di quelli esistenti, ovvero nuovi elementi infrastrutturali, nonché attrezzature puntuali può essere definita ammissibile soltanto ove non sussistano alternative di riuso e di riorganizzazione degli insediamenti, delle infrastrutture o delle attrezzature esistenti».

L’esperienza ci insegna però che una simile norma non ha da sola la forza per fermare l’espansione urbana. Sono troppe le deroghe che consentono il nascere di nuovi insediamenti. L’efficacia della norma può essere resa stringente recuperando una proposta che da tempo Italia Nostra propugna, quella di inserire le aree agricole all’interno delle categorie dei beni tutelati ai fini paesaggistici dalla legge Galasso. Si dovrà dunque aggiungere al codice dei Beni culturali e paesaggistici (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) un comma che afferma: «Il territorio agricolo è vincolato come bene paesaggistico» in modo che sia conseguentemente sottoposto alla tutela dei piani paesaggistici.
Un piccolo e combattivo nucleo di sindaci ha dato vita al movimento «Stop al consumo di suolo», dimostrando che sono i cittadini a chiedere che le città non crescano più: si tratta di estendere all’intero paese ciò che è già in movimento.

2. Il territorio del lavoro. I suoli agricoli sottratti alla monocultura del mattone e dell’asfalto possono fornire una prospettiva produttiva. Ai fini di una lungimirante gestione del territorio nazionale, infatti, si deve recuperare un uso agricolo consapevole, puntare sulla qualità del prodotto, sulla riconversione biologica, sulla filiera corta. Un tema decisivo per il futuro economico del paese, una prospettiva che comporta la possibilità di integrazioni di reddito, la riscoperta delle radici culturali e della qualità del cibo. L’avvio di nuove politiche sarebbe di grande importanza perché i territori collinari e montani si stanno spopolando sempre più velocemente, con gravi rischi sulla stessa stabilità geologica dei versanti.
Compito delle autorità pubbliche è riattivare il tessuto sociale dell’Italia «marginale». Un solo esempio: i terreni abbandonati costano poco sul mercato immobiliare e le amministrazioni pubbliche potrebbero dunque inserirsi come operatori attivi e acquisire estese porzioni di territori da affidare poi alle comunità locali. Non sarebbe questa una spesa pubblica «classica», improduttiva. È al contrario un modo intelligente di investire sul futuro del paese, utilizzando ad esempio le risorse liberate attraverso la vendita delle proprietà pubbliche non indispensabili.

3. Pareggio di bilancio dei conti pubblici a carico della rendita parassitaria. Il blocco delle espansioni urbane porterebbe un consistente riequilibrio dei bilanci pubblici. Si spendono ingenti risorse per inseguire e raggiungere tutti i frammenti delle espansioni urbane nati recentemente. A carico della collettività resta infatti il pesante compito di realizzare le strade e le infrastrutture energetiche, di garantire i servizi pubblici, i trasporti e la quotidiana gestione dei quartieri. Questi oneri sono ormai insostenibili poiché la crisi economica ha ridotto le capacità di spesa delle amministrazioni. Si deve dunque stabilire il principio che ogni attività di trasformazione urbanistica presuppone l’esistenza o la preliminare realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale, a iniziare dalle reti di trasporto su ferro. A carico del privato vanno anche tutte le spese di mantenimento e di gestione dei nuovi insediamenti: è ora di chiudere il rubinetto che prosciuga le casse dello Stato.

In questo modo si possono cancellare le folli previsioni dei piani regolatori comunali. Se vogliamo davvero cambiare le città non possiamo consentire che si costruisca in luoghi privi di sistemi di trasporto non inquinante. I cittadini hanno il diritto, come in ogni altro paese europeo, di vivere in modo civile e non essere costretti a passare molte ore al giorno in spostamenti in automobile. È ora che gli attori edilizi si facciano carico della realizzazione delle infrastrutture, interrompendo il comodo gioco di scaricarne i costi sulle amministrazioni pubbliche che non sono più in grado di farsene carico.
Stesso ragionamento vale nel campo dell’erogazione dei pubblici servizi dove si sperpera un altro fiume di risorse economiche attraverso un impressionante numero di società di scopo. In nome dell’ideologia della presunta «efficienza», ad esempio, a Parma sono state create 34 società partecipate per gestire compiti ordinari come erogare l’acqua. Anche nell’area bolognese e in molte altre città i servizi pubblici sono gestiti da un numero imponente di società. Presidenze, consigli di amministrazione, consulenti d’oro che riportano docilmente i soldi ai decisori politici.

In questa stessa ottica di recupero di risorse economiche deve essere sottoposto a radicale revisione il paradigma della svendita del patrimonio pubblico così di moda nei circoli della finanza internazionale e dei politicanti nostrani. Nulla in contrario: proprietà pubbliche non utilizzate per il soddisfacimento delle esigenze collettive possano essere poste in vendita. Ma ciò deve in primo luogo escludere i beni culturali poiché un paese che guarda al futuro non vende le sue radici. In secondo luogo deve avvenire soltanto dopo aver coinvolto le popolazioni locali, poiché quel patrimonio appartiene a loro, e dopo aver verificato che quegli immobili da vendere non possano servire per abbattere il flusso delle risorse pubbliche spese per pagare affitti di uffici pubblici alla grande proprietà immobiliare. A Roma, ad esempio, importanti istituzioni – ad iniziare dal parlamento – pagano canoni altissimi a immobiliaristi e faccendieri anche se esistono ancora grandi edifici pubblici localizzati in posizione centrale. Invece di svenderli, potrebbero essere riutilizzati al posto di quelli per i quali si pagano i canoni di affitto.

Un altro eloquente esempio riguarda lo stesso ministero dell’Economia guidato da Giulio Tremonti, e cioè l’istituzione che più di ogni altra dovrebbe perseguire una rigorosa politica di risparmio. La sede del ministero ubicata a ridosso del laghetto dell’Eur è stata di recente dismessa e venduta per consentire l’ennesima speculazione immobiliare. Le strutture lavorative prima concentrate sono state smembrate e ora sono localizzate in due immobili tra loro distanti. Paghiamo i costi del disservizio e lauti canoni di affitto a grandi società immobiliari: lo Stato svende e il privato ci guadagna.

4. Il diritto all’abitare. Occorre pertanto invertire questo meccanismo perverso: la vendita degli immobili pubblici deve essere decisa dalla collettività dopo attenta verifica della loro potenzialità di essere riutilizzati per fini istituzionali o per risolvere i fabbisogni abitativi. La grande produzione edilizia di questi anni non ha infatti risolto il problema delle abitazioni. Sono centinaia di migliaia le famiglie che non hanno casa o vivono in abitazioni improprie. Nelle grandi città italiane esistono oltre 300 mila abitazioni nuove invendute. Ciononostante, i valori economici degli immobili hanno subìto un’impennata provocando l’espulsione dalle zone centrali delle città di un numero enorme di famiglie a medio e basso reddito. Una nuova legge «sull’abitare», e cioè sul diritto di tutti non soltanto ad avere un tetto, ma anche ad avere una città efficiente e accogliente è un altro fondamentale tassello del programma di governo.

Anche in questo settore va affermato un nuovo principio: a tutti i cittadini sono garantiti i diritti fondamentali all’abitazione, ai servizi, alla mobilità, al godimento sociale del patrimonio culturale, alla dignità umana. La legislazione dello Stato determina le quantità minime di dotazioni di opere di urbanizzazione, di spazi per servizi pubblici, e la fruizione collettiva e per l’edilizia sociale, nonché i requisiti inderogabili di tali dotazioni.

5. Le radici culturali da conservare. Nel delirio della cancellazione delle regole, si è tentato perfino di aggredire le radici della nostra storia urbana, i centri antichi. Nel cosiddetto «piano casa» berlusconiano si alludeva infatti anche alla possibilità di trasformare le tipologie presenti nei centri storici e continuamente si tenta di forzare le norme esistenti. Converrà dunque ribadire con una legge ad hoc che gli insediamenti storici non possono essere manomessi, ma conservati gelosamente per le future generazioni.
In forza della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali dovranno essere vincolati ope legis gli insediamenti urbani storici e le strutture insediative storiche non urbane; le unità edilizie e gli spazi scoperti, i siti in qualsiasi altra parte del territorio, aventi riconoscibili e significative caratteristiche strutturali, tipologiche e formali. Le radici culturali delle città e dei territori non possono essere modificate.

6. Periferie da rendere belle. Se da un lato si chiude la fase della crescita urbana, il governo delle città deve essere in grado di dare sbocchi concreti a un comparto produttivo che rappresenta comunque una percentuale importante del sistema produttivo italiano. In tal senso devono essere facilitate e avviate a trasformazione tutte quelle aree urbane che hanno bisogno di riqualificazione urbanistica. Si tratta dei tessuti abusivi ancora oggi privi dei requisiti minimi di civiltà e vivibilità (marciapiedi pedonali, piazze e servizi pubblici) e dei tessuti produttivi dismessi: è questo un patrimonio volumetrico imponente che potrebbe rappresentare – in una chiave sistematica – la chiave di volta di una riqualificazione urbana.
In tal senso va varato un provvedimento legislativo «quadro» (la materia urbanistica è «concorrente» tra Stato e Regioni ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e lo Stato deve limitarsi alla definizione di norme quadro) che incentivi attraverso aiuti economici, fiscali e procedurali il rinnovo urbano e la creazione di periferie belle.

7. La riconversione tecnologica ed ecologica delle città. I provvedimenti fin qui elencati appartengono a un orizzonte che potremmo definire «tradizionale», nel senso che fa i conti con la crisi urbana ma non tiene conto della necessità sempre più impellente della riconversione ecologica delle aree urbane, del risparmio energetico, del cambiamento climatico in atto. Abbiamo edifici e città energivore: puntare al risparmio energetico serve a mettere in moto un gigantesco volano di ricerca, produzione e occupazione superiore a qualsiasi altro investimento nelle cosiddette «grandi opere». Anche qui alcune esperienze già sono in campo. Il progetto «casa clima» delle provincie di Trento e Bolzano ha dimostrato di aver saputo essere volano di interventi di sostituzione edilizia e di risparmio energetico.
Occorre però definire un provvedimento legislativo che aggredisca la questione urbana in maniera complessiva, dalla produzione energetica, ai sistemi di illuminazione fino alla forestazione urbana, definendo politiche efficaci e finanziando, anche attraverso forme di sgravio fiscale, l’evoluzione energetica delle città.
Occorre aprire una fase di profonda e radicale innovazione tecnologica delle città e del territorio in grado di far tesoro del patrimonio di innovazione, di ricerca e di produzione che in altri paesi è ormai una solida realtà produttiva.
Come è noto i nostri sistemi di trasporto urbano sono tra i più antiquati e inquinanti. Esistono invece infiniti esempi di sperimentazioni e attuazione di sistemi a impatto energetico e ambientale ridotto (tramvie, filovie, reti ciclabili integrate con i nodi del trasporto pubblico).
È il caso di sottolineare che si dovrà interrompere il consumo di suolo agricolo che oggi viene alimentato da progetti di fonti energetiche alternative. Troppe aggressioni al paesaggio collinare dell’Italia sono già state compiute: discutibili impianti eolici e pannelli fotovoltaici deturpano paesaggi storici, si pensi soltanto al caso di Sepino. Nel futuro le fonti energetiche di nuova concezione devono trovare spazio nelle aree già compromesse lasciando intatti i territori aperti.
Va infine superata l’arretratezza dei sistemi di smaltimento dei rifiuti urbani. Basta guardare all’Europa dove sono diventati un volano economico. A parte poche aree virtuose, siamo il paese delle discariche in cui viene sepolto tutto, compresi i materiali riciclabili, e di quelle abusive gestite dal circuito della criminalità organizzata. Il ciclo dello smaltimento dei rifiuti urbani deve invece diventare un elemento connotativo di politiche di risanamento ambientale e di innovazione delle filiere produttive.

8. Territori sicuri. Antonio Cederna poneva sullo stesso piano la tutela dell’integrità culturale delle città e la salvaguardia dell’integrità fisica dei territori. Siamo un paese ad alta fragilità geologica e abbiamo ogni anno un numero impressionante di frane. Tragedie che coinvolgono intere comunità locali e distruggono interi territori. Meglio prevenire che intervenire su emergenze senza fine.
Una nuova politica di gestione del territorio passa prioritariamente per la sua messa in sicurezza, per il potenziamento dell’Ufficio geologico centrale (oggi lasciato nell’oblio); nella redazione della carta geologica nazionale che ancora non vede colpevolmente la luce; nell’avvio di politiche di regimazione dei corsi d’acqua. Piccole opere preziose invece di grandi, inutili cattedrali nel deserto.

9. Il ripristino della legalità. È del tutto evidente che per essere efficace, le nuove norme in materia di governo del territorio devono essere perfezionate con l’abrogazione delle normative derogatorie. In ordine di importanza devono essere cancellati l’accordo di programma, e cioè il grimaldello che scardina le procedure urbanistiche ordinarie, e la strumentazione d’emergenza sperimentata in questi anni dai «galantuomini» della Protezione civile, i «piani casa», le zone a burocrazia zero, le compensazioni urbanistiche e quelle ambientali. Scorciatoie che servono soltanto a nascondere il saccheggio.
E in tema di legalità un discorso particolare merita l’esigenza di bonificare i troppi siti inquinati esistenti sul territorio nazionale. È un problema che investe sia il Nord, che riutilizza i suoli precedentemente produttivi senza le necessarie bonifiche (come ad esempio a Santa Giulia a Milano), sia il Meridione, in cui il circuito dei rifiuti gestito dalla malavita organizzata ha riversato sul territorio ogni tipo di veleno. Un paese civile non può continuare ad abbandonare intere popolazioni al rischio di morbilità o di malattie ereditarie. Ripristinare la legalità serve alla salute di un paese smarrito.

Paolo Berdini
(Fonte: Micromega 26 ottobre 2011)

giovedì 27 ottobre 2011

Lettera del Governo Italiano all'Unione Europea.

Mi sembra giusto condividere il testo della lettera del Governo Italiano (oggetto di esplicito dileggio in Europa) alla Unione Europea, sperando di stimolare alcune riflessione su base non ideologica o pregiudiziale ma concreta.
Buona lettura!
(Manuel Olivares)


PREMESSA

L’Italia ha sempre onorato i propri impegni europei e intende continuare a farlo. Quest’estate il Parlamento italiano ha approvato manovre di stabilizzazione finanziaria con un effetto correttivo sui saldi di bilancio al 2014 pari a 60 miliardi di euro. Sono state così create le condizioni per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013, con un anno di anticipo rispetto a quanto richiesto dalle istituzioni europee. Dal 2012, grazie all’aumentato avanzo primario, il nostro debito scenderà.

Tuttavia, siamo consapevoli della necessità di presentare un piano di riforme globale e coerente.

La situazione italiana va letta tenendo in debita considerazione gli equilibri più generali che coinvolgono l’intera area europea. Mesi di tensioni sui mercati finanziari e di aggressioni speculative contro i debiti sovrani sono, infatti, il segnale inequivocabile di una debolezza degli assetti istituzionali dell’area euro.

Per quel che riguarda l’Italia, consapevoli di avere un debito pubblico troppo alto e una crescita troppo contenuta, abbiamo seguito sin dall’inizio della crisi una politica attenta e rigorosa.

Dal 2008 ad oggi il nostro debito pubblico è cresciuto, in rapporto al Pil, meno di quello di altri importanti paesi europei. Inoltre, la disciplina da noi adottata ha portato a un bilancio primario in attivo. Situazione non comune ad altri Paesi.

Se problemi antichi, come quello del nostro debito pubblico, danno luogo oggi a ulteriori e gravi pericoli, ciò è soprattutto il segno che la causa va cercata non nella loro sola esistenza, ma nel nuovo contesto nel quale ci si è trovati a governarli.


A. I FONDAMENTALI DELL’ECONOMIA

Il Governo italiano ha risanato i conti pubblici e conseguirà l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013. Il debito pubblico in rapporto al PIL è stato ricondotto su un sentiero di progressiva riduzione.

Nel 2014 avremo un avanzo di bilancio (corretto per il ciclo) pari allo 0,5% del PIL, un avanzo primario pari al 5,7% del PIL e un debito pubblico al 112,6% del PIL. Per realizzare questo obiettivo sono state approvate durante l’estate in tempi record due importanti manovre di finanza pubblica che comporteranno una correzione del deficit tendenziale nel quadriennio 2011-2014 pari rispettivamente a 0,2%, 1,7%, 3,3% e 3,5% del PIL. Nel 2011 si prevede un avanzo primario consistente pari allo 0,9% del PIL. Nonostante l’aumento delle spese per il servizio del debito, questo consentirà la riduzione del rapporto debito/PIL già nel 2012. I dati relativi ai primi otto mesi dell’anno in corso sono coerenti con questi obiettivi.

È doveroso segnalare che la nuova serie dei conti nazionali indica che nel 2010 il Pil italiano è cresciuto dell’1,5% e non dell’1,3% e, nei due anni della crisi, il Pil si è ridotto meno di quanto prima stimato (-1,2% invece di -1,3% nel 2008 e -5,1% invece di -5,2% nel 2009).

Come conseguenza della revisione contabile operata da Eurostat il rapporto deficit/Pil, che è stato confermato a 4,6% per il 2010, è praticamente allineato a quello della Germania, rivisto dal 3,3% al 4,3%. Si noti, inoltre, che l’Eurostat ha rettificato al rialzo anche i rapporti deficit/Pil della Francia (dal 7% al 7,1%), della Spagna (dal 9,2% al 9,3%), della Grecia (dal 10,5% al 10,6%) e del Portogallo (dal 9,1% al 9,8%).

In conclusione, nel 2010 l’Italia aveva, insieme alla Germania, il comportamento largamente più virtuoso in termini di indebitamento netto in rapporto al Pil.


B. CREARE CONDIZIONI STRUTTURALI FAVOREVOLI ALLA CRESCITA

Siamo ora impegnati nel creare le condizioni strutturali favorevoli alla crescita. Il Governo ritiene necessario intervenire sulla composizione del bilancio pubblico per renderla più favorevole alla crescita.

Con questo obiettivo il Governo intende operare su quattro direttrici nei prossimi 8 mesi:

- Entro 2 mesi, la rimozione di vincoli e restrizioni alla concorrenza e all’attività economica, così da consentire, in particolare nei servizi, livelli produttivi maggiori e costi e prezzi inferiori;

- Entro 4 mesi, la definizione di un contesto istituzionale, amministrativo e regolatorio che favorisca il dinamismo delle imprese;

- Entro 6 mesi, l’adozione di misure che favoriscano l’accumulazione di capitale fisico e di capitale umano e ne accrescano l’efficacia;

- Entro 8 mesi, il completamento delle riforme del mercato del lavoro, per superarne il dualismo e favorire una maggiore partecipazione.

Nei prossimi 4 mesi è, ad ogni modo, prioritario aggredire con decisione il dualismo Nord-Sud che storicamente caratterizza e penalizza l’economia italiana. Tale divario si estrinseca in un livello del Pil del Centro-Nord Italia che eguaglia il livello delle migliori realtà europee, e quello del Mezzogiorno, che è collocato in fondo alla graduatoria europea.

A riguardo, l’esecutivo è intenzionato a utilizzare pienamente i fondi strutturali, impegnandosi in una loro revisione globale, inclusi quelli per lo sviluppo delle infrastrutture, allo scopo di migliorarne l’utilizzo e ridefinirne le priorità in stretta collaborazione con la Commissione Europea. Tale revisione consentirà un’accelerazione, una riconsiderazione delle priorità dell’uso dei Fondi e una regia rafforzata, dove l’Italia è disposta a chiedere un sostegno tecnico alla commissione europea per la realizzazione di questo ambizioso obiettivo. Il programma straordinario per lo sviluppo del Mezzogiorno è definito in maniera evocativa “Eurosud” e nasce dalla convinzione che la crescita del Sud è la crescita dell’Italia intera.

Il Governo, quindi, definirà ed attuerà la revisione strategica dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013. Tale revisione risponde alle Raccomandazioni del Consiglio del 12 luglio 2011 sul Programma Nazionale di Riforma dell’Italia.

Esso si basa su una più forte concentrazione dei Programmi sugli investimenti maggiormente in grado di rilanciare la competitività e la crescita del Paese, segnatamente intervenendo sul potenziale non utilizzato nel Sud, e su un più stringente orientamento delle azioni ai risultati (istruzione, banda larga, ferrovie, nuova occupazione). Tale revisione potrà comportare una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi comunitari.

Le risorse resesi disponibili a seguito di questa riduzione saranno programmate attraverso un percorso di concertazione tra il Ministro delegato alle politiche di coesione, il Commissario europeo competente e le regioni interessate basato su una cooperazione rafforzata con la Commissione europea attraverso un apposito gruppo di azione.

Tale piano d’azione sarà definito entro il 15 novembre 2011.

La creazione delle condizioni strutturali per la crescita dell’intero Paese passa inevitabilmente per la revisione delle politiche di:

a. promozione e valorizzazione del capitale umano;

b. efficientamento del mercato del lavoro;

c. apertura dei mercati in chiave concorrenziale;

d. sostegno all’imprenditorialità e all’innovazione;

e. semplificazione normativa e amministrativa;

f. modernizzazione della pubblica amministrazione;

g. efficientamento e snellimento dell’amministrazione della giustizia;

h. accelerazione della realizzazione delle infrastrutture ed edilizia;

i. riforma dell’architettura costituzionale dello Stato.

a. Promozione e valorizzazione del capitale umano

L’accountability delle singole scuole verrà accresciuta (sulla base delle prove INVALSI), definendo per l’anno scolastico 2012-13 un programma di ristrutturazione per quelle con risultati insoddisfacenti; si valorizzerà il ruolo dei docenti (elevandone, nell’arco d’un quinquennio, impegno didattico e livello stipendiale relativo); si introdurrà un nuovo sistema di selezione e reclutamento.

Si amplieranno autonomia e competizione tra Università. Si accrescerà la quota di finanziamento legata alle valutazioni avviate dall’ANVUR e si accresceranno i margini di manovra nella fissazione delle rette di iscrizione, con l’obbligo di destinare una parte rilevante dei maggiori fondi a beneficio degli studenti meno abbienti. Si avvierà anche uno schema nazionale di prestiti d’onore.

Da ultimo, tutti i provvedimenti attuativi della riforma universitaria saranno approvati entro il 31 dicembre 2011.

b. Efficientamento del mercato del lavoro

È prevista l’approvazione di misure addizionali concernenti il mercato del lavoro.

1. In particolare, il Governo si impegna ad approvare entro il 2011 interventi rivolti a favorire l'occupazione giovanile e femminile attraverso la promozione: a. di contratti di apprendistato contrastando le forme improprie di lavoro dei giovani; b. di rapporti di lavoro a tempo parziale e di contratti di inserimento delle donne nel mercato del lavoro; c. del credito di imposta in favore delle imprese che assumono nelle aree più svantaggiate.

2. Entro maggio 2012 l’esecutivo approverà una riforma della legislazione del lavoro a. funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenze di efficienza dell’impresa anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato; b. più stringenti condizioni nell'uso dei "contratti para-subordinati" dato che tali contratti sono spesso utilizzati per lavoratori formalmente qualificati come indipendenti ma sostanzialmente impiegati in una posizione di lavoro subordinato.

c. Apertura dei mercati in chiave concorrenziale

Entro il 1° marzo 2012 saranno rafforzati gli strumenti di intervento dell’Autorità per la Concorrenza per prevenire le incoerenze tra promozione della concorrenza e disposizioni di livello regionale o locale. Verrà generalizzata, la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali in accordo con gli enti territoriali.

Le principali disposizioni contenute nella bozza di disegno di legge sulla concorrenza riguardano i settori della distribuzione dei carburanti e dell’assicurazione obbligatoria sui veicoli. Le misure relative al mercato assicurativo sono state definite all’interno di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, che è già stata approvata dalla camera dei deputati ed è attualmente all’esame del senato. Le misure concernenti i mercati della distribuzione carburanti sono state integralmente inserite nel Decreto Legge n.98/2011 e pertanto sono già in vigore. Si è preferito adottare uno strumento legislativo quale il decreto che garantisce l’immediata efficacia degli interventi. nel medesimo decreto legge sono state inserite anche altre disposizioni di apertura dei mercati e liberalizzazioni, tra cui si ricorda in particolare la liberalizzazione in via sperimentale degli orari dei negozi. Nel frattempo, fra i primi in Europa, l’Italia ha aperto alla concorrenza il mercato della distribuzione del gas: sono stati adottati e saranno a breve pubblicati nella gazzetta ufficiale i regolamenti che disciplinano le gare per l’affidamento della distribuzione del gas in ambiti territoriali più ampi dei comuni.

Già con il Decreto Legge n.138/2011 sono state adottate incisive misure finalizzate alla liberalizzazione delle attività d’impresa e degli ordini professionali e dei servizi pubblici locali. In particolare già si prevede che le tariffe costituiscano soltanto un riferimento per la pattuizione del compenso spettante al professionista, derogabile su accordo fra le parti. Il provvedimento sullo sviluppo conterrà recherà altre misure per rafforzare l’apertura degli ordini professionali e dei servizi pubblici locali.

Sempre in materia di ordini professionali, nella manovra di agosto, in tema di accesso alle professioni regolamentate, è stato previsto che gli ordinamenti professionali debbano garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti. Inoltre, già in sede di conversione della manovra di luglio (DL n. 98/2011) è stato previsto che il Governo, sentita l'Alta Commissione per la Formulazione di Proposte in materia di Liberalizzazione dei Servizi, elaborerà proposte per la liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche da presentare alle categorie interessate. Dopo 8 mesi dalla conversione del decreto legge, tali servizi si intenderanno liberalizzati, salvo quanto espressamente regolato.

Verranno rafforzati i presidi a tutela della concorrenza nel campo dei servizi pubblici locali, con l’introduzione a livello nazionale di sistemi di garanzia per la qualità dei servizi nei comparti idrico, dei rifiuti, dei trasporti, locali e nazionali e delle farmacie comunali, seguendo rispettivamente questa sequenza temporale 3 mesi, 6 mesi, 9 mesi e 12 mesi.

Per quanto riguarda la riforma dei servizi pubblici locali che il Governo italiano - riprendendo quanto già previsto dall’articolo 23 bis del DL 112/2008 - ha approvato nella manovra di agosto 2011 escludendo il settore idrico a seguito di un referendum popolare. Con le disposizioni che si intende varare si rafforza il processo di liberalizzazione e privatizzazione prevedendo che non è possibile attribuire diritti di esclusiva nelle ipotesi in cui l’ente locale affidante non proceda alla previa verifica della realizzabilità di un sistema di concorrenza nel mercato, ossia di un sistema completamente liberalizzato. Inoltre, viene previsto un ampliamento delle competenze dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché un sistema di benchmarking al fine di assicurare il progressivo miglioramento della qualità di gestione e di effettuare valutazioni comparative delle diverse gestioni.

d. Sostegno all’imprenditorialità e all’innovazione

Entro il 2011, al fine di favorire la crescita delle imprese il Governo prevede di utilizzare la leva fiscale per agevolare la capitalizzazione delle aziende, con meccanismi di deducibilità del rendimento del capitale di rischio. Verranno potenziati gli schemi a partecipazione pubblica di venture capital e private equity, preservando la concorrenza nei relativi comparti.

Il Governo trasformerà le aree di crisi in aree di sviluppo, rendendo più semplice ed efficace la procedura per definire i programmi di rilancio, che potranno essere finanziati anche con risorse comunitarie.

Forte impegno dell’esecutivo verso le PMI, destinando loro il 50% delle risorse non utilizzate ogni anno del Fondo Rotativo per il Sostegno alle imprese e per gli investimenti in ricerca.

Questi interventi – insieme al Contratto di Sviluppo, già operativo – rientrano a pieno titolo nell’ambito del riordino generale degli incentivi contenuto nello Statuto delle Imprese, che diventerà legge nelle prossime settimane.

Per garantire la liquidità delle imprese si prevede un sistema di certificazione di debiti delle Pubbliche Amministrazioni locali nei confronti delle imprese stesse al fine di consentire lo sconto e successivo pagamento da parte delle banche, in conformità alle procedure di calcolo Eurostat e senza impatto addizionale sull’indebitamento della Pubblica Amministrazione.

e. Semplificazione normativa e amministrativa

Il Governo incentiva la costituzione di “zone a burocrazia zero” in tutto il territorio nazionale in via sperimentale per tutto il 2013, anche attraverso la creazione dell’U.L.G. – Ufficio Locale dei Governi quale autorità unica amministrativa che coinvolgerà i livelli locali di governo in passato esclusi.

Il Governo mira a semplificare la costituzione del bilancio delle S.r.l., la digitalizzazione del deposito dell’atto di trasferimento delle quote delle società e lo snellimento in materia di vigilanza delle società di capitali e degli organi di controllo.

I rapporti con la pubblica amministrazione diventeranno più snelli grazie alla completa sostituzione dei certificati con delle autocertificazioni, mentre le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione resteranno valide solo nei rapporti tra privati.

I controlli sulle imprese si ispireranno a criteri di semplicità e proporzionalità, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni che possano recare intralcio al normale esercizio delle attività imprenditoriali.

Da ultimo, per quanto riguarda la semplificazione amministrativa verrà completata nei prossimi 6 mesi la strategia di revisione della regolamentazione settoriale, elaborando proposte puntuali di semplificazione dei procedimenti e monitorandone gli effetti. Verrà rafforzata e accelerata l’attuazione del programma di misurazione e riduzione degli oneri amministrativi derivanti da obblighi di tipo informativo previsti da leggi statali (MOA). Inoltre, ove la disciplina sia di fonte regionale e locale, verranno rafforzati ed estesi gli incentivi previsti dalla manovra estiva per i procedimenti amministrativi relativi all’avvio e alla svolgimento dell’attività d’impresa. L’obiettivo è quello di migliorare il posizionamento dell’Italia nella graduatoria internazionale relativa al Doing Business, nei prossimi 3 anni.

f. Modernizzazione della pubblica amministrazione

La pubblica amministrazione è un volano fondamentale della crescita. Stiamo creando le condizioni perché la pubblica amministrazione sia pronta ad accompagnare la ripresa, svolgendo una funzione di servizio allo sviluppo e non di zavorra burocratica. Ecco perché la semplificazione, la trasparenza e la meritocrazia sono fondamentali. Un tassello rilevante è costituito dalla piena attuazione della Riforma Brunetta della pubblica amministrazione, in particolar modo dalle misure che rafforzano il ruolo della Commissione per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche (istituita nel dicembre del 2009) e le cui competenze saranno integrate con il disegno di legge in materia di anticorruzione, già approvato dal Senato, e attualmente all’esame della Camera dei Deputati. Esso rappresenta un passaggio importante per la completa implementazione della riforma della pubblica amministrazione in quanto individua una nuova governance per l’attività di prevenzione e contrasto della corruzione, affidando le funzioni alla Commissione e individuando con estrema puntualità le modalità di accrescimento del livello di trasparenza della pubblica amministrazione.

Per rendere più efficiente, trasparente, flessibile e meno costosa la pubblica amministrazione tanto a livello centrale quanto a livello degli enti territoriali (oltre al vigente blocco del turnover del personale) renderemo effettivi con meccanismi cogenti/sanzionatori: a. la mobilità obbligatoria del personale; b. la messa a disposizione (Cassa Integrazione Guadagni) con conseguente riduzione salariale e del personale; c. il superamento delle dotazioni organiche.

Contestualmente all’entrata in vigore della legge costituzionale recante l’abolizione e la razionalizzazione delle province è prevista l’approvazione di una normativa transitoria per il trasferimento del relativo personale nei ruoli delle regioni e dei comuni.

g. Efficientamento e snellimento dell’amministrazione della giustizia

Proseguendo sulla linea delle misure definite in estate, verranno rafforzati il contrasto della litigiosità e la prevenzione del contenzioso (anche attraverso la costituzione presso il Ministero della Giustizia di un gruppo tecnico che individui situazioni a forte incidenza di litigiosità e proponga specifici interventi di contrasto). Entro il 30 aprile 2012 verrà completato il progetto in corso presso il Ministero della Giustizia per la creazione di una banca dati centralizzata per le statistiche civili e per quelle fallimentari. Verranno rafforzati i meccanismi incentivanti per gli uffici virtuosi di cui alla Legge n. 111 del 2011. L’obiettivo è quello della riduzione della durata delle controversie civili di almeno il 20 per cento in 3 anni.

h. Accelerazione della realizzazione delle infrastrutture ed edilizia

Oltre alla realizzazione degli investimenti già concordati con le società concessionarie, il Governo solleciterà una maggiore partecipazione degli investitori privati, definendo entro il 31 dicembre 2011 standard contrattuali tipo che facilitino il ricorso al project financing, con una più chiara ed efficiente allocazione dei rischi tra le parti e accrescendo le certezze sulla redditività dell’opera e la prevenzione di comportamenti di tipo monopolistico nella determinazione dei pedaggi. Verrà rafforzata la qualità della programmazione finanziaria pubblica, definendo obiettivi pluriennali di spesa e concentrando le risorse su progetti considerati strategici.

Il Governo è impegnato nella definizione nelle prossime 10 settimane di alcune opere immediatamente cantierabili, su proposta del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che potranno beneficiare, a titolo di contributo al finanziamento, della defiscalizzazione (IRAP, IRES) a vantaggio dei concessionari dell’opera stessa. Inoltre sono previste una serie di semplificazioni e velocizzazioni nelle procedure di approvazione dei progetti da parte del CIPE e la suddivisione degli appalti in lotti funzionali per garantire alle PMI un accesso facilitato.

Si prevede lo sblocco degli investimenti privati grazie alla semplificazione delle procedure relative ai contratti di programma dei maggiori aeroporti italiani. Infine, sono previste norme mirate all’ottimizzazione delle gestioni negli impianti portuali e di semplificazione in materia di trasporto eccezionale su gomma.

Da ultimo, è in corso di predisposizione una garanzia “reale” dello Stato (attraverso propri beni immobili, e non solo di natura finanziaria) per i mutui prima casa di giovani coppie, prive di contratto di lavoro a tempo indeterminato. Questo garantirà un nuovo impulso al mercato immobiliare e alle nuove famiglie.

i. Riforma dell’architettura costituzionale dello Stato

Il Governo italiano è impegnato in un processo di complessiva riforma costituzionale. Essa riguarda tanto l’assetto costituzionale dei poteri, quanto la cornice normativa volta a promuovere le condizioni di sviluppo del mercato e una disciplina più rigorosa delle finanze pubbliche.

Pur nella complessità del processo di revisione costituzionale l’Italia intende giungere all’approvazione della prima lettura di tali disegni di legge costituzionale entro i prossimi 6/12 mesi.

In particolare, quanto alla riforma dello Stato, si tratta dei seguenti provvedimenti:

a. Disegno di legge (già approvato in prima lettura alla Camera) sulla modifica dell’elettorato attivo e passivo per l’elezione al Parlamento nazionale al fine di garantire una maggiore partecipazione giovanile alla vita politica.

b. Due disegni di legge (all’esame del Parlamento) di riforma complessiva dell’organizzazione dei vertici delle istituzioni politiche, con particolare riferimento alla riduzione significativa del numero dei parlamentari, all’abolizione delle province, alla riforma in senso federale dello Stato, alla maggiore efficienza dei meccanismi decisionali e al rafforzamento del ruolo dell’esecutivo e della maggioranza.

Sul secondo versante, relativo alla disciplina del mercato e al rigore della finanza pubblica, si prevede:

a. Un disegno di legge (la cui approvazione è in corso proprio in questi giorni presso la Camera dei deputati) di riforma degli articoli della costituzione relativi alla libertà di iniziativa economica e alla tutela della concorrenza, nonché alla riforma della pubblica amministrazione in funzione della valorizzazione dell’efficienza e del merito.

b. Un disegno di legge sull’introduzione del vincolo di pareggio di bilancio sul modello già seguito in altri ordinamenti europei.

A tal fine si deve ricordare che l’articolo 138 della Costituzione Italiana impone che le leggi costituzionali ad intervallo non minore di tre mesi. Quindi, anche con la massima celerità possibile, le riforme costituzionali richiedono dei tempi minimi imprescindibili.

Le conseguenti leggi attuative saranno successivamente attuate senza indugio, non essendovi vincoli temporali nell’ambito della Costituzione.


C. UNA FINANZA PUBBLICA SOSTENIBILE

Le pensioni

Nella attuale legislatura la normativa previdenziale è stata oggetto di ripetuti interventi che hanno reso a regime il sistema pensionistico italiano tra i più sostenibili in Europa e tra i più capaci di assorbire eventuali choc negativi.

Grazie al meccanismo di aggancio dell'età pensionabile alla speranza di vita introdotto nel 2010 (art. 12 commi 12-bis e 12-ter, DL 78/2010, come modificato con art. 18 comma 4, DL 98/2011), il Governo italiano prevede che il requisito anagrafico per il pensionamento sarà pari ad almeno 67 anni per uomini e donne nel 2026.

Sono già stati rivisti i requisiti necessari per l’accesso al pensionamento di anzianità. Tali requisiti aumenteranno gradualmente fino ad arrivare a regime a partire dal 2013. Questi requisiti sono in ogni caso agganciati in aumento all’evoluzione della speranza di vita.

La delega fiscale e assistenziale previdenziale

Il provvedimento di iniziativa governativa è già all’esame del Parlamento e sarà approvato, entro il 31 gennaio 2012, quindi con tempi compatibili all’emanazione dei provvedimenti delegati entro il 2012. Comunque, anche al fine di accrescere la fiducia degli investitori, nel rispetto del percorso di risanamento programmato, il Governo ha fornito, con la Legge 148 del 14 settembre 2011, le risorse che saranno reperite con l’esercizio della delega per la riforma dei sistemi fiscale e assistenziale sulla base degli attuali regimi di favore fiscale e delle sovrapposizioni fra agevolazioni e conseguenti inefficienze ad oggi individuate. Tali risorse ammontano ad almeno 4 miliardi di euro nell’anno 2012, 16 miliardi nel 2013 e 20 miliardi di euro annui a decorrere dal 2014. Contestualmente, per dare massima garanzia sul rispetto dei saldi è stata introdotta una clausola di salvaguardia. La clausola prevede che, in caso di ritardo nell’attuazione della delega oltre il 30 settembre 2012, le agevolazioni fiscali vigenti saranno ridotte del 5% per l’anno 2012 e del 20% a decorrere dal 2013. In alternativa, anche parziale, si è stabilita la possibilità di disporre con decreto del Presidente del consiglio, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, la rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l’accisa.

In breve, qualora la delega non fosse esercitata entro il 30 settembre 2012 o le nuove disposizioni fiscali e assistenziali non siano in grado di garantire un sufficiente effetto positivo sul deficit (almeno 4 miliardi nel 2012, 16 miliardi nel 2013 e 20 miliardi a partire dal 2014), si avrà una riduzione automatica delle agevolazioni fiscali che garantirà comunque il raggiungimento degli obiettivi di risparmio. Viceversa, se la delega verrà esercitata entro il termine e le nuove disposizioni garantiranno effetti di risparmio almeno pari a quelli previsti, non si procederà dunque al taglio automatico delle agevolazioni.

Le dismissioni

Entro il 30 novembre 2011, il Governo definirà un piano di dismissioni e valorizzazioni del patrimonio pubblico che prevede almeno 5 miliardi di proventi all’anno nel prossimo triennio. Previo accordo con la Conferenza Stato-Regioni, gli enti territoriali dovranno definire con la massima urgenza un programma di privatizzazione delle aziende da essi controllate. I proventi verranno utilizzati per ridurre il debito o realizzare progetti di investimento locali.

La razionalizzazione della spesa pubblica

Il Governo ribadisce l’impegno a definire entro il 31 dicembre 2011 il programma per la riorganizzazione della spesa previsto dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148, in particolare per quanto riguarda: l’integrazione operativa delle agenzie fiscali; la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dell’amministrazione dello Stato e degli enti della previdenza pubblica in modo da creare sinergie e ottimizzare l’uso delle risorse; il coordinamento delle attività delle forze dell’ordine; la razionalizzazione dell’organizzazione giudiziaria nel suo complesso in modo da accelerare i tempi della giustizia civile; e la riorganizzazione della rete consolare e diplomatica. Il Governo attuerà i primi interventi dal 1° gennaio 2012 e darà conto dei progressi realizzati con cadenza trimestrale.

Debito pubblico

Entro il 31 dicembre 2011, il governo affiderà l’elaborazione di un piano organico per l’abbattimento del debito attraverso anche le dismissioni ad una commissione ristretta di personalità di prestigio, in collaborazione con gli enti territoriali e con le principali istituzioni economiche e finanziarie nazionali ed internazionali.

Il costo degli apparati istituzionali

Il Governo riconosce la necessità di rafforzare gli interventi volti a ridurre i costi degli apparati istituzionali. In particolare, verrà perseguita entro il 2012, una razionalizzazione e soppressione delle provincie e la riallocazione delle funzioni delle Province alle Regioni o ai Comuni, in modo da assicurare un significativo snellimento dei relativi apparati burocratici e degli organi rappresentativi. Verrà rafforzato il regime di incompatibilità fra le cariche elettive ai diversi livelli di governo.

Il pareggio di bilancio

Il disegno di legge di riforma della Costituzione in materia di pareggio di bilancio è già all’esame della Camera dei Deputati. L’obiettivo è quello di una sua definitiva approvazione entro la metà del 2012.

Con le modifiche introdotte con la Legge n.39/2011 alla “Legge di contabilità e finanza pubblica (L. 196/2009) è stata rivista la normativa relativa alle coperture finanziarie delle leggi a vantaggio del rafforzamento della relativa disciplina fiscale. In particolare, per la copertura degli oneri correnti della legge di stabilità è stata circoscritta la possibilità di utilizzare il miglioramento del risparmio pubblico, escludendo la possibilità di finanziare con tali risorse nuove o maggiori spese correnti.

Definire le ulteriori misure correttive eventualmente necessarie

Il Governo monitorerà costantemente l’andamento dei conti pubblici. Qualora il deterioramento del ciclo economico dovesse portare a un peggioramento nei saldi il Governo interverrà prontamente. L’utilizzo del Fondo per esigenze indifferibili sarà vincolato all’accertamento, nel giugno del 2012, di andamenti dei conti pubblici coerenti con l’obiettivo per l’indebitamento netto del prossimo anno.


D. CONCLUSIONI

Siamo sicuri che, con l’impegno di tutti, scaturito dalla consapevolezza che ci troviamo a fronteggiare problemi che riguardano l’intera Unione e la tenuta stessa della moneta comune, dunque problemi non circoscrivibili a questa o quella debolezza o forza nazionali, consegneremo ai giovani un’Europa più forte e più coesa.

mercoledì 26 ottobre 2011

Alluvioni, frane, smottamenti, esondazioni... si possono evitare con specifiche piantagioni dedicate

Benito Castorina in una nicchia

Un esempio pratico di come la natura ci viene incontro

Esiste in natura una pianta perenne e sempreverde, il vetiver, che vive in terreni acidi e alcalini (ph da 3 a 14) a temperature da -7 a +47 gradi, con radici fascicolate che scendono verticalmente nel terreno e sono robuste 1/5 dell’acciaio, che non è infestante, che può bonificare terra, acqua ed aria e può formare una siepe fitta alla base costituendo una vera e propria barriera filtrante. Grazie a queste sue qualità, tra le altre che possiede, il vetiver è un valido alleato per affrontare i problemi legati al ciclo dell’acqua, al ciclo dell’anidride carbonica e alla produzione di energia.

Come può inserirsi il vetiver nel ciclo dell’acqua

La siepe di vetiver, oltre a risolvere il problema del consolidamento dei versanti in frana, è un presidio per prevenire le frane e per arricchire le falde acquifere ed evitare il processo di desertificazione. Infatti, la siepe di vetiver che a differenza delle normali siepi è fitta sin dalla base, forma una barriera filtrante che trattiene i detriti a monte e lascia passare verso valle solo l’acqua e i limi sottili che si arrestano nelle immediate vicinanze. La siepe rallenta la velocità dell’acqua consentendole di penetrare nel terreno e mantenerlo umido, arricchendo le falde e riducendo da parte dei contadini l’esigenza d’emungere acqua dai pozzi; poi scorrendo in modo uniforme sulla superficie, l’acqua rimodella il terreno e non ruscellando protegge i semi e quindi il raccolto. L’acqua, ridotta la velocità e depurata dai detriti trattenuti dalla siepe, giunge nei canali con un carico inquinante ridotto e nelle quantità fisiologiche, evitando così le possibilità d’alluvione.

Queste qualità possono invertire il processo di desertificazione. Il processo di desertificazione è determinato dal fatto che il terreno è asciutto e a periodi di siccità si succedono periodi di pioggia intensa, che trova le piante ed anche il manto erboso indeboliti ed incapaci di resistere alla velocità dell’acqua, che porta via con sé piante, humus e detriti, rendendo il terreno sempre meno fertile sino a farlo diventare inerte, desertico.

La siepe di vetiver per quanto già esposto, trattiene l’humus, mantiene l’umidità del terreno, protegge la vegetazione, bonifica il terreno eliminando pesticidi e diserbanti, e consente l’accumulo di acqua in bacini dando un ulteriore contributo per il recupero di questa preziosa risorsa. Non c’è da meravigliarsi degli effetti che produrrebbe un inserimento del vetiver nel ciclo dell’acqua, se si considera che il 97% dell’acqua è nei mari e nelle grandi masse d’acqua e solo il 3% rimane sulla terra e nella terra; questi numeri ci danno l’immagine di un’immensa quantità di vapor acqueo che, dopo aver raggiunto i cieli, si riversa sulla terra sotto forma di pioggia, neve o grandine, gran parte della quale ci sfugge, per poi ritornare a mare. Quell’acqua è una provvidenza che viene dal cielo se è regimentata e raccolta in bacini, di contro se non è regimentata, è molte volte causa di disastri, alluvioni e morte.

Contributo del vetiver nel ciclo dell’anidride carbonica e per la produzione di energia.

Il ciclo della CO2 è collegato, sia con il ciclo vegetale, sia con le piogge che corrodono e modificano chimicamente le rocce scorrendo sulla loro superficie e portando in mare assieme ai detriti, sali e CO2 trasportati dalle acque di fiumi e canali. Se avrò l’opportunità e ne avrete interesse vi parlerò del contributo delle piante per il bilanciamento dei gas serra, mentre qui mi limiterò a comunicarvi che ogni pianta di vetiver assorbe 3 Kg di anidride carbonica l’anno, facendo a parità di superficie da 15 a 90 volte il lavoro di un bosco sano per l’eliminazione dei gas serra.


Benito Castorina

Referente per l'agricoltura ecologica della Rete Bioregionale Italiana

Lega Antipredazione: "Stop all'infame testo A.C. 746..."

Cimitero La Loma - Foto di Gustavo Piccinini
"Vita ... morte?"


“DONAZIONE” DEL CORPO SPERIMENTAZIONE IN VIVO SUI “MORTI CEREBRALI” - LETTERA AI SINGOLI MEMBRI DELLA COMMISSIONE: STOP INFAME 746


Onorevole,

Sappiamo che la Commissione Affari Sociali ha adottato il Testo base unificato A.C.746 e abb., elaborato dal Comitato ristretto, ponendo il limite del 21 ottobre per gli emendamenti. Tratta di “donazione del corpo post mortem a fini di studio e di ricerca scientifica” cioè per esercitazioni chirurgiche, chimiche e radiologiche, da praticarsi sui cosiddetti “morti cerebrali” per un anno.

Premesso che il cosiddetto “morto cerebrale” è persona a cuore battente e sangue circolante, un vivo che ha perso la coscienza; premesso che in due Audizioni, nel 2005 e nel 2011, il Comitato medico scientifico della Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente ha documentato a codesta Commissione la criminalità insita nella proposta stessa, che non richiede cadaveri veri in arresto cardio-circolatorio e respiratorio da 12/72 ore, ma pretende la sperimentazione in vivo, stigmatizziamo che il Testo base è comunque pesantemente contraddittorio, disonesto e fuori dai parametri dell'ordinamento giuridico dello Stato, come dai seguenti commenti:

Art. 1 Si dichiara che il testo disciplina la donazione del corpo e dei tessuti e ciò contrasta la L. 91/99 che disciplina il prelievo di organi e tessuti. Inoltre il Testo omette le condizioni reali del corpo su cui si agisce in vivisezione, reiterando la parola “salma” che inganna i cittadini.

Art. 2 La promozione delle ASL a medici e pediatri (?!?) di strutture pubbliche e private, nonché la propaganda ai cittadini consegnata al volontariato, dozzinale manovalanza del potere sanitario, contraddicono l'enunciazione di “libera e consapevole scelta”. E' certo che si produrrà voluta confusione tra donazione degli organi dopo la morte e la donazione del corpo post mortem.

Art. 3 Non è esplicitato chi dovrà raccogliere in duplice copia il testamento olografo di donazione del corpo e dei tessuti: chiunque illegalmente come per gli organi? L'ingenuo donatore sarà schedato tre volte: nel Centro di riferimento, nell'elenco speciale dello Stato civile del proprio Comune e nel Registro Nazionale dei donatori di corpo (vivo). Non è contemplata la possibilità di revoca, e la famiglia non avrà diritto di opposizione e dovrà attendere un anno per le esequie, impedendole di elaborare la morte. Il “morto cerebrale” sarà conteso tra i due gruppi d'affari: quello dell'espianto-trapianto e quello della sperimentazione in vivo per la ricerca.

Art.4 Questo testo delega al Ministro della Salute la scelta delle strutture Universitarie e delle Aziende Ospedaliere a cui riservare la vivisezione umana per studio e ricerca, che saranno anche quelle che riceveranno i colossali finanziamenti pubblici e privati. Evidente abdicazione del Parlamento ed abuso della delega al Ministro.

Art.5 La persona torturata dalle esercitazioni chirurgiche, chimiche e radiologiche, finalmente morta, dopo un anno verrà riconsegnata alla famiglia. Le spese di trasporto e di tumulazione verranno pagate dall'ASL in cui ha sede il Centro di riferimento, contravvenendo l'etica di sempre che vieta per la donazione degli organi, e quindi dei corpi, profitti o benefici diretti o indiretti per indurre i poveri a donare.

Art 6 Vi si afferma che l'uso dei corpi non può avere fini di lucro, ma in perfetta contraddizione sorge un altro tempio del profitto, a lato di quello del trapianto, dove ricercatori cinici se non veri medici trovano un posto di lavoro sicuro e ben pagato vivisezionando gli umani, come finora fatto sugli animali. Prendono i corpi gratis ma loro guadagnano/lucrano, oltre ai finanziamenti pubblici e privati.

Art.7 Con decreto il Ministro istituirà il Registro nazionale dei donatori del corpo, regolamenterà la conservazione e utilizzazione dei corpi vivi, prevedendo che i tessuti umani vadano a favore delle bio-banche. Grossa contraddizione affermare che le bio-banche siano per ricerca e non per profitto.

Art. 8 Per l'attuazione, la spesa per il 2011 sarà di 10 milioni di € (20 miliardi di lire), che saranno tolti dal fondo della sanità. Non male come business!

Muovendo soldi e corpi la classe dirigente istituzionalizza i propri affari, mentre al popolo si chiedono sacrifici fisici e pecuniari e l'IVA sale al 21%. E' meglio destituire la Commissione Affari Sociali se non serve ad una onesta visione e a fermare l'infame proposta n. 746!

Comitato Medico Scientifico,
Prof. Dr. Massimo Bondì,
L. D., Patologo e Chirurgo generale


Presidente
Nerina Negrello

LEGA NAZIONALE CONTRO LA PREDAZIONE DI ORGANI
E LA MORTE A CUORE BATTENTE
24121 BERGAMO Pass. Canonici Lateranensi, 22
Tel. 035-219255 - Telefax 035-235660
lega.nazionale@antipredazione.org
www.antipredazione.org
nata nel 1985